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Luigi Bartolini, la grazia imprevedibile dell’incisione

copertinadi Giuseppe Modica

Leonardo Sciascia di cui ricorre quest’anno il trentennale dalla morte amava le incisioni, ne era un appassionato collezionista. Apprezzava quell’alfabeto di segni che molto somigliava a quell’arte la più vicina al bianco e nero della scrittura. «Perché questo è il vero incisore: – ha scritto a proposito di una mostra di E. Janich – lo sviluppare mentalmente ogni segno, il percepire immediatamente l’affiorare del negativo e il passaggio dal negativo al positivo – e insomma vedere ogni segno che traccia sulla vernice o sulla lastra nuda come quando uscirà, da sotto il torchio, sul foglio».

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L. Bartolini, Anna sul Passirio, 1936

Eppure l’arte dell’incisore è ancora largamente in ombra nella storia e nella critica, pur contando su antiche tradizioni e su maestri d’indubbio valore.

Da qui la mostra che ho curato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma dedicata a Luigi Bartolini: Linee di libertà. Incisioni 1915-1936. Maestro fondamentale dell’arte incisoria del Novecento oggi è forse trascurato e poco conosciuto, anche se sempre stimato ed apprezzato dai pochi intenditori, appassionati cultori.

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L. Bartolini, La quaglia

Ho voluto riportare l’artista all’Accademia di Via di Ripetta, dove nei lontani anni ‘10-‘12 del Novecento, è stato brillante studente. E poi l’officina laboratoriale del Maestro, densa di motivi sperimentali e caratterizzata da una profonda ed intima verità poetica, ben si sposa con gli interessi del Dipartimento Arti Visive dell’Istituto dove il laboratorio, nella sua accezione originaria di labor-oratorium, è elemento fondante della didattica, della sperimentazione e della ricerca.

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L. Bartolini, Campo di grano

Fare una mostra di incisioni non è voler focalizzare l’attenzione solo su una disciplina specialistica, ma è piuttosto sottolineare la sua relazione stretta con la pittura. Sono convinto che il disegno e l’incisione siano indissolubilmente legati alla pittura. C’è fra esse una relazione magnetica biunivoca ed imprescindibile: ciò che nella pittura è ebbrezza visionaria, sensazione emozionale, vertigine informale ed irrazionale del colore, nell’incisione trova una sua ragione e chiarificazione in una strutturazione della forma e dello spazio precisa ed inequivocabile.

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L. Bartolini, Ragazza alla finestra, 1929

Sono due ambiti espressivi con procedimenti speculari: l’incisione ed il disegno lasciano libere e smaterializzate le parti in luce ed inseguono le zone d’ombra e penombra fino a sprofondare nel buio (nero) più profondo e denso di materia. La pittura invece nasce da un mezzo tono d’ombra, oppure da un buio profondo, e da qui risale lentamente alla conquista della luce e del colore.

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L. Bartolini, Finestra del solitario, 1925

C’è un momento in cui il pittore può smarrire la sua rotta, il suo orientamento e perdersi nella vertigine e nel limbo della sensazione, in quel momento sono necessari il disegno e l’incisione che lo aiutano a ritrovarsi: la luce ed il colore acquistano forma ben precisa e valore spaziale e strutturale, necessario all’organizzazione ed articolazione del linguaggio. La luce, diceva Hopper, per concretizzarsi nella sua essenza e pienezza visiva ha bisogno di strutturarsi ed organizzarsi attraverso la forma del disegno e dell’incisione.

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L. Bartolini, Il mazzetto

Viene naturale pensare nel Novecento all’opera di Morandi ed accostarla a quella di Bartolini, per la splendida sintonia e il parallelismo di uno sguardo metafisico tra l’opera incisoria e la pittura nel primo e per l’invenzione lirica e visionaria nel secondo che, ugualmente, dall’incisione transita nella pittura.

 Bartolini, è un caso a sé stante, anche per la sua poliedricità che si manifesta nell’emozionalità del segno dell’incisione e del linguaggio pittorico e nel sentire poetico della scrittura, coniugando emozione e ragione. Da qui l’agile trascorrere dalla scrittura alla incisione, dalla pagina alla lastra. E spesso, come scrive Giuseppe Appella, gli esiti dei segni incisi sono più felici di quelli scritti.

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L  Bartolini, Le violette

«Ecco, l’incisione, più dei racconti e dei dipinti, rende la freschezza (raggiunta con un lavoro irrequieto e appassionato), l’immediatezza e la luce improvvisa (frutto di continui pentimenti): tre capacità, proprie di Bartolini, cresciute alla scuola leopardiana  delle “Operette morali”  e leggibili nel foglio che compendia i sogni, le graffiature, le puntinature, tracciate sulla lastra (latta, scatole battute, coperchi), le molteplici morsure, la stampa, dimenticando, tra un passaggio e l’altro, quello che sa per quello che sente».

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L. Bartolini, Fonte Canapina, 1932

Assistiamo, nelle sue incisioni, ad una metamorfosi continua e ad una urgente trasformazione del segno, che si concretizzano in una serie reiterata di stati di stampa successivi, nei quali si inseriscono anche interventi di puntasecca, fra un esemplare e l’altro. C’è in lui un’urgenza espressiva, a tratti anche espressionista, che si traduce in un segno denso, talvolta impetuoso, irregolare ed esuberante, che si contrappone a una rarefatta trama di segni di soave e poetica leggerezza.

Fattori, Goya, Rembrandt sono stati amati da Bartolini e richiamati da Appella per sottolineare la capacità dell’artista «di cogliere voci, immagini e sapori della vita (“cantare assieme alla natura”), in uno stato di grazia armoniosa che gli permetterà di tracciare un diario quotidiano folto di tutte le sfumature dell’emozione».

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L. Bartolini, Modelle in attesa di posare, 1933

Sulle lastre affiorano i tratti della campagna maceratese, gli scorci di interni domestici, l’aria della provincia, gli umili gesti di uomini e donne della vita quotidiana. «Un mondo figurativo, un’atmosfera familiare, fatti di mormorio e di canti, e di estasi, sorrisi, luci, solitudini».

Luigi Bartolini, artista lirico e neoromantico su un binario parallelo e diverso dalla sospesa spazialità metafisica e dallo stupore contemplativo di Morandi, lavora direttamente dal vero sulla lastra, immerso totalmente nel dato di natura, in uno stato di totale coinvolgimento emozionale. È nella natura e nel suo religioso ascolto, che trova gli stimoli per esprimere il suo universo poetico misterioso e ineffabile. Una natura a tratti esuberante, rigogliosa e selvatica, spesso colta nella dimensione meno appariscente e minimale di sottobosco e di microcosmo di fauna minore.

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L. Bartolini, Ferri da cavallo

È attraverso questa inventiva e questo sentimento poetico che Bartolini schiva la trappola del compiacimento dell’ottocentismo, risultando moderno, fuori dall’avanguardia futurista e dalla metafisica, in un cammino tutto suo e con uno sguardo stupefatto di singolare bellezza ed emozionalità visionaria.

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L. Bartolini, Scarabeo Ercole

Dialoghi Mediterranei, n. 37, maggio 2019
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Giuseppe Modica, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 1986 si è trasferito a Roma, dove attualmente vive e lavora ed è titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti. Autore “metafisicamente nuovo”, occupa un posto ben preciso e di primo piano nella cultura pittorica contemporanea. Ha esposto in Italia e all’estero in prestigiose retrospettive e rassegne museali, apprezzato da critici come Fagiolo, Strinati, Janus, Giuffrè, Sgarbi e da letterati come Sciascia, Tabucchi, Soavi, Onofri, Calasso. Una mostra personale dal titolo La Luce di Roma, a cura di Roberto Gramiccia, è stata allestita nel 2015 presso la Galleria La Nuova Pesa di Roma. Sempre nello stesso anno ha esposto una personale sul tema della mediterraneità alla Galleria Sifrein di Parigi: La melancolie onirique de Giuseppe Modica. Sue opere sono state recentemente esposte in una mostra personale The light of memory,  organizzata a cura di Giorgio Agamben e Zhang Xiaoling, con il patrocinio dell’Accademia Nazionale Cinese di Pittura, a Fenghuang, nel sud-est della Cina.
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