Stampa Articolo

Form(ul)a tre, il gruppo di Trapani

Pietro Consagra

Pietro Consagra

    di  Giacomo Cuttone

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti  e in casa sua.

dal Vangelo di Marco 6,4

Accardi (Trapani, classe 1924), Consagra (Mazara del Vallo, 1920 – Milano, 2005) e Sanfilippo (Partanna, 1923 – Roma, 1980), senza di loro, sicuramente, il gruppo Forma – gruppo di artisti italiani nato nel 1947  e scioltosi nel 1951, sostenitori di un’arte non realistica – sarebbe stato un’altra cosa ma, soprattutto, l’arte del secondo Novecento sarebbe stata diversa; tre capitani coraggiosi che, insieme agli altri del gruppo (Attardi, Dorazio, Guerrini, Perilli e Turcato), hanno osato sfidare la politica culturale del PCI, dettata da Trombadori e Guttuso, ancorata al Neorealismo, dichiarandosi  formalisti e, al contempo, marxisti; tre grandi artisti, figli della nostra Terra, pressoché dimenticati dalle loro città e dalla provincia di Trapani.

L’opera di Carla Accardi, inizialmente, si muove sulla linea della pittura costruttivo-concretista, per volgersi poi verso una ricerca fondata sulla poetica del segno che la porterà a realizzare opere articolate essenzialmente su insiemi di segmenti pittorici bianchi su fondi neri; a partire dagli anni Sessanta recupera un linguaggio incentrato sul rapporto segno-colore, accentuando il valore cromatico in bicromie luminescenti, ricerca che trova un’ulteriore radicalizzazione nelle opere successive quando usa come supporto le superfici trasparenti di sicofoil e accentua la natura del quadro come diaframma luminoso. L’interesse per la relazione tra opera e ambiente giunge alla radicalità nel lavoro Triplice tenda, una vera e propria struttura “abitabile” e percorribile dallo spettatore.

opera di Accardi

Carla Accardi

Negli anni Ottanta utilizza la tela grezza e lascia trapelare gli intrecci di larghi segni colorati, dove diverse stesure cromatiche si giustappongono creando campi energetici di differenti intensità.Le uniche mostre di Carla Accardi nel nostro territorio risalgono al 1983 (Trentacinque opere su carta 1947-1983), presso  La Salerniana nell’ex Convento San Carlo di Erice, e al 1990 (Grandi dipinti 1965-1990) presso le Case Di Stefano di Gibellina; l’unica sua presenza permanente si trova  presso il Museo d’Arte Contemporanea “Sen. Ludovico Corrao” di Gibellina; le uniche opere an plein air  le troviamo sempre nel piccolo centro belicino.

Tutta l’opera di Pietro Consagra è incentrata, invece, contro il concetto di tridimensionalità da lui definita “matrice monumentale di un linguaggio estinto”. Infatti ha realizzato rilievi scultorei quasi bidimensionali. La “Città frontale” è una sua proposta urbanistica, polemicamente utopica, che lo ha portato ad inserire, in uno spazio reale, costruzioni monumentali. Negli anni Sessanta il principio dell’immagine frontale si amplia nella teorizzazione della “bifrontalità” e nel felice uso del colore.  Molte sono le sue opere an plein air realizzate nella ricostruzione post-terremoto della Nuova Gibellina, così come molte sono quelle che si trovano presso il Museo d’Arte Contemporanea e presso le Case Di Stefano di Gibellina e che spesso, grazie alla sensibilità e al lavoro della Fondazione Orestiadi, vengono esposte temporaneamente nelle diverse realtà del territorio trapanese. Nel 2009, nell’ambito della Mostra  Monocromo. L’utopia del colore, presso il Convento del Carmine di Marsala, vennero esposte alcune sue sculture colorate. La sua Città, invece, non gli ha mai dedicato una mostra degna di questo nome. L’unica opera an plein air che si trova a Mazara è la Scultura-fontana di Piazza Mokarta, opera del 1964 donata dal Maestro, oggi in pessimo stato e da troppo tempo non zampillante per via delle tubature interne che sono ormai fatiscenti (sulla Fontana, Consagra una volta disse: «questa scultura senza il gioco delle acque non significa nulla, piuttosto che togliere o modificare il gioco delle acque distruggetela»). Di recente, grazie alla sensibilità del Sindaco Nicola Cristaldi, è stata recuperata dalla polvere e dall’umidità dei magazzini una ricca collezione di grafica donata dall’Artista che, finalmente, è stata esposta presso l’ex Collegio dei Gesuiti (il cui allestimento, però, lascia molto a desiderare, in quanto le opere risultano essere poco fruibili) insieme a due grandi sculture bifrontali in granito ed una in bronzo. La stessa sensibilità  il Primo Cittadino, non ha dimostrato di avere nei riguardi del progetto – da lui abbandonato completamente –  della grande Scultura-facciata da collocare a schermo  dell’orrido  Palazzo di Città di Piazza della Repubblica, definito da Consagra un alien.

Consagra-Bozzetto della facciata

Consagra-Bozzetto della facciata

A tal proposito, nel 2001, in una intervista rilasciata ad Exibart.com, ebbe a dichiarare: «Quando ho visto l’insopportabile edificio del nuovo Palazzo Comunale, costruito in tempo record nella più bella piazza settecentesca di Mazara del Vallo, mi sembra fosse nel 1983, mi indignai per l’incoscienza dell’amministrazione cittadina. Poi, ripartito per Roma, non riuscivo a disinteressarmi a quel guaio, non me la sentivo di arrendermi, di cedere all’irreparabile. Infine mi venne l’idea di progettare una facciata, traforata da sculture-finestre, da sovrapporre a quella mostruosità. É vero, sono passati quasi vent’anni da quel primo progetto di facciata per Mazara.tempo fa l’ho ancora elaborato e l’ho esposto nella mia mostra personale Darmstadt, nel 1997. In quella occasione, il direttore del museo  tedesco ha fatto realizzare al vero due piani alti 11 metri». E, alla domanda «Quale opera le piacerebbe poter realizzare in Sicilia?» ha risposto: «Credo che la Facciata di Mazara (…) costituirebbe un evento internazionale, oltre ad essere un intervento stimolante ed esemplare di una ecologia non distruttiva». Quattro anni dopo quest’intervista, Consagra moriva e, polemicamente, si fece seppellire nella cittadina belicina dove, in vita, ha potuto realizzare, in parte, la sua grande utopia.

DSCN1088

A.Sanfilippo-Estensione-1962

Antonio Sanfilippo, scomparso immaturamente a soli 57 anni, occupa sicuramente un ruolo di punta tra gli iniziatori di una pittura di puro segno. Egli sosteneva che il «segno è l’elemento essenziale dell’espressione, il primo grado di una forma, l’articolazione di un linguaggio». I suoi esordi lo portano ad avvicinarsi prima al Neocubismo e, successivamente, alla pittura  monocromatica; negli anni Cinquanta individua la propria strada che lo porterà a definire quello che è stato chiamato il “segno di Sanfilippo”. «Mi servo quasi esclusivamente di segni grafici posti sulla superficie con molta immediatezza e rapidità e tali da formare un insieme non arbitrario o casuale ma conseguente ad un determinato ragionamento formale. La forma viene così determinata dal complesso variamente raggruppato dei segni che nei miei quadri hanno una grande variazione»: questo ebbe a dichiarare l’artista per definire i termini della sua ricerca.

Lo spazio per Sanfilippo è uno spazio «da riempire, da popolare, da infittire»,  concetto  – questo – che lo pone ai confini tra astrattismo ed arte informale. Le ultime sue mostre in provincia di Trapani risalgono a più di vent’anni fa (ad Erice) e a più di trent’anni  fa (a Gibellina), mentre di recente una grande mostra è stata realizzata nei suggestivi locali delle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, dal titolo: Antonio Sanfilippo | Gli anni Sessanta. Il colore del segno, un tributo al maestro siciliano fortemente voluto da Antonino Pusateri, presidente dell’Associazione “Amici della Pittura Siciliana dell’Ottocento”. In esposizione un nucleo consistente dei lavori che Sanfilippo inviò alla Biennale di Venezia del 1966, oltre a numerose opere documentate in importanti mostre degli anni Sessanta in Italia e all’estero. Suoi quadri sono presenti presso La Salerniana di Erice e presso il Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina. Il Comune di Partanna gli ha dedicato soltanto, in tutti questi anni dalla sua scomparsa, una via cittadina ma non ha mai pensato di realizzare una mostra che mettesse a nudo tutto il suo excursus artistico né, tanto meno, ha progettato di creare una struttura museale permanente.

Dialoghi Mediterranei, n.4, novembre 2013

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Città, Cultura. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>