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Nell’orrido mondo di 445537
Posted By Comitato di Redazione On 1 maggio 2023 @ 01:25 In Cultura,Letture | No Comments
Il filo spinato è una soglia invalicabile, sempre. Solo chi è trasparente può varcarla senza lacerare il corpo e lo spirito, forse. Ringrazio la buona sorte che mi ha fatto incrociare in questa improbabile soglia la bambina trasparente 445537 e il tangibile bambino Numa, figure che interrogano con la forza del delirio la vicenda storica di cui sono protagonisti, frammenti di vite portate nella dimensione onirica del non vissuto: che conduce alla concretezza del mito imperituro, capace di oltrepassare il tempo storico per rivolgersi all’infinito presente. Quasi a proporre una nuova mitologia: buoni, cattivi, mostri e dèi con la divisa a strisce bianche e blu o di nero vestiti. L’infinito presente è l’ombra di ogni uomo, sempre inconsapevole del pesante fardello dei secoli che l’ha prodotto sino a quando non incontra il suo passato. Ed è proprio questa antinomia che ha creato – solo l’altro ieri – 445537 e Numa.
Il paradosso implicito nel titolo del racconto Sulla soglia del filo spinato. Storia di una bambina trasparente e di un bambino con un nome di Fabiana Cusumano e Fabio Gabrielli (edizioni Libridine 2023) è uno stimolo per far decollare la mente oltre il banale, avviando i motori della memoria a chi come me ha incontrato centinaia di miglia di dati nominativi nei documenti d’archivio consultati, dai libri parrocchiali in cui il battesimo sanciva con un nome l’ingresso del nuovo membro nella comunità, ai nomi dati a neonati abbandonati per farli diventare un’entità anagrafica e quindi capitoli di spesa per le istituzioni, oltre ad essere numeri progressivi nei registri d’ingresso. Ci sono antiche assonanze e recenti esperienze in questi ricordi, che però mi inducono a non affrontare una comparazione perché rischierei di essere banale nihil sub sole novum: arroganza di potere e massimizzazione economica sono state le imperiture cause dei mali nel mondo.
Oggi l’intelligenza artificiale rinforzata consente di navigare nelle biografie dei più, ricostruendo percorsi di vita attraverso l’universo globo: ma nessun nominativo mi ha suscitato mai lo smarrimento della bambina trasparente e senza nome, una sorta di ectoplasma la cui esistenza era compendiata nella cifra 445537 tatuata sull’avambraccio, riferimento burocratico che di fatto ne annullava la Storia personale. Senza tuttavia riuscire ad annullare il suo denso vissuto interiore, che le consentiva di andare oltre il filo spinato e ferirsi, portandoci in una dimensione che fa incespicare sulla soglia del tempo più delle pietre di inciampo, perché consapevoli dello scempio contemporaneo prodotto dall’umanità distratta nella corsa forsennata verso il nulla, parafrasando Giovanni Sartori. Sino a negare ciò che stato. Forse è questo che ci vuole comunicare Numa, impostato sul no problem di una «metropoli occidentale, incanaglita e sazia, predatoria e catechistica».
Le lacerazioni del filo spinato sono lontane dalla cultura dell’odierno quotidiano, dislocate in territori della mente capaci di neutralizzare i fallimenti delle nostre democrazie: solo sbiaditi ricordi alterati da ideologie considerate dépassé, a volte elaborate in mistificanti reinterpretazioni più che in rispettosi ricordi di dolori mai sopiti. È ineffabile la sensazione che si prova ad affrontare documenti in cui una folla di nomi prende consistenza e si personifica nel procedere della lettura: ricostruiamo percorsi di vita e parentele, sullo sfondo di paesaggi e governi, quasi una sapiente regia abbia disposto il brogliaccio per le tante esistenze che tessono la Storia variando la trama nei diversi contesti.
Tanto quanto, per converso, mi ha smarrito affrontare la bambina trasparente senza nome che costruiva la sua inesistente storia in un mondo fantastico, per sopravvivere alla dura realtà del lager sprofondava nel sottosuolo della razionalità, nel salvifico ventre della Terra in un luccichio di cristalli neri dove non aveva bisogno delle proprie origini per ritrovare il “senso di sé” in una società che aveva perduto il significato di umanità.
Quello che probabilmente mai avrà Numa, abitante di una dimensione esistenziale in cui tutto è attutito, quasi un’anticamera dell’oblio che impedisce all’uomo di avere futuro, ma che non può essere compresa se non è affrontata attraverso lo spessore del passato che l’ha prodotta. Perché come ha scritto Bloch «l’incomprensione del presente deriva fatalmente dalla non conoscenza del passato», di qui una percezione del presente contratta da memorie mistificate e un orizzonte temporale offuscato nel pessimismo di una conclamata crisi, che induce a riflettere sul passato inaridito degli ultimi decenni ridotto e appiattito sempre più sul breve periodo quando non esplicitamente negato.
Gli storici sono indotti ai tempi concreti, ma a volte non sono immuni dallo sfasamento temporale: perché è stato progressivamente ridotto l’arco di tempo delle loro analisi, sempre più sul «breve periodo». Lo studio della «lunga durata» non è un gratificante lusso intellettuale, ma una necessità per capire la complessità del mondo in cui viviamo, è una ripresa della «storia etica» per tutti quelli che sono interessati alla consapevolezza di ruolo della Storia e delle scienze umane in generale nell’epoca digitale.
Il presente velocizzato di internet è il mondo di Numa, che lo ottunde e toglie prospettiva culturale anche nelle scelte che riguardano il suo domani, ridotto a cifre e grafici appiattiti nel breve periodo – o nel tempo politico utile –. L’elaborazione di prospettive richiede però la capacità di pensare a processi storici di lungo termine per riflettere in una dimensione intergenerazionale e proiettarsi nel futuro, con la capacità di cogliere i collegamenti orizzontali e verticali del mondo che ci ha preceduto: quello che la follia criminale dei lager ha devastato, ma che intuiamo non essere perduto nel mondo fantastico di 445537 bambina trasparente e di Numa che pensa al ritorno di una storia umana.
Con un pensiero a tutti i bambini che nei secoli abbiamo sottoposto al “segno corporeo di riconoscimento istituzionale”: tatuaggio, scarificazione o marchio a fuoco che fosse.
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