Di recente sono state pubblicate le “Nuove Indicazioni 2025 Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione Materiali per il dibattito pubblico”, un documento realizzato da una commissione apposita composta di esperti di area didattico-pedagogica, di provenienza universitaria, esperti di area disciplinare, di provenienza universitaria e scolastica. Il documento che è al momento soltanto una bozza, è stato pubblicato l’11 marzo 2025 sul sito del Ministero dell’Istruzione e del merito (https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico).
La pubblicazione di questa bozza è legata all’avvio di una fase di consultazione che la stessa Commissione effettuerà mediante incontri con le associazioni professionali e disciplinari, con le associazioni dei genitori e degli studenti e con le organizzazioni sindacali della scuola per per avviare l’iter formale di adozione delle Nuove Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione che andranno a sostituire dall’anno scolastico 2026/2027 quelle adottate nel novembre 2012. Numerose sono state le reazioni di studiosi, docenti, persone legate al mondo della scuola ma anche di professori universitari e intellettuali. Tra i cambiamenti che più hanno fatto discutere troviamo l’introduzione dello studio della lingua latina come facoltativa, l’utilizzo di filastrocche imparate a memoria per quanto riguarda l’italiano, l’introduzione dello studio della bibbia come fonte storico letteraria e l’impostazione del curricolo di storia. Per esigenze di spazio in questo contributo mi sono soffermata sull’analisi delle premesse di questo documento e su una disciplina in particolare, Storia, sulla quale si è acceso tra l’opinione pubblica un forte dibattito.
Le premesse
«La scuola accompagna bambini e adolescenti, sin dalla scuola dell’infanzia, a capire chi sono, da dove vengono, per quale futuro si preparano, quale contributo dare alla costruzione della società. E tali scoperte hanno luogo in quei mondi vitali che sono le aule, nelle relazioni fra pari, grazie alla mediazione didattica degli insegnanti. Tuttavia nessuna scuola può svolgere in solitudine il compito formativo, tanto più dinnanzi al mutamento dei nuovi preadolescenti e alla precocità di molti loro comportamenti un tempo emergenti in fasi più tardive dello sviluppo. Esso può esplicarsi con efficacia solo grazie all’indispensabile alleanza con le famiglie che svolgono un ruolo complementare a quello della scuola» [1].
Le indicazioni, rivolgendosi alla fascia d’età che coinvolge bambini della scuola dell’infanzia, fino alla secondaria di primo grado, iniziano con una riflessione sul cambiamento dell’adolescenza. Da sempre vissuta come una delle fasi più difficili dell’esistenza dell’essere umano (Mancaniello, 2002), il documento fa appello ad un’alleanza tra scuola, insegnanti e famiglie per dare gli strumenti ai giovani e alle giovani studentesse per assolvere insieme il compito formativo. Se da un lato si valorizza l’aspetto del sostegno nella crescita del fanciullo, subito dopo ci si riferisce alla scuola come mezzo per trasmettere conoscenze: «La scuola, pur attraversata da una crisi frutto della più generale crisi della mediazione educativa, resta la sede principale per la trasmissione di conoscenze legittimate in senso storico-culturale» [2] ma anche come occasione di sviluppo dei talenti «Finalità principale della scuola è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona e dei suoi talenti» [3]. Crescere, maturare, significa anche sbagliare a volte ed è parte del percorso che affrontano gli studenti; il rischio è però quello di creare un’etichetta, uno stigma come direbbe Goffman, leggendo questo passo delle Indicazioni:
«Dileggiare una scuola, sporcarne le pareti, distruggerne gli arredi, offendere un insegnante, non sono solo azioni eticamente riprovevoli, da condannare e stigmatizzare anche con la richiesta di risponderne da parte delle famiglie, ma sono i segni preoccupanti di un cedimento valoriale del rispetto e della fiducia dovuti all’istituzione culturale più importante del nostro Paese e alle persone – dirigenti e insegnanti – che hanno scelto di spendere la propria vita in queste istituzioni al servizio delle nuove generazioni. Così come maxima debetur puero reverentia è anche: maxima debetur magistro reverentia» [4].
Il rispetto delle regole è un aspetto fondamentale sicuramente dello stare a scuola, ma anche della vita fuori da scuola, che si contrappone alla libertà, diritto inviolabile di ogni essere umano. Si richiama spesso nel documento un darsi dei limiti kantiano che mette in dialogo la libertà con la diversità: «Una mente libera è una mente che sa dialogare, che sa accogliere le diversità senza paura, che sa pensare criticamente senza cadere nel dogmatismo o nell’individualismo esasperato» [5]. Il rischio è però pensare che, come viene ipotizzato poco dopo, la povertà educativa di quegli studenti che per vari motivi vivono ai margini della società, porti a un mancato rispetto delle regole e al superare i limiti appena descritti. Si sostiene infatti poco dopo:
«Peraltro interiorizzare il senso del limite aiuta a evitare la deriva della hybris, della tracotanza, spesso diffusa in bambini e adolescenti figli di famiglie con gravi povertà educative, messi al centro di dinamiche affettive iper/ipoprotettive che li rendono ‘piccoli tiranni’ o, all’inverso, fragili prede di dinamismi bullistici» [6].
Nella scuola delle Indicazioni 2025 si auspica inoltre un’educazione del cuore anche se non si parla mai direttamente di educazione alle relazioni affettive e di educazione alla sessualità, una delle prerogative che, dopo il caso Cecchettin, il Ministro aveva indicato come prioritarie. D’altra parte c’è sicuramente l’intento di combattere stereotipi e violenza di genere:
«È necessario un profondo lavoro educativo da iniziare a scuola: un’educazione del cuore che crei occasioni didattiche di esperienza di sentimenti basilari come la fiducia, l’empatia, la tenerezza, l’incanto, la gentilezza. La letteratura, la musica, le arti, la scrittura autobiografica, il cinema, il teatro sono i grandi ‘alleati’ degli insegnanti per questo lavoro didattico che con le Nuove Indicazioni sarà diffuso in tutte le scuole» [7].
Con bambini così piccoli come quelli della scuola dell’infanzia o dei primi anni della primaria è condivisibile l’ipotesi di non affrontare direttamente il tema della violenza di genere ma utilizzare storie, racconti, film, canzoni, opere d’arte che possano portarli pian piano a riflettere sulle dinamiche di genere. D’altra parte, per preadolescenti e adolescenti, una vera educazione all’affettività a scuola molte famiglie e molti docenti speravano con le Nuove Indicazioni che venisse promossa. Ci si limita invece a scrivere: «la scuola è il contesto più adeguato per decostruire stereotipi e far capire che il sentimento dell’amore con/per l’altro da sé (inteso come prossimo nella sua lata accezione) è al centro della propria felicità » [8].
Per quanto riguarda la didattica c’è un chiaro richiamo all’attivismo montessoriano per cui si auspica flessibilità, divisione in gruppi di lavoro, sperimentazione e molto altro che purtroppo non considerando che a volte le risorse (carenza di personale, strutture non adeguate, emergenze di ogni tipo, impegni burocratici) non lo permettono, diventa un sogno irrealizzabile in alcune scuole. Certo questo sarebbe l’auspicabile e tutti i docenti credono in questo sogno.
«La scuola comunità educante sa sperimentare curricoli flessibili, aperti alla partecipazione delle famiglie, degli enti territoriali, delle università e sa diversificare attività, spazi e tempi in funzione dell’inclusione scolastica e dell’attiva partecipazione degli studenti. [...] Le aule sono spesso organizzate in aree di lavoro e vengono utilizzati tutti gli spazi all’aperto che diventano aule esterne, orti, piccoli giardini curati dagli stessi studenti. Operosità, collegialità e serenità sono i tratti caratterizzanti le scuole ‘comunità educanti’: esempi contemporanei della grande tradizione dell’attivismo pedagogico» [9].
E ancora nella stessa direzione si ipotizzano spazi di riflessione sull’educazione alla sostenibilità:
«Rispetto a grandi temi di cui già si parla nelle Linee guida dell’educazione civica c’è una sostanziale conferma di quanto la scuola sia fondamentale per “fronteggiare gli impatti di questi processi per la sopravvivenza della Terra e della stessa umanità[...] una scuola che aiuti a capire e ad abitare un pianeta complesso, promuovendo l’integrazione fra saperi e, nel contempo, competenze sociali per instaurare nuovi patti di solidarietà fra le generazioni» [10].
Non poteva mancare nelle Indicazioni una riflessione, un cenno all’utilizzo delle tecnologie e dell’IA in senso critico, per poter affrontare le sfide del futuro insieme ad una riscoperta del passato in cui si crei una sorta di dialogo tra futuro e passato nel presente. Ma come salvaguardare l’essere umano di fronte ad un sapere tecnicistico attraverso un’alleanza col passato passando per la reintroduzione del latino? Il riferimento non esplicito che lascia al lettore spazio per l’interpretazione è forse la formazione di un “uomo integrale”. Se la modernità ha operato un profondo cambiamento dell’uomo, disancorandolo dalla comunità sociale e educandolo ad abbracciare una visione orizzontale dell’esistenza, il pensiero di Maritain potrebbe indicare la via per la costruzione di una cultura sociale modellata sulla dignità dell’uomo [11].
«Sono numerosi gli studiosi di ogni ambito che hanno da tempo letto i segni dell’impatto dei modelli economico-tecnicistici applicati ai mondi dell’istruzione intravedendo la soglia superata la quale si rischia di compromettere la relazione tra cultura e società, tra passato e presente, senza la quale un Paese è condannato alla regressione. Il latino nella scuola secondaria di I grado, l’ampliamento contenutistico e metodologico di letteratura e grammatica, le connessioni pluri e interdisciplinari fra le discipline STEM e le arti, la musica, sono scelte delle Nuove Indicazioni funzionali a una formazione che aiuti gli studenti a maturare visioni complesse sui problemi contemporanei e sguardi interdisciplinari sui grandi oggetti della conoscenza – l’universo, il pianeta, la natura, la vita, l’umanità, la società, il corpo, la mente, la storia – salvaguardando l’umano in tutte le sue sfaccettature» [12].
Nelle conclusioni alle premesse, risulta necessario e imprescindibile da parte della commissione un riferimento all’utilizzo dei social e delle tecnologie.
«Infine la scuola insegna che tecniche e tecnologie hanno un ruolo primario nella storia dell’uomo ma che hanno anche costi rilevanti a mano a mano che si fanno più potenti. E che potrebbero arrivare a governare l’uomo e la sua coscienza sino a renderla ‘a una dimensione’, al punto di non accorgersi della prigionia inconsapevole che le si può costruire intorno» [13].
Quale antidoto se non la scrittura come cura di sè? Sempre di più infatti con l’utilizzo del primo telefono cellulare, i ragazzi e le ragazze scrivono con abbreviazioni e utilizzo di slang per cui viene abbandonata una scrittura che segua le regole grammaticali e possa esprimere il sè. Difatti le Indicazioni sostengono che: «la scrittura è molto più che una tecnologia della parola: è saper strutturare il pensiero in un orizzonte di senso che è anche introspezione, cura di sé. Ed è avviamento al pensiero riflessivo » [14].
Infine, particolare attenzione viene posta al tema dell’inclusione, nello specifico del progetto di vita e della personalizzazione per i percorsi formativi delle persone con disabilità:
«[...] personalizzazione come strategia che governa le scelte educative e didattiche. Postulato squisitamente pedagogico, la personalizzazione presuppone l’assunzione di un paradigma antropologico che interpreta l’agire scolastico nei termini di un accompagnamento intenzionale dell’allievo a riconoscer-si capace, al di là della difficoltà, di sviluppare i suoi talenti. Le attività personalizzate sono progettate in modo da chiedere sempre agli allievi, a prescindere dalla loro età e dalle loro diversità, una compartecipazione attiva nei processi decisionali che definiscono il loro progetto scolastico (che è, anche, Progetto di Vita)» [15].
L’insegnamento della storia
«Solo l’Occidente conosce la Storia. [...] Altre culture, altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia, come compilazioni annalistiche di dinastie o di fatti eminenti succedutisi nel tempo; allo stesso modo, per un certo periodo della loro vicenda secolare anche altre civiltà, altre culture, hanno assistito a un inizio di scrittura che possedeva le caratteristiche della scrittura storica. Ma quell’inizio è ben presto rimasto tale, ripiegando su se stesso e non dando vita ad alcuno sviluppo; quindi non segnando in alcun modo la propria cultura così come invece la dimensione della Storia ha segnato la nostra» [16].
In merito a questa affermazione in cui il fulcro della riflessione appare come una prospettiva eurocentrica, ho chiesto un commento allo storico Lorenzo Kamel, docente di Storia internazionale all’Università di Torino e autore di numerosi saggi tra cui nel 2024 History Below the Global. On and Beyond the Coloniality of Power in Historical Research, pubblicato da Routledge, all’interno del quale viene tra l’altro sostenuto che l’eurocentrismo non è legato al focus geografico di una data analisi, bensì è riconducibile alle categorie di analisi adottate per realizzarla: ciò significa che, ad esempio, non basta scrivere un testo interamente centrato sull’Africa, sull’America Latina o sull’Asia per essere immuni da ciò che l’autore chiama nel libro l’“Ego-Europa”.
Basandosi su fonti primarie in sette lingue e su opere scritte da centinaia di studiosi africani, asiatici, mediorientali e sudamericani, Lorenzo Kamel analizza la “colonialità del potere” nella ricerca storica e mette in luce i ruoli spesso trascurati degli “altri” e delle loro modernità nella storia. Il libro combina tre elementi principali. Primo, un’analisi approfondita del processo di accumulazione della conoscenza (“knowledge piece by piece“) alla base di molti dei grandi traguardi della storia umana. Secondo, uno sguardo sulle prospettive pre-coloniali e sul processo attraverso cui queste sono state inglobate in narrazioni storiche sovente unidimensionali e solipsistiche. Infine, uno studio delle radici e delle conseguenze dei colonialismi e delle loro risonanze nel presente. Questi temi vengono affrontati con molteplici metodologie e approcci, nella consapevolezza che la storia analizzata – così come le traiettorie storiografiche che la sottendono – sono interpenetrabili e frutto esse stesse di un processo di accumulazione. Nel libro si mette in discussione l’idea che l’“Occidente”, nel bene e nel male, sia stato e sia ancora il centro, l’attore principale che ha fatto e dis-fatto. Nelle parole dell’autore:
«L’uso critico delle fonti non è “tipicamente occidentale”: da Sima Qian ad Abu Shama, da Kalhana a Ibn al-Athir, passando per intellettuali come Zera Yacob (l’”Illuminismo africano” prima che prendesse forma quello europeo) e centinaia di altri. Se si conoscono poco gli storici, i filosofi e gli intellettuali degli “altri” non significa che essi non siano esistiti o che non abbiano prodotto riflessioni critiche e analisi interpretative. Alla riflessione critica sui fatti storici ho dedicato lo scorso anno un libro intitolato “History Below the Global”. In esso, tra molto altro, ho fatto luce sul fatto che la libertà è il valore caratteristico più importante del genere umano – non è dunque appannaggio di una singola parte del mondo – e ha assunto il suo valore universale anche grazie a pionieri come Lourenço Mendonça, alla gente di Haiti, a giganti come Zera Yacob e via discorrendo. Incasellare la storia in facili blocchi “sigillati” riporta indietro le lancette, tanto quelle della storia quanto quelle della storiografia. A ciò si aggiunga che l’immaginario asse “Atene-Gerusalemme-Roma”, che è ancora oggi piuttosto popolare alle nostre latitudini, per molti versi cela più di quanto riesca a svelare. Tanto più che, nelle parole di Ellen Meiksins Wood, “è ancora più artificioso slegare l’antica Grecia dall’Egitto o dalla Persia, come se i greci fossero da sempre ‘europei’, immersi in una storia a sé stante, e non invece parte integrante di un più ampio mondo mediterraneo e ‘orientale’”. Quanti legano l’Europa all’antica Grecia e dunque a molti dei concetti che ho analizzato nel libro che menzionavo, non fanno altro che riconoscere, più o meno consapevolmente, le radici orientali dell’Europa (nome che nella mitologia greca rimanda alla figlia di Agenor, re di Tiro, nell’odierno Libano), delle sue radici filosofiche e della sua religione dominante: il Cristianesimo era una religione orientale. La conoscenza di lingue non europee e una maggiore familiarità con storiografie extraeuropee può essere utile a favorire approcci più umili e inclusivi» [17].
Se sul significato di storia e storiografia all’interno del testo delle Indicazioni, inizialmente nel lettore si crea un po’ di confusione sulla distinzione tra questi due concetti, poi si tenta di chiarire in un passo successivo, in cui la prospettiva è pur sempre eurocentrica:
«La Storia, come da oltre due millenni l’Occidente l’intende, non consiste nella raccolta dei fatti e nel metterli in ordine cronologico. Non dovrebbe essere necessario ricordarlo: la Storia consiste nel pensare i fatti. Nel pensarli nella loro origine, nei loro nessi, nelle loro conseguenze» [18].
Ma esiste davvero solamente un modo per “raccontare” (come si scrive nelle Indicazioni) la realtà?
«Lo specifico modo di osservare e raccontare la realtà che chiamiamo storia risale perlomeno al V secolo a.C. – in particolare all’opera fondamentale di due autori greci, Erodoto e Tucidide: ed immensa è stata la sua importanza. Quel tipo di osservazione e di racconto, arricchito dall’esperienza della storiografia romana (si pensi esemplarmente a Tito Livio o a Tacito), ha definito alcune caratteristiche basilari con cui la cultura occidentale da allora in avanti si è abituata a giudicare e narrare i fatti riguardanti le collettività umane, in genere la sfera sociale » [19].
Ed ecco l’espressione all’apice di questa prospettiva che si evince dal passo successivo delle Indicazioni:
«È attraverso questa disposizione d’animo e gli strumenti d’indagine da essa prodotti che la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo» [20].
Persino attraverso una rapidissima ricerca in rete i bambini della scuola primaria, uno dei target di riferimento delle Indicazioni, potrebbero individuare nella definizione di Treccani l’ipotesi che «Tutte le forme di società umane hanno prodotto una loro storiografa » [21]. Nel ‘900 si assiste però a genocidi e stermini, a mio parere ancora in atto in tanti luoghi nel mondo; la commissione su questo tema non può non ammettere che l’utilizzo che viene fatto talvolta della storia da parte dei regimi totalitari, basti pensare alle teorie naziste di superiorità della razza, permettano un piegarsi di questa disciplina a fini discriminatori.
«Ma nella coscienza europea ed occidentale del XIX secolo la storia, la propria storia, – che proprio allora assiste alla vasta diffusione dei diritti dell’uomo e dei principi costituzionali, alla straordinaria crescita economica e del benessere, a risultati strabilianti nell’ambito della scienza e della tecnologia – assurge altresì a motivo decisivo per la formulazione di una presunta superiorità nei confronti di ogni altra popolazione e cultura della terra. Di quelle popolazioni e culture che nulla sanno di quanto sopra perché la loro storia ha seguito un tracciato assolutamente diverso non rivestendo perciò ad occhi occidentali alcun significato, potendo essere quindi tranquillamente ignorata. Come ogni sapere umano pure la storia, insomma, offre il destro di essere piegata al pregiudizio e alla discriminazione» [22].
Storia come narrazione o lettura diretta di fonti?
Se i commenti, indicati nel paragrafo successivo, non sono mancati da parte di docenti di storia e rappresentanti delle sigle sindacali, la parte che più ha fatto discutere è quella in cui si ritiene che i bambini non possano essere capaci di leggere e interpretare le fonti, per poi valutarle criticamente; si predilige invece una una storia narrata da altri/e. A mio avviso in questo modo non viene preso in considerazione il potenziale cognitivo che il bambino/ragazzo, se aiutato da un adulto, può mettere in campo; la riflessione critica e personale sulle fonti può essere una grande occasione per mettersi alla prova, immaginare mondi passati e leggerli con gli occhi di chi ha di fronte il futuro magari con l’aiuto anche delle tecnologie e del metaverso.
Il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP), introdotto dallo psicologo sovietico Lev S. Vygotskij [23], si riferisce allo spazio intermedio tra ciò che un individuo è in grado di compiere autonomamente e ciò che può realizzare con il supporto di un adulto o di un pari più competente. Questo costrutto rappresenta il potenziale evolutivo dell’apprendimento, attivabile attraverso l’interazione sociale. Un esempio emblematico riguarda lo sviluppo motorio: un bambino di un anno potrebbe non essere ancora in grado di camminare da solo, ma può riuscirci con il sostegno fisico di un adulto. In tale contesto, l’intervento esterno non sostituisce l’apprendimento, ma lo facilita anticipandone i tempi. Dal punto di vista educativo, la ZSP ha rilevanti implicazioni nella progettazione di attività didattiche: affinché l’apprendimento sia efficace, i compiti devono collocarsi leggermente al di sopra delle competenze attuali del bambino, risultando affrontabili con un adeguato sostegno. Richieste troppo semplici o eccessivamente complesse compromettono l’esperienza di apprendimento, generando frustrazione, senso di fallimento e demotivazione. È pertanto fondamentale che insegnanti ed educatori siano in grado di individuare e modulare il livello di difficoltà dei compiti in base alla ZSP del singolo alunno. Tale approccio richiede una didattica personalizzata, sensibile alle differenze individuali e incentrata sull’interazione. A differenza di Piaget, che concepiva lo sviluppo cognitivo come un processo autonomo scandito da stadi universali, Vygotskij sosteneva che lo sviluppo psicologico fosse il risultato dell’interazione dinamica tra fattori storici, culturali e sociali. In questa prospettiva, l’apprendimento precede lo sviluppo e lo stimola attraverso la mediazione dell’altro. Alla luce di tale riflessione risultano, a mio avviso, opinabili le parole delle Indicazioni legate all’insegnamento della storia:
«Anziché mirare all’obiettivo, del tutto irrealistico, di formare ragazzi (o perfino bambini!) capaci di leggere e interpretare le fonti, per poi valutarle criticamente magari alla luce delle diverse interpretazioni storiografiche, è consigliabile percorrere una via diversa. E cioè un insegnamento/apprendimento della storia che metta al centro la sua dimensione narrativa in quanto racconto delle vicende umane nel tempo. La dimensione narrativa della storia è di per sé affascinante e tale deve restare nell’insegnamento, svincolato da qualsiasi nozionismo così come da un inutile ricorso a “grandi temi”, disancorati dall’effettiva conoscenza degli eventi. Non è pertanto necessario che i discenti imparino tutto ciò che di più o meno notevole è avvenuto in ciascuna epoca, bensì che apprendano quanto è stato davvero determinante, in primo luogo nella vicenda storica italiana. Che sappiano elaborare e connettere logicamente le loro conoscenze, esprimerle con appropriata capacità di verbalizzazione. Infine va ricordato che l’insegnamento della storia deve servire a comprendere come la realtà sociale e politica non sia mai descrivibile in bianco e nero. Essa è invece caratterizzata costantemente da contraddizioni e complessità. Riconoscere ciò è essenziale anche per comprendere il presente e quindi è un invito a evitare ogni faziosità e a mostrarsi capaci di ascoltare e comprendere le ragioni degli altri» [24].
La lettura diretta delle fonti viene in realtà messa in secondo piano a favore della narrazione già nelle Indicazioni nazionali 2012: «A partire dalle narrazioni e dalle attività laboratoriali e ludiche con i più piccoli per attraversare molte esperienze esplorative sul passato [...].»[25] D’altra parte si cerca comunque di dare degli strumenti critici ai bambini seppur piccoli: «Un insegnamento che promuova la padronanza degli strumenti critici permette che la storia non venga usata strumentalmente in modo improprio» [26].
In questa passaggio si sottolinea quanto la storia sia importante a capire gli eventi del presente, anche in relazione alla complessità del passato e del futuro per evitare proprio una visione etnocentrica, favorendo l’incontro tra culture: «Ricerca storica e ragionamento critico rafforzano altresì la possibilità di confronto e dialogo intorno alla complessità del passato e del presente fra le diverse componenti di una società multiculturale e multietnica» [27]. La dimensione interculturale, presente nelle Indicazioni 2012, fatica ad emergere in quelle del 2025. Si afferma infatti nel 2012:
«In particolare la conoscenza dei diversi e profondi legami, dei conflitti e degli scambi che si sono svolti nel tempo fra le genti del Mediterraneo e le popolazioni di altre regioni del mondo, rende comprensibili questioni che, altrimenti sarebbero interamente schiacciate nella dimensione del presente» [28].
Riflettendo poi sugli obiettivi che devono essere raggiunti dallo studente al termine della scuola primaria, all’interno dei Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria uno di essi è: «Comprende i testi storici proposti e sa individuarne le caratteristiche» [29]. In questo senso non si fa un riferimento esplicito alle fonti e alla loro lettura diretta da parte dei bambini ma non si esclude questa possibilità lasciando al docente, nella libertà d’insegnamento, la possibilità di interpretare le Indicazioni.
In realtà anche analizzando materiali scolastici reperibili su siti di case editrici molto popolari come Raffaello, Giunti, e molte altre, le fonti storiche nella manualistica della scuola primaria sono definite principalmente come visive (o iconografiche), materiali (o reperti), orali (o testimonianze) e scritte (o documenti). Una visita ad un museo e l’osservazione di un vaso antico; la lettura di un giornale di molti anni fa; il racconto della testimonianza di un sopravvissuto alla shoah; l’analisi di una foto dei propri avi, risalente al periodo della guerra. Perchè escludere i bambini da una riflessione che sicuramente metterebbe in campo anche molta della loro immaginazione e creatività?
Nelle Indicazioni Nazionali 2025 si torna poi su questo tema suggerendo l’analisi di documenti storici. Ci si riferisce quindi a quelle fonti scritte che nel preambolo venivano escluse. Non si parla più di Traguardi di sviluppo ma di Competenze attese al termine della classe quinta tra le quali rientra l’«Analisi dei documenti storici. Conoscere il significato dei documenti storici proposti dall’insegnante» [30], per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, Competenze attese al termine della classe terza, in merito all’«Analisi dei documenti storici. Capire il valore testimoniale delle fonti antiche di varia tipologia (narrative, storiche, documentarie, archeologiche); possedere gli strumenti per comprenderle» [31]. Seguono poi suggerimenti metodologico-didattici che si muovono in questa stessa direzione [32].
Conclusioni: i commenti di alcune associazioni di categoria e il futuro della scuola
Nella critica mossa da CGIL di particolare rilievo a mio avviso c’è la riflessione sui talenti in cui si sostiene che in tutto il testo delle Indicazioni, in particolare quando ci si occupa della relazione tra scuola e nuovo umanesimo, si afferma che lo scopo fondamentale dell’istruzione è far acquisire agli studenti conoscenze e abilità di base, per favorirne una crescita completa e lo sviluppo dei talenti individuali. Tuttavia, si lega il concetto di talento al potenziale cognitivo dell’alunno, il che fa pensare che tali capacità siano innate e differenti da persona a persona. In quest’ottica, lo sviluppo individuale sarebbe limitato da questi doni naturali, diversi in ogni studente e specifici per ogni area (linguistica, motoria, ecc.). Di conseguenza, il ruolo della scuola sarebbe solo quello di far emergere e valorizzare ciò che già è presente in potenza, senza poter superare realmente tali limiti naturali [33].
CISL Scuola invece non entra nel merito delle discipline ma ha richiesto che il documento sulle Indicazioni Nazionali sia caratterizzato da una visione ampia e inclusiva, che tenga conto della collocazione storica e culturale dell’Italia come parte di un contesto più ampio, arricchito da molteplici influenze provenienti dall’area mediterranea e dall’Europa. Ha inoltre sottolineato l’importanza di mantenere un atteggiamento aperto al confronto a livello globale. Nel suo intervento, il sindacato ha anche segnalato la presenza di affermazioni che potrebbero creare divisioni nei confronti di altre culture, evidenziando una mancanza di attenzione verso indicazioni già presenti nel nostro ordinamento. Di conseguenza, ha ribadito la necessità di collegare questo testo ad altri documenti normativi esistenti, valorizzando al tempo stesso l’autonomia delle istituzioni scolastiche [34].
Per quanto riguarda la UIL, altra sigla sindacale molto influente nel mondo della scuola, ancora non c’è una presa di posizione ufficiale nei confronti del nuovo documento; la UIL scuola Lombardia si pronuncia però attraverso la riflessione critica su quanto l’aspetto pedagogico e l’esperienza dei docenti nella vita quotidiana scolastica possa essere un valore aggiunto e una prospettiva più realistica rispetto a chi non vive la scuola nella propria vita professionale e tende a semplificare la polemica sulle Indicazioni [35].
D’altra parte oltre alla critica sulle premesse e sul curricolo di storia, si potrebbe disquisire in merito al passaggio delle Indicazioni legato ai testi letterari «[...] che possano anche essere letti da loro, con la mediazione dell’insegnante, e anche ogni tanto imparati a memoria perché se ne apprezzino il ritmo, la musicalità» [36]. Che dire poi della reintroduzione dello studio della lingua e cultura latina, Latino per l’educazione linguistica (LEL)durante gli ultimi due anni della secondaria di primo grado:
«per collegare il mondo che si è espresso in latino con l’esperienza degli studenti e con la realtà contemporanea, instaurando una virtuosa dinamica di acquisizione del passato, comprensione del presente e confronto con le sue istanze, preparazione per il futuro. Il latino va scoperto come opportunità e risorsa per la formazione in vista della scuola secondaria di secondo grado» [37] .
Come ha commentato Matteo Saudino, insegnante di Storia e Filosofia nei licei, saggista e youtuber attraverso il suo canale Barbasophia (350.000 iscritti/e), il latino è sicuramente una disciplina fondamentale che ci permette di leggere il futuro utilizzando lenti del passato, non c’è dubbio su questo [38]. Nella pratica della vita scolastica però, di fronte a classi dove sono presenti molti alunni e alunne non italofone, aggiungere ulteriori discipline oltre a quelle che già ci sono significa dare la priorità al latino rispetto ad altre materie che già formano un curriculum ampio. Se la motivazione, così come l’ha spiegata in varie dichiarazioni il Ministro Valditara è legata al maggior utilizzo del ragionamento logico (anche a causa di un impigrimento generale dovuto al largo uso delle tecnologie per qualsiasi cosa), in questo senso potrebbe essere auspicabile approfondire il tema della logica insieme all’argomentazione dialettica, sostiene Saudino [39].
Altrettanto importante, dal mio punto di vista di pedagogista che si occupa di questioni di genere, l’intenzione del Ministro Valditara, dopo il caso Cecchettin di introdurre nelle scuole l’educazione affettiva [40], in collaborazione proprio con la Fondazione Cecchettin. Perché nelle Indicazioni Nazionali 2025 non c’è alcun riferimento a tale dimensione? C’è un riferimento a questo tema nelle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica [41], riferimento evidentemente non esaustivo rispetto ad un fenomeno, quello del femminicidio, che invade il nostro Paese ormai da diversi anni con dati allarmanti.
Concludo questa riflessione lasciando al lettore l’invito a leggere le Indicazioni Nazionali 2025, ricordando che il latino è stata disciplina facoltativa fino al 1977 dopo la Riforma della Scuola media unica del 1962. Decidere a 14 anni la scuola superiore è una scelta davvero difficile che può condizionare il futuro dello studente/studentessa in un’età molto precoce, legata alla catastrofe adolescenziale, alla sfera amicale, alla famiglia e al background socio-economico di riferimento, alla storia di migrazione. Dare gli strumenti critici per poter affrontare questo bivio con consapevolezza rispetto alle difficoltà del mondo del lavoro, della ricerca, delle carriere, anche in prospettiva di genere, forse più di ogni altra cosa è una priorità. Avere uno sguardo riflessivo sul mondo, non solo sul contesto italiano e europeo, significa poter fissare lo sguardo oltre i limiti di un sapere meramente legato alle conoscenze. Abbiamo bisogno di futuri uomini e donne politiche, intellettuali, scrittori e scrittrici ma anche artigiani e artigiane, insegnanti, professionisti e professioniste di ogni settore che possano avere questo sguardo per guidare il nostro futuro e quello delle future generazioni, di fronte ad un pianeta che purtroppo vive le conseguenze ancora oggi di guerre e ingiustizie e la scuola deve essere al centro di questo percorso formativo.
Dialoghi Mediterranei, n. 73, aprile 2025
Note
[1] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico: 8.
[2] Ibidem: 9.
[3] Ibidem:11.
[4] Ibidem:.10.
[5] Ibidem
[6] Ibidem.
[7] Ibidem:11.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem:12.
[11] Iacono, A., Il senso dell’educare per Maritain, Nuova secondaria, vol.10, 2022.
[12] Ibidem.
[13] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico pag.13
[14] Ibidem.
[15] Ibidem: 14. Cfr Legge 118 del 30 marzo 1971; Legge 517 del 4 agosto 1977; Sentenza della sesta Corte di Cassazione n.478/81; Legge Quadro 104 del 5 febbraio 1992 e Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative.
[16] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico: 68.
[17] Commento rilasciato all’autrice in data 10/04/2025.
[18] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico:. 69.
[19] Ibidem.
[20] Ibidem.
[21]Cfr.https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-e-storiografia_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/#google_vignette
[22] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico: 69.
[23] Vygotskij, L. S., Lo sviluppo psichico del bambino. Roma: Editori Riuniti, 1984.
[24] Ibidem:70.
[25] Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012 https://www.mim.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf: 41.
[26] Ibidem.
[27] Ibidem.
[28] Ibidem.
[29] Ibidem:43.
[30] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico: 71.
[31] Ibidem: 73.
[32] Ibidem: 76.
[33] Cfr. https://www.flcgil.it/attualita/le-nuove-indicazioni-nazionali-prime-riflessioni-critiche.flc
[34] Cfr. https://www.cislscuola.it/news/dettaglio/article/cisl-scuola-in-audizione-sulle-indicazioni-nazionali-serve-documento-non-divisivo-e-di-ampio-respir/
[35] Cfr. https://www.uilscuolarualombardia.it/i-programmi-scolastici-non-esistono-piu-oggi-ci-sono-le-indicazioni-nazionali/
[36] Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico: 40.
[37] Ibidem:48.
[38] Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=UOy9brtdbUg
[39] Ibidem.
[40] Cfr. https://www.internazionale.it/reportage/claudia-torrisi/2025/04/09/educazione-sessuale-affettiva-scuola
[41] Cfr. https://www.mim.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+Educazione+civica.pdf/9ffd1e06-db57-1596-c742-216b3f42b995?t=1725710190643
Riferimenti bibliografici
Commento rilasciato all’autrice dal Prof. Lorenzo Kamel in data 10/04/2025.
Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative.
Iacono, A., Il senso dell’educare per Maritain, Nuova secondaria, vol.10, 2022.
Legge 118 del 30 marzo 1971
Legge 517 del 4 agosto 1977
Legge Quadro 104 del 5 febbraio 1992
Kamel, L. History Below the Global. On and Beyond the Coloniality of Power in Historical Research, London/New York: Routledge, 2024.
Mancaniello, M. L’adolescenza come catastrofe, Pisa: ETS, 2002.
MIM, Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025 – Materiali per il dibattito pubblico https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico
MIM Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012 https://www.mim.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf
MIM Linee guida educazione civica 2024 https://www.mim.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+Educazione+civica.pdf/9ffd1e06-db57-1596-c742-216b3f42b995?t=1725710190643
Sentenza della sesta Corte di Cassazione n.478/81
Vygotskij, L. S., Lo sviluppo psichico del bambino. Roma: Editori Riuniti, 1984.
Sitografia
https://www.flcgil.it/attualita/le-nuove-indicazioni-nazionali-prime-riflessioni-critiche.flc
https://www.cislscuola.it/news/dettaglio/article/cisl-scuola-in-audizione-sulle-indicazioni-nazionali-serve-documento-non-divisivo-e-di-ampio-respir/
https://www.uilscuolarualombardia.it/i-programmi-scolastici-non-esistono-piu-oggi-ci-sono-le-indicazioni-nazionali/
https://www.youtube.com/watch?v=UOy9brtdbUg
https://www.internazionale.it/reportage/claudia-torrisi/2025/04/09/educazione-sessuale-affettiva-scuola
https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-e-storiografia_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/#google_vignette
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Sabina Leoncini, è assegnista di ricerca e docente a contratto presso Unisi (M-PED01); laureata in antropologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione. I suoi principali ambiti di interesse sono: il concetto di cura, la rieducazione in carcere, la parità di genere e l’inclusione sociale. Si è occupata dell’educazione mista in Israele/Palestina e del significato socio-culturale del muro che separa Israele e Cisgiordania. Ha collaborato con alcune Università straniere tra le quali l’università Ebraica di Gerusalemme (HUJI), l’Istituto Universitario Europeo (EUI) di Fiesole, l’Università Ludwig Maximilian (LMU) di Monaco. Ha usufruito di varie borse di studio (MAE, DAAD) e partecipato a progetti ministeriali tra cui PON. Ha insegnato Filosofia e Scienze umane nei Licei e si occupa di progetti europei da diversi anni, in particolare all’interno del programma Erasmus Plus e Horizon. Dal 2023 è socia dell’Associazione Pantagruel per i diritti dei detenuti.
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