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Un “New Deal” per la Chiesa cattolica? Sul pensiero di Leonardo Boff e Hans Küng

Dictatus papae

Dictatus papae, 1075

di Francesco Gianola Bazzini

Si può dire che fin dalla sua nascita il Cristianesimo ha navigato in acque tempestose: da perseguitato fino a Costantino a persecutore, dopo la sua ascesa a religione dell’Impero. Segnato da scismi che ne hanno spezzato l’unità; in perenne conflitto con i poteri imperiali via via succedutisi, la Chiesa Cattolica, la confessione più numerosa ed organizzata del cristianesimo, vive oggi una fase di profonda riflessione interiore, che vede coinvolti oltre alle stesse gerarchie teologi e pensatori di diversa estrazione, alcuni in posizione critica, ma tutti con l’intento (almeno dichiarato), di riformare e rilanciare la stessa istituzione ed il suo messaggio.

In un momento caratterizzato da un pontificato, quello di Papa Francesco, tirato spesso per la veste talare, alcuni vedono l’inizio di una nuova era del cattolicesimo. Ho pensato di sottolineare alcuni passi del pensiero di due teologi del dissenso, Leonardo Boff e Hans Küng, provenienti da due diverse aree del mondo, ma accomunati dalla profonda critica all’istituzione Chiesa, che tra passi avanti e passi indietro, ricalca l’impianto delineato da Gregorio VII, e che mantiene inalterata la centralità del pontefice, compresa la sua infallibilità quando si pronuncia “ex cathedra” su fede e morale. Ma a cosa si riferiscono i due pensatori quando parlano di Chiesa gregoriana e di infallibilità papale?  Facciamo un necessario passo indietro: 

«La chiesa romana è stata fondata solo da Dio. Solo il pontefice romano può essere chiamato universale e il suo nome è unico al mondo. Egli può deporre o assolvere i vescovi, trasferirli da un seggio all’altro, formare nuove diocesi, dividere le già esistenti; può ordinare i chierici di qualsiasi chiesa. Lui solo può convocare un concilio generale. Non esiste alcun testo canonico all’infuori della sua autorità. Egli può stabilire nuove leggi; le sue sentenze non possono essere né condannate ne riformate. La chiesa romana non ha mai errato; né, secondo la testimonianza delle Scritture, mai errerà per l’eternità. Solo il Papa può giudicare le cause più importanti di tutte le chiese. Egli solo può usare le insegne imperiali. A lui solo tutti i principi baciano il piede. Egli può deporre l’imperatore e sciogliere i sudditi dall’obbligo di fedeltà ai sovrani ingiusti». 

Questi principi tratti dal Dictatus papae sono la sintesi della riforma politico-religiosa di Gregorio VII (Ildebrando Aldobrandeschi di Soana), pontefice romano dal 1073 al 1085; proclamato Santo da Paolo V nel 1606. Famoso soprattutto per aver umiliato l’imperatore tedesco Enrico IV a Canossa, mise in atto una profonda riforma della Chiesa. Dopo secoli bui di corruzione, di strapotere dell’Imperatore, dei feudatari e degli stessi vescovi, Papa Gregorio con intelligenza pari solo al coraggio, cambiò la storia, riabilitando la Chiesa e riportandola al primato non solo religioso ma anche politico in particolare per il ruolo svolto nella lotta per le investiture. 

«Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno, quindi, avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia! sia anatema».

41oki5ypdnlIl dogma dell’infallibilità papale fu definito nel corso del Concilio Vaticano I, con la costituzione dogmatica “Pastor Aeternus”. Il Concilio voluto da papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), iniziò nel 1869, fu interrotto nel settembre del 1870 con la presa di Porta Pia e chiuso formalmente nel 1960 da papa Giovanni XXIII prima dell’inizio del Concilio Vaticano II. 

Dopo questa breve ma necessaria premessa storica, ho scelto alcune parti delle opere dei due autori non per condividerne le critiche e le proposte, ma per sottoporre ai nostri lettori una serie di problematiche che Boff e Kung sollevano e che a volte sono oggetto di riflessione anche fra la gente comune: celibato dei presbiteri, sacerdozio femminile, elezione del Papa, centralismo romano. Spero di essere riuscito nell’intento cercando di estrapolare dai testi le parti che meglio ne mettono a fuoco le relative argomentazioni. Ma chi sono prima di tutto i due teologi di cui analizziamo parte del pensiero? 

Leonardo Boff, nato a Concordia in Brasile il 14 dicembre 1938, è un ex frate francescano ed ex presbitero; teologo e scrittore brasiliano. Nipote di emigrati italiani del bellunese, entra nel 1959 nell’ordine dei frati francescani diventando nel 1964 presbitero della Chiesa Cattolica. L’attività pubblica di Boff è sempre stata caratterizzata da una strenua difesa dei diritti dei più poveri. Boff ha denunciato con fermezza e vigore le grandi lobby industriali brasiliane che, a suo dire, sfruttano il popolo delle favelas, e ha contribuito in modo essenziale all’elaborazione della teologia della liberazione. I tratti marxisti del suo continuo impegno nella lotta contro l’oppressione dei popoli latinoamericani lo hanno portato a scontrarsi sempre più aspramente con le gerarchie vaticane, che, a partire dal 1971, lo hanno ammonito più volte. Nel 1984 è stato convocato in Vaticano e sottoposto ad un processo da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede a causa delle tesi esposte nelle sue pubblicazioni. Nel 1992 in seguito ad ulteriori minacce di provvedimenti disciplinari da parte dell’allora Papa Giovanni Paolo II, Boff ha abbandonato l’ordine dei francescani. Attualmente è sposato con sei figli adottivi. 

71rrvdimuflHans Küng, nato a Sursee in Svizzera nel marzo del 1928 è stato un teologo, presbitero e scrittore. Oltre ad essersi dedicato allo studio della storia delle religioni abramitiche, è noto internazionalmente soprattutto per le sue posizioni in campo teologico, critico verso il dogma dell’infallibilità papale, ha mosso in più occasioni critiche verso la dottrina della Chiesa Cattolica. A soli 32 anni, nel 1960, viene nominato professore ordinario presso la Facoltà di Teologia cattolica all’Università di Tubinga in Germania, dove fonda l’Istituto per la Ricerca Ecumenica. Tra il 1962 e il 1965 partecipa al Concilio Vaticano II in qualità di esperto, nominato da Papa Giovanni XXIII. In questa occasione conosce personalmente anche Joseph Ratzinger (futuro Papa Benedetto XVI), che prende parte al Concilio come teologo consigliere dell’arcivescovo di Colonia. Tornato a Tubinga, invita l’università ad assumere Ratzinger come professore di teologia dogmatica; la cooperazione tra i due termina nel 1969, a seguito delle manifestazioni studentesche verso le quali Ratzinger assume un atteggiamento critico, spingendolo a spostarsi nella più tranquilla facoltà di Ratisbona. Nel 1970 pubblica il libro Infallibile? nel quale dichiara che non è ammissibile il dogma sulla infallibilità papale. Nel 1975 viene richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede. In seguito all’inasprirsi dei toni della contestazione, la stessa Congregazione il 18 dicembre 1979 gli revoca la missio canonica (l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica). Küng continua comunque ad essere sacerdote cattolico, e conserva la cattedra presso il suo Istituto (che viene però separato dalla facoltà universitaria). Il provvedimento nei suoi confronti è particolarmente emblematico perché rivolto ad un autorevole personaggio del Concilio Vaticano II. Hans Küng si è spento il 6 aprile 2021 nella città di Tubinga, dove ha svolto la sua attività pastorale e di insegnamento. 

71czyujqwclDi Leonardo Boff riportiamo alcuni tratti del suo pensiero presi da due sue opere: Al cuore del cristianesimo; Francesco d’Assisi Francesco di Roma. 

«Il primo millennio del cristianesimo è stato segnato dal paradigma della comunità. Le chiese locali possedevano originariamente una relativa autonomia con riti loro propri. Quello ortodosso, quello copto, quello ambrosiano, il mozarabico di Spagna e altri ancora. Veneravano i propri martiri e confessori e avevano teologie proprie. ….. Le chiese si riconoscevano tra loro e il vescovo di Roma presiedeva nella carità, assumendo il titolo di Papa. Il secondo millennio è stato caratterizzato dal paradigma della Chiesa come società perfetta e gerarchizzata (sul modello gregoriano): una monarchia assoluta centrata sulla figura del papa come capo supremo (cefalizzazione) dotato di poteri illimitati e, infine (n.d.r. dal 1870) infallibile quando si pronuncia in qualità di pontefice su argomenti di fede e di morale. Si è creato così lo Stato Pontificio, con un esercito, un sistema finanziario ed una legislazione che prevedeva perfino la pena di morte, che è stata applicata più volte. ….. L’evangelizzazione dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa si è compiuta all’interno di un unico processo di conquista coloniale del mondo, di sottomissione delle popolazioni native e di saccheggio delle ricchezze naturali. L’evangelizzazione fatta in quel modo ha rappresentato un trapianto del modello romano. In pratica ha azzerato l’incarnazione nelle culture locali. Si è ufficializzata la rigida separazione tra il clero e i laici. Questi ultimi, senza nessun potere. Nel primo millennio partecipavano all’elezione dei vescovi e dello stesso Papa…. Tutto fa pensare che il modello monarchico di chiesa si sia concluso con le dimissioni di Benedetto XVI, l’ultimo papa di questo tipo, in un tragico contesto di scandali, provenienti dall’interno della stessa chiesa, che hanno intaccato il nucleo di credibilità e affidabilità dell’annuncio cristiano. L’elezione di papa Francesco, venuto dalla periferia della cristianità, sembra inaugurare il paradigma ecclesiale del terzo millennio: la chiesa come vasta rete di comunità cristiane radicate nelle differenti culture. ….. Questo cristianesimo avrà come protagonisti i laici, uomini e donne, animati da sacerdoti sposati o no, da donne sacerdote e vescovi dediti all’animazione della fede più che alla sua amministrazione. ….. Forse risulterà necessario convocare un nuovo concilio, con rappresentanti di tutta la cristianità, laici eminenti – uomini e donne – e con esponenti di altre chiese cristiane e anche di altre religioni e cammini spirituali» (Boff, 2014: 74-76). 

«Non è impensabile che rappresentanti del popolo di Dio, dai cardinali fino alle donne, siano invitati ad eleggere un papa per tutta la cristianità. Si rende urgente una riforma della Curia in una prospettiva di decentralizzazione. Certamente papa Francesco la farà (? N.d.r.). Perché il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso non dovrebbe avere sede in Asia? E il dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani a Ginevra, vicino al Consiglio Mondiale delle chiese? E la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli in qualche città africana? E il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace in America Latina? Oggi i contatti sono facilitati dai mezzi di comunicazione online come Skype, le videoconferenze, i blog. La Chiesa Cattolica può trasformarsi in una istanza non autoritaria dei valori universali dei diritti umani, dei diritti della Madre Terra e della natura, a favore di una sobrietà condivisa e solidale, e contro la cultura del consumo» (Boff, 2014: 58). 

9788830720992«La maggioranza dei cristiani oggi si trova nel Terzo e nel Quarto Mondo. Nonostante i controlli praticati dalle autorità centrali del Vaticano, in questi paesi sta avvenendo un vigoroso e nuovo tentativo di incarnazione del cristianesimo nelle diverse culture. Il cristianesimo come un tutto avrà senso solo a due condizioni: che tutte le chiese si riconoscano reciprocamente come portatrici del messaggio di Gesù, senza che nessuna sollevi pretese di esclusività  e di eccezionalità e che a partire da questa loro “pericoresi” (inter-retro-relazione), insieme, dialoghino con le religioni del mondo, si accolgano a vicenda come cammini spirituali abitati e animati dallo Spirito; solo così ci sarà pace religiosa, che è uno dei presupposti importanti per la pace mondiale. La seconda condizione è che il cristianesimo si demitizzi, si de occidentalizzi, e si organizzi come rete di comunità che dialogano e si incarnano nelle culture locali, si accolgano reciprocamente e realizzino insieme il grande cammino spirituale cristiano che si somma agli altri cammini spirituali e religiosi dell’umanità» (Boff, 2013: 129-130). 

Di Hans Küng riportiamo alcuni passaggi del suo pensiero tratti dalla sua opera: Salviamo la Chiesa. 

«Una curia romana papale in senso proprio esiste a partire dall’XI secolo. Si era resa necessaria quando, con la riforma gregoriana, il governo centralistico della Chiesa si era imposto nell’occidente latino. Oggi non occorre certo eliminarla ma non si può fare a meno di riformarla in modo radicale, sulla base delle istanze evangeliche. Riallacciandosi a Francesco d’Assisi, tale riforma dovrà contemplare:

- umiltà evangelica, ovvero la rinuncia a titoli onorifici estranei alla Bibbia, che spettano solo a Dio o a Cristo (Sanctissimus Dominus, Beatissimus Pater, Sua Santità, Santo Padre, Capo della Chiesa). ….. Titoli adeguati sono: Vescovo di Roma, Servo dei servi di Dio, magari Pastore Supremo;

- semplicità evangelica, ovvero non un irrealistico romanticismo della povertà, ma la rinuncia alla pompa o al lusso che risalgono agli albori del potere petrino. Questo significa modestia negli abiti, nella servitù, nel seguito e nelle guardie d’onore e soprattutto nella messa;

-  fraternità evangelica, ovvero rinuncia ad ogni stile di governo assolutistico, allo stile imperiale dei discorsi e dei decreti, all’agire in segreto. Vale a dire non prendere più decisioni senza coinvolgere la Chiesa, trascurando la collegialità con l’episcopato. Far sì che il sinodo dei vescovi non sia solo un organo consultivo ma possa partecipare alle decisioni, creando possibilmente anche un consiglio di laici;

- libertà evangelica, ovvero promuovere l’autonomia delle Chiese e dei servizi pastorali secondo il principio della sussidiarietà. Questo significa ridurre e smantellare l’apparato di potere curiale che è esageratamente gonfiato. Permettere l’intervento della Chiesa universale nell’elezione del pontefice tramite il sinodo dei vescovi e una rappresentanza laica» (Küng, 2011: 221-222). 

9788817058476_0_536_0_75«Certamente Gesù e Paolo hanno vissuto il celibato in funzione del servizio ai propri simili in modo esemplare, ma su questo punto hanno concesso al singolo individuo piena libertà. Pietro e gli altri apostoli erano sposati. Richiamandosi al Vangelo, il celibato può essere sostenuto solo come una vocazione libera e individuale e non come una legge universalmente vincolante. ……. Paolo nella prima lettera a Timoteo dice che il vescovo sia marito di una sola (non nessuna) donna. Certamente alcuni sacerdoti vivono la loro condizione di celibato apparentemente senza grossi problemi e molti, a causa dell’enorme carico di lavoro che grava su di loro, non sarebbero quasi in grado di preoccuparsi di una vita di coppia o di una famiglia. Viceversa, il celibato obbligatorio porta anche a vivere situazioni insostenibili: parecchi sacerdoti desiderano ardentemente l’amore e il calore di una famiglia, ma nel migliore dei casi possono solo tenere nascosta un’eventuale relazione, che in molti luoghi diventa un “segreto” più o meno pubblico. Se poi da una relazione nascono dei figli, le pressioni provenienti dall’alto inducono a tenerli nascosti con conseguenze devastanti sulla vita degli interessati» (Küng, 2011: 249-250). 

«Come nella famiglia e nella società, sempre più donne chiedono anche nella Chiesa di avere pari possibilità di esprimersi e di vedere riconosciuti i loro diritti. Molte, soprattutto le più giovani, hanno voltato rassegnate le spalle alla chiesa, non frequentano più le parrocchie o seguono percorsi teologici e spirituali personali. Tra quelle che restano, cresce il numero di chi si ribella a tali costrizioni e lavora per un’altra Chiesa. ….. È auspicabile che sia reintrodotto il diaconato femminile, ma tale misura da sola, è insufficiente se non viene accompagnata dal permesso di accedere al presbiterato (sacerdozio). Non condurrebbe ad una equiparazione dei ruoli bensì a un differimento dell’ordinazione femminile. Il permesso di partecipare a determinate funzioni liturgiche (servir messa, leggere le letture, distribuire la comunione), che in molte parrocchie è già una realtà, può costituire anch’esso un importante passo avanti sulla via della completa integrazione delle donne nei servizi direttivi della Chiesa. Ma anche queste concessioni non rendono superflua l’istanza dell’ordinazione femminile» (Küng, 2011: 252-253). 

«Nell’epoca antica del cristianesimo il vescovo veniva eletto dal clero e dal popolo. Anche quelli che sono forse i più grandi vescovi di tutti i tempi, come Ambrogio e Agostino, sono stati scelti dal popolo. La formula con cui il popolo eleggeva il vescovo per acclamazione nelle comunità latine era: “nos eligimus eum” (noi lo eleggiamo). Non era il papa ad avere un ruolo determinante nell’elezione, ma i vescovi delle comunità vicine. Anche più tardi, dopo le disposizioni del primo concilio ecumenico di Nicea, il diritto di conferma e di consacrazione non spettavano alla sede episcopale romana, bensì al metropolita della relativa provincia ecclesiastica…. L’attuale diritto elettivo, che per il momento è ancora in vigore nelle diocesi svizzere di Basilea, Coira e San Gallo e in quella ceca di Olomuc, costituisce ancora oggi una straordinaria eccezione. In generale occorre mirare all’elezione del vescovo secondo i criteri dell’antica tradizione, ovvero attraverso un organo delle diocesi, per esempio il consiglio pastorale o un consiglio di sacerdoti completato da alcuni laici. L’elezione dovrebbe poi essere confermata dal papa» (Küng, 2011: 254-256). 

9788892224414_0_536_0_75Certamente viviamo un’epoca in cui tutte le religioni, non solo la cattolica, si interrogano sul loro futuro, e non solo da un punto di vista teologico, ma anche intorno al rapporto con le società in cui sono radicate, alla ricerca di quei fondamenti che sono alla base della loro dottrina e della loro esistenza.  Siamo agli albori come molti pensano di un “New Deal” (inteso come nuovo corso-nuovo contratto) nella Chiesa Cattolica che coinvolga gerarchia e fedeli, che ne rivoluzioni l’essenza, o più semplicemente di una riforma più al passo con i tempi che non alteri però l’impianto delineato nel corso dei secoli, come è forse più auspicabile?

Sicuramente il pontificato di Papa Francesco si è caratterizzato sin dall’inizio nel voler sottolineare il ruolo pastorale del Vescovo di Roma, ma sui temi sollevati dai due teologi, di cui abbiamo riportato ampi stralci del loro pensiero, la gerarchia, ampiamente rinnovata, e lo stesso Papa, non hanno mostrato quell’entusiasmo rivoluzionario che Küng ma soprattutto Boff hanno in più occasioni sollecitato. Ora senza voler dissertare in dispute formali o sostanziali, che un semplice studioso quale mi ritengo non pensa di poter fare, credo che le sfide che attendono il cattolicesimo con la sua crisi di vocazioni e disaffezione dei fedeli siano principalmente di diversa natura. Il limite che trovo nel pensiero dei due teologi è di essersi fermati ad una critica al contenitore e un po’ meno al suo contenuto.

Nella sua recente enciclica “Fratelli Tutti”, Francesco sottolinea in alcuni passi la necessità del confronto con le altre religioni. E lo fa in particolare con riferimento all’Islam, con i numerosi richiami al suo incontro con il grande Imam della Moschea e Università egiziana di al Ahzar. Scrive al paragrafo 136 dell’Enciclica: 

«Allargando lo sguardo, con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb abbiamo ricordato che il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale». 

È mia opinione che Francesco abbia a cuore in particolare la ricerca di quella spiritualità, andata via via smarrita nel pensiero e nella pratica della fede cristiana; in particolare in Occidente dove si affacciano in maniera significativa religioni che di questa spiritualità sono portatrici e quindi fonte di possibile attrazione per le fasce maggiormente emarginate della nostra società. Questo è particolarmente vero con riferimento all’Islam dove i fedeli sono molto più osservanti e rispettosi verso i fondamenti della loro fede. 

Dialoghi Mediterranei, n. 55, maggio 2022 
Riferimenti bibliografici
Leonardo Boff, Francesco d’Assisi Francesco di Roma, Casa editrice EMI Bologna, 2014
Leonardo Boff, Al cuore del cristianesimo, Casa editrice EMI Bologna, 2013
Hans Küng, Salviamo la Chiesa, Casa editrice RCS Milano, 2011/2014 
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Francesco Gianola Bazzini, dottore in Giurisprudenza e in Relazioni Internazionali, mediatore in ambito giuridico, consigliere del Centro Interdipartimentale Ricerca Sociale dell’Università di Parma, studioso di Sociologia delle Religioni e dell’Islam politico moderno, ha svolto seminari didattici presso due corsi di studio della stessa Università e attività divulgativa presso diverse realtà politico-culturali.

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