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Henry Dunnage Esquire e l’Isola nel suo destino: una memoria restituita

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Palermo, Cimitero degli Inglesi (ph. Laura Leto)

di Laura Leto

Il Cimitero acattolico detto “degli Inglesi” presso la borgata dell’Acquasanta è ciò che rimane dell’originaria struttura ottocentesca del Lazzaretto di Palermo. Sebbene la sua storia abbia origine secoli prima, in questa sede si vuole focalizzare l’attenzione sul suo contenuto, ovvero un patrimonio storico, artistico e culturale di pregio per la Città tutta e ancor di più per la borgata nella quale insiste.

Coloro che vi hanno trovato sepoltura hanno rappresentato alcuni dei maggiori esponenti della società industriale del XIX secolo, della sua borghesia e popolazione, che sia stato per un breve periodo o per un’intera esistenza. L’area ha accolto le spoglie degli stranieri, non soltanto di nazionalità inglese, le cui identità stanno scomparendo a causa dello stato di abbandono e degrado in cui grava il sito. Esattamente come accade nel “paesaggio sublime” romantico anche al Cimitero dell’Acquasanta la natura ha preso il sopravvento sulle lapidi, vi si innesta, le spacca, ne dissesta il terreno e finisce per dominare il luogo, acuendone l’inevitabile senso di fine e accrescendone il fascino. La natura tuttavia deve in questo caso essere domata e ora più che mai si fa urgente e necessario un intervento di recupero dei monumenti esistenti e dei frammenti raccolti in cumuli di detriti o sparsi sotto il primo strato del terreno. Molti di questi nascondono veri e propri tesori, altorilievi e sculture, e ancora più importanti al fine dell’identificazione delle sepolture, parti di epigrafi che rivelano nomi, date e luoghi.

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Henry Dunnage Esquire, frammenti lapidei catalogati

In seguito a uno studio puntuale dei frammenti che presentavano analogie, dal punto di vista del materiale, delle loro qualità geometriche e della tecnica di realizzazione, unitamente a una ricerca approfondita delle fonti, si sono potute assemblare sette sezioni trovate su diverse sepolture. Si è proceduto dunque alla catalogazione, mediante rilievo fotografico e dimensionale in grado di documentare lo stato dell’arte dei reperti e la loro collocazione all’interno del Cimitero. Quest’ultima purtroppo non è definitiva, dal momento che nel corso degli anni la posizione dei frammenti ha variato per agenti esterni, come la pulizia comunale dell’area. A ragion veduta si ritiene che molti dei frammenti mancanti possano essere ancora in situ e si confida in una prossima campagna di ricerca che consenta la riconfigurazione completa della lapide.

L’architetto Flora La Sita ha proseguito con l’assemblaggio fotografico delle porzioni che ha avuto un ruolo determinante nella ricostruzione, seppur discontinua, della sagoma della lapide che è stata ricomposta e graficizzata in CAD. Con grande emozione si è potuto esaminare e trascrivere l’intera epigrafe in lingua inglese che riporto di seguito:

 SACRED
TO THE MEMORY
OF
HENRY DUNNAGE ESQRE
 WHO
[BY] HIS PROMISING TALENT [GAVE] EVERY HOPE
 [OF BEING] AN ORNAMENT TO HIS PROFESSION OF
ARCHITECT
 [DIED IN PALE]RMO 1ST JANUARY 1829
 [WHILE] PURSUINGHIS RESEARCHES
 [IN THIS ISLAND
 AT THE
 EARLY AGE OF 22
 MOST DEEPLY LAMENTED BY
 HIS FAMILY AND FRIENDS]
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Henry Dunnage Esquire, Lapide ricomposta e graficizzata in CAD

Come è possibile riscontrare dalla ricostruzione grafica [1], è presente nella parte superiore una cimasa marmorea tripartita con semicerchio centrale, chiusa lateralmente da volute a palmette che riempiono lo spazio degli acroteri laterali. Nella lunetta centrale sono visibili un compasso con squadra, uniti da uno splendido nastro con fiocco, scolpiti in bassorilievo al centro della lunetta. Dal punto di vista iconografico, il compasso rappresenta l’ordine, l’armonia e il rigore scientifico, la squadra allude alla trasformazione della pietra grezza in “pietra geometrica”, lavorata, che segna il passaggio dalla ‘natura’ alla ‘cultura’. Entrambe le sagome simboleggiano l’alfa, il principio, ed esprimono, mediante il disegno, il controllo delle forme di tutto l’universo. Sin dall’epoca romana gli “strumenti del mestiere” venivano riportati sulle sepolture di chi li aveva maneggiati nel corso della propria esistenza, sicché anche su questo monumento ottocentesco dell’architetto Dunnage, considerato un’eccellenza nell’esercizio della sua professione, l’anonimo artigiano non poteva che rappresentarvi tale iconografia [2].

Alla morte dell’Architetto venne dedicato anche un piccolo spazio sul “The Gentleman’s Magazine and Historical Chronicle”: «At Palermo, aged 22, Hen. Dunnage, esq.» (Urban 1829: 286). Ma cosa faceva un architetto inglese a Palermo? Eccezionalmente rispetto ai monumenti funebri presenti al Cimitero, l’epigrafe ci offre la ragione della presenza di Henry Dunnage in Città: era venuto in Sicilia per fare delle ricerche nell’ambito dei suoi studi. La risposta viene supportata ulteriormente dall’articolo del “Literary Gazette”, in cui viene specificato che il promettente Architetto fece delle accurate misurazioni dei monumenti presenti in Sicilia. Anche sul Catalogue of the Printed Books and Manuscripts della Biblioteca del Royal Institute of British Architects si legge: «Drawings and sketches of various buildings and antiquities in Sicily; churches, etc.» (R.I.B.A. 1866: 159). La sua passione fu anche causa della sua fine. Si ammalò a Segesta, mentre lavorava in compagnia del collega Charles Laver: era un infaticabile lavoratore e un ornamento per la sua professione, come riportano tutte le fonti che lo riguardano.

frontespizio-di-h-dunnage-and-c-laver-plans-elevations-and-sections-details-and-views-of-the-great-hall-of-the-royal-palace-of-eltham-and-kent-london-1828

Frontespizio pubblicazione di Dunnage e Laver, Londra 1828

Henry Dunnage divenne principalmente noto grazie allo studio dell’Etham Palace [3], realizzato assieme al collega Laver nel 1828. Dal Catalogo della Biblioteca del Royal Institute of British Architects, si legge: «Hall at; By H. Dunnage and C. Laver» (R.I.B.A. 1865: 41). Egli si occupò del grande salone e nello specifico dei «Plans, Elevation, Section, Details, and Views of the Great Hall of The Royal Palace of Eltham, in Kent, measured and delineated» (Low, Son, Marston 1879: 27059). È triste scoprire che sul sito ufficiale dell’ex residenza reale non sia menzionato tale intervento, ma si descriva come sia stato lasciato in uno stato di abbandono, a partire dal XVI secolo sino al restauro del 1933 [4]. Ciò nonostante, alla sezione ‘Fonti’ è possibile consultare e scaricare il prezioso contributo H. Dunnage and C. Laver, Plans, Elevations and Sections, Details and Views of the Great Hall of the Royal Palace of Eltham and Kent, London, 1828 che fornisce fortunatamente diversi disegni della sala, descritti nei paragrafi dedicati alle tavole. Nello specifico, dalle Plate VII, IX, XIII, XIV, XVII, è possibile ammirare la sala, col suo prezioso tetto in legno e le sue ampie finestre traforate che lasciavano spazio agli arazzi, esposti al di sotto, nei giorni di festa (Dunnage, Laver 1828: 15, 16, 21). Lo stato di abbandono del Palazzo all’inizio del XIX secolo scatenò l’indignazione della comunità di eruditi e innescò una protesta che si poneva l’obiettivo di salvare l’Eltham Palace dalla distruzione. Il soffitto rapresentava un’eccezionale lavoro di carpenteria medievale e la minaccia del suo crollo, unitamente al fermento che ne scaturì, permise di assegnare una borsa di studio ai due allievi del Royal Institute. Quest’ultima consentì un esame puntuale della struttura del tetto da parte di Dunnage e Laver, ma bisognò attendere quasi un secolo prima che venisse interamente restaurato (Yeomans 2017).

La pubblicazione Plans, Elevations and Sections, Details and Views of the Great Hall of the Royal Palace of Eltham and Kent venne sponsorizzata su diversi periodici, alla sezione ‘Belle arti’, tra i quali il “Blackwood’s Edinburgh Magazine” del 1829 [5], e secoli dopo la si trova sul Catalogue of British Architectural Library, Early Imprints Collection del 2003 (AA.VV. 2003: 526; Emery 2006: 228-230).

Probabilmente, come era consuetudine per i gentlemen inglesi che incarnavano il profilo ideale dei viaggiatori del Grand Tour, dopo aver attraversato Olanda, Francia e Svizzera, per completare la sua formazione giunse in Italia, sempre accompagnato da Laver. Il Grand Tour – come è noto –rappresentava il viaggio della classe dirigente europea, un contributo notevole nel radicamento della cultura del cosmopolitismo (De Seta 1982: 127-263), alimentato dalla diffusione di incisioni, acquerelli, ma soprattutto delle guide dei viaggiatori che a partire dal XVII secolo, si diffusero in tutto il continente stuzzicando la pulsione alla conoscenza e svelando le meraviglie delle quali l’Italia è custode.

Tra le tappe fisse, in Toscana, erano da visitare Firenze, Pisa, Siena, quest’ultima nota sia dal punto di vista architettonico che linguistico-culturale, laddove si parlava un italiano considerato esemplare. Rimangono tuttavia tracce del passaggio di Dunnage a Lucca. Probabilmente colpito dalla cattedrale di San Martino, in particolare per le sue fattezze romanico-gotiche, realizzò assieme a Laver degli studi dei quali restano documenti negli archivi della Royal Institute of British Architects di Londra, dove viene custodita una tavola con particolari, piante e sezioni di capitelli, pilastri e archi del fronte ovest, corredata di annotazioni e misurazioni [6].

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Drawing by Henry Dunnage – Hall at Eltham Palace

Continuando a percorrere le orme dell’Architetto e andando sempre più a Sud, verso la Sicilia, si scoprono tracce di un suo contributo a Pompei, in qualità di disegnatore [7]. Egli prese in particolare considerazione i due teatri, l’Odeon, il ‘Teatro Grande’, appena riportato alla luce dagli scavi promossi dai Borbone e la cui cavea poteva accogliere circa cinquemila spettatori, e la ‘Caserma dei Gladiatori’, identificato come Gymnasium, dove i giovani potevano praticare sport e acquisire un’istruzione [8]. Le scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei contribuirono significativamente ad alimentare l’interesse verso l’architettura greca e romana che sfocia nel Neoclassicismo.

Il recupero e l’ammirazione delle forme classiche, che si diffuse in tutta Europa, canalizzò l’attenzione verso il Sud Italia. In particolare, la Sicilia, sino a poco tempo prima considerata terra di mostruose creature e di fenomeni naturali incontrollabili, divenne uno dei traguardi più ambiti del Grand Tour. L’Isola suscitava meraviglia e stupore, le sue storie affondavano le radici nel mito: riuscire a raggiungerla significava aver compiuto una sorta di rito di passaggio che portava a compimento quel processo di arricchimento personale e culturale. Le difficoltà non mancavano e a causa dei pericoli legati ad attività criminali, asperità del territorio e condizioni igienico-sanitarie non proprio favorevoli, in molti trovavano la morte.

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Ricostruzione della grande sala di Eltham Palace alla fine del XV secolo – Copyright Historic England, illustration by Peter Urmston

Quello degli architetti è però un viaggio laico, erudito e l’analisi dell’architettura classica era considerata esperienza di notevole rilevanza per quella inglese. Gli architetti svolgevano un vero e proprio tirocinio formativo che passava in rassegna tutte le forme d’arte più rappresentative presenti in Sicilia [9].

Tramite i disegni è possibile individuare l’ipotetico itinerario intrapreso dai due architetti, così da accertare che abbiano soggiornato in Sicilia per un periodo di tempo di circa un anno. Messina ha da sempre svolto il ruolo di città ospite, di ponte per l’Isola, di accoglienza per i viaggiatori in visita: il Duomo della Città, risalente al 1120 e provato dal terremoto del 1783, fu esattamente il primo monumento a essere preso da loro in esame nel 1828 [10]. Dal Capoluogo nord-orientale non è possibile appurare se Dunnage e Laver si siano fermati prima a Tindari, colonia della Magna Grecia fondata nel 396 a.C. da Dionisio I, o a Taormina, prima colonia ellenica in Sicilia. Sta di fatto che della frazione sul golfo di Patti rimangono due disegni, rispettivamente del Santuario della Madonna di Tindari [11], ricostruito dopo la distruzione operata dal corsaro Barbarossa nel 1544 e degli scavi dell’area antistante [12],  iniziati dall’archeologo inglese Robert Fagan [13]. Per quanto riguarda Taormina probabilmente fu imprescindibile per Dunnage fermarsi ad ammirarne il Teatro greco [14] definito da Johann Hermann von Riedesel, diplomatico tedesco appassionato di archeologia greca, «il più curioso ed il più raro di tutti i monumenti antichi che ancora esistono sulla Terra» [15].

Prima di proseguire il suo viaggio a Occidente, Dunnage si spinse più a Sud per visitare Siracusa, seconda colonia greca in Sicilia. La particolare attenzione rivolta ai templi, considerati manufatti primari sui quali focalizzare gli studi d’architettura, era alimentata dalla lettura de The Antiquities of Magna Graecia dell’architetto britannico William Wilkins [16], la quale offriva una panoramica storica delle antiche città greche in Sicilia. Dunnage e Laver disegnarono la sezione del Teatro greco [17] che, a partire dal V secolo a.C., fece della Città uno dei maggiori centri culturali del mondo, insieme a Atene e Alessandria d’Egitto. Seguì la Latomia del Paradiso con l’Orecchio di Dionisio [18]. Di certo sarà stato imperdibile il Duomo della grande piazza a Ortigia, sorto sul preesistente tempio di Atena del VII secolo d.C. [19]. Nella provincia vi era un altro sito degno di nota, Akrai, la più antica delle sub-colonie di Siracusa, nella quale era stato scoperto da pochi anni [20], rispetto alla visita dei due architetti, il Teatro greco [21].

Il passo successivo sembra essere stato la Valle dei Templi di Agrigento. Lo sguardo e l’attenzione dell’Architetto rifluiscono nei suoi disegni, dove è possibile ammirare il prospetto e la sezione della cosiddetta Tomba di Terone [22], il colossale Tempio di Giove Olimpico [23], una sezione del maestoso Tempio della Concordia [24], e il prospetto e la sezione frontale e laterale del tempio di Giunone Lacinia [25].

Prima di raggiungere Palermo, sul cammino si incontravano altri due siti di eccezionale importanza: Selinunte e Segesta. Al Royal Institute of British Architects sono conservati i disegni di sei templi dell’Acropoli selinuntina e della Collina orientale: per tutte le tavole si tratta di ricostruzioni [26]. Tra i monumenti esaminati il più antico è il ‘Tempio C’, costruito nel 560 a.C. e dedicato al dio Apollo. Questo, in stile dorico, presentava particolari caratteristiche costruttive e sul frontone recava un’enorme testa di Gorgone in terracotta policroma, i cui resti sono oggi esposti al Museo Archeologico della Regione Sicilia Antonino Salinas.

Nella vicina Segesta, che esibiva i suoi imponenti edifici – che ne certificavano il prestigio nel bacino del Mediterraneo – anche il suo Teatro dell’Acropoli nord divenne ulteriore oggetto di studio [27].

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Palermo, Cimitero degli Inglesi, Frammento lunetta (ph. Laura Leto)

Dalla ‘Collezione dei disegni’ è possibile documentare una visita anche a Cefalù, della quale rimane uno studio del Duomo [28]. Si suppone che il viaggio di Dunnage terminasse con la visita di Palermo. La Città, ricca di magnifici edifici dai molteplici stili, sarà stata certamente di grande stimolo per i suoi studi architettonici. Quando intraprese il tour in Sicilia non avrebbe mai immaginato che Palermo potesse diventare anche il punto di arrivo della sua esistenza.

La ragione del decesso è attualmente incerta: al momento non è stato trovato il certificato di morte o un qualunque altro documento che ne illustrasse la causa. Si possono dunque proporre soltanto delle ipotesi. Che la malattia contratta a Segesta sia degenerata fino a condurlo alla morte? Nell’entroterra siciliano era frequente che nei caldi mesi estivi si prosciugassero i fiumi e si venissero a creare delle pozze, le quali unitamente alla presenza di gebbie e canali d’irrigazione, erano terreno fertile per il proliferare delle zanzare, responsabili della malaria. Sull’epigrafe è riportata la data del primo gennaio del 1829 e pertanto risulta improbabile attribuire la causa alla febbre malarica che impiega solitamente dai sei ai quattordici giorni prima di provocare la morte dell’individuo affetto. Eppure, nel mese di maggio, senza eredi diretti, stilò il suo testamento.

«Essendo nelle mie piene facoltà mentali, […] ordino che le spese testamentarie e quelle del presente atto siano pagate dal mio Esecutore di seguito denominato in base a qualsiasi patrimonio o effetti di cui potrei essere in possesso al momento della morte o avente diritto e per quanto riguarda tutto il resto del mio patrimonio reale o personale […]. Lascio in eredità a Juliet Frances Parkinson, figlia di John Parkinson di N° 36 Sackville St Piccadilly, ai suoi eredi e assegno assolutamente e definitivamente per il proprio uso esclusivo, beneficio e disposizione, senza il controllo, la gestione o interferenza da parte di qualsiasi persona o persone e con la presente […]. Nomino James Thompson Parkinson di N° 24 Bryanston Square unico esecutore di questo mio testamento e, infine, con la presente revoco e rendo nulli tutti i testamenti precedenti e altri da me formulati sino a questo momento. Pubblico e dichiaro […] la mia ultima volontà e il mio testamento a testimonianza di ciò che ho stabilito con la mia mano e suggellato il 9 luglio dell’anno di Nostro Signore 1828. […] In sua presenza e in presenza l’uno dell’altro abbiamo qui stabilito e sottoscritto i nostri nomi come testimone qui Louisa Salter, R. Parkinson, J. T. Parkinson»[29].

Da quanto si legge l’eredità rimase nelle mani di Juliet Frances Parkinson [30] e dell’esecutore testamentario James Thompson Parkinson [31], architetto di grande fama, responsabile dello sviluppo immobiliare delle are residenziali più prestigiose di Londra (Howard, 2008). Non è difficile pensare che l’architetto Henry Dunnage sia entrato nell’entourage di questa famiglia, magari come allievo o estimatore dei lavori di James Thompson Parkinson; certamente era un collega di Rawlinson [32].

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Palermo, Cimitero degli Inglesi, Frammento su sepoltura n. 70 del rilievo (ph. Laura Leto)

Se la morte di Henry Dunnage è avvolta dal mistero, si è proceduto a stilare la sua Lifestory mediante il supporto degli studi di genealogia. Da quest’ultimi risulta che l’Architetto nacque il 19 marzo del 1806 a Hammersmith, nella contea del Middlesex di Londra, da George Dunnage (1753 – †1823) e Elizabeth Larkin (1769 – †1824) [33], sposata in seconde nozze il 7 ottobre del 1793 presso la parrocchia di Cranbrook, nella contea del Kent [34].

Henry venne battezzato il 26 marzo del 1806, presso la chiesa anglicana di Fulham. La notizia non collima con quanto si legge sul Catalogue of the British Architectural Library Early Imprints Collection, al n° 941: «H. Dunnage may be the Henry Dunnage whose baptism in 1794 is recorded by the IGI. C. Laver is Charles Laver, some of whose drawings are held by the RIBA Drowings Collection»[35]. Nell’indice della pubblicazione viene qualificato come engraver/artist, probabilmente dalla grande quantità di disegni prodotti in collaborazione col collega Laver. Seppur la data di battesimo individua nei 35 anni l’età del decesso, considerando l’incertezza della stessa fonte (may be) e le notizie riscontrate dall’epigrafe, dal necrologio della Gazzetta di Londra e dal certificato di battesimo della chiesa anglicana, non vi è dubbio che l’anno di nascita sia il 1806.

Il padre, George Dunnage, era in affari col fratello di Elizabeth, Thomas Larkin, primogenito di sette fratelli, nato nel 1768 a Cranbrook, e deceduto nell’aprile del 1843. I due commercianti erano pionieri nella produzione di cappelli in seta, e nello specifico di cappelli a cilindro. Dunnage realizzò per la prima volta, nel 1793, una forma di cappello usando un fazzoletto di seta ricoperto di pelliccia. L’invenzione fu approvata con brevetto l’anno seguente e l’impresa Dunnage & Larkin si distinse nella produzione di cappelli di seta laccata, sino al suo scioglimento nel 1814 (Buckingham 2011). La pregiata fattura e l’elevata qualità dei prodotti della Ditta venivano promosse in tutta l’Inghilterra, come nel caso del commerciante Thomas Cragg di Leeds, cittadina nella contea di Yorkshire che sponsorizzava il nuovo assortimento di cappelli, ombrelli e merletti, sottolineando che tra gli articoli più di tendenza vi erano quelli della collezione estiva Dunnage & Larkin.

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Palermo, Cimitero degli Inglesi, Frammento su sepoltura n. 24 del rilievo (ph. Laura Leto)

I Dunnage erano dunque noti come famiglia di tessitori [36], ma anche di chierici [37] e il prestigio della famiglia venne ulteriormente sottolineato dall’agiatezza della residenza, svelata dall’annuncio Una notevole proprietà in affitto pubblicato su “The Morning Chronicle” del 1828 [38].

Tornando a Henry Dunnage, dalle ricerche prodotte sembra che il suo lavoro in Sicilia sia caduto nell’oblio esattamente come accaduto per la sua sepoltura al Cimitero degli Inglesi. Fortunatamente a ciò si sta ponendo rimedio e questo contributo, oltre a voler restituire dignità al nostro Architetto e al suo monumento, è finalizzato a far comprendere che non ci si può permettere il lusso di perdere altri reperti che, con un’adeguata opera di restauro, garantirebbero il recupero di altre preziosissime informazioni, non soltanto circoscritte al Cimitero, ma soprattutto legate a uno dei periodi più belli della storia di Palermo.

Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021
 Note
[1] L’architetto La Sita ha eseguito la ricostruzione grafica computerizzata secondo una logica che prende dal metodo dell’anastilosi la “ricomposizione” di frammenti guidata dalla concreta, oggettiva testimonianza fornita dalle singole parti in situ. Da questa si è potuto constatare che la lapide ha un’altezza complessiva di 115 cm ed è formata da un elemento inferiore di forma rettangolare (82x98cm) sul quale corre la lunga epigrafe.
[2] Non si esclude del tutto che il simbolo possa essere legato anche alla sfera massonica, ma dell’argomento se ne discuterà nell’ambito di una prossima pubblicazione programmata dalla scrivente.
[3] La città di Eltham, nel Kent, è situata a circa otto miglia da Londra, sulla strada che porta attraverso Farningham a Maidstone. Il suo nome deriva dalle due parole sassoni eald e ham, che significano rispettivamente ‘vecchia dimora’. Il maniero era stato donato da Edoardo II d’Inghilterra al vescovo di Durham, Anthony Bek, nel 1305 e venne usato successivamente come residenza reale tra il XIV e il XVI secolo.
[4] Cfr. https://www.english-heritage.org.uk/visit/places/eltham-palace-and-gardens/history/
[5] Monthly list of new Publications, in “Blackwood’s Edinburgh Magazine”, No. CLV. August, 1829. Vol. XXVI: 260; The London Catalogue of Books: With Their Sizes, Prices and Publishers, Containing the Books Published in London Since the Year 1814 to December 1834, Robert Bent, London, 1835: 57.
[6] Per questa tavola e le altre che seguono, si specifica che si attende la riapertura della RIBA Architecture Image Library – temporaneamente chiusa a causa dell’epidemia di Covid 19 – per poter acquistare la licenza per l’utilizzo delle immagini e divulgarle nell’ambito di una prossima pubblicazione programmata dalla scrivente. Dunnage & Laver, Lucca Cathedral: details, plans and sections of capitals, piers and arches from the west front, Drawing, n° RIBA35823, Library Reference: SD52/5(2), Subject Tags: Arches, Cathedrals, Capitals, Columns, Decorative Stonework, 1828, Cfr. https://www.architecture.com/
[7] Pittura (Pittori/disegnatori), in Indici, NBP – Project © 2012 – Nova Bibliotheca Pompeiana. Repertorium bibliographicum pompeianum – Laurentino Garcia y Garcia: 77; Cfr. www.arborsapientiae.com
[8] Dunnage & Laver, Pompeii (Italy): Theatres, plans with dimensions of the ‘Teatro Scoperto’, the ‘Teatro Coperto’ & the ‘Quartiere dei Gladiatori’, Library Reference: SD50/6, https://www.architecture.com/
[9] C. De Seta, op. cit.: 127-263.
[10] Dunnage & Laver, Messina (Sicily): Duomo, measured drawings, west doors & a window, plans & elevations, Library Reference: SD53/1(1-14); SC36/9, 1828, https://www.architecture.com/
[11] Dunnage & Laver, Tyndaris (Sicily): Convent, ‘doorway of chapel belonging to the Convent at Tyndaris, 1596′, elevation, Library Reference: SD52/3, 1828, https://www.architecture.com/
[12] Dunnage & Laver, Tyndaris (Sicily): ‘Chamber discovered during an excavation’ & ‘ruins at Tyndaris’, Library Reference: SD52/2(1-3), 1828, https://www.architecture.com/
[13] Fagan ritrovò delle statue di età imperiale, conservate attualmente al Museo archeologico della Regione Sicilia Antonino Salinas. Gli venne inoltre riconosciuto il merito di avere iniziato la campagna di scavi a Selinunte. Nato a Londra nel 1761 da un panettiere, divenne noto come diplomatico, archeologo e pittore, entrò nelle scuole Royal Academy nel 1781 e nello stesso anno visitò Roma, dove si stabilì definitivamente dopo brevi periodi trascorsi a Londra e Parigi. In Italia fu attivo come pittore, archeologo, mercante d’arte e antichità e ricoprì anche il ruolo di spia anti-francese. Nel 1809 venne nominato Console Generale per Sicilia e Malta, visitò Londra nel 1815 ed espose alla Royal Academy. L’anno seguente ritornò a Roma gravemente malato e si suicidò. Cfr. https://www.britishmuseum.org/collection/term/BIOG26792; A. Salinas, Del Real Museo di Palermo, Tip. Lao, Palermo 1873: 11.
[14] Dunnage & Laver, Measured drawings of the ‘Greek Theatre’ at Taormina, Sicily: elevation and section of the circular peristyle, Drawing n° RIBA35822, Library Reference: SD52/1(4), Subject tags: Arches, Theatres, Amphitheatres, Archaeological Sites, 1828, https://www.architecture.com/
[15] Il barone di Eisenbach (1740 - †1785), originario della Turingia, era appassionato di archeologia e a partire all’incontro, avvenuto a Roma nel 1762, con il maggiore esponente del Neoclassicismo, l’archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717 - †1768), dedicò la sua vita a narrare le sue esperienze di viaggio, in particolare, nel 1766, visitò il Sud Italia e la Sicilia. Tale resoconto venne pubblicato nel 1771 a Zurigo, presso l’editore Orell, Geßner, Füßlin und Comp., col titolo Reise durch Sizilien und Großgriechenland. L’opera ebbe talmente successo che venne tradotta in francese e inglese, divenendo un vero e proprio punto di riferimento per coloro che intraprendevano il Grand Tour. Nel 1773 Federico II di Prussia lo nominò ministro plenipotenziario alla corte di Vienna. J. H. Riedesel, Viaggio in Sicilia, Palermo, 1821: 100-108.
[16] William Wilkins (1778 -†1839) è stato un architetto e studioso britannico, disegnatore alla National Gallery di Londra. Dopo aver curato la propria formazione a Cambridge, vinse una borsa di studio che gli permise di visitare la Grecia, l’Asia Minore e la Magna Grecia nel Sud Italia, in compagnia dell’artista e paesaggista italiano Agostino Aglio (Cremona 1777 – Londra 1857), autore dei disegni. Wilkins ha pubblicato diversi lavori sull’architettura gotica e classica ed è considerato una delle figure di spicco del movimento del revival greco inglese in voga all’inizio del XIX secolo. Dal 1804 in poi progettò circa una quarantina di edifici di gusto neoclassico in Gran Bretagna e nel 1817 entrò a far parte della Società dei Dilettanti, promotrice del Neoclassicismo. Nella sua opera intervennero anche gli incisori Filippo Morghen (Firenze 1730 – 1807 Napoli) e Richard Watts. W. Wilkins, The Antiquities of Magna Graecia, Printed at the University Press, by R. Watts, London, Longman, Hurst, Orme, and Rees, Cambridge 1807.
[17] Dunnage & Laver, Syracuse/Siracusa (Sicily): Greek Theatre, section, Library Reference: SD51/9, s.d. Cfr. https://www.architecture.com/
[18] Dunnage & Laver, Syracuse (Sicily): Sepulchral Chamber ‘situated in the Latomia of Dionysius’s Ear’, plan & sections, Library Reference: SD51/8, 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[19] Dunnage & Laver, Syracuse/Siracusa (Sicily): Temple of Minerva (Athene), built into the duomo, reconstruction, plans, elevations, sections & details, Library Reference: SD51/7(1-5); SB49/8(6), 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[20] La cavea venne scoperta nel 1824 dal barone Gabriele Judica, nato a Palazzolo Acreide il 9 agosto 1760 (†Palazzolo Acreide, 3 maggio 1835), archeologo e mecenate italiano, che intraprese lo scavo della scena, dell’orchestra e dei gradini più bassi della cavea. Gli si attribuiscono anche degli interventi di restauro e la ricostruzione della cavea fino al dodicesimo gradino. Cfr. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?ID=56&IdSito=85
[21] Dunnage & Laver, Acrae (Sicily): Odeion & Theatre, Palazzolo Acreide, measured drawings, Library Reference: SD50/1(1-7), 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[22] L’attribuzione errata a Terone, tiranno di Agrigento vissuto nel V sec. a.C., è stata data proprio dai viaggiatori del Grand Tour, ma in realtà il monumento funebre apparteneva alla necropoli romana nota come Necropoli Giambertoni. Cfr. https://www.parcovalledeitempli.it/tempio/tomba-di-terone/; Dunnage & Laver, Funerary monument erroneously known as the Sepulchre or Tomb of Theron, Agrigento, Sicily: elevation, plan, section and details, Drawing n° RIBA35818, Library Reference: SD50/5, Subject tags: Tombs, Monuments, 1828, https://www.architecture.com/
[23] Dunnage & Laver, Arigento (Sicily): Temple of Jupiter Olympus, measured drawings, Library Reference: SD50/4(1-3), 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[24] Dunnage & Laver, Temple of Concord, Agrigento, Sicily: measured sectional elevation, Drawing n° RIBA35819, Library Reference: SD50/2(2), Subject tags: Columns, Archaeological Sites, Temples, notes: The Temple of Concord is one of the seven monumental Greek temples constructed in the Doric style during the 6th and 5th centuries BC at Agrigento. It one of the two best preserved on this World Heritage site, due to its having been converted into a Christian church in 597 AD., 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[25] Dunnage & Laver, Temple of Hera (Juno) Lacinia, Agrigento, Sicily: front elevation with transverse section, Drawing n° RIBA35820, Library Reference: SD50/3(4); Dunnage & Laver, Temple of Hera (Juno) Lacinia, Agrigento, Sicily: side elevation with lateral section, Drawing n° RIBA35821, Library Reference: SD50/3(3), Subjects tags: Columns, Archaeological Sites, Temples, 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[26] Dunnage & Laver, Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘A’, Acropolis, reconstruction of the ‘southerly temple’, plan & elevation of the Doric order, Library Reference: SD51/1(1-2), 1828; Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘C’, Acropolis, reconstruction of ‘middle temple’, plan & details, Library Reference: SD51/2(1-2), 1828; Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘D’, Acropolis, reconstruction of ‘northerly temple’, plan, elevation of the Doric order & details, Library Reference: SD51/3(1-3), 1828; Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘E’, (Hera/Minerva), reconstruction of ‘southerly temple on eastern hill’, plan from Wilkins’s ‘Magna Graecia’, elevation of Doric order & measured drawing, Library Reference: SD51/4(1-2), SA22/1, 1828; Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘F’, reconstruction of the ‘middle temple on the eastern hill’, plans, elevation of the Doric order & details, Library Reference: SD51/5(1-4), 1828); Selinunte/Selinus (Sicily): Temple ‘G’, reconstruction of the ‘Temple of Jupiter Olympius’, plans, elevation of the Doric order & details, Library Reference: SD51/6(1-3), SC36/8, 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[27] Dunnage & Laver, Segesta/Egesta (Sicily): Theatre, plan ‘as now remaining’, Library Reference: SD50/8, 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[28] Dunnage & Laver, Cefalu (Sicily): Cathedral, gallery, west elevation, Library Reference: SD52/4, 1828. Cfr. https://www.architecture.com/
[29] Cit. Testamento di Henry Dunnage del 16 maggio 1829, traduzione prodotta dalla scrivente, in Regno Unito, Testamenti presso il tribunale ecclesiastico di Canterbury, 1384-1858 per Henry Dunnage, fonte: www.ancestry.com
[30] Juliet Frances Parkinson è nata a Londra nel 1805 e deceduta il 2 aprile del 1851 a Cawthorn, nello Yorkshire. Che fosse stata la donna che Henry Dunnage amava? In tal caso la fanciulla, anche lei giovanissima, avrebbe visto infrangersi il suo sogno d’amore, ma queste rimangono soltanto ipotesi, sebbene ciò giustificherebbe il fatto che non abbia lasciato nulla ai parenti prossimi. Ciò che è certo è che Juliet era la quinta figlia di John Parkinson Esquire (1771 – †23 ottobre 1840) e Mary Ann Herring (1776 – †26 agosto 1842), sposata nel 1795, presso la Cappella di St. Leonard nel quartiere di Streatham, a sud di Londra.
[31] James Thompson Parkinson, fratello di John, è nato nel 1780 nel Middlesex e deceduto il 15 dicembre del 1859 a Islington, borgo di Londra. Entrambi erano figli di John Parkinson Senior, un noto dentista-chirurgo, nato nel Middlesex nel 1741, il quale sposò la loro madre Elizabeth Kidman (1750 – †?) il 9 giugno del 1768, in seconde nozze a Ashwell, nell’Hertfordshire. La famiglia si trasferì nel centro di Londra nel 1787 ca., nella Fleet Street, un indirizzo che James usò per il suo studio da architetto e dove due dei suoi fratelli portarono avanti gli affari del padre dopo la sua morte, avvenuta nel 1804. Nel 1805 JT Parkinson sposò Louisa Sophia Salter (1781 – †?) nella chiesa di St Pancras. I due coniugi sono presenti tra i testimoni dell’atto, assieme al figlio, Rawlinson Parkinson (2 aprile 1810 – †21 novembre 1885) che seguì le orme paterne nella professione d’architetto, usufruendo dello studio di famiglia a Fleet Street. La sua abitazione era a Highgate, zona residenziale a nord di Londra.
[32] Che vi sia stato un legame tra le due famiglie è anche testimoniato da una causa relativa a un contratto di locazione di un terreno situato a Marylebone, zona residenziale di Londra. L’architetto Mr. Parkinson, del quale non viene specificato il nome, stipulò un contratto con Mr. Portman per l’acquisto di un lotto, le cui condizioni vennero stabilite con il tramite Mr. Hillier. Sul terreno dovevano essere costruite, entro il Lady-day del 1826 (Festa dell’Annunciazione, celebrata il 25 marzo), abitazioni per classi sociali di alto rango che assicurassero a Parkinson un’elevata rendita fondiaria. Mr. Hiller non riuscì a rispettare i tempi della consegna e propose di realizzare abitazioni di livello inferiore. Infranto il contratto, Parkinson affidò tutto a George Dunnage, che subito dopo fece domanda al signor Portman per una proroga del periodo di costruzione, prolungando il tempo di completamento degli edifici di quattro anni. La causa continuò ed è possibile approfondirne i dettagli su: Cases in Chancery, in The law Journal for The yar 1831: Comprising Report of cases, Published by E. B. Ince, 5, Quality Court, Chancery Lane, London 1831, Vol. IX, pp. 155-158.
[33] Cfr. https://www.myheritage.com/names/george_dunnage
[34] La prima moglie era Mary Multer (1755 -†1793), sposata il 26 maggio del 1785 presso la chiesa di St Matthew, Bethnal Green, nella contea di Middlesex, come riportato sul registro dei Matrimoni e pubblicazioni di matrimonio della Chiesa anglicana, 1754-1932, Tower Hamlets, St Matthew, Bethnal Green, 1777-1802, al n° 181 di p. 58. Mid-Kent Marriages Index 1754-1911, Cfr. https://www.woodchurchancestry.org.uk/midkentmarriages/results.php
[35] P. W. Nash, N. Savage, G. Beasley et alii, Early printed books, 1478-1840: Catalogue of the British Architectural Library Early Imprints Collection, Indices, Supplement, Appendices, Addenda and Corrigenda, K.G. Saur, München 2003, Vol. 5: 2488 e 3111.
[36] Anche il nonno di Henry Dunnage, Benjamin Dunnage, si occupava della produzione di nastri e introdusse il figlio nel commercio della seta. I. Tomshinsky, The Chronicle of Hats in Enjoyable Quotes: History of Fashion Accessories Series, Xlibris Corporation, 2013, p. 20.
[37] Grazie soprattutto alla figura del fratello di Henry, George Dunnage. Quest’ultimo, battezzato il 24 luglio del 1803 a St. Martin, nel quartiere Fields di Londra, conseguì il titolo di Magister Artium presso l’Università di Cambridge e all’età di 26 anni sposò Mary Freeman (1810 – †1891) presso la parrocchia di St. Marylebone di Londra.  Lo stesso anno, nel 1829, la sua presenza è riscontrata tra i passeggeri giunti presso la regione di Wheatbelt, nell’Australia occidentale. Risulta che vivesse come colono presso il fiume Swan, ma dalle date di nascita dei figli si suppone sia tornato in Inghilterra dalla moglie. La coppia ebbe sette figli: George Dunnage (1830 – †1904); Charles John Dunnage (1832 – †1902); William Dunnage (1834 – †1896); Robert Dunnage (1835 – †1878); Mary Dunnage (1836 – †1837); Marianne Dunnage (1839 – †1916) e Frances, detta Fanny, Dunnage (1841 – †1922). Nel 1851 George Dunnage e la sua famiglia emigrarono in Nuova Zelanda sulla nave della Canterbury Association, Fatima. Dai Manifesti dei passeggeri dell’Associazione di Canterbury è possibile riscontrare che la ‘barca’ Fatima, costruita nel 1849 a Sunderland, in Inghilterra, sotto la guida del capitano Alexander Sproul, intraprese un viaggio di 104 giorni e il 27 dicembre del 1851 approdò a Lyttelton, città portuale della regione di Canterbury, nell’isola a Sud della Nuova Zelanda. Tra l’equipaggio vi erano 122 passeggeri tra cui George Dunnage. La sua residenza divenne il più grande edificio eretto a Papanui, su un terreno paludoso di cinquanta acri che venne acquistato nell’area ora delimitata da Papanui Road, Grants Road, Proctor Street e Main North Road. George acquisì il titolo di vicario, e fece appena in tempo a fondare la parrocchia di St. Paul prima di morire. Aveva già subito un ictus durante il viaggio in mare, contestualmente cadde vittima di una paralisi e poco dopo si spense, il 19 maggio 1853. Le sue spoglie inaugurarono il piccolo cimitero della Chiesa anglicana di Papanui e seguiranno quelle della moglie e dei figli. R. L. N. Greenaway, St. Paul’s Anglican Cemetery Tour, June 2007, Christchurch: Christchurch City Council, Retrieved 11 February 2012; Indice dei matrimoni di Pallot in Inghilterra: 1780 – 1837, by The Institute of Heraldic and Genealogical Studies, Canterbury, England, fonte: www.ancestry.com.
[38] Si tratta della locazione di un terreno con una grande abitazione a Hammersmith, quartiere di West London, ultima residenza di George Dunnage Esquire, padre di Henry, ormai deceduto. La grande abitazione era costituita da un piazzale, con prato, cancelli a doppia porta, con vista sul Tamigi, sul distretto di Roehampton e sul territorio circostante. Si accedeva dal portico con gradino. Il piano terra ospitava un grande salone, un’ampia cucina con dispensa e le stanze della servitù. Una comoda scala conduceva al primo piano, dove si dispiegavano due camere padronali con guardaroba e spogliatoio, la stanza dei bambini, il bagno e il ripostiglio, altre camere da letto e due stanze per la servitù. Al secondo piano vi era un’altra nursery, una camera da letto secondaria, tre stanze per la servitù, un’ampia sala da biliardo, la lavanderia e il magazzino del serbatoio dell’acqua. Un’altra scala conduceva a un ulteriore ambiente dal quale si godeva di una magnifica vista. Vi era inoltre un cortile e un seminterrato che ospitava un’altra lavanderia con dispensa e la cantina; nell’ala ovest la rimessa per le carrozze, quattro stalle con soppalco. Il giardino sul retro doveva essere meraviglioso: vi si trovava una casetta dove risiedeva il giardiniere che confinava con la strada. L’articolo termina con un elenco di luoghi dove poter recapitare i “biglietti” per visitare il terreno.  Tra questi un pittoresco ristorante ancora esistente, The Old Pack Horse, 434 Chiswick High Rd, Chiswick, London W4 5TF, Regno Unito. The Morning Chronicle (London, Greater London, England) Mon, Mar 31, 1828, fonte: www.ancestry.com
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Laura Leto, antropologa e storica, è attualmente impegnata nel Dottorato di Ricerca con l’Universidad del Paìs Vasco UPV/EHU che ha come oggetto di studio il Cimitero acattolico dell’Acquasanta di Palermo. Sta collaborando al Progetto di ricerca nazionale “Libri, biblioteche e cultura degli ordini regolari nell’Italia moderna attraverso la documentazione della Congregazione dell’Indice” (RICI), per l’identificazione e il trattamento informatico degli inventari dei libri registrati in alcuni manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana. Partecipa al Catalogo collettivo di biblioteche ecclesiastiche italiane. Ha cooperato, in qualità di operatore didattico, con diverse Associazioni culturali palermitane, in seguito all’acquisizione del titolo di Esperto in Didattica museale.

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