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I quarantatré anni di «Le Forme e la Storia». Percorsi, tematiche, il tempo lungo

51siqyegxuldi Nicolò Mineo e Antonio Pioletti [*] 

Già son trascorsi quarantadue anni dalla pubblicazione del primo fascicolo di «Le Forme e la Storia» e il 2023 è il quarantatreesimo: non appare fuori luogo ricostruire i percorsi scientifici che hanno attraversato questo ormai lungo cammino. Occasione ne può fornire la pubblicazione dell’ultimo fascicolo monografico, Letterature dei mondi. Modelli, circuiti, comparazioni (2022, 1-2). 

Percorsi seguìti

Ci è gradito iniziare con due citazioni tratte da un contributo di Armando Gnisci, comparatista che, come ben noto, ha insegnato presso la «Sapienza» di Roma, purtroppo scomparso nel 2019: 

«Si può sostenere, come ho già proposto, che pensare la letteratura mondiale come un castello reale europeo con un cortile extra-europeo non abbia più senso. E non ha più senso da quando abbiamo imparato ad accettare che la mondializzazione delle menti sia in cammino realmente e faticosamente solo attraverso la decolonizzazione europea e che essa si vada realizzando nei due ultimi decenni nell’incontro con la Grande Migrazione di persone che da tutti i mondi vengono in Europa occidentale a cercare lavoro, giustizia e dignità» [1].

E ancora:

«Mondializzare la nostra mente vuol dire innanzitutto decolonizzarci dal nostro passato di coloni del mondo, così come per gli ex-colonizzati consiste nel decolonizzarsi da noi» [2].

Sia lecito chiedersi a che punto si sia in siffatto processo auspicato e auspicabile. È argomento che richiederebbe lunghe e approfondite riflessioni negli ambiti non solo degli studi letterari e della formazione delle nuove generazioni, ma anche, e forse soprattutto, in quelli dei processi economico-finanziari “globalizzati”, delle condizioni di vita in vaste aree del mondo, dei a dir poco precari equilibri geopolitici. Sia sufficiente in questa sede il riferimento alla devastazione che «la conquista del mondo da noi operata» nel corso di cinque secoli, ha prodotto.

«E che prosegue tuttora – rileva ancora Gnisci – nel secolo della globalizzazione. Visto che la globalizzazione sembra volersi affermare come ciò che il colonialismo voleva diventare “da grande”, come disse all’esame un  mio allievo qualche anno fa» [3].

Nel campo degli studi letterari notevoli passi in avanti, ci sembra  di poter sostenere, si sono fatti, pur se, è altresì lecito rilevare, essi hanno riguardato prevalentemente determinate aree scientifiche, quelle appunto della comparatistica e, in parte, della filologia e della critica letteraria, senza un coinvolgimento degno di rilievo dei diversi livelli della formazione scolastica e universitaria, senza cioè un radicale passaggio  dal paradigma culturale eurocentrico ancor oggi dominante e sempre più di stampo mercantesco a un nuovo paradigma “mondialista”.

2560888186732_0_0_536_0_75Molto cammino è ancora da percorrere, arduo in tempi di nuovi sovranismi e razzismi. Ma un cammino che a maggior ragione dobbiamo percorrere. Ed è a questo proposito che il compito che in questa sede ci spetta è ricostruire come, lungo quale percorso, una rivista come «Le Forme e la Storia» sia pervenuta a pubblicare un fascicolo dedicato a Letterature dei mondi. Modelli, circuiti, comparazioni.

Non si tratta di una scelta estemporanea, bensì maturata in un tempo nel corso del quale s’intrecciano diverse esperienze scientifiche risultate decisive per il nuovo percorso, una delle quali è, per quanto riguarda alcuni componenti il Comitato scientifico, quella della fondazione (1992) della Collana «Medioevo Romanzo e Orientale».

Un fascicolo doppio risultato di una feconda collaborazione, che, ci auguriamo fortemente, abbia un seguito, fra Franca Sinopoli, degna erede con altre colleghe e colleghi del retaggio scientifico di Armando Gnisci, il nostro Attilio Scuderi e Antonio Pioletti.

«Le Forme e la Storia» è rivista fondata nel 1980 per iniziativa di Nicolò Mineo, Antonio Pioletti e dei compianti Gaetano Compagnino ed Enzo Sciacca e che, nel risentire delle alterne vicende delle politiche universitarie nazionali e locali, del contrarsi progressivo delle risorse finanziarie, ha conosciuto tre serie di pubblicazioni, 1980-1987, 1989-2003, editore Rubbettino, e l’attuale dal 2008; rivista semestrale  di Filologia Moderna patrocinata dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania.

Un percorso che vede una fase iniziale che prende le mosse dall’esigenza di rivisitare il nesso storia-letteratura, ma per giustapposizione di campi però, per accostamenti di aree disciplinari. Segue una seconda fase nel corso della quale diviene centrale la finalità di ricostruire il processo storico attraverso il quale l’opera si è fatta, dal suo contesto alla sua struttura, alla sua ricezione.

Si manifesta inizialmente in prevalenza, ma non solo come vedremo, un interesse rivolto all’italianistica e agli studi filologici e linguistici, per dare successivamente sempre più spazio alle letterature europee e per aprirsi quindi più compiutamente anche a quelle extra-europee.

mini_magick20190514-6340-dzfi1lDa rilevare come già in un fascicolo unico che copriva gli anni 1984-1987 dedicato a Forme del narrare si manifestano aperture significative al panorama europeo, e come nel 1992 a proposito di Amore gioia morte. Forme e ricezione di storie d’amore medievali, si trattano temi legati alla produzione letteraria greco-medievale e cretese.

Indubbiamente trovano risvolto positivo sulla visione del panorama letterario internazionale sia, come sopra già indicato, la fondazione della Collana «Medioevo Romanzo e Orientale» (I Colloquio tenuto a Verona nel 1990; a oggi sessantatré pubblicazioni), sia la nascita della Facoltà di Lingue e Letterature straniere nel 1999 che vide l’apertura di insegnamenti di orientalistica che affiancavano quelli delle lingue e letterature europee, nonché di russo, anglo-americano e ispano-americano e delle relative filologie.

Che cosa dal nostro punto di vista è emerso da questo contesto a livello teorico e metodologico, dal convincimento che lo studioso è nella storia, vive nella contemporaneità e nella “pienezza del tempo” e che non può non cogliere i mutamenti avvenuti nel mondo che pongono l’esigenza di “ri-dirlo”? Che cosa dallo studio delle letterature nel loro ‘tempo lungo’, al fine di cogliere l’‘ora della leggibilità’? 

download-14Molto in sintesi, nel rifarsi ad alcuni passaggi tratti dall’Introduzione curata da Antonio Pioletti a Linee storiografiche e nuove prospettive di ricerca [4]: 

– Oriente e Occidente sono categorie non ontologiche ma storiche, sottoposte a variabili ideologiche. Fuorvianti appaiono partizioni areali fondate su definizioni, date prima, che non tenga no conto del punto di vista geo-culturale in cui ci si pone e, nel lo stesso tempo, delle stratificazioni culturali che connotano le  singole aree. Quale Oriente? Quale Occidente?

– Occorre superare ogni “centrismo” in nome di un policentrismo delle irradiazioni culturali e letterarie.

– Superare la categoria di “radici”, metafora arboricola che non rappresenta il concorrere orizzontale di una pluralità di tratti distintivi e, come sostenuto da Maurizio Bettini, «ricorrere […] all’immagine, assai orizzontale, di fiume/affluenti» [5].

– Abbandonare la categoria di identità “monolitiche” e “pure” per quella delle identità plurali in movimento.

– Superare l’ideologema della “totalità” da sostituire con l’analisi dei conflitti interni ai sistemi culturali e dei rapporti reciproci fra sistemi culturali diversi.

– Evitare un comparatismo tipologico a-temporale e a-spaziale, non fondato sulla centralità del testo intesa in tutta la sua complessità: i testi, i contesti, tipologie formali, i centri di produzione, la trasmissione, la ricezione, le riscritture…

– Procedere alla ricostruzione della rete internazionale della loro circolazione.

– Procedere a una riproposizione e a una rivisitazione della questione del canone letterario: parafrasando il Gramsci di Letteratura e vita nazionale. V: Lingua nazionale e grammatica (Quaderni del carcere, 5: XXI, Einaudi, Torino 1964) sulla “quistione della lingua”, rendersi conto che «Ogni volta che affiora, in un  modo o nell’altro, la quistione del canone, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi», Gramsci faceva riferimento al «riorganizzare l’egemonia culturale». 

– Comprendere fino in fondo l’importanza della funzione sociale dei nostri studi.

La prospettiva della rivista acquisisce ormai un taglio decisamente “mondializzante”, il che ovviamente non comporta e non ha comportato trascurare l’approfondimento critico di tematiche, autori, opere appartenenti alle letterature di singole aree culturali, come dimostra tra l’altro la corposa serie di Letture dantesche. Già nel 2008 si affronta un tema tuttora di rilevante importanza, come sopra già rilevato, quello del Canone e sistemi culturali fra Oriente e Occidente.

Scorrendo i numerosi fascicoli monografici finora pubblicati, ventiquattro, a proposito dei quali in conclusione si tornerà, le aperture sono ormai costanti, divengono strutturali, direi strutturanti, e qui se ne segnalano solo alcune.

A proposito dei Saperi umanistici oggi (2011, 1-2), intervengono Paolo Matthiae sull’archeologia orientale e Biancamaria Scarcia Amoretti sullo stato dell’arte degli studi islamistici in Italia e, circa la loro collocazione nei relativi sistemi politico-culturali, intervengono studiosi italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi, belgi, rumeni, ungheresi, russi, greci, marocchini, tunisini, giapponesi, canadesi, statunitensi.

Nel fascicolo Figure di città (2012, 2), si prendono in esame produzioni letterarie su Alessandria d’Egitto, Tokio, Istanbul.

9788849848991_0_536_0_75Sul tema Letteratura, alterità, dialogicità (2015, 1 e 2), oltre che studiose/i di diverse letterature europee, intervengono arabisti, semitisti, bizantinisti, neogrecisti. Su La guerra e i testi (2017, 2) e su Lo straniero nella letteratura (2018, 2), arabisti. In La Filologia romanza e i saperi umanistici (2019, 2), ampio spazio è dedicato a metodi e prospettive del comparatismo con interventi di Luciano Formisano, Massimo Fusillo, Federico Condello, Antonio Pioletti.

Due ultime riflessioni, la prima sulla funzione dei numeri monografici e sulla scelta delle relative tematiche; la seconda sul tempo storico-letterario preso in esame. 

Tematiche

La scelta di aver previsto ab initio un fascicolo monografico per annata, e non di rado fascicoli monografici doppi per l’intera annata, è scaturita dal convincimento che si rende sempre più necessario, in tempi di crisi del ruolo dell’elaborazione di un pensiero critico a vantaggio di competenze strettamente professionalizzanti in prevalenza sul versante tecnologico, necessarie ma non scindibili dalla formazione di una solida base culturale, proporre approfondimenti e su autori e opere e, come di seguito si rileverà, su tematiche che inducano, soprattutto le nuove generazioni, a praticare il “valore del dubbio”, il “senso del ricercare”.

11Soprattutto negli ultimi anni infatti si è dato ampio spazio alla trattazione di grandi tematiche (Saperi umanistici oggi, diverse Letture dantesche – sotto la regia di Nicolò Mineo e Sergio Cristaldi –, Figure di città, La novella, Letteratura, alterità, dialogicità, Informatica e saperi umanistici, La guerra e i testi, Lo straniero nella letteratura, Forme di romanzi dall’Antico alle soglie del Moderno, Letterature dei mondi. Modelli, circuiti, comparazioni e in preparazione Il dolore nella letteratura) con due finalità, sottoporle, includendo lo “sguardo di genere”, a letture plurali per metodo di indagine tali da avviare più compiutamente una comparazione fra aree geo-culturali diverse – istituti letterari, forme, differenze, contaminazioni – e fra diverse tipologie di rap presentazioni artistiche, nonché aprire la strada a una visione diversa del canone, che sia cioè da intendere 

«come spazio dell’esercizio della critica e del conflitto fra modelli culturali diversi. […] più come percorso di snodi storico-letterari che catalogo di autori. […] autori e opere indicati in serie aperte corrispondenti agli snodi individuati. […] vie anche alternative di letture: un canone critico aperto che renda conto della molteplicità e della pluralità, con respiro internazionale» [6].

Ci permettiamo altresì di sottolineare il grande interesse e successo riscontrati in occasione di corsi e universitari e di aggiornamento degli insegnanti di siffatto approccio: un esempio fra tutti, La Biblioteca di Eros, i tanti volti di Eros nelle letterature fra Antico e Moderno, fra Oriente e Occidente. 

Il tempo lungo

Il tempo letterario di solito preso in esame è un tempo “lungo”: Antico, Tardo-Antico, Medioevo, Moderno, Contemporaneo. In proposito una citazione tratta da un contributo di Antonio Pioletti: 

«Viviamo nel presente, ma nel presente vive il passato e si costruisce il futuro: è nella “pienezza del tempo” che vive la ricerca scientifica. Ricerca quindi – ho avuto modo in altro saggio di rilevare – di “una “nuova consapevolezza della nostra modernità che non può omettere, e invece include, quella delle linee di senso che in ogni campo vengono dal passato” (La filologia romanza e l’idea di Europa, in «Le Forme e la Storia» n.s., IX, 2016, 1: 9-30, 11-12). Così Bachtin: “Il presente, preso fuori del suo rapporto col passato e col futuro, perde la sua unità, si dissocia in singoli eventi e cose e ne diventa l’astratto conglomerato”» (Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo, in Id., Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 1979: 231-405, 293) [7]. 

Da questa “pienezza” la nostra ricerca dell’“ora della leggibilità” di benjaminiana memoria. 

Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023 
[*] Il testo è l’editoriale del numero XVI della rivista “Le Forme e la Storia” in via di pubblicazione nelle prossime settimane. Il fascicolo era già pronto per passare alla stampa, quando si è appresa la triste notizia della scomparsa di Nicolò Mineo – Nicola, come l’abbiamo sempre chiamato –, professore emerito dell’Università di Catania, fondatore della testata con Antonio Pioletti e i compianti Gaetano Compagnino ed Enzo Sciacca, nonché condirettore. Adesso, solo lo spazio per esternare il nostro dolore. Gli dedicheremo il prossimo fascicolo. Ci lascia tanti bei ricordi e qui la firma di un editoriale, redatto con Antonio Pioletti, che offre una sintesi dei percorsi scientifici seguìti dalla rivista dopo quarantatré anni dalla sua fondazione. È come un lascito per un impegno a continuare anche a nome Suo.
Studioso di alto livello: come non ricordare i suoi fondamentali studi su Dante, Alfieri, Monti, Foscolo, Verga, il Suo impegno istituzionale nel ricoprire la carica di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia (1999-2005), il Suo impegno nella Fondazione Verga nella qualità di Presidente del Consiglio scientifico e membro del Comitato per l’Edizione Nazionale delle Opere di Verga, il Suo impegno nel dirigere, oltre a «Le Forme e la Storia”, altre riviste, come «Moderna» e gli «Annali della Fondazione Verga». La Sua è stata una lezione per le nuove generazioni, per la società civile, per il mondo della cultura. Non lo dimenticheremo mai e continueremo a seguire il Suo esempio.
Note
[1] Si veda A. Gnisci, Di che cosa parliamo quando parliamo di letteratura mondiale nel 2010 ?, in Id., F. Sinopoli, N. Moll, La letteratura nel XXI secolo, Bruno Mondadori, Milano-Torino 2010: 1-53,  26.
[2] Ivi: 44.
[3] Ivi: 17.
[4] Si veda A. Pioletti, Introduzione Linee storiografiche e nuove prospettive di ricerca, Atti dell’XI Colloquio Internazionale Medioevo Romanzo e Orientale (Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 27-28 febbraio 2018), a c. di F. Bellino, E. Creazzo, A. Pioletti, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019: 5-8.
[5] Si veda M. Bettini, Contro le radici, il Mulino, Bologna 2011: 40. 
[6] Si veda A. Pioletti, Canone e sistemi culturali fra Oriente e Occidente, in «Le Forme e la Storia» n.s. I, 2008, 1-2, “Forme e Storia”. Studi in ricordo di Gaetano Compagnino, t. II, a c. di A. Manganaro: 879-90, 889.
[7] Si veda A. Pioletti, La pienezza del tempo nella filologia della contemporaneità. Sette tesi su ricerca e formazione oggi, in «Critica del testo» XXIII/3, 2020, Lo statuto metodologico di una filologia della contemporaneità, a c. di P. Maninchedda, G. Murgia, P. Serra: 35-42,  38.

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Nicolò Mineo , ha insegnato Letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania e per alcuni anni nello stesso tempo nell’Istituto Universitario di Magistero di Catania, e poi nell’Ateneo di Enna; fu Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Verga e Presidente del Corso di laurea in Lettere, Direttore del dipartimento di Filologia moderna, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Era professore emerito dal 2010. Tenne corsi specialistici su Verga e su Dante nelle Università di Parigi (1993) e di Tours (1998). Fu fra gli artefici dell’istituzione del Dipartimento di Filologia moderna dell’Università di Catania e ideò e promosse la istituzione del Dottorato in Filologia moderna, interno al Dipartimento. Fu anche incaricato dell’Ateneo per la Formazione. Aveva al suo attivo più di trecento pubblicazioni tra volumi e saggi apparsi in riviste e in Atti di Convegni nazionali e internazionali; si occupò soprattutto di Dante, della letteratura italiana dal Settecento al Novecento.
Antonio Pioletti, professore emerito di Filologia romanza dell’Università degli Studi di Catania, ha condotto le sue ricerche negli ambiti delle letterature francese, spagnola e italiana medievali, della teoria della letteratura e della comparatistica, con interessi rivolti anche al Moderno e al Contemporaneo. Sue pubblicazioni principali sono Forme del racconto arturiano (1984); Renaut de Beaujeu, Il bel cavaliere sconosciuto (1992); La fatica d’amore. Sulla ricezione del Floire et Blancheflor (1992); La porta dei cronotopi (2014); La porta dei cronotopi 2 (2019); Filologia e critica. Contro gli stereotipi (2021). Vasta la produzione saggistica su testi epici, materia arturiana, Commedia di Dante, rapporti letterari e culturali fra Oriente e Occidente, rappresentazione letteraria dell’alterità, ricezione delle letterature romanze, canone letterario, costruzione del tempo-spazio nei testi letterari. È condirettore delle riviste «Critica del testo» e «Le forme e la storia», oltre che della Collana «Medioevo Romanzo e Orientale».

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7 Si veda A. Pioletti, La pienezza del tempo nella filologia della contemporaneità. Sette tesi su ricerca e formazione oggi, in «Critica del testo» XXIII/3, 2020. Lo statuto metodologico di una filologia della contemporaneità, a c. di P. Maninchedda, G. Mur- gia, P. Serra, pp. 35-42, alla p. 38.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7 Si veda A. Pioletti, La pienezza del tempo nella filologia della contemporaneità. Sette tesi su ricerca e formazione oggi, in «Critica del testo» XXIII/3, 2020. Lo statuto metodologico di una filologia della contemporaneità, a c. di P. Maninchedda, G. Mur- gia, P. Serra, pp. 35-42, alla p. 38.

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