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Ragionamenti su cronaca, business dei migranti e neofascismo

 copertinadi    Alessio Angelo

Il rumore che negli ultimi anni si è sollevato intorno alla questione immigrati è assordante. Il vociare è continuo. Lo Stato non si prende cura dei propri cittadini ma investe, finanzia e si preoccupa degli stranieri che invadono il nostro territorio sommando tutta la loro povertà e i loro malesseri alla nostra crisi ormai permanente. Danno loro un tetto, il vitto adeguato, il cellulare e persino un soldo per mantenerne l’indolenza. Bisognerebbe chiudere le frontiere come Malta, davvero uno Stato sovrano. Siamo stanchi e impauriti, sono troppo visibili, li vedi affollare certe strade, certi quartieri, osservano seduti su un marciapiede o appoggiati a una ringhiera e chissà cosa pensano di fare, ci vuole più sorveglianza. Noi non siamo razzisti ma siamo stanchi, è inammissibile.

Queste sono alcune delle considerazioni amare che è possibile ascoltare in qualsiasi cittadina o metropoli italiana che si è confrontata nell’ultimo decennio con le migrazioni forzate. Questa percezione del migrante si è costruita lentamente, trovando terreno fertile nelle ideologie dei nostalgici della dittatura, nelle manifestazioni neofasciste popolari o di partito. I fatti di Tor Sapienza, che hanno fatto irruzione nelle nostre vite dal clamore mediatico, ne sono testimonianza. Cittadini che subiscono le ingiustizie sistemiche e l’iniquità, incapaci di fronteggiare gli ostacoli di ordine economico e sociale, dilaniati dalla crisi, più o meno consapevolmente reagiscono inscenando una protesta di massa contro un capro espiatorio, il migrante. C’è davvero qualcosa di diverso e di preoccupante nei fatti di Roma?

Che questi accadimenti sparsi a macchia d’olio nel territorio italiano trovino sfogo e siano convogliati in organizzazioni partitiche e movimenti di estrema destra, è assai inquietante, cosa che si comincia a intravedere nei crescenti successi elettorali della Lega Nord e nella presenza stessa di Forza Nuova e Casa Pound. A leggere le dichiarazioni rilasciate ai giornalisti di Repubblica dalla presidente della cooperativa sociale Un sorriso, responsabile del centro per minori preso d’assalto a Tor Sapienza, non si può che sostener l’ipotesi che si sia voluto strumentalizzare e canalizzare la rabbia e il disagio dei cittadini di quella borgata per generare una guerra tra poveri in vecchio stile, essendo accertata l’ombra di Buzzi, della mafia e di ex Nar dietro gli assalti al centro per minori stranieri. Le responsabilità verranno esaminate nelle indagini giudiziarie ma la rabbia c’era già e anche il disagio e, al di là delle dinamiche, il fascismo c’era e rimane.

foto1La  lotta nel Calabrese, i fatti di cronaca della caccia ai migranti di Rosarno che adesso  fanno meno notizia, non erano frutto forse della stessa rabbia ideologica, dello stesso tessuto intriso di ignoranza, povertà, razzismo e fascismo? Lo scandalo delle donne migranti nel Ragusano, sfruttate nel lavoro e violentate nei campi, non rientrano forse nello stesso agire feroce? Le condizioni di miseria in cui emarginiamo i nuovi braccianti stagionali non sono forse dettate dallo stesso spirito di discriminazione? La creazione dei centri di detenzione per immigrati, in prima istanza i CIE ma anche le più attenuate forme di CARA, CPSA e CDA non sono forse materia plasmata allo stesso modo?

Considerare l’altro non abbastanza umano per essere degno dei nostri stessi diritti è una teoria che ha già prodotto degli effetti devastanti in Italia come altrove. Tuttavia gli scandali presuppongono ancora lo stupore e l’indignazione delle maggioranze e, in un sistema democratico sano, questo deve essere motivo per avviare interventi curativi laddove gli eccessi sono oramai sfociati nella violenza, e preventivi nei luoghi a rischio dove la tensione potrebbe facilmente generarsi. Impossibile pensarlo senza presumere dei dispositivi di governo vigili ed esigenti, che usufruiscano delle migliori competenze in una struttura di accesso al lavoro tanto trasparente quanto meritocratica. Eppure da quello che apprendiamo dalle indagini su Mafia Capitale alcuni di questi stessi dispositivi di governo, le amministrazioni regionali e comunali, i rappresentanti politici, le cooperative stesse sono complici di una crisi morale tanto radicale quanto radicata.

foto2Il business delle migrazioni muove milioni di euro e tali somme attraggono gli interessi delle mafie, dei politici corrotti, dell’industria umanitaria votata al profitto. Nel 2014 secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno aggiornati al 1° dicembre, gli immigrati presenti nelle strutture temporanee sono 34.705, quello nei CARA/CDA e CPSA SONO 9.782,  mentre i posti occupati nel sistema SPRAR sono 20.975 per un totale di 65.462 persone. Il 23% di questi, 14.878 individui, sono presenti in Sicilia. Per ogni immigrato le cifre stanziate si aggirano attorno ai 30/35 euro, soldi che non andranno nelle tasche dei soggetti deboli ma alle strutture che si occupano di riceverli. Si calcola che solo in Sicilia e solo per le strutture di accoglienza sino al 1° dicembre di quest’anno siano stati impiegati 190 milioni di euro.

L’emergenza giustifica la mancanza di competenze necessarie e l’assenza di una progettualità e in questo modo alberghi dai fatturati timidi diventano CDA, ex vivai divengono CARA, le cooperative e in generale gli enti del terzo settore che si occupavano di minori diventano ora specializzati in minori stranieri non accompagnati, chi si occupava di anziani o donne madri adesso ha affidati i richiedenti asilo e rifugiati.

L’indagine su Roma Mafia Capitale e sul “mondo di mezzo” sta facendo emergere come la sinergia tra politici mafiosi, apparati fascisti e rappresentanti corrotti del terzo settore si regga sulla sofferenza di reietti, profughi e migranti: una articolata speculazione basata sull’intreccio di appalti pilotati, convenzioni illegittime e mancanza di controlli. Manifestazione dell’ennesima connessione tra tragedia e profitto, resa possibile dalla propensione alla corruzione e da un substrato ideologico che ancora abita nel costume degli italiani.

foto3Il Corruption Perception Index 2014 di Transparency International  definisce l’Italia come il Paese più corrotto d’Europa e tra le nazioni che non raggiungono la sufficienza in trasparenza. Su 175 Paesi indagati da questo organismo internazionale, l’Italia è al 69 posto al pari di Romania, Grecia, Bulgaria, Brasile, Senegal e Swaziland. Da Highly Corrupt a Veryclean, in una scala da zero a cento, l’Italia si ferma a 43 punti. In ogni caso l’indice di percezione della corruzione da solo non basta a comprovare lo sfruttamento sistematico della più grande tragedia del nostro tempo: le migrazioni forzate del Mediterraneo. Per trovare il supporto alla corruzione bisogna addentrarsi nei rapporti egemonici tra civiltà, fascismo e capitalismo. Il migrante viene percepito come inferiore, appartenente a una cultura retriva e primitiva, degradato a uno status non troppo umano. Tracce del passato coloniale e delle ideologie del regime fascista sopravvivono nella pratica della discriminazione razziale, priva di basi scientifiche oltre che di ragionevolezza. Nella divisione internazionale del lavoro, secondo le logiche economiche del capitalismo globalizzato, la macchina della bio-politica si muove  tra l’assistenzialismo e lo sfruttamento della manodopera straniera. Ma i corpi oggetto sono i medesimi.

IMMIGRAZIONEL’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in un comunicato del 10 dicembre nel 2014 ha informato che sono più di 207 mila le persone che da gennaio hanno attraversato il Mediterraneo. Di questi almeno il 50%  sono rifugiati provenienti da Siria ed Eritrea. Il picco più alto sinora era stato registrato nel 2011 con l’imperversare della primavera araba, quando circa 70mila persone attraversarono il Canale. Si stima che dal gennaio al dicembre 2014 i morti nel Mar Mediterraneo siano stati 3.419. Un bilancio record che fa di questo mare una grande fossa comune. I sopravvissuti alla traversata non possono divenire merce, forma di guadagno e capro espiatorio della crescente rabbia sociale. I migranti già vittime della guerra, della fame, degli scafisti, diventano vittime infine dei corruttori che hanno speculato sugli appalti nella gestione dei centri di accoglienza, nonché dei razzisti e dei numerosi imprenditori politici del razzismo.

Col crescere della crisi si alza più forte lo scontento della gente che scarica sui più deboli paura e rabbia. Sono sempre di più i malumori registrati anche nelle piccole cittadine di frontiera come quella da cui scrivo. Il 14 ottobre scorso un comitato di cittadini di Mazara del Vallo ha inviato un comunicato ai media locali invitando la popolazione a sottoscrivere una petizione popolare contro la presenza dei profughi, chiedendo la chiusura immediata di un centro per minori non accompagnati che si trova nelle vicinanze di una scuola elementare. Le motivazioni riportate a supporto della richiesta erano le seguenti: «[…] la presenza di questi giovani profughi extracomunitari rappresenta di per sé un notevole rischio per la comunità locale. La presenza dei profughi extracomunitari in una struttura sita a così poca distanza da una scuola è assolutamente incompatibile ed in contrasto con la presenza di bambini […] sia per problemi di ordine pubblico che sanitari legati con l’incertezza della provenienza degli extracomunitari ed il gravissimo rischio sanitario connesso con la recente epidemia di EBOLA […]».

Il cerchio sembra chiudersi con l’appello al virus che stigmatizza lo straniero che diventa monatta. Disordine pubblico e malattia: se queste sono le idee associate ai migranti mi chiedo se non è anche questa una microscopica manifestazione riconducibile alla trama nera che si sta tessendo  in Italia. Va detto tuttavia che qualche speranza va legittimamente alimentata, se è vero che da quella petizione che riportava la firma generica di tutti i genitori, alcuni della stessa scuola si sono dissociati, manifestando il loro netto disappunto. Un gesto di civiltà che ci si augura non rimanga espressione di una minoranza.

Dialoghi Mediterranei, n.11, gennaio 2015

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Alessio Angelo, laureato presso l’Alma Mater di Bologna in Antropologia Culturale ed Etnologia e specializzato in Libro, documento e patrimonio antropologico presso l’Università di Palermo. Ha svolto parte del suo percorso accademico in Spagna, in Cile e in Marocco. Si dedica allo studio e alla ricerca di temi antropologici e storici nel Mediterraneo. Ha collaborato con l’Università di Messina, l’Officina di Studi Medievali e la Fondazione Ignazio Buttitta. Attualmente lavora per l’Università di Bergamo al progetto di ricerca Euborderscapes sulla frontiera italo-tunisina.

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