di Alvaro Gargiulo
Introduzione
L’Italia è giustamente orgogliosa nel constatare che la sua lingua è la sesta più studiata nel mondo dopo l’inglese, il francese, lo spagnolo, il cinese, e il tedesco secondo la famosa graduatoria predisposta dal sociolinguista tedesco Ulrich Ammon nel 2015 e, seppure con aggiustamento numerici, tuttora valida.
L’Uruguay, pur essendo un piccolo Paese di appena 3 milioni di abitanti, contribuisce al mantenimento di questa posizione di prestigio. Prima dello scoppio della pandemia da Covid-19, si contavano nel Paese 18.035 studenti di italiano, così distribuiti: 310 negli istituti terziari e universitari, 662 nella scuola paritaria italiana, 15.378 nelle scuole uruguaiane, 526 presso l’Istituto Italiano di Cultura, 864 presso l’ente gestore per conto del MAECI e 295 in altri contesti di insegnamento.
L’affezione alla lingua di Dante deriva dal fatto che qui gli italiani emigrarono in misura consistente antecedentemente alla Prima guerra mondiale, insediandosi dinamicamente specialmente a Montevideo. Nel 2023 i cittadini italiani qui residenti erano 110.787 (Ministero dell’Interno, 2024), mentre si stima che gli oriundi italiani siano circa 1,6 milioni, il 45% della popolazione ivi residente. Questo quadro storico e sociolinguistico mi ha spinto a presentare, su una rivista edita in Italia, un particolare aspetto che caratterizza il modo di insegnare l’italiano e cioè il ricorso alla traduzione come elemento della didattica.
Nel presente contributo si intendono illustrare i punti salienti di un’articolata ricerca da me condotta sugli orientamenti didattici stabiliti dalle autorità scolastiche nazionali in merito all’insegnamento dell’italiano, al fine di trarne alcune considerazioni conclusive. Da una parte, mi è così offerta l’opportunità di mostrare l’apprezzamento, menzionando coloro che, dal dopoguerra ad oggi, si sono adoperati per suggerire gli orientamenti didattici da loro ritenuti più fruttuosi: non bisogna infatti dimenticare che la diffusione dell’italiano nel mondo deve molto a queste persone che insegnano con passione l’italiano, cercando di adattarlo ai tempi che cambiano.
D’altra parte, questa è un’ottima occasione per avvicinare i lettori della penisola ai problemi che incontrano le comunità italiane fuori d’Italia. Il tema della traduzione, che a prima vista potrebbe sembrare lontano anziché appassionante, invece, cercherò di descriverlo citando molti protagonisti e riportando le loro posizioni, non sempre concordi. Si vedrà così che il ricorso alla traduzione da una lingua straniera (LS), esaminato nel caso dell’italiano, vale anche per le altre lingue e, quindi, riguarda in modi diversi un po’ tutti, poiché ciascuno è oggi chiamato, in un mondo globale e poliglotta, a confrontarsi in qualche misura con una o più lingue straniere.
L’indagine riferita, oltre a interessare gli studenti che sono i destinatari finali del perfezionamento della didattica, ha riguardato i titolari delle cattedre di italianistica, il personale con l’incarico di supervisori, i tutor didattici, i tirocinanti, nonché le autorità scolastiche nazionali. Non mancheranno le precisazioni sulla dimensione statistica dell’indagine prima di arrivare alle conclusioni.
Questa ricerca didattica va oltre la ristretta cerchia degli addetti ai lavori e assume anche un’ampia dimensione sociale e, per quanto riguarda l’Italia, anche una dimensione di politica internazionale, se è vero che la diplomazia culturale fa parte della diplomazia tout court.
Per soddisfare esigenze conoscitive specifiche non mancano le tabelle e un’ampia bibliografia. Da un lato, i rimandi hanno permesso di fare a meno delle note; dall’altro, specialmente per i cultori della materia, essi consentono di seguire il dibattito sull’uso didattico della traduzione, con riferimento sia ai protagonisti che vi sono intervenuti, sia agli autori di pubblicazioni specifiche.
Il fatto di avere personalmente potuto contribuire alla impegnativa ricerca dell’Istituto di Studi politici S. Pio V di Roma sul tema “L’Italia nel mondo attraverso la sua lingua - 2025” mi ha offerto l’opportunità di conoscere meglio lo scenario globale di questo fenomeno, in cui si inserisce anche questa mia ricerca, offrendo auspicabilmente lo spunto per fruttuosi confronti.
Breve excursus sull’evoluzione della didattica
Per entrare in profondità nel cuore della questione conviene soffermarsi su alcuni aspetti riguardanti l’evoluzione dell’insegnamento dell’italiano in Uruguay, un contesto sul quale conviene fare alcuni chiarimenti. Una prima precisazione riguarda le scuole secondarie superiori, prese in considerazione in questa indagine. In queste scuole, i corsi d’italiano LS sono stati offerti senza interruzioni almeno a partire dal 1885 (La Paz, 2012; Palomeque, 2018). Per quanto riguarda i beneficiari di tale insegnamento, va sottolineata la crescita esponenziale degli iscritti ai licei, evidenziata dalle indagini sul cosiddetto Plan 41 condotte dalla Administración Nacional de Educación Pública (ANEP, 2008) nel 1945 (4.536 studenti) e nel 1963 (13.179 studenti) nonché dalla riforma introdotta dal Plan piloto 63.
Una seconda precisazione si riferisce all’evoluzione complessiva della didattica nell’insegnamento delle lingue straniere. Il dibattito sull’insegnamento dell’italiano ha conosciuto in Uruguay una maturazione tardiva e ha mantenuto a lungo, oltre gli anni ottanta, un’imputazione basata sulle rigide regole grammaticali. A conferma di quanto detto, con l’avvio del processo di generalizzazione dell’accesso all’istruzione secondaria superiore, le autorità nazionali hanno introdotto l’obbligo di utilizzare i manuali editi in loco, elencati qui di seguito:
- Prose e poesie scelte (D’Andrea, Moffa, Vitale D’Amico, 1956);
- Italiano, gramática y antología para hispanoparlantes (Meo Zilio, Zannier, 1957);
- Grammatica italiana e Piccola antologia (Galetti, 1965-1966);
- Italiano – Grammatica e antologia (Basile, 1970);
- Italiano (Moffa, 1973).
Le unità testuali in lingua italiana riportate nelle antologie di questi volumi sono studiate sulla base dei contrasti e delle differenze con lo spagnolo, lingua madre degli studenti, in totale accordo con i dettami del metodo grammatica-traduzione (per la sua insistenza sull’utilizzo delle dinamiche traduttive). Un tale orientamento, invece, in Europa e negli Stati Uniti, già all’inizio del secolo XX ha iniziato a essere considerato superato ed è stato sostituito, a partire dagli anni Cinquanta, dal metodo diretto o Berlitz; successivamente, dalle idee dello strutturalismo, dal metodo audio-orale e, dai primi anni settanta, dall’approccio comunicativo (Mezzadri, 2015).
Infine, il terzo riferimento riguarda direttamente la traduzione, che in Uruguay è stata tradizionalmente inserita a supporto dei corsi d’italiano, per poi essere messa in questione dalle autorità scolastiche e da una parte degli esperti (ma senza essere del tutto abbandonata) e infine essere di fatto nuovamente della didattica con alcune modifiche nella sua impostazione, senza però che siano del tutto venute meno le riserve. Come si vede, una storia di corsi e di ricorsi con aspetti innovativi.
Nel 1978 si è registrata una svolta, seppur solo “ufficiosa”, nel modo di concepire la traduzione nelle classi d’italiano, a seguito dell’adozione del manuale L’Italiano per tutti, firmato dalle autorevoli docenti Evi Calvi in Camussi e Ady Martinez. Con l’introduzione di questo volume, l’attenzione si sposta dalla traduzione in sé alla gestione del significato in situazioni comunicative, fino a rendere la traduzione residuale o puramente strumentale. Questa visione si è progressivamente affermata tra gli insegnanti, spesso a scapito del loro livello formativo e di quello dei loro studenti.
Ad attestare questo risultato sono state le docenti responsabili dell’Ispettorato d’italiano dell’allora Consejo de Educación Secundaria (CES), le docenti di didattica dell’italiano dell’Instituto de Profesores Artigas (IPA) e le tutor, il cui ruolo è stato determinante nella formazione degli insegnanti d’italiano.
Traduzione e comunicazione: da utilizzare insieme o l’una in alternativa dell’altra? Le prese di posizione dell’Ispettorato d’italiano [1]
In contrasto con l’opinione maggioritaria a livello internazionale, la titolare dell’Ispettorato d’italiano presso l’allora Consejo de Educación Secundaria dell’Uruguay, prof.ssa Loredana Bigoni (1996: 5-6) ha considerato «un errore chiamare tradizionalista il metodo grammatica-traduzione. Questo metodo non è affatto tradizionalista o classico. [...] La maggior parte dei meriti dei metodi detti “moderni” non sono moderni bensì il ritorno al “buon criterio” del passato».
Come già accennato, agli inizi degli anni Ottanta, l’Ispettorato d’italiano ha autorizzato l’inclusione di un nuovo manuale in cui tuttavia viene proposto un cambiamento metodologico che in un certo senso ha determinato l’aprirsi ad una didattica specifica dell’italiano LS, L’italiano per tutti (Calvi in Camussi, Martinez, 1977-1978), scritto interamente in italiano e aperto ad alcune dinamiche proprie del metodo audio-orale e dell’approccio nozionale-funzionale.
Nonostante ciò, la prof.ssa Ady Martínez, co-autrice del manuale, ha affermato: «abbiamo dovuto includere esercizi di traduzione poiché ancora si insegnava italiano mediante la traduzione e cercavamo che le colleghe usassero il libro». A partire da quel momento, Un mondo di idee (Capece, Querol, 1992) e Un po’ d’umore nell’aula (Querol, 1993) hanno cercato di potenziare la motivazione degli studenti attraverso attività di interazione anche a carattere ludico, partendo da soli materiali didattici.
In effetti, le pubblicazioni Letture (Becchino, Bosi, 1988; Becchino, Bosi, Frediani, 1991) e Leggere e capire l’italiano giuridico (Casella, 1996) hanno introdotto materiali per lo sviluppo di proposte interdisciplinari. Con queste proposte si è iniziato a intravedere un primo approccio all’insegnamento, tramite la lingua, anche della cultura italiana. Risulta palese che, con la conoscenza delle correnti umanistiche negli anni ottanta «l’approccio comunicativo è subito divenuto il nuovo credo e, almeno in teoria, ha sostituito la traduzione nell’aula di lingua» (Carreres, Noriega, 2012: 253), ma le Ispettrici non sempre hanno avuto opinioni coincidenti sul tema.
Infatti, la professoressa Bigoni (1996: 13), favorevole all’uso della traduzione integrata alle dinamiche comunicative, a questo proposito ha precisato: «Dal 1964 noti specialisti in ambito della didattica delle lingue straniere si esprimono con prudenza riguardo alla validità dei metodi moderni, [...] Indice del clima di confusione metodologica che descrive l’attuale panorama sono le tante «riscoperte» di procedure didattiche che si pensavano superate».
Esperanza Gascue, co-titolare dell’Ispettorato con la citata prof.ssa Bigoni, ha dichiarato al riguardo: «Fino agli anni ottanta vi era un divario tra quanto veniva insegnato all’IPA e quanto l’Ispettorato considerava valido, ma non sempre siamo state d’accordo noi ispettrici. A mio avviso, bisognava cominciare con lo sviluppo della comunicazione, come si faceva già in inglese». Diverse ricerche hanno dimostrato che la traduzione è stata tradizionalmente associata ad abilità non comunicative e quindi demonizzata quale risorsa didattica [2].

Luglio 1984 – Cerimonia di Laurea IPA / Insegnanti d’italiano. Teatro “El Galpón” ( Archivio personale Maria Inès de Araujo)
Oggi sembra concorde l’accettazione della traduzione, in un’aula di LS, a determinate condizioni. In primo luogo conviene capire “la traduzione pedagogica” (TP), «definita da Hernández (1996: 249-250) come un’attività didattica il cui obiettivo è il perfezionamento della lingua terminale tramite la manipolazione di testi, l’analisi contrastiva e la riflessione consapevole» (García Castañón, 2014: 25).
Un percorso praticabile per includere nell’insegnamento dell’italiano la TP sarebbe partire dalla comprensione dei testi scritti, e cioè dall’avvicinamento globale al materiale input, come indicato da Calvi (2001: 330). La professoressa Alicia Lerena, un’informatrice qualificata, al riguardo ha sostenuto che in un certo senso «la traduzione ha sostituito la comprensione alla lettura, che avrebbe dovuto essere sviluppata per attuare quanto stabilito già dal Plan 41 per quanto riguarda la preparazione all’accesso alla bibliografia dei livelli universitari di formazione». Ha ribadito questa posizione l’ex Ispettrice María Sagario (1992: 107) quando ha affermato che «dall’anno 1941, [...] si è puntato verso la traduzione di testi letterari e tecnici, specie dell’area del diritto e dell’economia, e le spiegazioni grammaticali, quindi vi è stato un miglioramento qualitativo se esaminiamo i programmi in vigore della materia».
A questo punto sembra si sia determinato un totale consenso nel campo teorico quando si tratta di riconoscere la TP come elemento complementare all’interno del processo didattico che mira a potenziare le abilità comunicative degli apprendenti [3]. Le ultime responsabili dell’Ispettorato di italiano hanno dichiarato di aderire a questa teoria. Selva Capece a questo proposito così si è espressa: «Bisognava destrutturare e rendere flessibile la proposta [...] Includere la traduzione sì, non quale metodo di lavoro bensì come modo per risolvere, per spiegare [...] Doveva servire per facilitare». A sua volta, l’Ispettrice Ana María Lolli è così intervenuta sulla questione: «Per conoscere la lingua ritenevo che non fosse utile la traduzione. Poi, per riflettere sulla lingua, sulle strutture, sulle differenze, anche tra l’inglese e l’italiano, sì. Alla scuola serale o con studenti con DSA poteva servire anche per entrare a contatto con la lingua».
Il dibattito all’interno dell’Instituto de Profesores Artigas (IPA)
Continuando a riferire sul dibattito intervenuto, rivolgiamo ora l’attenzione all’Instituto de Profesores Artigas (IPA), nelle cui competenze rientra quella di fornire le linee per la formazione dei docenti di lingue straniere. Tali linee hanno come punto d’appoggio per la loro attuazione i docenti di metodologia e le tutor. Tra questi due poli può insorgere una divergenza nell’impostazione, come in effetti è avvenuto, aspetto che verrà esaminato più nel dettaglio nella sezione successiva.
Infatti, tra le insegnanti di didattica dell’IPA vi è stata negli anni una posizione similare a quella delle ispettrici, caratterizzata dal mancato accordo sulla questione. È stato osservato che, subito dopo la diffusione delle correnti umanistiche negli anni ottanta, le insegnanti di metodologia didattica presso l’IPA [4] hanno sconsigliato il ricorso alla traduzione nell’ambito della formazione teorico-pratica.
In particolare, Graciela Trabal ha affermato che la traduzione implica un forte logoramento per insegnanti e studenti e ha aggiunto: «la mia posizione all’IPA è sempre stata contraria alla traduzione». La professoressa Mabel Delbono ha espresso un’identica posizione: «Ho sempre provato a suggerire agli alunni di non prendere la scorciatoia della traduzione, anche ai tirocinanti. L’origine comune — il latino — e la somiglianza che ne vien fuori fanno sì che la traduzione non debba essere il primo strumento a cui far ricorso».
Col passare degli anni, le opinioni sulla traduzione hanno iniziato a evolversi in senso più positivo. Su questa linea, De Cristofaro attribuisce a un pregiudizio l’esclusione della traduzione pedagogica dall’insieme degli elementi costitutivi della didattica dell’italiano: «Nel corso degli anni sono state incluse in aula altre risorse didattiche per agevolare la comprensione dell’italiano [...] anche la traduzione. Con l’integrazione di questi elementi, a poco a poco, si è superato in parte il preconcetto sull’uso della traduzione, e soltanto in parte perché a molti insegnanti ancor oggi è difficile riconoscerne l’inclusione per evitare di essere vittime dello stesso preconcetto».
La titolare più giovane della Cattedra, la prof.ssa — e, tra l’altro, anche traduttrice — Virginia Gramaglia, ha così completato quest’ultima presa di posizione: «La traduzione è sempre stata un tabù [...] Non solo non è stata promossa ma anche, e soprattutto, è stata penalizzata quale risorsa didattica. Nelle mie lezioni di didattica tento che i tirocinanti capiscano che è un’ottima risorsa in alcuni casi, che essa contribuisce alla riflessione e riduce i tempi di spiegazione. Come qualsiasi risorsa, bisogna saperla amministrare, dosarla e utilizzarla in modo efficiente».
La posizione di apertura sostenuta dalle insegnanti tutor [5]
Per quanto riguarda le tutor, si può affermare che siano state loro, in un certo senso, a concretizzare operativamente l’adattamento dell’uso della traduzione, andando talvolta oltre le prese di posizione delle autorità – ovvero le ispettrici – e le indicazioni fornite dalle docenti di didattica incaricate di seguire i tirocinanti, i quali assistevano alle loro lezioni nei licei in qualità di osservatori. Questa tendenza ha evidenziato una propensione all’inclusione velata della TP, resa però più esplicita negli anni in cui le autorità preposte si sono mostrate più flessibili, come risulta dalle dichiarazioni di Rina La Laina, Silvia Becchino e Jenny Artus.
«In un certo periodo in cui non c’era ispettrice d’italiano, c’era un Ispettore d’inglese, [Salomón] Algazi, e lui ci permetteva di fare a modo nostro. Poi è venuta l’Ispettrice [Laura] Benedetti ed eravamo costretti a tradurre [...] Quando hanno incominciato [le Ispettrici] Bigoni e Gascue l’ambiente di lavoro era più disteso” (La Laina). “L’Ispettore Natalio Moffa indicava che si tenessero tutte le lezioni in spagnolo. Da parte sua, l’insegnante di didattica IPA, il prof. Filippo Basile richiedeva che si tenessero sempre in italiano. Per questo motivo sia i docenti tutor che i tirocinanti dovevano adattarsi alle esigenze di chi visitasse il gruppo” (Becchino). “All’IPA ci avevano mostrato la traduzione quale se fosse il Babau ma con il cambiamento dei programmi, abbiamo notato che era una risorsa molto utile per mostrare il funzionamento della lingua italiana e il nuovo lessico. Molte di noi la includevamo ma senza l’autorizzazione dell’Ispettorato» (Artus).
La prof.ssa Iannino si serve di fondamenti relazionali che giustificherebbero, a suo avviso, la proposta di integrare la TP dentro certi parametri: «Spiegare esclusivamente in italiano segnala una differenza con lo studente. Essendo anche noi di madrelingua ispanofona, ci colloca al di sopra dello studente. In realtà bisogna essere accanto, allo stesso livello, poiché innanzitutto si pretende che lo studente si avvicini alla lingua».
Un ragionamento simile è stato sviluppato dalla tutor Rina La Lana. Secondo lei «la sola traduzione poteva mostrare le capacità dello studente rispetto allo spagnolo piuttosto che sull’italiano, del quale si conoscevano in particolare le eccezioni, le irregolarità più che la lingua come tale [...]. Il dizionario era il vincolo con la lingua. Comunque non bisogna avere paura della traduzione, poiché essa è anche un modo di dare sicurezza allo studente che si appoggia a quanto conosce già».

Luglio 1988 – Omaggio dei colleghi alla prof.ssa emerita Luce Fabbri. Istituto Italiano di Cultura di Montevideo (Archivio personale Silvia Becchino)
Lydia Rodilosso, insegnante e traduttrice, ha fondato la sua posizione su elementi legati alle abilità produttive reali che gli alunni uruguaiani potrebbero raggiungere nei corsi: «In una lezione, in cui il livello di produzione è residuale, il fatto di realizzare una traduzione in certo senso rappresentava una soddisfazione. All’IPA ci è stato detto di non usare lo spagnolo per far comunicare gli alunni in italiano, ma nel contesto sudamericano, che in pratica è monolingue, non esistono possibilità di verificare uno scambio reale in un’altra lingua».
Sono, quindi, varie le tutor che hanno difeso l’integrazione complementare della TP in classe e hanno trasmesso questa convinzione ai loro tirocinanti. Mariela Aragüés, a questo riguardo ha fatto la seguente puntualizzazione: «[...] a mio avviso non può venir proposto un unico metodo per insegnare una lingua. Credo sia necessario considerare che la traduzione è anche un cammino per agevolare la comprensione, ma non solo, perché risulta anche interessante proporla per cercare equivalenze in spagnolo, ad esempio quando si presentano proverbi, modi di dire o locuzioni ad un livello più alto». Sul tema, la prof.ssa e traduttrice Gioconda Quartarolo così si è espressa: «Ritengo che la TP si possa utilizzare insieme oppure in alternanza ad altri metodi, poiché risulta interessante per riflettere sulla nostra madrelingua e stabilire le differenze e le somiglianze tra entrambe le lingue, il che contribuisce a migliorare la conoscenza generale degli studenti».
Come si vede, nonostante la variazione di piani, programmi e linee guida su decisioni delle autorità, la traduzione sembra che per lo più sia stata mantenuta nei corsi, anche se non sempre in modo formale e dichiarato. Su questo punto è bene riportare l’opinione di Gloria Olano, per la quale «il Plan 41 aveva come obiettivo la traduzione di testi dall’italiano allo spagnolo, quindi era del tutto naturale ed accettato occuparsi della traduzione in classe. Con il cambiamento dei programmi anche gli obiettivi sono cambiati e si è passati all’estremo opposto, considerando qualsiasi spazio lasciato alla traduzione una grave infrazione. [Tuttavia,] l’uso di materiale didattico (cartoncini, immagini, oggetti, ecc.) di fatto puntava alla traduzione. L’insegnante non traduceva bensì lo studente stimolato da questo materiale».
Si può concludere affermando che, sebbene all’IPA la formazione didattica dai primi anni ottanta ha vietato l’uso della TP fino al primo decennio dei 2000, le tutor in certo senso lo hanno promosso, esplicitandone i benefici in un contesto didattico inclusivo.
Sulla metodologia seguita nell’indagine sugli studenti e sui dati raccolti
L’indagine svolta tra gli studenti è stata circoscritta a Montevideo e ha interessato le strutture scolastiche pubbliche in cui l’italiano viene insegnato come lingua straniera, coinvolgendo 30 licei del Piano Martha Averbug e 6 Centri di Lingue Straniere.
Nel complesso, lo studio ha previsto la raccolta e l’analisi di dati attraverso diversi strumenti metodologici:
- interviste: 21 informatori qualificati;
- indagine: 197 studenti;
- analisi documenti: ricerca presso 20 centri e analisi organica della vasta bibliografia specifica.
Queste tre linee d’intervento previste nel piano progettuale sono rimaste interconnesse anche nella fase attuativa e hanno costituito una triangolazione pienamente riconoscibile. Ciò ha consentito di mettere in evidenza coincidenze e divergenze tra l’orientamento didattico proposto nei documenti ufficiali e le posizioni degli insegnanti incaricati di applicare le disposizioni relative all’utilizzo della traduzione in classe.
In linea di massima, si rileva che, nonostante le disposizioni ufficiali nel tempo oscillassero tra l’autorizzazione e il divieto, la TP è stata comunque costantemente utilizzata in classe. Il 95% degli insegnanti ha affermato di aver modificato il proprio parere sulla traduzione pedagogica e di averla inclusa nel proprio impegno didattico, principalmente sulla base delle indicazioni delle autorità scolastiche. Tuttavia, in risposta a una domanda parallela formulata per verificare la coerenza delle opinioni espresse, il 68% ha riconosciuto che il mutato atteggiamento nei confronti della TP non è stato determinato dalle disposizioni ufficiali, bensì dalla constatazione diretta dei benefici derivanti dal suo concreto utilizzo nell’attività didattica.
Sia in conseguenza dei suggerimenti metodologici delle ispettrici, sia per effetto della prassi didattica, il 91% degli insegnanti ha dichiarato di non aver mai formalmente registrato l’inclusione della TP nella programmazione annuale o modulare, né sul registro di classe. Il risultato dell’analisi documentale, l’osservazione esterna e l’indagine proposta agli studenti è stato riassunto nelle tabelle allegate.

Ottobre 2015 – Mostra e raduno laureati IPA “Dante: 750 anni di virtù e conoscenza”. Aula Magna dell’IPA (Archivio personale dell’Autore).
Conclusioni
In Uruguay, con il ritorno della democrazia nel 1985, si è avviato un processo di riforma educativa che ha portato, tra il 1986 e il 1996, all’esclusione, a livello formale, della TP dalle lezioni di italiano LS. Specialmente nei primi anni, insegnanti di metodologia didattica dell’IPA e ispettrici si sono schierati apertamente a favore del divieto, penalizzando gli insegnanti favorevoli al suo uso nelle loro lezioni. Tuttavia, le insegnanti tutor si sono adoperate, seppure non dichiarandolo, per sviluppare nuove forme di inclusione della TP in classe.
A partire dagli anni 2000, non sono più rintracciabili opinioni esplicitamente contrarie all’uso della TP, né all’IPA né presso l’Ispettorato. Ciononostante, avviene che la TP è tuttora considerata a livello simbolico una sorta “Babau” (Artus), “di scorciatoia” (Delbono), “di tabù” (Gramaglia), di “grave infrazione” (Olano).
Questa ricerca ha mostrato che la TP viene utilizzata in larga misura nei corsi d’italiano come risorsa didattica, seppure non menzionata nei documenti scolastici. È interessante notare che in media nel 50% dei corsi analizzati sono state sviluppate abilità traduttive e dinamiche di interpretazione da parte degli insegnanti; inoltre, nel 55% dei casi viene svolta l’analisi contrastiva di paremie e nel 70% è stata verificata la costruzione di dizionari bilingui ad hoc da parte degli alunni sotto la guida dei loro insegnanti.
Per constatare l’influenza o meno dei diversi contesti scolastici sul ricorso alla TP nell’indagine si è previsto di distinguere tra insegnanti in ambito CLE e licei Averbug, ma non sono emerse differenze significative, mentre è stata rilevata una maggiore apertura all’uso della TP tra i docenti più giovani e motivati. Quest’ultima annotazione oggi va letta congiuntamente ad altri tre fattori: lo sviluppo della vocazione, la soddisfazione per i risultati e i buoni rapporti umani con colleghi, supervisori e studenti.
Le riflessioni sul lungo dibattito che ha caratterizzato il ricorso alla TP e le sue modalità d’uso sono state inserite nei diversi paragrafi dedicati al commento della cronistoria della didattica dell’italiano nel contesto uruguaiano. È sufficiente, a questo punto, ribadire che gli orientamenti didattici ufficiali — anche quando si fondano sull’osservazione di quanto avvenuto — trovano un indispensabile correttivo negli aggiustamenti suggeriti dalla loro concreta applicazione, con l’obiettivo di rispondere in modo più adeguato alle esigenze degli studenti.
Dialoghi Mediterranei, n. 75, settembre 2025
Note
[1] Per concretizzare lo studio, nel 2021 sono state intervistate le ex ispettrici d’italiano Esperanza Gascue, Selva Capece e Ana Maria Lolli; per le ispettrici decedute si è invece proceduto a una revisione bibliografica.
[2] Di Sabato (2007), Romanelli (2009), Sanchez (2009), Carreres e Noriega (2012), Pintado (2012), García Castañón (2014), Soto (2016), Gasca (2017), Paleta (2017), Diadori (2018), Gomez (2019), De la Nuez (2020).
[3] Biasini (2016: 41), García Medall (2001: 14), Romanelli (2009: 56), García Castañón (2014: 33), Paleta (2017: 488), Gómez (2019: 40).
[4] Nell’anno 2021 sono state intervistate le docenti di Didattica dell’Italiano dell’IPA: Esperanza Gascue, Virginia Gramaglia, Sandra De Cristofaro, Mabel Delbono e Graciela Trabal.
[5] Per questa ricerca sono state intervistate le docenti indicate dalle citate ex ispettrici e insegnanti di didattica dell’italiano come figure di particolare rilievo nella formazione dei tirocinanti dell’IPA a partire dal 1980. Si tratta di Mariela Aragüés, Jenny Artus, Silvia Becchino, Elisa Bosi, Mabel Delbono, Rita Iannino, Gioconda Quartarolo, Rina La Laina, Alicia Lerena, Gloria Olano e Lydia Rodilosso. Sebbene siano emersi anche i nomi di Juani Frediani, Lucia Lampariello e Ivana Marenco, non è stato possibile ricostruire le rispettive posizioni.
APPENDICE
Piccolo dizionario delle istituzioni scolastiche citate
ANEP [Administración Nacional de Educación Pública]: Ente statale dell’Uruguay incaricato di amministrare e coordinare tutto il sistema dell’istruzione pubblica non universitaria. Si tratta di un organismo autonomo e decentralizzato che risponde agli orientamenti generali del governo, ma che dispone di un proprio margine di gestione. L’ANEP è responsabile dell’educazione iniziale, primaria, secondaria (liceale e tecnica), tecnico-tecnologica e della formazione degli insegnanti.
CES [Consejo de Educación Secundaria, oggi DGES per Dirección General de Educación Secundaria]: Uno degli organi che compongono l’ANEP dell’Uruguay. È responsabile della gestione, organizzazione e supervisione dell’istruzione secondaria generale nel paese, cioè dei licei pubblici. Il CES si occupa della definizione dei programmi di studio, della regolamentazione delle pratiche didattiche, della nomina e del controllo del personale docente, nonché della supervisione delle istituzioni educative a livello secondario. Agisce in coordinamento con gli altri consigli dell’ANEP per garantire la coerenza e la qualità del sistema educativo pubblico.
CLE [Centros de Lenguas Extranjeras]: Programma educativo che dipende dal CODICEN (Consejo Directivo Central) dell’ANEP in Uruguay. Il suo obiettivo principale è offrire insegnamento di lingue straniere —italiano, portoghese, francese e tedesco— a studenti della scuola pubblica, promuovendo il multilinguismo e l’arricchimento culturale. I corsi sono gratuiti e si svolgono in sedi distribuite in tutto il paese, con particolare attenzione all’accesso e all’inclusione.
IPA [Instituto de Profesores Artigas]: Istituto pubblico uruguaiano dedicato alla formazione degli insegnanti di livello secondario. Dipende dal Consejo de Formación en Educación (CFE), a sua volta parte dell’ANEP. Fondato nel 1949, l’IPA ha sede a Montevideo e rappresenta una delle istituzioni più prestigiose nel campo della formazione docente nel paese. Il suo obiettivo è preparare professori specializzati in diverse discipline (tra cui l’italiano) attraverso una formazione accademica e pedagogica rigorosa, che integra teoria e pratica. L’istituto svolge inoltre un ruolo importante nello sviluppo della ricerca educativa e nella promozione del miglioramento continuo dell’insegnamento in Uruguay.
Riferimenti bibliografici
MINISTERO DELL’INTERNO, 2024. Anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E.): dati riferiti all’anno 2023. INT00041, ed. 2024. Roma: Ministero dell’Interno,
https://ucs.interno.gov.it/ucs/allegati/Download%3AInt00041_anagrafe_degli_italiani_residenti_all_estero_a.i.r.e._ed_2024-21052804.htm.
ANEP, 2008. Historia de Educación Secundaria 1935-2008:
https://eva.interior.udelar.edu.uy/pluginfile.php/27490/mod_folder/content/0/ANEP_2008_Historia%20de%20educaci%C3%B3n%20secundaria%201935-2008.pdf?forcedownload=1.
BASILE, F. 1970. ITALIANO – Grammatica e antologia. Montevideo: La Casa del Estudiante.
BECCHINO, S., BOSI, E., FREDIANI, J. 1991. Letture II. Montevideo: CLIP.
BECCHINO, S., BOSI, E. 1988. Letture, Montevideo: CLIP
BIASINI, R. 2016. “Per una rivalutazione del ruolo della traduzione nella didattica dell’Italiano LS” in Atti del XXI Convegno AIPI: 37-50:
https://livrepository.liverpool.ac.uk/3003590/1/Per%20una%20rivalutazione%20del%20ruolo%20della%20tradizione.pdf.
CALVI, M. 2001. “La traduzione nell’insegnamento linguistico” in A. MELLONI, R. LOZANO, P. CAPANAGA (a cura di), Tradurre dallo spagnolo: 327-342:
https://www.academia.edu/460059/La_Traduzione_NellInsegnamento_Linguistico.
CAMUSSI, E., MARTINEZ., A. 1978. L’italiano per tutti. Montevideo, IIC.
CAPECE, S., QUEROL, E. 1992. Un mondo d’idee. Montevideo: Monteverde.
CARRERES, A., NORIEGA, M. 2012. “Traducción pedagógica y pedagogía de la traducción: un diálogo necesario” in Actas XXIII Congreso Internacional de la Asele: 253-261:
http://cvc.cervantes.es/ensenanza/biblioteca_ele/asele/pdf/23/23_0026.pdf.
CASELLA, E. 1996. Leggere e capire italiano giuridico. Montevideo: FCU.
CODICEN, 1996. “Instituto de Profesores Artigas y las lenguas extranjeras: francés, inglés, italiano” in Actas de los XXII Cursos de verano “Carlos Real de Azúa”. Montevideo: Unidad de Reprodocumentación Codicen.
DE LA NUEZ, R. 2020. La traducción como herramienta de enseñanza y aprendizaje de LE: una propuesta didáctica para el aula de ELE. Universidad de Las Palmas:
https://accedacris.ulpgc.es/bitstream/10553/73756/2/GIA_Rau%CC%81l_De_La_Nuez_Mendiza%CC%81bal.pdf.
DIADORI, P. 2018. Tradurre: una prospettiva interculturale. Roma: Carocci.
DI SABATO, B. 2007. “La traduzione e l’apprendimento/insegnamento delle lingue” in Studi di Glottodidattica, 1: 47-57: https://ojs.cimedoc.uniba.it/index.php/glottodidattica/article/view/253.
GALETTI, E. 1965. Grammatica italiana, 5ta edición. Montevideo: La Casa del Estudiante.
GARCÍA CASTAÑÓN, J. 2014. La traducción pedagógica en la enseñanza de español como LE. Universidad de Oviedo:
https://digibuo.uniovi.es/dspace/bitstream/handle/10651/27794/TFM_Garcia%20Casta%F1on%20.pdf;jsessionid=78F8B103116B8A1F3DFD6993B2EA5BBB?sequence=5.
GARCÍA MEDALL, J. 2001. “La traducción en la enseñanza de lenguas” in Hermeneus – Revista de traducción e interpretación, 3: 1-19: https://recyt.fecyt.es/index.php/HS/article/view/6083.
GASCA, L. 2017. “Las posibilidades de la traducción pedagógica en la enseñanza del español como L2” in Estudios de Lingüística Aplicada, 0(66): 205-232: https://ela.enallt.unam.mx/index.php/ela/article/view/837/924.
GÓMEZ, O. 2019. La traducción en la enseñanza de lenguas extranjeras: ejemplos prácticos del uso del corpus PaGeS. Universidad Complutense de Madrid: https://eprints.ucm.es/id/eprint/57181/.
KÜHL, U., STEPHAN, M. (a cura di). 1992. Las lenguas extranjeras en la enseñanza pública. Montevideo: Instituto Goethe.
LA PAZ E. 2012. “Imperialismo lingüístico: el caso del inglés en la educación secundaria uruguaya (1943-2003)” in Lingüística, 27: 168-196: http://www.scielo.edu.uy/pdf/ling/v27n1/v27n1a08.pdf.
MEZZADRI, M. 2015. I nuovi ferri del Mestiere. Torino: Bonacci.
MOFFA, N. 1963. Italiano. Montevideo: La Casa del Estudiante.
PALETA, A. 2017. “L’uso della traduzione come tecnica didattica nell’insegnamento della lingua italiana come LS nella fase di verifica sull’esempio della lingua italiana studiata in Polonia” in Atti del CIAFLLT: 483-49:
https://ruj.uj.edu.pl/xmlui/bitstream/handle/item/49556/paleta_l%27uso_della_traduzione_come_tecnica_didattica_2017.pdf?sequence=1&isAllo wed=y.
PALOMEQUE, A. 2018. Historia de la educación uruguaya. Tomo IV, Vol. 2. Montevideo: Ediciones de la Plaza.
PINTADO, L. 2012. “Fundamentos de la traducción pedagógica: Traducción, Pedagogía y Comunicación” in Sendebar, 23: 321-353: https://revistaseug.ugr.es/index.php/sendeba r/article/view/41/41.
QUEROL, E. 1993. Un pò d’umore nell’aula. Montevideo: Monteverde.
ROMANELLI, S. 2009. “L’uso della traduzione in una classe di LS: Una questione ancora aperta o da riaprire?” in Mutatis Mutandis. Revista Latinoamericana De Traducción, 2(1): 50-66:
https://revistas.udea.edu.co/index.php/mutatismutandis/article/view/1027.
SANCHEZ, J. 2009. “La traducción en la enseñanza de lenguas extranjeras: una aproximación polémica” in RedELE, 10: https://www.educacionyfp.gob.es/dam/jcr:4efabb0b-47d6-4fae-a9c6-a8a13df5fa97/2009-bv-10-22sanchez-iglesias-pdf.pdf.
SOTO, J. 2016. “La traducción pedagógica en el aula de inglés con fines específicos: el caso del inglés comercial” in Revista de Currículum y Formación de Profesorado, 20, n°2: 156-178:
https://www.redalyc.org/pdf/567/56746946009.pdf.
______________________________________________________________________________
Alvaro Gargiulo di Montevideo, è Insegnante di italiano per la scuola secondaria, formato presso l’Instituto de Profesores Artigas (IPA); Traduttore Pubblico di italiano, laureato presso la Universidad de la República dell’Uruguay; e Dottore in Lingua e Cultura Italiana per Stranieri, con titolo rilasciato dall’Università di Pisa. Si è specializzato nella gestione dei centri educativi, nella didattica dell’italiano come lingua straniera e nella traduzione pedagogica. È Magister in Educazione, titolo conseguito presso la Universidad Católica del Uruguay. Presso l’Università per Stranieri di Siena ha ottenuto con lode il titolo accademico di Magister in Didattica della Lingua e della Letteratura Italiana. È inoltre Magister in Ricerca sulla Traduzione e l’Interpretazione e candidato al titolo di dottore di ricerca in Lingue Applicate, Letteratura e Traduzione presso l’Universitat Jaume I di Castelló de la Plana, Spagna. È docente del 5to ruolo del Consejo de Educación Secundaria dell’Uruguay e svolge la sua attività in istituzioni pubbliche e private dall’anno 2001. Ricopre la cattedra di Introduzione alla Traduttologia presso la Universidad de Montevideo e fa parte del Dipartimento di Lingue Straniere del Consejo de Formación en Educación, dove insegna nelle cattedre di Didattica dell’italiano, Letteratura italiana e Linguaggio tecnico presso l’IPA.
______________________________________________________________








