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Luigi, il maestro da lontano

Con Luigi Lombardi Satriani

Palermo, Sergio Todesco con Luigi Lombardi Satriani, novembre 2016

per Luigi

di Sergio Todesco

La mia conoscenza con Luigi Lombardi Satriani risale al 1976. Laureatomi un anno prima in Filosofia con una tesi di argomento antropologico, e non trovando nella mia Facoltà di Lettere e Filosofia docenti in grado di seguirmi in quella che avevo scoperto essere la mia vocazione, mi ero iscritto alla Facoltà di Magistero con l’unico scopo di poter seguire da studente le lezioni di questo antropologo calabrese di cui avevo sentito parlare. Da lì parte il mio grande innamoramento per questo studioso, umanista, antropologo di grande finezza. Già stimolato dalla lettura delle opere di Ernesto de Martino il mio traghettamento da uno storicismo di stampo crociano a qualcosa che stentavo ancora a definire ma che in seguito mi si è chiarito essere il desiderio di superare in qualche modo l’umanesimo circoscritto del liberalismo, sentivo che nelle parole e nelle suggestioni di Lombardi Satriani si schiudevano orizzonti nuovi.

Con Luigi (come in seguito mi autorizzò a chiamarlo) sostenni due esami, e iniziavo già a considerare un proseguimento degli studi per continuare il mio percorso antropologico con altri esami e la tesi finale, quando appresi un giorno che era stato chiamato all’Università della Calabria a dirigere la locale Facoltà di Lettere. Fece appena in tempo a darmi qualche consiglio sul libro a cui lavoravo (il mio primo libro, Naturalismo e storicismo in Ernesto de Martino) e a benedire la mia decisione di partecipare al primo concorso per antropologi bandito dalla Regione Sicilia, e poi lasciò Messina, inducendomi ad abbandonare il corso di laurea che per me cessava di avere interesse. Il mio rapporto con quel, per me divenuto domestico, Istituto di Storia dell’Arte che comprendeva anche l’insegnamento di Storia delle Tradizioni Popolari, sarebbe qualche anno dopo ripreso con alcuni degli allievi di Luigi, giunti a Messina a sostituirlo, Maria Minicuci e Francesco Faeta, poi divenuti carissimi amici, e proseguito con alcuni anni di collaborazione didattica quale Cultore della materia.

Luigi intanto transitava da Cosenza a Napoli, quindi a Roma, mentre io continuavo ad arricchirmi nutrendomi dei suoi scritti, praticamente tutti, da Il folklore come cultura di contestazione ad Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna, da Folklore e profitto a Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud, da Il silenzio, la memoria e lo sguardo a Il Ponte di San Giacomo (scritto con il cugino Mariano Meligrana), da Un villaggio nella memoria a Diritto egemone diritto popolare, da Lo sguardo dell’angelo a La stanza degli specchi, da De sanguine a Natuzza Evolo. Il dolore e la parola, e tanti altri che coniugavano in modo rigoroso ma non privo di passione l’antropologia americana, il marxismo, il folklore meridionalista, lo storicismo gramsciano e la lezione di Ernesto de Martino.

Ernesto de Martino

Ernesto de Martino

Di quest’ultimo, per me divenuto un fondamentale punto di riferimento, Luigi Lombardi Satriani mi pareva essere, e mi pare tuttora essere stato, il continuatore più fedele, non solo e non tanto per la condivisione di ambiti di ricerca in larga misura analoghi e convergenti (il folklore e la storia religiosa del Sud, l’interesse per le culture subalterne e i fenomeni eccentrici ancora in esse persistenti) quanto piuttosto per l’impegno politico e civile, per l’ampio ventaglio di prospettive “umanistiche” che le rispettive indagini dispiegavano, e in una parola per la cura verso gli ultimi, verso le comunità sempre più schiacciate da una cultura, quella dei consumi e del profitto, che prosperava proprio sulla cancellazione delle loro identità, come profeticamente aveva avvertito qualche anno prima Pier Paolo Pasolini. In un’accezione ancora più ampia, la sua ricerca si è sempre dispiegata nella consapevolezza che ogni fatto culturale non possa essere compreso se non a condizione dei motivi e delle forme che hanno storicamente assunto le strategie di conferimento di senso che ne hanno reso possibile l’esistenza.

Il mio rapporto con Luigi, ancorché saltuario, è rimasto costante lungo l’intero periodo in cui si è dispiegata la mia attività di “antropologo della Regione Siciliana”, e il suo alto magistero ha spesso ispirato e accompagnato le mie scelte professionali, le mie iniziative di conoscenza, tutela, valorizzazione e pubblica fruizione dei beni demo-etno-antropologici. Ci incontravamo di tanto in tanto in qualche convegno, e sempre ritrovavo in lui un maestro in grado di dispiegare quelle che a me sono sempre parse le qualità essenziali per bene vivere nel mondo, ossia l’intelligenza, l’ironia e la pietà.

Negli ultimi decenni i nostri rapporti si sono intensificati. Lo tenevo sempre al corrente di ogni mia pubblicazione, inviandogli libri, estratti, bozze di progetti, e in qualche modo sentendomi rassicurato e protetto dalla semplice circostanza che lui ne fosse stato messo a conoscenza.

Nel 2004 fu tanto generoso da scrivere un’ampia e assai benevola introduzione a un mio volume sulle feste popolari (In forma di festa. Le ragioni del sacro in provincia di Messina, con le splendide foto di Giangabriele Fiorentino), e nel 2020 raddoppiò tale generosità stendendo l’introduzione – anch’essa lusinghiera e per me imbarazzante – a una mia raccolta di saggi (Angoli di mondo. Scritti di antropologia, folklore, storia delle idee). Ma negli anni intercorsi tra queste due date ci eravamo incontrati in più di un’occasione. Durante il periodo di mia direzione della Biblioteca Regionale di Messina ebbi addirittura il piacere e l’onore di invitarlo quale relatore a un importante Convegno internazionale di studi quivi organizzato sulle figure di Beniamino Ioppolo ed Enrico Fulchignoni. Ed egli tenne una relazione magistrale, affascinando l’uditorio come sempre accadeva in situazioni analoghe.

Appena pochi mesi or sono gli avevo fatto pervenire il mio ultimo libro, nella cui introduzione lo ricordavo come mio punto di riferimento scientifico e umano. E lui mi rispose prontamente con parole che non cessano ancora di darmi gioia:

il 5 Dic 2021, 15:23 <sergio.todesco@virgilio.it> ha scritto:
Caro Luigi, qualche giorno fa ti ho spedito il mio ultimo libro, L’immaginario rappresentato, che Rosario Perricone ha voluto pubblicare in una delle Collane del Museo Pasqualino. Mi faceva piacere che tu lo ricevessi, perché quanto vado scrivendo da alcuni decenni non prescinde mai da quello che mi hai trasmesso.
Un saluto molto, molto affettuoso!
Sergio
Inviato da Virgilio Mail
luigi lombardi satriani <luigimaria.lombardisatriani@gmail.com>8/12/2021 11:08
Re: Invio libro
A mariosergio.todesco@virgilio.it <sergio.todesco@virgilio.it>
Caro Sergio,
ho ricevuto il tuo libro e lo sto leggendo con grande piacere e interesse. Tocchi molte corde e sempre con grande efficacia. Sono lieto che ti ho trasmesso qualcosa, come tu dici, e di questo sono orgoglioso.
Non sempre i frutti puri impazziscono: a volte giungono a splendida fioritura: è questo il tuo caso.
Con amicizia
Luigi 

Il mio citare tale recente corrispondenza non deriva, credo di poterlo affermare in tutta sincerità, da orgoglio o vanterìa, ma unicamente dal desiderio di testimoniare un affetto e una sintonia intellettuale che negli anni hanno avuto ragione delle reciproche distanze e delle diverse contingenze esistenziali.

Con Luigi si spegne uno degli antropologi più significativi degli ultimi sessant’anni, uno studioso che ha lasciato in eredità importanti chiavi di lettura per la comprensione di realtà arcaiche ma anche investenti problematiche nelle quali ancora oggi ci dibattiamo. Scompare soprattutto un uomo che non ha mai considerato le persone, i cui usi e costumi egli studiava, alla stregua dell’entomologo che studia al microscopio esseri di altra specie, ma adottando nei loro confronti una simpatia umana, un’umana solidarietà che non di rado fanno difetto agli uomini di scienza.

Ciao Luigi. La terra ti sia lieve! 

Dialoghi Mediterranei, n. 56, luglio 2022

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Sergio Todesco, laureato in Filosofia, si è poi dedicato agli studi antropologici. Ha diretto la Sezione Antropologica della Soprintendenza di Messina, il Museo Regionale “Giuseppe Cocchiara”, il Parco Archeologico dei Nebrodi Occidentali, la Biblioteca Regionale di Messina. Ha svolto attività di docenza universitaria nelle discipline demo-etno-antropologiche e museografiche. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, tra le quali Teatro mobile. Le feste di Mezz’agosto a Messina, 1991; Atlante dei Beni Etno-antropologici eoliani, 1995; Iconae Messanenses – Edicole votive nella città di Messina, 1997; Angelino Patti fotografo in Tusa, 1999; In forma di festa. Le ragioni del sacro in provincidi Messina, 2003; Miracoli. Il patrimonio votivo popolare della provincia di Messina, 2007; Vet-ri-flessi. Un pincisanti del XXI secolo, 2011; Matrimoniu. Nozze tradizionali di Sicilia, 2014; Castel di Tusa nelle immagini e nelle trame orali di un secolo, 2016; Angoli di mondo, 2020; L’immaginario rappresentato. Orizzonti rituali, mitologie, narrazioni (2021).

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