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Tra microstoriografia e narrazione
Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2023 @ 01:17 In Cultura,Letture | No Comments
Santo Lombino, autore del recente libro dal titolo Bolognetta. Quattro secoli di storia (I Buoni Cugini Editori, Palermo 2022), ha portato a compimento la sua ultima fatica storiografica, ampliando precedenti contributi specifici e approfondendo la conoscenza sulle vicende del suo paese di origine ‒ prima denominato Santa Maria dellʼOgliastro (per unʼimmagine di Madonna in prossimità di un ulivo selvatico) ‒ fondato al finire del Cinquecento da un discendente dei Beccadelli originari di Bologna.
Quattro secoli di storia che scorrono tra le pagine di un testo, frutto di lunghe e laboriose ricerche dʼarchivio, nelle quali si intrecciano storia agraria, politica, economica e sociale, con dovizia di dettagli, in un tessuto narrativo che riesce a tenere insieme rigore scientifico e finalità di divulgazione tra i lettori non specialisti della materia. Una mole considerevole di informazioni e di dati tratti da documenti inediti, che illustrano quanto ci sia di unico e quanto di universale nella storia del paese.
L’identità di un piccolo comune – al pari di quella di una grande città ‒ è determinata dalla sua storia. E la storia stessa della Sicilia è incomprensibile senza lo studio dellʼorigine e della formazione dei suoi centri rurali e urbani, che deve portare a cogliere, per esempio, le differenze, talvolta marcate tra abitati dellʼentroterra agrario e borgate della fascia costiera, tra paesi degli ex feudi a coltura cerealicola e quelli che hanno vissuto di pesca, consentito lʼimpianto di numerose tonnare e la formazione di una élite di raisi e marinai abilissimi; tra Sicilia degli agrumi e Sicilia dello zolfo, tra economia dei gelsi e della produzione della seta e industria delle cannamele che nel Cinquecento ha portato lʼIsola ai vertici della produzione dello zucchero nel cuore del Mediterraneo.
Alcuni decenni fa un nutrito gruppo di storici coordinati da Giuseppe Giarrizzo e da Maurice Aymard, in occasione della pubblicazione del volume sulla Sicilia, pubblicato da Einaudi, ha mostrato un nuovo orizzonte nellʼinterpretazione della storia dellʼIsola, invitando a considerare le capitali minori di una Sicilia policentrica e ad avviare unʼindagine analitica sulle gravitazioni territoriali, cioè sulla rete di connessioni che legavano agglomerati di comunità ad un centro urbano maggiore. E su questa strada Lombino ha svolto la sua vasta ricerca e sviluppato la trama del libro, spingendosi fino agli inizi degli anni Sessanta del Novecento.
Lʼarrivo in Sicilia del primo Beccadelli (Vannino) risaliva al 1303 e non rappresentava certo unʼeccezione, considerata la centralità e rilevanza dellʼisola nel cuore del Mediterraneo. Mercanti, banchieri, eruditi, magistrati, diplomatici, militari, maestranze specializzate «di fuori Regno» erano molto presenti e attivi fin dal medioevo: genovesi, pisani, lombardi, veneziani, per limitarci a quelli giunti dalle aree della penisola continentale, che fecero fortuna e che vi si trasferirono stabilmente, come nel caso dei Beccadelli:
La circostanza dellʼesistenza di qualche fondaco e qualche masseria sparsa nel territorio della terra di Ogliastro ha fatto probabilmente la differenza nel momento in cui un facoltoso discendente dei Beccadelli (Aloisio) ottenne nel 1570 ‒ senza tuttavia sfruttarla ‒ lʼautorizzazione regia (licentia populandi) a far sorgere un abitato nel feudo di Casaca, non lontano da Marineo. Come opportunamente sottolinea Amelia Crisantino nella Prefazione: «Lʼessere feudatario di un centro abitato comportava il diritto di voto nel braccio feudale del parlamento isolano; e ogni nuovo centro abitato guadagnava un voto in più al barone che ne era signore».
I Beccadelli, generazione dopo generazione, diventarono una delle dinastie più prestigiose e influenti tanto che a metà del Cinquecento si collocavano al quindicesimo posto nella graduatoria dei signori siciliani. Se, quindi, originariamente non erano mercanti né di estrazione nobiliare, in Sicilia acquisirono titoli e patrimoni. Ma dalla seconda metà di quello stesso secolo, cessata la fase espansiva dellʼeconomia agraria, il problema principale dellʼaristocrazia siciliana non fu solo di accrescere peso politico, quanto, soprattutto, di spezzare la spirale dellʼindebitamento crescente e di riuscire a mantenere un equilibrio patrimoniale che impedisse di ricorrere al credito o nella forma di anticipazioni finanziarie erogate da ricchi mercanti o nella forma di soggiogazioni, cioè di rendite sui loro patrimoni, costituite a favore dei creditori.
E sarà proprio il Mancino ad aggiudicarsi allʼasta, nel 1600, il feudo di Casaca e relativo fondaco «che la tradizione orale chiama U voscu rʼalivi, cioè il Bosco degli ulivi per antonomasia, e un precedente fondaco indicato come “fondaco di Ogliastro”». Singolare appare, inoltre, la clausola del contratto di acquisto con la quale il Beccadelli imponeva al compratore di denominare Bolognetta il feudo oggetto della transazione.
Il caso dei Mancino, forse di origine genovese, era emblematico di una diversa fase della storia della Sicilia, nella quale cominciarono a emergere nuove figure che si inserirono nelle amministrazioni civiche e che iniziarono la loro scalata sociale, avendo fatto fortuna nel commercio o nellʼintermediazione o con i prestiti a usura o, come la maggior parte dei gabelloti, arricchendosi sulle spalle dei contadini, dei salariati e degli affittuari. Nel caso di Ogliastro i proprietari Mancino tennero il feudo ‒ e lo popolarono ‒ ininterrottamente fino allʼOttocento, trasmettendo la proprietà, di generazione in generazione, ai primogeniti maschi, al fine di preservare lʼintegrità patrimoniale.
Le dimensioni demografiche della comunità di nuova fondazione erano ovviamente modeste e sulla base dei riveli delle anime e dei beni, dagli iniziali circa centodieci abitanti del 1606 si passò a 351 nel 1682. Il primo vero incremento significativo di popolazione si ebbe intorno alla seconda metà del Settecento, quando risultarono registrati 1.268 abitanti, grazie alla sana e lungimirante amministrazione di Marco Mancino VII, principe di Torrebruna il cui attivismo nellʼincentivare le concessioni enfiteutiche diede impulso allo sviluppo dellʼeconomia agricola di quel territorio, fondata principalmente sulla coltivazione dei cereali, della vite e dellʼulivo:
Tra i diversi aspetti della storia di Bolognetta ‒ che prenderà ufficialmente questa denominazione solo dal 1° febbraio 1883 ‒ Lombino affronta anche la questione dei difficili rapporti tra gli abitanti di Ogliastro e quelli di Marineo. La storia della Sicilia è costellata di conflitti e discordie interpaesane che spesso sfociavano in scontri violenti. E le vicende accadute a Ogliastro nel 1852, in occasione della tradizionale corsa di cavalli che si svolgeva il lunedì di Pasqua e che ebbe un seguito di incidenti molto gravi, meritava giustamente di essere trattata.
Nonostante gli arresti, le faide e gli scontri, seppur limitati a gruppi di giovani, proseguirono nei decenni successivi.
A Bolognetta, come nella quasi totalità dei comuni, il fenomeno delle usurpazioni delle terre comunali si manifestò diffusamente, mostrando una propensione a violare le regole generalizzata, che riguardava piccole e grandi infrazioni, come si evince dai documenti individuati, relativi alla seconda metà dellʼ800. Sindaci, assessori, consiglieri comunali, semplici cittadini, in una competizione di abusi edilizi e di appropriazione di spezzoni di terre del comune. Le amministrazioni venivano sciolte, commissariate e ricostituite, ma le usurpazioni compiute rimanevano quasi sempre intangibili:
La proposta del prefetto di imporre una tassazione venne perciò rigettata allʼunanimità dal Consiglio comunale.
In occasione dellʼimportante inchiesta parlamentare sulle condizioni dellʼagricoltura e della classe agricola, meglio nota come Inchiesta Jacini, i cui risultati furono pubblicati nel 1885, i dati e le informazioni raccolte riguardanti il paese (ancora denominato Santa Maria di Ogliastro, nonostante il decreto regio già emanato), con una popolazione di poco inferiore a 2.000 unità, mostravano un quadro contraddittorio. In una superficie di circa 6.400 ettari, la cerealicoltura primeggiava su circa 600 ettari, per il resto 350 di vigneto, 250 di oliveto e 300 di sommaccheto; ma non vi era alcuna industria agraria se non qualche macina per le olive; nessuna cantina né mulino per la polverizzazione delle foglie di sommacco; meccanizzazione agraria inesistente, rapporti di lavoro vessatori e tali da garantire a mala pena la sussistenza dei salariati e dei metatieri. Questa condizione stagnante dellʼeconomia agraria del paese era favorita dallʼassenza di un sistema viario e di trasporti che permettesse una più conveniente mercantilizzazione dei prodotti dellʼagricoltura. Perciò i grossisti e i mercanti intermediari avevano gioco facile nellʼimporre prezzi di acquisto poco redditizi per i produttori locali:
Solo nellʼestate del 1886 fu inaugurata la prima tratta della linea Palermo-Villafrati e almeno in quellʼoccasione il treno fece sosta anche alla stazione di Bolognetta tra lʼesultanza e lo stupore della popolazione locale.
Nel libro di Lombino si susseguono paragrafi dedicati alle vicende amministrative comunali che sembrano appartenere ad un unico capitolo della storia della Sicilia. Nonostante le dimensioni demografiche modeste di Bolognetta (1.931 abitanti nel 1863), soprattutto in confronto con i paesi più vicini ‒ Marineo (ab. 8.360) o Misilmeri (ab. 7.458) ‒ la paralisi gestionale era determinata dai continui scontri in Consiglio tra le contrapposte fazioni “politiche” e dalla mancanza di volontà da parte dei sindaci e amministratori pro tempore di assicurare equilibrio e stabilità finanziaria nei bilanci dellʼente locale. E persino la nomina dellʼex brigadiere Giorgio Verdura a sindaco, nel 1877, da parte del prefetto, si concluderà tragicamente:
Ciò nonostante, il comune ricadde ben presto in piena crisi e il neo-sindaco veniva accusato di “smania di potere” mentre questi, a sua volta, denunciava il capo dellʼopposizione comunale di avere ordito il suo assassinio. Gli accertamenti disposti dalla Prefettura, nel vano tentativo di ripristinare un ordinato funzionamento dellʼamministrazione, portarono alla conclusione che quanto scritto dal Verdura potesse verosimilmente essere «una frottola per malevolenza e per passione» e che, quindi, fosse inevitabile la sua rimozione dallʼincarico. Purtroppo, i fatti diedero ragione al deposto sindaco che, il sette maggio del 1879, vittima di un agguato, venne ferito gravemente con due colpi di fucile e, portato in ospedale, sarebbe deceduto poche ore dopo.
La parte dedicata alla triste stagione dello spopolamento del paese per emigrare allʼestero, è anchʼessa ben documentata e trattata. Va ricordato, peraltro, che Lombino ha studiato a fondo il fenomeno con altri saggi specifici ed è attualmente direttore scientifico del “Museo delle Spartenze dellʼarea di Rocca Busambra”. Se negli ultimi due decenni dellʼOttocento le partenze per le Americhe erano state sporadiche e non più di poche decine, con lʼavvio del nuovo secolo tutto cambia: tra il 1904 e il 1908 un terzo della popolazione (760 bolognettesi) lasciano il paese, seguiti da altri 577 nel successivo quinquennio:
È un filo rosso che non si è mai spezzato e che ha tenuto insieme il paese di origine con le comunità dʼoltreoceano.
Il nono e ultimo capitolo del libro comprende le pagine più drammatiche del nuovo secolo, dalla Grande Guerra alla Guerra Fredda, costellate da vicende che danno la misura di come gli eventi nazionali e internazionali si siano riverberati nella microscopica comunità di Bolognetta, con il loro carico di tragedia: i 43 giovani del paese che persero la vita durante il primo conflitto e poi le vittime di unʼepidemia di colera e della “Spagnola”; lʼomicidio di Carmelo Lo Brutto che al rientro dal fronte aveva fondato lʼAssociazione dei reduci e organizzato manifestazioni di protesta per ottenere allʼamministrazione comunale una più equa distribuzione delle imposte e che venne ucciso davanti casa, nellʼaprile del 1922.
Ma tra i tanti episodi di cui Lombino ricostruisce i dettagli è ancora il caso di ricordarne un ultimo e cioè quanto accaduto a metà di agosto del 1925:
In conclusione, si può certamente sostenere che il prezioso libro di Lombino è un vero e proprio viaggio non solo nella storia di Ogliastro-Bolognetta, ma soprattutto in quella della Sicilia.
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