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Tra identità e turismo: sondaggi etnografici a Rio Marina (Isola d’Elba)
Posted By Comitato di Redazione On 1 marzo 2021 @ 01:19 In Cultura,Società | No Comments
il centro in periferia
di Giulia Rieti
Arrivare su di un’Isola è sempre emozionante. Non vi è nessuna legge scientifica o fisica a dimostrarlo ma sono le percezioni e le sensazioni provate dalle persone che vi si recano a testimoniarlo. Rio Marina è un piccolo paese che consta di circa 2.200 abitanti, i colori delle case sono sui toni dell’arancione e del rosa salmone, già dal traghetto, ancor prima di sbarcare, le finestre e i portoni delle case ti osservano; scrutano il forestiero e si domandano il perché della scelta di passare del tempo proprio in quel paese della costa orientale dell’Isola d’Elba, apparentemente meno turistico rispetto ad altre località, ma dove regna una sorta di tranquillità che diventa un’atmosfera distintiva.
Ogni isola ha la sua particolarità, sono convinta di ciò, e a caratterizzare un determinato luogo possono essere svariati fattori. Il paese di Rio Marina possiede una caratteristica che ancora non ho riscontrato in nessun altro posto: “luccica”. A brillare non sono solamente le spiagge ricche di sabbia nera, dovuta alla presenza del ferro, che caratterizzano il versante est dell’isola, soprattutto nel tratto tra Rio Marina e Cavo, sono piuttosto i palazzi, le strade, le mura. Se si è vicini alla spiaggia l’effetto è maggiormente evidente, poiché il riflesso del sole sull’acqua fa luccicare il mare che a sua volta rifrange di luce scintillante il paese. Non si esige un occhio attento o esperto, ma forse sensibile sì, ad accorgersi che vi è qualcosa di insolito se si passeggia per il paese, un elemento in più che contraddistingue questa località dalle altre. Questo “brillare” [1] infatti conferma un passato comune a diverse parti dell’Isola; è testimone di un passato minerario.
Essere un’Isola
La definizione di “isola” appare piuttosto ovvia e nota a chiunque «Porzione di terraferma completamente circondata dall’acqua e situata in un oceano, mare, lago, laguna o fiume; l’origine delle isole può essere dovuta a movimenti della crosta terrestre, erosione, vulcanismo, deposizione di materiali sedimentari, formazione madreporica» [2]. Al di là della definizione geografica in sé, vi sono tuttavia altri fattori che entrano a formare l’intimità dell’isola. Mi riferisco all’identità, alla località, ai miti, alle tradizioni e alle rappresentazioni che abitano il luogo: «dal punto di vista culturale, ogni isola tende ad essere ricca di tradizioni e tratti originali che, pur non impedendo transiti e movimenti, producono una sorta di sospensione storica dell’immaginario dei residenti e dei visitatori, come dimostrano le ricche mitologie locali e i rispettivi miti di fondazione» (Simonicca, 2015: 273).
Se prendiamo come riferimento l’Isola d’Elba non possiamo non considerare il suo glorioso passato minerario. Si narra, infatti, che sin dai tempi degli Etruschi l’Isola fosse famosa per i suoi giacimenti di ferro; non solo, si crede, in più, che anche gli antichi eroi del viaggio per eccellenza, gli Argonauti, si recassero sulla spiaggia delle Ghiaie a Portoferraio quando avevano necessità di riparare le imbarcazioni, poiché il luogo, già da allora famoso per il ferro, induceva Virgilio, nell’Eneide, a comunicarne l’incredibile abbondanza con versi lapidari: «Ilva […] Insula inexhaustis Chalybum generosa metallis […]» («Elba […] isola inesauribile miniera de’ Càlibi») [3]. E del resto, non è il solo ferro e i suoi minerali (tra cui la pirite, l’ematite, la magnetite, l’ilvaite, la limonite) a rendere così importante e attraente l’Isola, ma anche la presenza di moltissimi altri cristalli come per esempio il quarzo prasio o le tormaline, di cui l’elbaite rappresenta la varietà più famosa e che prende il suo nome proprio dall’Isola d’Elba.
Difatti l’attività mineraria ha accompagnato la popolazione di Rio Marina nel corso della sua storia, affiancandosi a quella dei marittimi, dei pescatori e degli agricoltori, senza mai sostituirla o andarvi in collisione, e non a caso sono proprio i versi immortali del poeta latino, incisi in ferro battuto sulla facciata del Palazzo del Burò, ad accogliere il visitatore all’ingresso del Museo del Parco Minerario.
Il ritorno
Fare ritorno all’Isola d’Elba dopo avervi passato intense stagioni estive da bambina è stato emozionante e, ad essere sincera, quasi impensabile, perché non avevo mai guardato a Rio Marina in un’ottica di ricerca, né mai, da più piccola, avrei pensato di poter svolgere una ricerca in un luogo a me così caro. Erano anni che non tornavo all’Elba. Dopo la morte di mia nonna, la famiglia veniva meno volentieri e quindi anch’io; eppure, ho tanti ricordi che mi legano al luogo, giornate di sole, tuffi dagli scogli con mio fratello, nuotate con mio padre in cerca di ricci. Mi ha fatto bene tornare e il fatto di aver passato un mese da sola mi ha dato modo di riflettere sul valore che attribuisco a questo luogo e su cosa significa per me. Ho imparato a vivere il paese in maniera differente, a partire dallo stretto contatto con la realtà mineraria della quale, ad esclusione di qualche ricordo e alcune letture, sapevo veramente ben poco. Devo molto a tutti i membri del Parco Minerario che mi hanno accolta fin da subito con grande premurosità e hanno esercitato una grande pazienza a spiegarmi il funzionamento del sito, a condurre con me lunghi discorsi, a intervenire con interesse al lavoro che stavo svolgendo.
Le interviste che propongo si riferiscono al periodo che va da metà agosto a metà settembre 2020, a cui vanno aggiunti diversi week end sino alla fine di ottobre, periodo che noi tutti – allora! – ingenuamente definivamo “Post Covid-19”, eppure, sottotraccia, si sentiva un rafforzato velo di diffidenza e timore per chiunque fosse “estraneo” alla cerchia dello staff del Parco. Ricordare il contesto è importante, perché aiuta a capire meglio tanto le dinamiche con le persone quanto gli esiti del lavoro intrapreso.
Lo dico ora in maniera diretta: oggetto della ricerca era/è il Parco Minerario di Rio Marina e il suo passaggio da sito estrattivo a organizzazione erogatrice e promotrice di servizi e attività per la conoscenza della realtà mineraria e la creazione delle condizioni fruitive che tentano di produrre sintonia tra il turista e l’ambiente circostante.
Ho raccolto le voci di molti e credo che siano interessanti, oltre che per la loro qualità umana, soprattutto perché derivano – proprio per la loro diversità: questionari, interviste, colloqui –dalla vita e dall’esperienza di molte persone – visitatori, ex-minatori, guide, operatori e staff del parco – che rappresentano un mondo plurale e un fascio di punti vista che in qualche maniera rileggono e danno senso e nome al territorio stesso.
Osservando e partecipando ho potuto vivere in prima persona le attività proposte dal Parco Minerario (visita museale, gite al cantiere con il trenino, laboratori didattici, trekking, tour al cantiere in fuoristrada) e trovare ampio confronto con le parole di chi mi ha raccontato le stesse esperienze. Quando, ad esempio, Roberto o Leonardo, due guide del sito, fanno riferimento alla proprietà dell’ematite, parlano di “iridescenza”, solo l’esperienza diretta può fare comprendere la forza delle sfumature colorate del minerale, così come solo il “calpestare” lo stesso terreno che hanno calpestato i minatori, rende ragione dello stare in miniera, e connota di senso il camminare quando l’acqua produce una sorta di acquitrino oppure si cerca di sollevare il pesantissimo martello pneumatico, utilizzato per l’escavazione.
Rivivere un mondo è una modalità di conoscenza; però oltre a questa sorta di conoscenza corporea, attuale, per capire un luogo bisogna recuperare la memoria e la percezione che i locali hanno del mondo, dell’abitare e dei valori che attribuiscono ai loro spazi, ma anche la memoria di chi arrivando da fuori offre del nuovo un’immagine, un disegno, un bozzetto, che arricchisce e rivalorizza il quadro complessivo; e recuperare tutto ciò significa parlare della sua ‘anima’.
Area interna
È una nozione che ha bisogno di essere approfondita, per riferirla al nostro paese. Rio Marina, in apparenza, non trasmette un’impressione di luogo remoto e isolato, giacché non è situato nell’entroterra dell’Isola, anzi, la sua storia, per essere stato un paese di pescatori e minatori, si lega ad una “esposizione” al mare e agli scambi necessari per la produzione lavorativa sia della pesca sia dei minerari – trasporti inclusi; e trattandosi della costa orientale è, assieme a Cavo, la località più vicina e raggiungibile con il traghetto dal porto di Piombino. Eppure, se per sua definizione e ubicazione geografica non appare come un’area “interna”, molte sue caratteristiche rispecchiano questa condizione, e abbisognano di precisazioni.
Seguendo la definizione contenuta nella “Strategia Nazionale per le Aree Interne” (SNAI) per aree interne si intendono «quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse naturali e ambientali e di un patrimonio culturale di pregio» (DPS, 2014) [4]. Ed effettivamente, se analizziamo le componenti del territorio di Rio Marina, ci accorgiamo che per quanto possa essere vicino e ben collegato alla terraferma ha un rapporto di lontananza dai centri abitati più grandi dell’Isola ed erogatori di maggiori servizi, difetta di mezzi di trasporti pubblici (problema, questo, del resto del tutto insulare), manca di ospedale, anche se è presente un Centro di pubblica assistenza; l’offerta formativa si ferma alle scuole elementari. A fianco a tutti questi elementi, sfavorevoli a uno sviluppo locale, non possiamo non rilevare, però, la presenza di risorse naturali e di un patrimonio culturale di rilievo, il patrimonio minerario.
Va aggiunto, per amore di verità, che Rio Marina non è stata sempre un’area interna come sopra definita. Prima, nel tempo, quando le miniere erano attive e il minerale era estratto, lavorato e trasportato, figurava tra i più ricchi paesi dell’Isola, quello con maggiori contatti con l’esterno, il maggiormente attrattivo per i visitatori dal continente, il più visibile per la sua posizione centrale nel territorio. Ed è proprio questo ‘prima’, connotato di asprezza ma anche di gloria, che torna nell’immaginario delle persone del luogo, per la presenza di professionisti, per il fluire maggiore di reddito, per la possibilità di accedere a luoghi della cultura, per il loisir.
E chi ha vissuto Rio Marina al tempo delle miniere ricorda ancora la vivacità del traffico da lavoro e viaggi, attività oggi sostituita dalla quiescenza senile:
Un’altra dimensione da tenere in considerazione, quando ci riferiamo a un’area interna, è relativa all’aspetto demografico. I sistemi locali hanno raggiunto un grado di invecchiamento tale che spesso non è più garantito un sufficiente ricambio generazionale, con conseguente drastica riduzione della popolazione nelle classi in età lavorativa. Queste aree, perciò, diventano luoghi generatrici di flussi migratori, specialmente tra i giovani, i quali, una volta conclusa la formazione liceale e decisi a completare il percorso di studi necessariamente altrove, si iscrivono all’Università (mete favorite dai Riesi sono Firenze, Pisa e Bologna), oppure decidono di lasciare la casa natale per cercare lavoro sulla Penisola/Continente. Non è però un fatto del tutto irreversibile, in quanto emerge di continuo un dettaglio interessante, e cioè la dinamica sociale e insieme esistenziale del “ritorno” o il “rientro” estivo.
Se è vero che molti giovani abbandonano Rio Marina per motivi di studio, di lavoro o anche solo per “cambiare aria”, è pure vero che nei mesi estivi quasi tutti vi fanno ritorno, sia esso il motivo il ricongiungersi con la propria famiglia oppure il beneficiare dell’aria di mare oppure l’aumento di cash da attività in stagione balneare, come che sia, tutti tendono a farvi ritorno.
Un po’ come tutte le isole, l’Elba è caratterizzata da un’occupazione stagionale e durante tutto l’inverno la maggior parte degli abitanti vive del reddito tratto dal guadagno estivo, è comprensibile dunque che, data l’importanza conferita al turismo, i giovani, anche se durante il resto dell’anno risiedono altrove, facciano ritorno nei mesi caldi per aiutare i familiari nel lavoro e per guadagnare anch’essi qualcosa in più.
Turismo da area interna
Ed è proprio attorno all’immaginario minerario che si è andato pian piano a costituire il landscape turistico di Rio Marina. Quando è avvenuto il passaggio da sito estrattivo a miniera erogatrice di servizi sociali, e aperta quindi alla fruizione sociale, sono aumentati i bar e sono numerosi i ristoranti che offrono pietanze di mare – e non solo – ai visitatori. Si può effettivamente parlare di un turismo sia “giornaliero” sia delle seconde case, e ciò incide sulla percezione che ne ha il paese, in bene e in male. Di sicuro il turismo vissuto “alla giornata” – e quindi non profondo ma spesso dissipativo – è dato da differenti fattori, che costituiscono invece l’attrattiva di chi vi giunge: la dimensione del paese, la scarsità di strutture ricettive, la non popolarità delle spiagge.
La dimensione molto ridotta del paese e la sua lontananza dagli altri centri abitati potrebbero non favorire Rio Marina come prima meta di viaggio, considerato anche il fatto che se non si possiede un mezzo proprio diventa complicato muoversi sull’intera isola; affittare una macchina o un motorino è assai dispendioso, soprattutto in alta stagione, e i mezzi pubblici, per quanto durante il periodo estivo siano intensificate le corse, sono sempre pochi per raggiungere determinate località, senza considerare il grave limite che l’ultima corsa, che collega le varie parti del sito, parte intorno alle 21.00, azzerando la possibilità di trattenersi per ammirare il tramonto o più semplicemente godersi la cena in tranquillità. Pur tuttavia l’appeal della località se ne avvantaggia.
Il problema dei trasporti pubblici è del resto acuto, si estende a tutta l’Isola e sono gli stessi isolani a lamentarsene, anche per ciò che concerne il tariffario, ritenuto eccessivo.
Dal punto di vista dello housing, poi, la presenza delle strutture ricettive è limitata, consta di un hotel nel pieno centro e di una decina di affittacamere, più diffuse; e questo è un altro fattore che complica la permanenza di turisti per più di una giornata, data la seria difficoltà di pernottamento. Anche l’assenza di spazi di loisir per la vita notturna tende a disincentivare la permanenza a Rio Marina, soprattutto per i più giovani che magari preferiscono la più animata Porto Azzurro, la più grande Portoferraio che offre maggiore varietà di scelte oppure Lacona, dove le attrezzature, senz’altro più adeguate dei campeggi, permettono di condurre vita sociale e attività di divertimento in gruppo e con nuove conoscenze.
Circa le spiagge, infine, quelle del versante est sono poco conosciute, mentre nutrono migliore pubblicità le spiagge bianche delle Ghiaie, di Capo Bianco o della Padulella a Portoferraio, quelle, assai preziose, di Enfola, dove risiede il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, oppure le spiagge della Fetovaia e di Cavoli nella parte sud-ovest dell’Isola, senza dimenticare le piscine naturali.
L’elenco sarebbe lungo, perché l’Isola d’Elba detiene il privilegio di possedere un’infinità di spiagge splendide, tra cui scegliere a piacere; e grazie alla piccola estensione insulare è possibile visitare anche tre spiagge in una sola giornata. Si rileva un fatto oramai assodato, e cioè che il turismo balneare è incentrato per lo più su queste zone dell’Isola, mentre le spiagge dalla sabbia nera, situate lunga la costa orientale, sono meno conosciute dai turisti e di conseguenza meno apprezzate. Si tratta di colori e fondali diversi, su cui si esercita senz’altro un regime di distinzione estetica, lo riconosco, ma non è proprio la varietà a rendere l’Isola d’Elba così unica?
Pur poco conosciuta per le sue spiagge, questa parte dell’isola è invece famosa per le sue miniere, tanto che il visitatore che si imbatte nel paesino di Rio Marina non potrà andarsene senza prima avere vissuto un incontro ravvicinato con questa realtà. Alcuni turisti vengono in questa località appositamente per fare un’escursione tra la natura e i colori che offre il paesaggio minerario e sono sempre più numerosi coloro che vi fanno ritorno per lo stesso motivo; numerosissime sono le famiglie che portano i bimbi a familiarizzare con i minerali sul trenino, non mancano né mancheranno mai le visite di studiosi e di persone interessate alla storia del posto.
Tante sono anche le idee e i suggerimenti degli abitanti per promuovere il Parco e per condividere i saperi del patrimonio minerario elbano con l’esterno.
E condividerlo anche con gli abitanti dell’isola stessa, in particolare con i più piccoli.
Seppur più di nicchia rispetto al balneare, questo tipo di turismo culturale ed educazionale sta prendendo piede e sono sempre di più coloro che sono interessati non solo al “bel mare”, ma anche alla multiforme bellezza dell’Isola fino nelle più piccole sfaccettature, e, nel caso di Rio Marina, sono pronti a conoscere una parte di essa attraverso l’esperienza diretta con il minerale.
Il Parco Minerario
Il Parco Minerario dell’Isola d’Elba nasce dall’idea di restituire all’ambiente e all’uso dell’uomo una vasta area che è stata profondamente trasformata, riconoscendone il suo valore storico e culturale. Si offrono attività didattiche e conoscitive a tutti coloro che sono curiosi e vorrebbero sapere di più a proposito del funzionamento delle miniere, e inoltre il Parco ricopre sul territorio un ruolo di “trasmettitore di memoria”, con piena consapevolezza di tale ruolo e funzione: «compito del Parco Minerario è di riannodare i fili, per quanto possibile, e di trasmetterla alle future generazioni come un patrimonio di alto valore culturale» [12].
Il Parco Minerario è aperto alla fruizione pubblica dal 14 luglio 2001 ed è composto dal Palazzo del Burò (prima sede degli uffici delle miniere) che ospita su due livelli il Museo dei minerali e dell’arte mineraria, la Laveria nella quale si svolgono le attività del Laboratorio ambientale, l’Anfiteatro presso il quale si organizzano gli eventi culturali (che non sono necessariamente di carattere minerario, ma che fungono sempre da punto d’incontro e di ritrovo per la comunità Riese e per i visitatori) e le coltivazioni minerarie [13] a cielo aperto che prevedono le escursioni presso Bacino e Valle Giove, i due principali cantieri di Rio Marina.
A usufruire di tale offerta durante i mesi estivi sono maggiormente i visitatori giornalieri, costituiti prevalentemente da famiglie con bambini, ma anche appassionati di escursioni naturalistiche, studiosi o giovani coppie che cercano un’alternativa interessante alla spiaggia. La visita ai cantieri minerari a cielo aperto si trasforma così in un’esperienza a tutti gli effetti; i visitatori non vivono un’esperienza passiva, svolgono un ruolo di protagonismo in attività autonomamente scelte. Che si tratti di visitare il cantiere minerario raggiungendolo con il caratteristico trenino oppure di una camminata di circa tre ore tra i colori e il luccichio del paesaggio minerario, il visitatore si sente partecipe del tour e questo senso di appartenenza vibra ancora di più quando viene data la possibilità di trovare il proprio minerale: la guida fornisce a tutti i partecipanti una bustina di plastica e un piccone con il quale andare alla ricerca del minerale e portare a casa tanti minerali quanti entrano nella bustina. La clausola limitativa, ovvia, svolge il compito di tutelare l’ambiente, dando l’opportunità al visitatore di toccare con mano l’esperienza della miniera stessa, riducendo il danno al minimo.
Guardare, sentire l’odore di zolfo e di metalli, cercare, scavare e trovare fanno parte del processo di scoperta e d’inclusione proprie all’attività; chi vi partecipa, si sente motivato, si diverte e inevitabilmente impara di più. Alla domanda posta nel questionario di gradimento «Pensa che questa esperienza al Parco Minerario abbia aggiunto valore alla sua vacanza?» e «che tipo di valore pensa abbia aggiunto?», i risultati sono stati più che positivi: su un campione di 50 questionari ben 47 persone affermano che la visita al Parco Minerario abbia aggiunto valore alla propria vacanza e il tipo di valore apportato è nella maggior parte dei casi di tipo culturale ed esperienziale.
Come già detto l’itinerario in miniera prevede diverse tappe a seconda dell’attività che si predilige: visita museale dove la vita del minatore è ricostruita tramite modelli ed esposizione di fotografie; si possono contemplare i minerali dell’Elba esposti sotto teche di vetro illuminate e funzionano a regime il laboratorio didattico per bambini, il percorso trekking, il tour in fuoristrada oppure la gita in trenino per arrivare al bacino minerario, dove la cava a cielo aperto diventa un museo interattivo per bambini che dotati di piccoli picconi sono liberi di scavare, esplorare, cercare i minerali all’interno della conca. Il fatto di potere usufruire di spazi diversi rende il Parco Minerario uno splendido esempio di coesistenza di tradizione e modernità, grazie alla presenza di un museo minerario al chiuso (le tradizionali teche di vetro che custodiscono i preziosi minerali, la ricostruzione dell’alloggio del minatore, mappe e modellini in scala) e dell’open air-museum, che abbraccia un’ampia area esterna, dove lungo i sentieri che portano ai ‘cantieri’, è possibile osservare gli antichi edifici e gli strumenti caratterizzanti la realtà mineraria.
In questo itinerario manca però, a mio avviso, qualcosa. Vengono spiegate le reazioni chimiche, la storia dei minerali e la loro distribuzione sull’Isola d’Elba; si dedica pur tuttavia poco tempo a parlare della vita dei minatori. Certo, due guide hanno avuto rispettivamente un padre e un nonno minatori e questo è un ottimo punto a favore di una conoscenza basata sull’esperienza. Sono però solo due e per quanto durante le spiegazioni si possa fare riferimento a qualche aneddoto riguardante la vita degli uomini che vi hanno lavorato, sarebbe molto utile avere la possibilità di una narrazione diretta da chi la miniera l’ha realmente vissuta e patita. Solamente così si entrerebbe in completa sintonia con l’ambiente e l’atmosfera mineraria, e sarebbe più semplice comprendere le dinamiche che si instauravano tra gli abitanti di un paese dove la fonte di reddito principale derivava da quella attività.
Anche Federica, una delle guide, si pone in maniera positiva a favore di una svolta compartecipativa, conoscitiva, educativa e sociale.
La proposta non è facile da realizzare, perché il numero di ex minatori ancora in vita nel paese è limitato (meno di una decina) e la loro età è di forza avanzata. È un peccato perdere questa opportunità, e si potrebbe cercare un’alternativa, quale per esempio puntare sulla testimonianza di figli o nipoti che, pur non avendo testimonianza diretta, possono rappresentarla, facendo riferimento ai resoconti, racconti o ricordi che sono stati loro tramandati di generazione in generazione. Sarebbe dunque opportuno offrire ai visitatori anche questa possibilità: poter rivivere la vita della miniera non solo attraverso i paesaggi, l’estrazione, la ricerca ma anche attraverso i ricordi di chi l’ha vissuta realmente o da chi ha avuto modo di conoscerla a fondo grazie alle narrazioni dei suoi parenti più cari.
Identità mineraria
Se turisti e visitatori appaiono soddisfatti ed escono divertiti dell’esperienza al Parco Minerario, da un punto di vista percettivo locale la situazione muta. Per la maggior parte degli abitanti di Rio Marina il Parco è come se non esistesse: sono consapevoli della sua presenza e ubicazione, certamente, ma non sono informati e non partecipano, esclusi alcuni appassionati, alle attività; è come se non lo “sentissero” proprio fino in fondo. Conducendo le mie interviste è venuto alla luce che nei locali il ricordo legato alle miniere è debole, soprattutto nei giovani:
In effetti, se non si hanno legami familiari con chi ha lavorato in miniera (babbo o nonno) si tende a non sapere o a non voler ricordare. Inizialmente ho attribuito questo allontanamento dal passato all’immaginario cupo che aleggia attorno a tutto ciò che riguarda la miniera (sacrificio, dolore, morte, polveri, fatica ecc.). Non è però solo questo:
Alcuni intervistati parlano della mancanza di un “collegamento”, di un “poter fare di più” per i residenti.
Altri fanno risalire questa mancanza al troppo tempo trascorso.
Sensibilizzare una comunità per farle ricostruire il suo passato non è affatto semplice ed è un processo che necessariamente deve partire dall’interno ed essere appoggiato ed accompagnato dal consenso della popolazione locale.
Il Parco Minerario potrebbe dare il primo avvio e aiutare a entrare in contatto con le tradizioni culturali e con gli artefatti del passato, offrendo maggiori opportunità anche per i residenti, cercando la loro collaborazione e mettendo in condivisione i loro pareri, così da conferire nuovamente senso e importanza al patrimonio locale, riscoprendo la storia e le antiche tradizioni per poi attribuire loro il loro dovuto valore. Ovviamente il Parco non può farsi carico di tale impegno da solo, ma dovrà essere aiutato prima di tutto dalla volontà della gente nonché dalle amministrazioni e dal Comune che lo gestiscono. A proposito di questo l’anno scorso il Parco ha offerto la possibilità per i lavoratori del terzo settore di partecipare a un corso a titolo gratuito in modo tale da informarli e aggiornarli sulle possibilità e le proposte offerte dal territorio:
Così facendo si cerca di sensibilizzare una parte della popolazione nella speranza di una trasmissione di quanto appreso non solamente in un’ottica economica, ma anche con lo scopo principale di una riscoperta dei valori e delle tradizioni legate al luogo e che sono comuni a chi ne fa parte.
Vorrei concludere narrando un fatto singolare, da analizzare alla luce di quanto riportato finora sul rapporto tra identità (mineraria) del luogo e comunità. Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 2018 ci fu una forte mareggiata che fece crollare il ponte di ferro di Vigneria che era lì dalla metà dell’800 e serviva per l’imbarcazione e il trasporto del minerale. Il crollo del ponte destabilizzò tutti: Riesi, abitanti di altri paesi dell’Isola, proprietari di seconde case e visitatori ricorrenti, tutti. L’intera comunità guarda adesso con nostalgia a quella parte di mare dove prima spiccava questo pontile, ovviamente pericolante già da anni e con divieto di accesso ma che faceva parte del paese; il suo “stare lì” era stato metabolizzato dalla popolazione ed era entrato a far parte dell’immaginario comune e del panorama di Rio Marina. Anche gli abitanti più giovani ricordano con malinconia quel vecchio ponte e non solamente loro; mi è capitato di scambiare qualche chiacchiera con dei signori che non sono del posto ma hanno casa a Rio Marina da anni e sono soliti passare lì gran parte delle vacanze. Ebbene, anche a loro la caduta del pontile ha causato turbamento, e sinceramente anche a me. Da quando ero bambina mi ha sempre incuriosito quel ponte e quando lo iniziavo a vedere dal traghetto ero così felice perché sapevo che mancavano pochi minuti e sarei arrivata all’Elba. Un valore del genere a questo manufatto, secondo me, è attribuibile solamente da chi ha vissuto il paese, perché, per quanto visto da fuori possa rappresentare un monumento architettonico dell’industria mineraria, solamente chi vive o chi ritorna a Rio Marina può comprenderne realmente il significato.
Ed è curioso che nonostante l’identità mineraria sia poco percepita dalla comunità Riese, il crollo del pontile ha scosso l’animo di tutti. È solo un piccolo esempio, più che esplicativo, del fatto che in realtà si può recuperare il legame con il passato. Si può asserire che non è vero che alla gente del posto poco importa delle miniere o che guardano al Parco Minerario con indifferenza; vale la pena riconoscere che, anzi, come accade spesso nella vita, il valore di ciò che si possiede viene realizzato solamente quando lo si perde. Se il pontile non fosse mai crollato, magari nessuno avrebbe mai scoperto la sua importanza o l’emotività che imbrigliava, per una nota dinamica dalla filiera dell’abitudine alla presenza.
Adesso, invece, senza quel pontile nel panorama del paese qualcosa stona. E questo dovrebbe far riflettere sull’importanza incorporata in determinati oggetti, che in apparenza sono solo oggetti ma che, una volta resi distintivi da fatti o eventi traumatici, assumono un significato pieno. Ed è significativo come la mancanza di un elemento possa diventare tanto essenziale per la memoria collettiva.
Conclusioni
In questi ultimi anni l’attività di gestione del Parco Minerario di Rio Marina è riuscita a salvaguardare e conservare il patrimonio minerario, promuovendo differenti interventi, quali per esempio l’ambientale, lo scientifico e il didattico e conferendo una sorta di consapevolezza sull’importanza della tutela ai fini di uno sviluppo economico sostenibile del territorio, e per la conservazione e la ri-produzione della memoria. Nonostante ciò, il legame che la comunità ha con il suo vissuto minerario è debole e sarebbe quanto mai importante farlo riemergere, dando la possibilità, specialmente ai giovani, di scoprire e conoscere maggiormente il passato e la storia del luogo dove sono nati, in modo tale da rafforzare l’identità locale e trasmettere alle generazioni e ai visitatori futuri la cultura del luogo in tutti i suoi aspetti, compreso quello minerario.
Le miniere non sono semplici luoghi estrattivi da visitare o da abbandonare una volta cessata l’attività. Le miniere rappresentano qualcosa di più: custodiscono memoria, esperienza e ricordi, sono luoghi di storia umana ed è bene che per tale motivo esse siano valorizzate e messe a disposizione di tutti coloro che vogliano scoprire questa realtà, non troppo lontana da noi e che è stata per anni l’attività principale dell’Isola d’Elba.
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