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Appunti dal Marocco nel tempo del coronavirus

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Casablanca, piazza Hassan II deserta occupata dai piccioni

dialoghi intorno al virus

di Nassih Redouan

31 marzo

Nessun marocchino credeva che il pericolo del coronavirus fosse imminente. Molti pensavano, a torto, che il virus non avrebbe potuto trovare i mezzi necessari per spostarsi e venire da lontano, appunto dalla Cina, ed essere portato fino in Marocco. La maggior parte dei marocchini, alla stregua di molti europei, pensavano anche loro di essere al riparo di questo virus letale. Però, tutto questo calcolo su cui si sono basati molti Paesi, fra cui il Marocco, è risultato fallace ed infondato.

Dunque, il primo contagiato accertato in Marocco è stato un immigrato che tornava dall’Italia, il 2 di marzo. Molti hanno ricevuto la notizia del contagio con un po’ di ironia e molta leggerezza, soprattutto nelle pagine dei social media. Ma questo atteggiamento, come si sa, non era limitato solo ai marocchini, lo hanno manifestato prima di loro gli italiani, con il loro modo di fare scherzoso di fronte a questa epidemia.

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Marrakech, una carrozza in piazza Jmaa deserta

La verità è che quest’ironia, espressa dai marocchini, nascondeva un ineffabile senso di paura, specie quando il numero dei morti dal coronavirus in Italia cresceva ogni giorno in modo spaventoso. Non dobbiamo scordare che tra le più grandi comunità straniere in Italia c’è quella marocchina, dopo la rumena e l’albanese, e ciò ha facilitato l’arrivo tempestivo delle notizie sulla situazione drammatica del nord Italia che giungono e si diffondono rapidamente. Perciò era urgente da parte del Marocco agire, a livello del Ministero degli esteri e degli interni, per frenare l’arrivo dall’Italia di nuovi rimpatriati, suscettibili di portare il virus o già potenziali infetti dal Covid-19.

Di seguito, il giorno 5 marzo le autorità marocchine hanno informato l’opinione pubblica di aver scoperto un nuovo contagiato. Si trattava di una donna anziana, che, appena tornata dall’Italia, pur sapendo che era infetta, ha organizzato una festa di addio invitando per l’occasione tutti i suoi parenti e conoscenti. Questa malcapitata donna ha contribuito, ignara delle gravi conseguenze e all’insaputa delle autorità locali, alla devastante diffusione del virus, prima fra i suoi parenti e poi nell’ambiente d’intorno.

In questo clima epidemico, quindi, e con una inedita consapevolezza della gravità della situazione, le autorità del Marocco, per arginare il propagarsi del coronavirus, hanno adottato in primis alcune misure drastiche, sospendendo tutte le attività culturali, fra cui i colloqui e gli incontri internazionali, gli eventi e le manifestazioni pubbliche.

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Casablanca

La penetrazione del virus in Marocco, questo nemico violento e invisibile, che ha cagionato il crollo di grandi economie internazionali come quella cinese, italiana, francese e spagnola, provoca molti problemi. Infatti, il settore che subirà le gravi conseguenze è la sanità. Molto fragile e poco equipaggiato con materiale ancora inadeguato, come è invece nei Paesi sviluppati, il sistema ospedaliero non può reggere davanti a questa piaga che ha messo in ginocchio persino l’Italia, considerata fra le grandi potenze mondiali. Il Marocco non ha l’infrastruttura adeguata per resistere a questa pandemia. Mancano soprattutto grandi ospedali moderni che possono accogliere le migliaia di pazienti affetti da questo virus mortale.

L’opinione pubblica, consapevole della precarietà di questo settore, critica i vari governi, di destra e di sinistra, che si sono succeduti lungo la storia del Marocco, dall’indipendenza dal colonialismo francese fino ad oggi, per non aver contribuito a costruire un Marocco moderno, progredito e autosufficiente, in grado di far fronte alle varie avversità che possono insorgere con il tempo.

I responsabili marocchini, come primo provvedimento per salvare il Paese, hanno adottato la misura del confinamento. Tutti i cittadini devono stare a casa e limitare i loro spostamenti.  Questa soluzione provvisoria di imporre alla gente di non uscire di casa, ha travolto le abitudini dei marocchini. Molti si sono visti incollati davanti alle tv per seguire i notiziari e sentirsi ripetere quotidianamente l’esortazione a non uscire di casa, come primo provvedimento per bloccare e rallentare l’espandersi del coronavirus. E se c’è bisogno forzoso di uscire per effettuare qualsiasi operazione, si deve ricorrere al distanziamento sociale per evitare di essere contagiati o di contagiare.

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Rabat

Il primo settore che ha risentito di questa epidemia è quello del commercio. Il governo marocchino ha approvato il decreto di emergenza che riduce gli spostamenti e che obbliga molte attività a chiudere, tranne quelle che approvvigionano il mercato di prodotti di prima necessità o di alimenti per la sussistenza di ogni giorno.

I marocchini con questo virus ora sono consapevoli, più che mai, della fragilità di molti settori quali la sanità, l’economia, l’istruzione e il settore sommerso. Quanti marocchini sono stati licenziati dal loro lavoro per colpa di questa pandemia, e non hanno ricevuto nessun indennizzo? Non abbiamo le statistiche e non conosciamo il loro numero esatto. Per esempio la compagnia aerea marocchina ha dovuto licenziare tutti i suoi dipendenti chiedendo loro di anticipare il pensionamento volontario, o offrendo loro piccole somme di denaro, come se stesse aspettando questa opportunità propizia per sbarazzarsi dei suoi dipendenti. Molte delle aziende multinazionali hanno chiuso i battenti, lasciando molte famiglie senza risorse e senza reddito su cui contare per far fronte a questa situazione precaria.

Per quanto riguarda l’economia sommersa, la metà della popolazione marocchina si dedica a vendere tutti i tipi di merce per le strade o nelle bancarelle. La sospensione di questa consistente percentuale del commercio informale che rappresenta il 20% di tutta l’economia del Paese, creerà non pochi problemi al governo marocchino, incapace di far fronte a questa grave crisi, per inesperienza e per inadeguatezza.

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Casablanca, lo sport in terrazza

I giovani sono i più colpiti da questo confinamento. Non possono andare da nessuna parte, e non lo devono tentare, come sono soliti fare durante i tempi normali nel fine settimana. I grandi centri commerciali e i cinema sono chiusi, e nessuno può passeggiare per il lungomare o le spiagge. Però, nei quartieri popolari dove la densità della popolazione è altissima e gli appartamenti angusti, i giovani si ribellano alla misura di restrizione, uscendo per strada, noncuranti della gravità di questa situazione. Ma è normale vedere questi giovani comportarsi in modo trasgressivo e spensierato, restii a sottomettersi a questo provvedimento. Ciò è inerente soprattutto alla loro natura carica di molta energia e piena di vitalità. I giovani marocchini in questi tempi difficili impiegano il loro tempo a praticare qualche attività sportiva imitando i grandi giocatori del calcio mondiale o sono rinchiusi nelle loro camere immersi nel mondo virtuale dei social media.

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Il Ministro dei trasporti marocchino colpito dal virus

Tuttavia, ci sono pure non pochi giovani che si sono fatti coinvolgere nelle attività di volontariato, con uno spirito di civismo, nell’assistenza alle famiglie bisognose e nel servire gli anziani che non hanno parenti, nel distribuire gli alimenti nei quartieri disagiati. Il clima, in generale, ispira solidarietà e mutua collaborazione.

Questa filosofia positiva che inneggia alla vita e sparge idee ottimiste per combattere la negatività del coronavirus è il nuovo slogan dei leader politici di ogni schieramento e ideologia. Tutta la politica marocchina aderisce, sotto un’unica bandiera, alla campagna contro questo virus, e tutto si fa sotto l’egida del Re del Marocco che ha indetto la creazione di un fondo per combattere il coronavirus. Le famiglie meno abbienti riceveranno una somma di denaro che va da 800 a 1200 dirhams, secondo il numero dei membri. Però, questo aiuto è possibile solo se la famiglia è munita della tessera Ramed (regime di assistenza medica ai meno abbienti economicamente). E per tutti gli altri in difficoltà economica che non hanno nessun documento lo Stato marocchino si è impegnato a far pervenire loro una somma di denaro per superare questo periodo di crisi.

Il Marocco, in questa infelice circostanza, deve porsi molte domande. Quando pensiamo di avviare un programma politico di svolta per uscire dall’arretratezza su tutti i livelli?  Gli intellettuali, quelli veramente seri che vogliono il bene a questo Paese, credono che la priorità urgente debba essere data all’istruzione e alla sanità. Non possiamo combattere qualsiasi nemico con l’ignoranza e il sottosviluppo. Alcuni sociologi pensano che il coronavirus potrebbe essere paradossalmente un bene per il Paese, perché ha tolto tutte le maschere e ha svelato la verità di un Paese sprovvisto di molte cose. Altri intellettuali sostengono che il Marocco e non solo, uscirà da questa epidemia totalmente differente.

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Rabat

È probabile che il Marocco possa uscire da questa terribile esperienza diverso, ma non sappiamo in che modo. Alcuni hanno voluto identificare in questa epidemia la prova della vulnerabiltà dell’essere umano di fronte a un piccolo essere quale “il coronavirus” che è riuscito a paralizzare l’economia del mondo intero. Tant’è che l’uomo “progredito”, con tutto il suo arsenale tecnologico, non è ancora in grado di trovare un antidoto che possa salvare le vite e arrestare il precipitarsi della situazione economica mondiale. L’Occidente, per questi intellettuali, ha esaurito la sua missione civilizzatrice e si sta autodistruggendo dedicandosi allo sviluppo delle armi di distruzione di massa. Non c’è dubbio che, se ci sarà una terza guerra mondiale, non lascerà nessun essere vivente dietro di sé.

Gli effetti del coronavirus sui rapporti sociali nel Marocco del nuovo millennio sono indescrivibili. I legami familiari che continuano ad essere ancora forti, in un Paese tradizionale e musulmano come il Marocco, subiscono una brusca rottura. Molte famiglie ancora resistono alla modernità che ha generalmente favorito l’affievolirsi dei rapporti intrafamiliari fra figli e genitori. Purtroppo il coronavirus, per molti marocchini, incarna questa modernità, che nella sua crudele spietatezza, divide le famiglie e confina molte persone ad una solitudine totale. Nessuno deve toccare l’altro e tutti hanno paura di tutti. A questo proposito, vale la pena rammentare l’espressione del filosofo francese Jean Paul Sarte: «l’inferno è l’Altro».

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Casablanca, una sepoltura al tempo del coronavirus

Infatti, tutta la popolazione marocchina vive in un inferno a base di incubi e pessimismo; nessuno per ora è in grado di prevedere che cosa ci nasconde il futuro. Tutti cominciano a temere quello che accadrà, soprattutto in considerazione di quel che vediamo in alcuni Paesi del Mediterraneo come la Spagna e l’Italia e anche nel Medio Oriente come l’Iran: centinaia o addirittura migliaia di feretri in attesa di essere seppelliti o inceneriti.  Con il coronavirus, l’uomo ha probabilmente scoperto se stesso quale essere insignificante nell’immensità dell’universo. Ma forse l’uomo non smetterà di devastare la natura e l’ambiente finché non annienterà se stesso.

 Dialoghi Mediterranei, n. 43, maggio 2020
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Nassih Redouan, docente di lingua e letteratura italiane presso la Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Casablanca, ha studiato presso l’Università di Bologna – Dipartimento di Italianistica. Specializzato nell’Orientalismo italiano e nella storia degli arabi nel sud dell’Italia, in special modo la Sicilia saracena, ha contribuito alla nascita del secondo Dipartimento di studi italiani a Casablanca dopo quello già esistente a Rabat, la capitale del Marocco. Svolge anche l’attività di traduttore per enti pubblici e privati. Dal 2010 ricopre l’incarico di capo del Dipartimento degli studi italiani presso la Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Casablanca.

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