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Murad Bey e Murad Dey, la storia di due rinnegati italiani

IbnAbì Dinar Kitab al mones, considerato la-principale fonte del periodo muradita fino al1681.

Ibn Abì Dinar Kitab al mones, considerato la-principale fonte del periodo muradita fino al 1681.

di Kais Ben Salah

Nella storia di Tunisi niente è più confuso della storia dei Bey Muraditi che governarono la reggenza per quasi un secolo, dal 1610 al 1720. La somiglianza dei nomi – tre dei suoi membri sono chiamati Murad – l’esistenza all’inizio della dinastia di un altro rinnegato Murad divenuto Dey dopo essere stato generale delle galee, l’imprecisione degli autori occidentali che attribuiscono, inoltre, il più delle volte ai muraditi nomi diversi da quelli usati dagli storici arabi, costituiscono un imbroglio in cui è difficile riconoscere le identità di ciascuno, e una continua fonte di errori.

Murad Bey e Murad Dey sono stati confusi anche da studiosi di fama internazionale che si occuparono dell’argomento, tali Salvatore Bono nel suo libro I corsari barbareschi, così come Eugène Plantet che nella sua preziosa corrispondenza dei Bey di Tunisi [1]: l’autore afferma infatti che il rinnegato genovese Usta Murad era il padre di Hammuda pascià e aveva inoltre, i titoli di Bey, Dey e pascià. Questo errore è stato ripetuto e diffuso da coloro che hanno utilizzato l’opera in questione.

Scopo di questo contributo è quello di tentare di chiarire la questione e mettere ogni personaggio nel proprio contesto politico corrispondente.

71elchhpw4lMurad Bey e Yûssuf Dey

Il successore di ‘Uthmân Dey, Yûssuf, era un ufficiale del jund (esercito), il cui Dey regnante che gli aveva dato in sposa sua figlia, aveva deciso di nominarlo suo successore. Yûssuf Dey ha diretto il Paese con un’autorità riconosciuta dagli Stati europei. I francesi, ad esempio, lo qualificarono con «gouverneur et capitaine général du royaume de Tunis» [2]. Il suo periodo di governo era caratterizzato da una forte attività corsara.

Tre anni dopo l’ascesa al trono di Yûssuf, Murad Cursu, un rinnegato, che apparteneva alla casa di Ramadan Bey [3], fu chiamato a succedere al suo padrone, apparentemente con l’accordo di Yûssuf Dey. Murad era un corso, che portava il nome di Giacomo Santi. Era stato catturato dai corsari tunisini all’età di nove anni. Il suo maestro Ramadan Bey (di cui aveva sposato la figlia) lo allevò e lo associò alla sua amministrazione. Murad fu quindi chiamato a guidare l’amministrazione dell’interno del Paese, iniziò una campagna di pacificazione, spezzando la resistenza delle tribù e aumentando le tasse. Così nel 1628-1629 una Mahalla andò al Kef per sopprimere la rivolta degli Awlad Manna’, pochi anni dopo furono gli Awlad Sa’id a subire il peso dell’autorità Beylicale. Il successo con cui svolse la sua missione fu tale che la Sublime Porta gli concesse, nel 1631, il titolo di Pascià, distinzione che lo rese una personalità di spicco, accanto al Dey. Il riconoscimento pubblico della sua autorità da parte del Sultano turco gli diede la necessaria legittimazione alla sua impresa iniziata già nel 1613 quando divenne Bey di Tunisi.

È sotto l’autorità di queste due figure: Yûssuf Dey e Murad Bey, che la costituzione del quadro territoriale di quella che sarebbe diventata la moderna Tunisia sarebbe stata fissata. Il confine meridionale della Tunisia così com’era stato disegnato dagli Ottomani lasciò l’isola di Djerba fuori dalla Reggenza, diventata parte della Reggenza di Tripoli in seguito alla formazione di questa provincia al tempo di Dragut. Nel 1613 la Sublime Porta decise che l’isola sarebbe stata annessa a Tunisi, previo pagamento da parte della Tunisia di un contributo annuale. È probabilmente dopo la risoluzione di questo problema che Yûssuf Dey costruì, nella zona centrale di Tunisi, il suq (mercato) dei Djerbiani (souq al-Jaraba) dove i commercianti attivi dell’isola potevano riprendere le loro attività a lungo ostacolate dall’attaccamento dell’isola a Tripoli. Così i confini meridionali della Tunisia erano ormai definitivamente fissati [4].

La grande moschea del Kairouan restaurata da Murad Bey

La grande moschea del Kairouan restaurata da Murad Bey

A seguito di un conflitto con un vicino jund, quello dell’Algeria, questa volta i limiti occidentali della Reggenza furono delimitati, per un lungo periodo. L’origine del problema risiedeva nella tendenza delle tribù frontaliere a oltrepassare i confini territoriali per sfuggire alle tasse. Un primo conflitto nel 1614 portò a una delimitazione dell’Oued Serrat. Lo scontro che ebbe luogo nel 1628 si accentuò quando un esercito fu inviato dai giannizzeri di Algeri per sostenere la loro pretesa di sovranità sul Kef. La milizia di Tunisi si mosse verso il confine, rinforzata da uomini appartenenti a diverse tribù, furono 15 mila uomini in totale posti al comando di Usta Murad (Osta Morato, genovese).

Dopo un’incursione nel territorio Costantino, le truppe tunisine combatterono il 2 giugno e subirono una pesante sconfitta, in parte a causa della defezione dei contingenti arabi (in particolare awled sa’id) [5]. Furono avviate le trattative: gli algerini chiesero l’abbandono del Djerid, l’evacuazione del Kef e il pagamento di un’indennità di guerra. Infine, il trattato firmato il 16 luglio 1628 prevedeva in particolare: il mantenimento dell’Oued serrat come delimitazione con estensione verso nord fino al mare in caso di attraversamento del confine da parte delle tribù, la riscossione delle tasse da parte del Paese ospitante. Come dovrebbe essere il caso molte volte prima. Così gli Algerini vinsero, ma i negoziatori tunisini hanno ottenuto l’essenziale: la definizione di un confine netto tra le due Reggenze. In tutta questa vicenda, un ruolo essenziale era stato svolto da Murad Bey. Anche se probabilmente perché fermata vicino al confine, l’invasione del jiund algerino non aveva provocato la stessa reazione veramente patriottica come quella del 1705 che permise a Hussain Ben Ali di consolidarsi al potere. Si trattava, infatti, di un evento fondativo nella storia della Tunisia e significativo del legame che sarebbe stato istituito tra i moraditi e il Paese.

La moschea di Yussef Dey

La moschea di Yussef Dey

Murad Bey godeva del rispetto del sultano ottomano, ma anche di una grande autonomia amministrativa e di un’indipendenza politica unica, dovuta senza dubbio alla sua distanza geografica da Costantinopoli e al jihad che i corsari tunisini guidavano contro il cristianesimo.

Il Bey non riscuoteva legalmente le tasse alle tribù e ai villaggi, ma solo una specie di tributo annuale e, finché questo veniva pagato, li lasciava vivere secondo le loro norme e costumi. Sotto i primi Bey Muraditi, Tunisi acquisì una vera prosperità grazie all’attività commerciale, alla pirateria e alla regolare riscossione di tributi.

Nel campo dell’arte, la Grande Moschea di Kairouan ha ricevuto lavori di restauro durante il regno di Murad Bey che voleva lasciare il suo segno sull’antico monumento, in particolare nei soffitti dipinti della sala di preghiera (1618).

Murad Bey morì in piena gloria nel 1631, avendo concordato con Yûssuf Dey che suo figlio, il futuro Hamouda Pascià (la cui madre era una schiava corsa), gli succedesse al comando della Mahalla. Questa pacifica successione sotto il controllo di Yûssuf Dey portò al potere un notevole sovrano e gettò le basi per l’instaurazione di una vera dinastia che prenderà il nome del suo iniziatore [6].

Murad Dey (Osta Murato, Usta Murad)

Le cose furono più difficili per la successione di Yûssuf Dey per la delicatezza dell’elezione per la carica del Dey, senza dubbio anche per la personalità del principale candidato Osta Murad, che era un convertito e non un turco come richiedeva la tradizione nelle funzioni emanate dall’esercito. Giacomo Rio nacque ad Albisola vicino a Savona dove ebbe una famiglia numerosa con la quale rimase in stretto contatto. È diventato musulmano in circostanze sconosciute. Fece a Tunisi (dove è segnalato dal 1594) una brillante carriera nella Marina nell’entourage di Yûssuf Dey, coraggioso portavoce generale delle galee dal 1615 al 1637.

Moschea di Hamouda Pascià a Tunisi

Moschea di Hamouda Pascià a Tunisi

La fiducia e la stima che il Genovese acquistò presso il Bey fecero sì che gli venisse affidato il comando dell’esercito tunisino nella guerra contro Algeri nell’aprile del 1628 e, malgrado la sconfitta della flotta tunisina, l’autorità del rinnegato genovese e il suo prestigio non furono scossi a Tunisi così come in Europa e fu «tenuto in grande considerazione anche dalle potenze straniere e dai loro rappresentanti consolari» [7]. Ci è ignoto, però, il ruolo e l’influenza del rinnegato nella politica di Yûssuf Dey a causa della scarsità delle informazioni e delle testimonianze.

Osta Morato Genovese, come viene chiamato nei numerosissimi documenti occidentali che lo citano, aspirava a succedere a Yûssuf Dey quando quest’ultimo morì nel dicembre del 1637. Il Genovese riuscì in questa impresa grazie agli intrighi di Mami Ferrarese [8] che fu uno dei principali Mamelucchi del Dey deceduto e che aspirava lui stesso a prendere il potere, ma aveva spinto Murad in avanti per paura di non raggiungere il suo scopo. Non appena eletto, Murad fece esiliare il ferrarese a Zaghouan per poi assassinarlo, forse per paura di un colpo di stato o forse perché era l’unico testimone della sua falsa legittimità come Dey. Le condizioni alquanto difficili della sua ascensione al potere non gli impedirono di governare con una fermezza senza pari.

Osta Morato rappresenta un tipico esempio dei rinnegati che mantennero legami colla patria e colla famiglia. Egli, infatti, stabilì l’arrivo di tanti suoi parenti a Tunisi, a cominciare dal padre Francesco Rio che apparve alla fine del ‘500 come mediatore di riscatto soprattutto per conto della redenzione di Genova (dei prigionieri genovesi); risultano poi all’inizio del ‘600 altri membri della famiglia: fratelli e nipoti che, oltre al riscatto degli schiavi, si dedicarono al commercio tra l’Europa e il Nord Africa [9].

Durante il suo periodo di governo, il Genovese ottenne il favore popolare per la sua saggezza. Egli, infatti, abbassò il costo della vita, proibendo l’esportazione del grano e introducendo regole precise per il commercio dei viveri. Creò un nuovo porto e un fortilizio sulla riva destra del delta del Majerda per proteggersi contro i legni europei: il piccolo borgo prese il nome di Porto Farina, conosciuto oggi col nome di Ghar El Melh e, nonostante le varie gesta che mettevano in rilievo la pietà di Usta Murad, come l’abolizione di molte taverne di Tunisi, le origini del Dey (che si circondava di una famiglia numerosa) suscitarono comunque una certa riluttanza intorno a lui. Il fatto che non fosse di origine turca non poteva non preoccupare anche i membri dell’esercito, che in linea di principio avevano il sopravvento sull’istituzione suprema del Paese: la decisione di Usta Murad di ridurre d’un quarto l’importo della paga massima dei membri della milizia fu tale da aumentare la loro inquietudine.

Stemma dei Bey di Tunisi

Stemma dei Bey di Tunisi

Conclusione

È vero che negli anni ‘30 del Seicento i convertiti avevano raggiunto un potere così straordinario e sorprendente da nutrire le fantasie degli osservatori occidentali. Coll’elezione d’Osta Morato nel 1637 i rinnegati si erano impadroniti della Cittadella. Si racconta che il genovese aveva fatto pubblicare una legge con la quale era vietato stabilire in futuro altri turchi nella carica di Pascià, ma solo dei rinnegati. In realtà in quell’epoca si era raggiunto l’apogeo del movimento di penetrazione dello Stato da parte dei convertiti, nei vincoli del potere politico come nella carriera militare e nella marina e, da questo punto di vista, l’elezione di Murad Dey fu un trionfo senza futuro. Quando il genovese morì nel 1640, fu sostituito da un ufficiale turco, Uzun Ahmed, segretario del divano, che ricevette il consenso unanime dell’esercito senza eccezioni, come annota Ibn Abi Dinar [10], la cui insistenza su questo punto è forse un’allusione alle condizioni in cui Usta Murad stesso era salito al potere.

Così la parentesi che si aprì con l’arrivo dei Turchi si chiuse. La dinastia dei Muraditi diventò tunisina e non si vide mai più a capo dello Stato personaggi così esotici come Murad Cursu e Osta Morato genovese. Il ruolo dei convertiti nella gestione della Tunisia non era però terminato. Li troveremo nella forma più classica di mamelucchi comprati o importati e usati nel governo, anche se in numero limitato.

Dialoghi Mediterranei, n. 54, marzo 2022 
Note
[1] Eugène Plantet, Correspondance des Beys de Tunis et des consuls de France avec la cour, 1577-1830: 1577-1700, F. Alcan, Paris, 1893: 10. Nota 1.
[2] André Raymond, Tunis sous les Mouradites: la ville et ses habitants au XVIIe siècle, Cérès éditions, Tunis, 2006: 26.
[3] È intorno al 1591 che appare il primo titolare della carica del Bey, Ramadan Bey chi manterrà queste funzioni fino al 1613. Era figlio di un ‘askar (soldato) di Algeri installato a Tunisi e di una prigioniera cristiana. Durante il suo governo Ramadan Bey si circondò di Mamelucchi
[4] André Raymond, Tunis sous les Mouradites: op cit: 27.
[5] Ibn Abì Dinar, Al Mu’nis fi akhbari Ifriqia wā Tunes, Edizione Nazionale, Tunisi, 1682: 196.
[6] I Bey muraditi sono: Murad Bey I (1628-1631), Hamouda Pascià (1631-1662), Murad Bey II (1662- 1675), Muhammed II (1675-1675), Ali primo (1675–1675), Muhammed III (1675-1675), Muhammed II per la seconda volta (1675-1676), Ali primo (1675-1688), Muhammed II per la terza volta (1688-1695), Ramadhan Bey el-muradi (1695-1698), Murad Bey III (1698-1702). Malgrado la lotta per il potere tra i discendenti di Murad Bey come dimostrano le date, il secolo Muradita sembra sia stato un periodo di restauro per una città rovinata dalle crisi del secolo precedente. Secondo Ibn Abì Dinar, la città godette di un intero secolo di calma che fu solo temporaneamente sconvolto dai due interventi algerini. La situazione economica sembra sia stata generalmente favorevole.
[7] Salvatore Bono, I Corsari Barbareschi, Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, Torino, 1964: 366.
[8] Originario di Ferrara, vissuto nel XVII secolo, fu un rinnegato, che riuscì ad acquisire a Tunisi prestigio e potere, essendo diventato uno dei più stimati e fedeli servitori di Yûssuf Bey, il quale svolgeva le mansioni di intendente (commissario reale) della casa e ne gestiva gli affari.
[9] S. Bono, I Corsari…, op, cit: 364.
[10] Ibn Abì Dinar, Al Mu’nis, op cit.:198.

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Kais Ben Salah: ricercatore presso l’Università della Manouba, in Tunisia. Da anni si dedica a lavori sui legami culturali tra l’Italia e il Nord-Africa in età moderna.

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