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L’Europa delle Patrie
Posted By Comitato di Redazione On 1 marzo 2019 @ 00:29 In Attualità,Politica | No Comments
Uno studio antropologico incentrato sul tema del “sovranismo” non può prescindere da un tema importante noto come la costruzione dell’Altro. La riflessione antropologica si basa su materiali di ricerca incentrati sullo studio delle differenze e delle analogie dei sistemi culturali e dei sistemi di relazione, interrogandosi spesso su quali procedure si attivino per il riconoscimento o disconoscimento dell’Altro.
Come afferma Amalia Signorelli
Queste prerogative della specie umana oggi si evidenziano maggiormente nello scenario politico europeo contemporaneo, dominato da una visione dicotomica: da una parte coloro che appoggiano il globalismo in una visione “multietnica”; dall’altra coloro che invece sono a favore dell’idea del sovranismo, con una visione più monoetnica.
In Europa, i “globalisti”, più liberali e cosmopoliti, sono a favore del concetto di comunità europea, una dimensione caratterizzata dal libero scambio e dall’accoglienza dell’Altro, con una visione più relativistica. Diversamente, i “sovranisti”, più conservatori delle proprie identità, sono i cosiddetti “euroscettici”, riluttanti all’accoglienza, ma fedeli a una visione più etnocentrica.
Per descrivere al meglio il quadro contemporaneo dell’Europa, ma in genere degli Stati occidentali, sarà preso come incipit il discorso di apertura della 73° Assemblea Generale ONU, pronunciato dal Segretario Federale Antonio Guterres. Nel discorso egli affronta il tema dei cambiamenti politici negli Stati occidentali, riconoscendo come alcuni Stati oggi, si siano allontanati dalle politiche multilaterali a favore delle uniche necessità nazionali.
Si tratta indubbiamente della linea di demarcazione fondamentale della politica di questi anni. Guterres sottolinea diversi punti di cambiamento politico i quali, inevitabilmente, sono e saranno mutamenti sociali che si evolveranno nel rapporto di costruzione dell’Altro. Una politica “multipolare” e non “multilaterale”, secondo Guterres, riporta sicuramente gli inizi del ‘900, periodo in cui le società erano caratterizzate da un particolare assetto sociale, dal quale si sono sviluppate in seguito quelle dinamiche che hanno condotto poi alla guerra mondiale.
Per poter comprendere il fenomeno politico-sociale e il perché possa scoppiare una guerra, intesa anche nel semplice conflitto [1] tra persone, si è deciso di osservare il fenomeno utilizzando la lente dell’antropologia marxista la quale ha cercato di superare le debolezze del “sostantivismo”[2] riaffermando il primato dell’economia nell’organizzazione della società. Nello specifico, si farà riferimento al materialismo culturale di Marvin Harris attraverso i suoi due volumi quali Cannibali e Re, e Le origini delle culture e Lineamenti di antropologia culturale.
L’antropologo, combinando le forze produttive di Karl Marx e l’impatto dei fattori demografici di Thomas Malthus [3] afferma che:
Postulando che questi siano i fattori chiave nel determinare la struttura sociale e la cultura di una società, si può dedurre che la caratteristica basilare nell’analisi del materialismo di Harris è l’individuazione dei bisogni minimi di sussistenza, produzione e riproduzione nelle pratiche sociali determinanti la cultura di una società. Quindi, se le società occidentali venissero scomposte in questa tripartizione (infrastruttura, struttura e sovrastruttura) il pensiero sovranista potrebbe confluire nel piano della sovrastruttura, essendo, questo, un modello di pensiero che si sviluppa come attività intellettuale, come risposta alla crisi del capitalismo inteso, in questa ipotesi, identificabile nella struttura: un pensiero che, infine, dovrebbe migliorare, ideologicamente, i bisogni minimi di sussistenza, ovvero dell’infrastruttura.
In altre parole, nella società contemporanea, l’Altro, che sia un altro Stato o semplicemente un individuo, come il migrante, è colpevole della crisi capitalistica vissuta dai Paesi occidentali, crisi che ha un suo riverbero sul piano delle nascite e della possibilità di accedere all’alimentazione (infrastruttura).
L’idea generale (Sovrastruttura) è che lo straniero proveniente solo dall’Africa, mini la struttura economica-sociale degli Stati Europei ed occidentali in genere. Ne consegue che le politiche attivate siano di tipo protezionistico, focalizzate sul benessere della propria etnia [4], garantendo o meno che questi atteggiamenti possano sostenere le attività produttive nella propria Nazione, creando quell’economia che contrasti il calo demografico.
Tutte le scelte politiche, nazionali e non, oggi più che ieri, ruotano attorno all’economia, quindi alla struttura di una società. Secondo la posizione marxista non è la società che incorpora l’economia ma è l’economia che determina la forma della società. Harris, in Cannibali e Re (2009) sostiene che esisterebbe «una sorta di rapporto deterministico fra fenomeni culturali: variabili simili, in condizioni simili, tendono a produrre sequenze simili» (Harris, 2009(a):12).
Alla pressione demografica consegue l’intensificazione della produzione, da cui deriva l’esaurimento delle risorse e quindi nuovi sistemi di produzione caratterizzati da nuove costrizioni. Il risultato è che
Fino ad ora, infatti, la vita sociale si è sviluppata in modo prevedibile e i processi materiali spiegano guerre, ineguaglianza, povertà; eppure, scrive l’autore che
La tendenza ad intensificare la produzione (più sfruttamento di terra, acqua, minerali, energia per unità di tempo o di spazio) è una risposta ricorrente alle minacce contro il tenore di vita: in assenza di mutamenti tecnologici, questa intensificazione è sempre controproducente perché impoverisce l’ambiente, riducendo l’efficienza della produzione. Diminuendo gli standard di vita, le culture efficienti inventano nuovi mezzi di produzione che finiscono per impoverire l’ambiente naturale:
La guerra non è espressione della natura umana ma risposta a pressioni demografiche ed ecologiche, e la supremazia maschile «non è più naturale della guerra» (ivi: 67). E ancora
Secondo questa chiave di lettura, il calo delle nascite e la difficoltà al sostentamento si riflettono su quelle scuole di pensiero ispirate ad una ideologia protezionistica e all’importanza della sopravvivenza della propria etnia o del proprio gruppo. In altre parole, la presenza dello straniero può far collassare il proprio sistema economico e l’intera società.
Ad alimentare ancor di più queste politiche, vi è la convinzione che l’Altro sia portatore di una cultura diversa la quale può prendere il posto della propria, come se le culture o gli elementi che la compongono fossero delle carte da burraco che a piacimento prendiamo o posiamo sul tavolo da gioco. La paura dell’Altro, della perdita della propria identità e la convinzione della lesione della propria autorità e autorevolezza nazionale, comportano l’attivazione delle politiche sopra descritte.
Nel 2007, una grave crisi economica scaturita dal crollo del mercato immobiliare e nota come subprime si è diffusa dall’America in tutto il globo, causando la grande recessione e la crisi del debito degli Stati sovrani europei. Quando la crisi economica americana irrompe nel mercato europeo, si sviluppa nelle popolazioni la volontà di figure politiche che possano proteggere la propria patria, la propria nazione, il proprio gruppo etnico e la propria persona da coloro che hanno provocato questo stato di sofferenza. È in questo frangente che si rafforzano le coesioni politiche e iniziano ad affermarsi i partiti di estrema destra in Europa. Nell’immaginario collettivo, alimentato da questi partiti, vi è l’idea che i colpevoli di questa crisi siano i fedeli dell’Islam, religione erroneamente attribuita a chiunque sbarchi sulle coste europee indipendentemente dalla sua vera nazionalità.
Nel 2010, viene stipulata l’Alleanza Europea per la Libertà, affermatasi nel 2014 come Movimento per un’Europa delle Nazioni e della Libertà: in questo raggruppamento sono ad oggi compresi il “Front National” francese, la “Lega” in Italia, il “Partito della Libertà” austriaco e altri partiti minori come “Interesse Fiammingo” in Belgio, il “Congresso della Nuova Destra” in Polonia, “Libertà e Democrazia Diretta” in Repubblica Ceca e “Volya” in Bulgaria. Nel 2015, la destra europea decide di aderire al partito “Europa delle Nazioni e della Libertà”, il quale, oltre ai partiti già citati, raggruppa anche “Alternative für Deutschland” in Germania e il “Partito per la Libertà” in Olanda. In alcuni Paesi iniziano quindi ad essere eletti governi di estrema destra aventi in comune una politica protezionistica e l’uso del capro espiatorio dell’Altro, del diverso, dell’extracomunitario.
Le masse popolari si convincono delle accuse rivolte all’Altro, confondendo così i termini di migrante con quello di rifugiato e sedimentando sempre più atteggiamenti xenofobi. L’esempio italiano di sovranismo euroscettico è evidenziato dalla politica dell’attuale governo. Nel “Bel Paese”, in seguito agli attacchi avvenuti negli USA nel 2001, alla crisi economica del 2007, e agli attentati terroristici del 2009, si è radicalizzata la paura dell’Altro, dell’extracomunitario e dell’islamico. Vengono diffusi messaggi alla popolazione nei quali lo straniero africano è colui che provoca la crisi economica perché «ruba il lavoro agli italiani» e che «i soldi del welfare che dovrebbero essere destinati agli italiani (bianchi) invece sono destinati a loro». Vari enunciati più o meno veri sono state diffusi dal 2001 ad oggi inducendo e alimentando atteggiamenti xenofobi nella popolazione italiana: è stata creata una diffidenza tramutata poi in paura verso tutti coloro che hanno un colore di pelle differente.
Per poter comprendere il caso italiano, possono essere utilizzate come linea di riflessione le parole di Becchi, docente dell’Università di Genova il quale, nel suo articolato contributo per la rivista politica Trasgressioni, spiega il concetto di sovranismo.
Il filosofo, per poter spiegare il movimento sovranista, cita le parole di Giambattista Vico.
È importante sottolineare come il Vico sostiene che l’idea di nazione oggi, non sia la stessa di ieri.
Come un supporto a questa tesi, può essere letto il pensiero espresso dal Primo Ministro italiano Giuseppe Conte il quale, durante una conferenza, ha affermato che il governo da lui rappresentato è sia sovranista che populista, perché il primo articolo della Costituzione Italiana sostiene che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Quindi, nella nuova visione, lo Stato-Nazione mette al centro la volontà del popolo la quale si esercita attraverso la sovranità dello Stato e non più sul popolo, come ad esempio durante il periodo fascista.
Il 7 settembre 2018, il segretario del partito sovranista della Lega nonché attuale Ministro dell’Interno italiano, aderisce al gruppo unico populista europeo fondato da Steve Bannon, avente come obiettivo il rafforzamento del nazionalismo in opposizione all’internalizzazione. Membri di questo gruppo sono partiti quasi tutti accomunati, chi più chi meno, dai temi tipici della destra moderna: lotta all’immigrazione, anti-islamismo, ostilità verso la globalizzazione e l’austerity, euroscetticismo. Il tutto condito da una buona dose di conservatorismo per quanto riguarda i diritti civili e dalla tradizionale retorica sulle radici tipica dei movimenti nazionalisti.
Ma il The Moviment non riesce a trovare largo consenso tra i partiti di destra perché alla base del successo del sovranismo e della destra in Europa c’è l’idea che ogni Nazione curi esclusivamente i propri interessi. Come possono, quindi, partiti sovranisti di Nazioni diverse allearsi per perseguire obiettivi che spesso sono in contrasto tra di loro? Basti pensare al rapporto tra l’Italia e i Paesi di Visegrad sul tema dell’immigrazione: il Premier ungherese Viktor Orbán chiede a gran voce che i migranti non vengano redistribuiti dai Paesi di prima accoglienza – come l’Italia – al resto dei Paesi europei, unendosi al coro del Ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer il quale, proprio su questo tema, aveva minacciato di far cadere il governo di Angela Merkel pochi mesi fa.
L’europeismo produce quindi come sua nemesi il sovranismo. Le culture generano parallelamente identità ed estraneità: l’estraneità è l’ombra inseparabile dell’appartenenza. Fra estraneità e identità esistono tuttavia varie posizioni intermedie. Lo straniero è secondo alcuni studiosi diverso dall’Altro, in quanto starebbe oltre il confine di ciò che è sentito come proprio e fidato e laddove l’Altro è incluso in tali confini di cui rappresenta il margine estremo: l’Altro può diventare, anche a seguito di guerre, partner di accordi o di alleanze mentre l’estraneo è oggetto di aggressione con lo scopo della distruzione e della sottomissione incondizionata. Lo straniero, esasperato nel concetto di nemico, assurge al rango di quintessenza di tutto ciò che minaccia la propria identità.
Secondo le teorie antropologiche ai margini di una società si inseriscono gli Altri, mentre fuori dalla società si andranno a concentrare chi è ritenuto estraneo. È interessante osservare il fatto che nelle società occidentali si possano identificare delle zone limite, i cosiddetti “Altri” e i cosiddetti “estranei”. Nel caso in cui l’Altro venga incluso bisogna chiedersi cosa può succedere a chi resta emarginato e posto nella condizione di estraneità.
Dalle ricerche sul campo si evidenzia come gli italiani identifichino l’Altro come colui che migra per ragioni lavorative e che pian piano si naturalizza. Distintamente, oggi più di ieri si relega allo stato di estraneo, quindi fuori dalla società, il migrante che attraversa il mare con il barcone il quale a causa della errata visione italiana sarà necessariamente islamico e predicatore. Il suo scopo sarà quello di convertire la società occidentale all’Islam e perciò dovrà essere tenuto al di la della stessa diventando così l’estraneo.
Come evidenziato nell’ipotesi di tesi qui esposta, la costruzione dell’Altro e dell’estraneo è filtrata oggi in alcuni Stati europei da una griglia valutativa che si basa su elementi strutturali e infrastrutturali. È bene osservare come in Europa sia eterogenea la percezione dell’Altro islamico; infatti in Paesi come Ungheria, Italia e Polonia, l’Altro islamico viene percepito in maniera negativa dalla popolazione. Non è un caso che questi Stati siano governati da partiti di stampo sovranista.
Conclusioni
È errato pensare che il sovranismo oggi sia una continuazione del nazionalismo del ‘900. Ma è pur vero che molti elementi possono essere collegati tra loro. Una delle questioni che sicuramente è centrale sono i confini fisici, o le nazionalizzazioni delle aziende; si pensi al caso di Autostrade per l’Italia, o agli interventi economici che vengono avanzati alle varie banche italiane.
Le politiche di chiusura dei confini, di chiusura dei porti e di chiusura all’interno di un confine nazionale, generano inevitabilmente un dentro e un fuori, una dicotomia che può diventare pericolosa e, soprattutto isolazionista in quanto, uscendo dai giochi degli investimenti interazionali, si passa dallo stadio di potenza economica internazionale a quello di Paese avente un forte debito pubblico senza possibilità di risanamento. Anche se queste e altre analisi più approfondite non vengono condivise con la massa, siamo indotti a pensare che tutti possiamo comprendere i rischi che potrebbero svilupparsi e, senza un contesto europeo o comunque internazionale, crediamo sia difficile costruire una credibilità finanziaria che possa rimettere in gioco gli investimenti in Italia. In questo caos economico con pochi investimenti ma con molte incertezze si alimentano facilmente le ostilità verso l’Altro, considerandolo sempre più come estraneo. Tuttavia, va precisato che persino negli Stati colpiti da attacchi terroristici, la presenza di un governo non di destra ha fatto sì che la percezione dell’Altro sia completamente diversa da quella presente negli Stati sovranisti.
Da questi studi si evince che non è l’odio a generare economia, ma il valore aggiunto del nuovo, dell’altro, che può contribuire anche alla ripresa di uno Stato. Questo pensiero è stato appoggiato, ad esempio, dal governo del Giappone, il quale ha compreso che per poter combattere la crisi demografica (infrastruttura) e la crisi economica (struttura) doveva farsi aiutare dall’Altro. Infatti è stata approvata una legge che facilita l’ingresso per lavoro in Giappone. L’emigrante che si trasferirà nel Paese del Sol Levante, aiuterà l’economia statale e con la costruzione di legami sociali incrementerà la demografia della Nazione.
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