di Andrea Matteo Petrelli
Siamo a Librino, l’enorme “dormitorio” di cemento pensato da un architetto giapponese. L’idea? Una città nella città.
La realtà? Un agglomerato straripante di grattacieli bianchi in disfacimento, centri scommessa, parrucchieri e corriere della droga.
Ai margini sudoccidentali della città di Catania, sopra un cielo tormentato dagli aerei, dietro un fatiscente ufficio postale si trova il Palanitta:
un bel palazzetto dello sport il cui orario d’apertura è soggetto agli umori imprevedibili dei custodi.
Tuttavia nei giorni migliori, tra le insenature di cemento rischiara in lontananza il Mediterraneo, ed è sempre bello accorgersene.
Ma dentro quei muri in disfacimento c’è una contraddittoria dolcezza.
Il Palanitta è la storia di un’ostinazione: andare avanti nonostante tutte le evidenze dicano il contrario. La palestra è gestita dal maestro Aroldo Donini. Da sempre innamorato del pugilato, l’uomo decide di dedicargli l’intera esistenza.
Il maestro condivide la propria missione con la sua famiglia e con la moglie. “Se sposi me” le dice “sposi il pugilato. Non avrai un figlio, ma centinaia. I ragazzi di Librino”.
Il maestro Donini è quasi un personaggio biblico; un “pescatore di uomini”. L’intero quartiere gli affida i propri figli nel tentativo di incanalare quel furore tipico di chi vive nelle periferie della civiltà, dentro un flusso di redenzione sportiva.
Ed è proprio in quel momento che quella dolce contraddizione citata all’inizio prende forma. Il professionismo nel pugilato non paga (almeno in Italia). L’unico modo per rendere proficua la propria passione sta nelle forze dell’ordine. I gruppi sportivi della Finanza, della Polizia o dei Carabinieri sono gli unici sbocchi professionali per la categoria.
E da lì, appunto, il paradosso: Giovani uomini e giovani donne che per inerzia venivano spinti verso la criminalità, adesso dichiarano di voler diventare poliziotti. Probabilmente il motivo non è di certo l’amore per la legalità, ma più il desiderio di competere, di lottare, di sfidare la vita.
Però in quegli enormi agglomeranti periferici il bianco e nero si mischiano; si prova a raddrizzare quel legno storto con quello che hai.
L’antica arte dell’arrangiarsi cerca le soluzioni alla cronica mancanza di mezzi e di risorse di cui soffrono le periferie.
Per chi conosce i lati estremi delle città – le zone d’ombra dell’Occidente – tutto questo è un piccolo miracolo.
Nati nella parte sbagliata della città, nei luoghi abbandonati della Repubblica, dei ragazzi tirano pugni, e un vecchio li lascia fare.
Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025
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Andrea Matteo Petrelli, fotografo reporter e videomaker. Nato ad Adrano vive a Catania. Ha studiato filosofia presso l’università degli studi di Catania. È stato Speaker Tedx nel 2024. Ha diverse pubblicazioni per riviste e quotidiani nazionali e locali. Ama raccontare gli altri, scorci quotidiani, testimonianze di voci periferiche, di alto e basso, rovesciando l’abituale punto di vista.
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