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“Qāfilat aṣ-Ṣumūd”: breve storia di un convoglio umanitario e del suo eterno nome

Tunisia Caravan

Tunisia – Palestina Caravan (@Tunisan land convoy)

di Francesca Spinola 

In questa lunga estate tristemente caratterizzata dal perdurare del genocidio nei confronti della popolazione che vive nella Striscia di Gaza, abbiamo sentito nominare spesso dai mass media di tutto il mondo la parola “sumud” legata a “convoy”, convoglio in inglese, in arabo Qāfilat aṣ Ṣumūd, variamente tradotto come “Convoglio della Resistenza” o “Convoglio della Resilienza del Maghreb”. Questo è il nome che si è data la parte tunisina del più ampio movimento della Global March to Gaza (GMTG), la Marcia Globale in favore di Gaza, che ha cercato, lo scorso giugno, di portare aiuti umanitari alle popolazioni affamate e allo stremo di quella striscia di territorio ridotta ormai a un deserto di macerie.

Tutto è iniziato il 9 giugno 2025 quando Qāfilat aṣ Ṣumūd è partito via terra dalla Tunisia, ha attraversato la Libia, verso il valico di frontiera di Rafah, tra la Palestina e l’Egitto, per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sulla crisi umanitaria a Gaza. L’obiettivo era chiaro: rompere il blocco israeliano, consegnare aiuti umanitari ai palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza e porre fine al genocidio. Il convoglio partito dalla Tunisia rappresentava la parte di sostenitori nordafricani che ha cercato di contribuire alla Global March to Gaza, un’iniziativa internazionale guidata da civili per marciare da Arish, in Egitto, fino al valico di frontiera di Rafah con la Striscia di Gaza, con inizio previsto per il 15 giugno 2025. La Marcia Globale verso Gaza è stata poi annullata il 16 giugno per aver incontrato delle forti resistenze da parte di alcuni Paesi.

Al convoglio nordafricano partito da Tunisi il 9 giugno hanno partecipato circa 1.000-1.500 persone, provenienti principalmente dalla Tunisia, ma anche dalle confinanti Algeria e Libia, dalla Mauritania e dal Marocco. Il convoglio è arrivato a Tripoli, in Libia, l’11 giugno, dove ha trovato il sostegno del Primo Ministro della Libia, Abdul Hamid Dbeibeh, che ricopre anche la carica di ministro degli Esteri ad interim. Due giorni dopo, mentre era diretto ad est, il convoglio è stato fermato nella città libica di Sirte e successivamente bloccato dalle forze del comandante dell’Esercito Nazionale Libico, Khalifa Haftar. Il 15 giugno, dopo che più di una dozzina di partecipanti erano stati arrestati, il convoglio si è ritirato nella regione di Misurata, nella Libia occidentale e, allo stesso tempo, il Ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha dichiarato che non avrebbe permesso al convoglio di raggiungere Rafah, citando la necessità di permessi, una posizione sostenuta anche dalle autorità della Libia orientale e così è finita la storia del convoglio di persone di buona volontà chiamato Qāfilat aṣ-Ṣumūd. 

img_4133Cosa significa Ṣumūd? 

A parte il nobile intento di chi ha organizzato questo convoglio, ciò che è interessante è il nome che gli organizzatori hanno scelto per il convoglio, Ṣumūd.

Da subito gli organizzatori si sono affrettati a dire che si tratta di una parola araba difficile da tradurre, aggiungendo che con Ṣumūd si intende per lo più “fermezza o perseveranza”, ma anche “resilienza o resistenza”.

In effetti è tutto vero, ma con delle sfumature. La parola è certamente antica e, come vedremo, di origine preislamica, anche se compare nel Corano in una delle sue sure più importanti. Si tratta di una parola la cui radice è ṣmd, e che si trova nel Corano stesso, nella Surat al-‘Iḫlās (112), la sura che sancisce il puro monoteismo e conferisce a Dio uno dei suoi più importanti attributi quando, nel suo secondo versetto, afferma Allāhu aṣ-ṣamad, tradotto in “Allah l’Eterno” [1], “Allah the eternally sufficient unto himself” [2], “Allah le Seul” [3], “Allah l’Absolu” [4], il Dio a cui tutti gli esseri si rivolgono per le loro necessità. 

Si tratta di una delle ultime sure del Corano, molto breve, formata da soli quattro versetti, i seguenti: 

  1. 1.      Di’: Egli, Allah, è Uno.
  2. 2.      Allah è l’Assoluto (aṣ-ṣamadu).
  3. 3.      Non genera, né è generato.
  4. 4.      E nessuno è uguale a Lui [5]

o

  1. 1.      Di’: «Egli Allah è Unico,
  2. 2.      Allah è l’Assoluto.
  3. 3.      Non ha generato, non è stato generato
  4. 4.      e nessuno è uguale a Lui» [6].

Riguardo questa Sura, una tradizione che risale al profeta Muhammad, afferma che la sua recitazione corrisponde al merito della recitazione di un terzo del Corano. Qualche commentatore l’ha definita una perfetta sintesi del tawḥîd [7] ovvero, del vero monoteismo, che è alla base della dottrina islamica. 

Nell’esegesi di questi versetti condotta dal grandissimo studioso iraniano Al-Razi [8], così come descritto nell’edizione egiziana ufficiale del Corano, al-Razi racconta delle asbāb al-nuzū l [9], le ragioni della rivelazione di questa sura. Egli narra che una delegazione proveniente da Najran, nel sud-ovest dell’Arabia, giunta a Mecca, chiese a Muḥammad, il Profeta dell’Islam, di descrivere loro il suo Signore e che lui rispose che era “Uno”, come nel primo versetto della sura 112. Poiché questi non rimasero soddisfatti, chiesero al Profeta una ulteriore spiegazione, e fu allora che egli rispose che “Allah è aṣ-ṣamadu”, il secondo versetto della sura 112, intendendo – continua Razi – “colui al quale le creature si rivolgono per tutti i loro bisogni”. 

largepreviewMa dato che questa parola, che conferisce uno speciale attributo a Dio, è così importante da avere ancora oggi una eco nell’attualità che riguarda le società islamiche, può essere interessante andare a rileggere il significato dato da alcuni studiosi del Corano al versetto 2 della Surat al-‘Iḫlās (112) che fa trovare il lettore difronte ad un hapax legomenon, ovvero una prima volta, come per la parola “il benigno” nella Surat al-barr (52:28), o appunto “l’impenetrabile”, “denso al punto assoluto”, (aṣ-ṣamadu,112:2), parole che sembrano nascondere tracce di terminologia religiosa pre coranica. 

In una rilettura della Surat al-‘Iḫlās (112), condotta nel 1973 da Gordon Newby il significato di aṣ-ṣamadu, proprio in quanto hapax legomenon, ha causato notevoli speculazioni per il fatto che compare una sola volta nel Corano; quindi, per il significato non ci si può che basare solo su questa sura o su fonti preislamiche.

Come molte parole ha una radice comune, questa volta ṣmd – la stessa radice del termine Ṣumūd, usato per qualificare il convoglio umanitario diretto a Gaza. Si tratta di un nome aggettivale che si riferisce a “qualcuno al quale tutti si rivolgono e da cui tutti dipendono per i loro bisogni” spiega Newby. 

Ma la parola, secondo altri studiosi, può anche significare: qualcosa senza cavità (al-Tabari); qualcosa senza morbidezza (al-Razi); il nome di un idolo proprio nella forma Ṣumūd, ma più in generale può significare: qualcosa di solido. Su questo ultimo significato ricorda Newby come al-Razi, basandosi sulla ‘ijmā’, la ragione e sull’autorità di Qatadah [10] , afferma che a-ṣamādu rappresenta qualcosa di “uniforme e senza cavità”. Ecco allora riemergere il senso lato di “fermezza”, “resilienza”, “perseveranza”, dato al convoglio umanitario del Maghreb. 

Se guardiamo oltre i commentari dogmatici vediamo che a-ṣamādu, così come scritto sul Lisān al-ʿArab [11] è “la cima di una montagna innalzata verso il cielo come una colonna”. 

Tunisia Caravan Gaza

Tunisia- Palestina Caravan (@Tunisan Land convoy)

Quindi per riepilogare, aṣ-ṣamad, ancora prima che il Corano apparisse, si potrebbe riferire (come sostiene Newby) alla pratica preislamica diffusa a Najran come a Sana e Mecca di venerare le pietre.  Quindi Newby ne deduce che aṣ-ṣamad in qualche modo si riferisce a una pietra idolo o a un epiteto dato alla divinità, pertanto per lui il versetto significa: «Diciamo che lui, Allah (la divinità islamica), è (lo stesso di) Aḥad (la divinità giudaico-cristiana), (cioè, lo stesso di) Allahu-ṣ-ṣamadu (la divinità pre-islamica)». 

Per Rosenthal, un altro studioso di questa sura, ṣ-ṣamadu è da intendere come “the eternally monolithic” [12], l’eternamente monolitico, e sarebbe il significato che deriva da “un termine religioso semitico nord-occidentale” di cui il Profeta aveva sentito parlare, ma che aveva solo “compreso vagamente” e che, certamente, non aveva chiarito ai suoi seguaci se e quando ne avevano avuto bisogno. 

Andando ancora più a fondo nell’analisi di questa misteriosa parola, il significato del verbo ṣamad, ci spiega lo studioso Uri Rubin, sarebbe multiplo e si potrebbe tradurre con: attenersi a; aderire a; dirigersi verso qualcosa o qualcuno; mirare a; sforzarsi di raggiungere qualcosa o qualcuno [13]. 

In tutti questi significati del verbo ṣamad e della parola aggettivale ṣ-ṣamadu, che sono la base della parola di cui ci stiamo interessando, declinata in Ṣumūd, è dunque racchiuso lo scopo umanitario del Qāfilat aṣ-Ṣumūd, il Convoglio partito da Tunisi lo scorso giugno. Il significato profondo, alla luce di quando qui descritto, può con ogni evidenza affermarsi essere quello di “protendere verso..”, di “eternamente autosufficienti…”, di “fermi, privi di buchi, resistenti come una pietra”, “forti” come forti si stanno dimostrando i Palestinesi sottoposti al lungo massacro di questa folle estate di cui nessuno potrà dimenticarsi. 

Dialoghi Mediterranei, n. 75, settembre 2025 
Note
[1] Guzzerti, Droge, Zilio-Grande
[2] The Study Quran
[3] Masson
[4] Hamidullah
[5] Traduzione di Bausani
[6] Traduzione Il Sacro Corano on line
[7] Il monoteismo islamico
[8] Fakr al-Dīn al-Rāzī, grande teologo ed esegeta dell’Islam nato nel 543/1149 a Rayy in Iran.
[9] È la scienza che studia le ragioni della rivelazione dei versetti coranici.
[10] Qatādah ibn Di‘āmah as-Sadūsī (morto nel 117 o 118 H / ca. 735 d.C.) fu uno dei più importanti mufassirīn (esegeti del Corano) e trasmettitori di ḥadīth della prima generazione successiva ai Compagni del Profeta 
[11] Lisān al-ʿArab (لسان العرب), che significa “La lingua degli Arabi”, è uno dei più grandi e completi dizionari della lingua araba classica mai scritti. È un’opera monumentale di lessicografia e filologia araba, usata ancora oggi come riferimento fondamentale per lo studio dell’arabo letterario.
[12] F. Rosenthal: in True Belief – A New Translation and Commentary on Sūra 112
[13] Rubin, Uri (1984): in Al-ṣamad and the high God: an interpretation of Sura CXII 

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Francesca Spinola, giornalista professionista attualmente residente a Tunisi, ha conseguito un diploma in Studi arabi e islamistica presso l’Istituto Dar Comboni al Cairo e un master in Studi arabi e islamici presso il PISAI – Pontificio istituto di studi arabi e islamica. È laureata in scienze politiche indirizzo politico internazionale (Università “La Sapienza”). Sta associando al giornalismo la ricerca in studi islamici con un focus sulle questioni di genere. È autrice di numerosi articoli giornalistici e di alcuni saggi di cui l’ultimo è Blu Tunisi: viaggio nella città e nei suoi cinque storici villaggi edizioni Infinito, 2024.

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