CIP
di Rossano Pazzagli [*]
Il congresso della Società dei Territorialiste e delle Territorialiste si svolge in una fase delicata nella vita ormai ultradecennale dell’Associazione. Delicata non vuol dire necessariamente critica; vuol dire che dobbiamo affrontare con cura il dibattito che ci attende, i seminari e gli approfondimenti di questi due giorni. Sottolineo la parola “cura”, quel concetto di cura che già noi applichiamo al territorio inteso come oggetto centrale del nostro impegno, ma soprattutto come soggetto vivo della coevoluzione tra natura e attività antropiche, come vittima – per molti aspetti – dello sviluppo capitalistico e della fase neo-liberista che stiamo vivendo, ora ammantati di green. Una fase di perpetuazione del sistema capitalistico, facendolo apparire come amico dell’ambiente, ma in realtà finalizzato a una economia sempre più speculativa, al profitto di pochi a danno dei molti.
Una fase delicata per ragioni interne ed esterne all’Associazione. La perdita di Alberto Magnaghi, fondatore e presidente storico della Società e punto di riferimento del pensiero territorialista, al quale dedichiamo l’affettuoso pensiero di tutto il congresso [1], ha aperto un periodo di riflessione, che per la verità in lui non si era mai fermato, sull’eventuale aggiornamento delle motivazioni, dei metodi e delle finalità che ci demmo al momento del Congresso fondativo che si tenne a Firenze l’1 e 2 dicembre 2011. Nell’ultimo anno abbiamo vissuto una fase transitoria, con una gestione che ha visto impegnati i due vicepresidenti e la parte attiva del Consiglio direttivo uscente. Abbiamo interpretato questo periodo come fase transitoria, nella quale, sempre in accordo con il Consiglio direttivo e organizzati in gruppi di lavoro, abbiamo sviluppato riflessioni e proposte sugli obiettivi, gli strumenti e l’assetto stesso della Società, per darle nuovo slancio e rafforzarne la capacità di iniziativa. Abbiamo cercato – non senza difficoltà – di dare continuità all’impegno concreto dell’Associazione nel perseguimento delle finalità scientifiche, culturali, civiche, solidaristiche e di utilità sociale previste dallo Statuto, sempre ispirandoci ai principi contenuti nel Manifesto fondativo [2]. Come si può ben immaginare, abbiamo dovuto affrontare anche questioni gestionali e ammnistrative non semplici e certamente non avvincenti, ma essenziali per la vita dell’associazione, che qui non è il caso di elencare. Dico solo che si svolte e risolte anche grazie all’efficiente compito di segreteria tecnica svolto con dedizione e puntualità da Eni Nurihana.
Con il consiglio direttivo abbiamo creato a più riprese momenti di riflessione sugli obiettivi, gli strumenti e l’assetto stesso della Società, anche attraverso documenti che sono sfociati nella organizzazione di tre seminari on line nei quali sono stati discussi gli assi tematici che possono considerarsi alla base dell’attuale Congresso. Questo impegnativo lavoro non ha impedito di portare avanti le attività della Società in termini di produzione scientifica (rivista Scienze del territorio e collana editoriale) e di impegno culturale e territoriale (osservatorio delle buone pratiche, incontri e iniziative varie), sia pure con un andamento non continuativo e a tratti problematico.
Da questo lavoro di ricognizione è emersa la necessità di una conferma delle finalità generali contenute nello Statuto e di riprendere, aggiornandoli, i principi e le tipologie di azione indicate nel Manifesto fondativo, documenti basilari ai quali si rimanda per una effettiva partecipazione alla discussione congressuale. Qui ci limitiamo a ricordare, in premessa, che le finalità della Società dei Territorialisti sono – come dicevamo – scientifiche, culturali, civiche, solidaristiche e di utilità sociale, senza gerarchia tra le varie dimensioni. Il territorio come bene comune nella sua identità storica, culturale, sociale, ambientale, produttiva, e il paesaggio in quanto sua manifestazione sensibile, si prestano nella nostra ottica al confronto fra discipline scientifiche che si occupano di territorio, alla centralità del valore dei beni patrimoniali locali nei processi di trasformazione e alla produzione di territorialità: restano queste le basi su cui fondare azioni e processi finalizzati al benessere sociale e alla felicità pubblica, all’integrità dei sistemi di sostegno della vita sul pianeta nell’ottica dell’ecoterritorialismo, della partecipazione come metodo ordinario e di un approccio “umanistico” attento alla cultura dei luoghi.
Non è possibile in questa sede richiamare le tante attività svolte da singole socie e singoli soci nello sviluppo di momenti di confronto e dibattito sui temi al centro dell’approccio territorialista, nella promozione della cultura territorialista nella didattica e in studi e ricerche multi-transdisciplinari, nonché nella sperimentazione di progetti territoriali, politiche, piani e strumenti partecipativi di governo del territorio. La visione che Alberto Magnaghi ha personificato da ben prima della costituzione della Società dei Territorialisti, capace di trasmettere radicalità e alterità, nonché di scardinare le mistificazioni della sostenibilità finalizzata al mantenimento dell’attuale modello neoliberista, caratterizza il nostro lavoro, pur nella diversità dei saperi che lo animano, determinandone la specificità, costituita dal nostro essere una società scientifica di ricerca-azione di natura sostanzialmente prepolitica, in cui l’integrazione tra le due anime della ricerca universitaria, dell’associazionismo e della cittadinanza attiva è capace di generare innovazione sociale attraverso pratiche creative, esperienze concrete e sperimentazioni sul campo di nuovi paradigmi.
Il Manifesto della Società dei Territorialisti, che sintetizza questa visione, costituisce un punto di riferimento condiviso dai suoi soci e quei principi sono quindi ancora del tutto validi. Ciò a fronte di un contesto che negli anni è mutato, ma nel quale il territorio conserva la sua centralità come matrice dell’innovazione e degli ecosistemi produttivi e come strumento di accumulazione e conservazione della ricchezza, legate alla rendita fondiaria e immobiliare con cui i grandi conglomerati finanziari proteggono e moltiplicano il capitale, trasformando lo spazio fisico in asset speculativo. Ad ogni modo, l’approccio emergenziale con cui si è teso e si tende ad affrontare le grandi questioni del nostro tempo – dalla pandemia alla guerra – insieme agli effetti delle politiche neoliberiste nel generare sempre maggiori diseguaglianze, povertà e insicurezza della classe media, hanno prodotto un’ulteriore crisi della rappresentanza nelle democrazie occidentali e nello stesso tempo una tendenza all’involuzione oligarchica e perfino autoritaria, fino al declino della politica democratica, sopravanzata o controllata dai poteri economici e finanziari. Si tratta di uno scivolamento verso una postdemocrazia autoritaria e centralizzatrice.
Tutto questo, come è già evidente, non porterà ad una reale transizione ecologica, ma conserverà sostanzialmente l’attuale sistema produttivo, inasprendo le tensioni sulle trasformazioni del territorio. Si accentueranno i fenomeni a cui stiamo già assistendo di forte impatto legati alla retorica green delle opere del PNRR e delle infrastrutture energetiche a cui si assocerà il clima di un’emergenza per la difesa nazionale, tanto inconsistente nella realtà del conflitto tra gli imperi contemporanei, quanto portatrice di un maggiore controllo repressivo sul territorio che di fatto tenderà ad espropriare le comunità locali della loro autonomia decisionale. In questa fase così problematica, l’attività di ricerca-azione della Società dei Territorialisti potrà dare un contributo significativo per salvaguardare il patrimonio territoriale e migliorare la condizione dell’abitare delle comunità locali mettendo a frutto il bagaglio di conoscenze e capacità che la contraddistingue. Insomma, c’è ancora bisogna di noi! Alberto Magnaghi, attraverso il suo ultimo lavoro, il libro ‘Ecoterritorialismo’ curato con Ottavio Marzocca [3], ha dato un significativo contributo allo sviluppo multidisciplinare del quadro concettuale e operativo del pensiero territorialista. Considerando gli elementi emergenti dai saggi raccolti in quel volume e dal dibattito svolto negli ultimi convegni della nostra Società, è possibile seguire il lavoro svolto in questo ultimo anno e mezzo, nonostante la fase delicata, a partire dal convegno “Buone pratiche territoriali nell’emergenza ecologica. Una prospettiva bioregionale” che si è svolto a Roma il 6-8 ottobre 2023, i cui atti sono in corso di pubblicazione per la cura di Alberto Ziparo e Sergio Delapierre. Un convegno centrato sull’attività dell’osservatorio con l’obiettivo di dare la parola alle pratiche territorialiste in una logica di apprendimento reciproco.
Era l’autunno del 2023. A primavera del 2024 (11-12 aprile), praticamente un anno fa, abbiamo organizzato a Firenze le due Giornate di studio e la Mostra “Il territorio bene comune. La figura e l’opera di Alberto Magnaghi”, che hanno messo in luce aspetti di particolare interesse della ricchissima biografia intellettuale di Magnaghi, offrendo anche spunti di riflessione per il lavoro futuro della SdT. Anche in questo caso, gli atti sono in fase avanzata di elaborazione e saranno a breve pubblicati a cura di Angela Barbanente, Daniela Poli e il sottoscritto.
Poi, come dicevo, c’è stato il lavoro reiterato del consiglio direttivo e i tre seminari preparatori nei primi mesi del 2025. Insomma, il nostro impegno si è sviluppato essenzialmente su tre filoni:
Abitare l’ambiente – utilizzare e andare oltre i nuovi approcci alla natura; Ricomporre la dissociazione della modernità capitalista; Accrescere la capacità di autogoverno -praticare l’autosostenibilità e sostenere lo sviluppo di comunità autopoietiche.
Per andare avanti su questi sentieri, che sono al tempo stesso di ricerca e di impegno sociale e territoriale, abbiamo i nostri strumenti di intervento, che si possono riassumere nel modo seguente:
a) l’osservatorio delle buone pratiche e i rapporti col territorio
L’osservatorio è il principale nostro strumento di interazione con i territori, almeno con quelli più interessati e dinamici. La discussione ha evidenziato come sia necessario andare oltre l’analisi delle buone pratiche, ricercando un coinvolgimento più incisivo con gli stessi territori: non solo rispondendo alle domande di sapere specialistico eventualmente espresse, ma anche con contributi strategici e operativi, continui, orientati alla definizione e costruzione di pratiche di riterritorializzazione.
b) la rivista e le pubblicazioni
“Scienze del territorio” è la rivista scientifica internazionale open access e online. Dal 2021 la direzione scientifica è composta dal direttore Paolo Baldeschi, a cui va il nostro ringraziamento e dai vicedirettori Luciano De Bonis e Marinella Gisotti. Da novembre 2024, su richiesta dell’editore Firenze University Press, Paolo Cacciari ha assunto la funzione di direttore responsabile, e di questo lo ringraziamo. La rivista ospita studi volti a valorizzare il patrimonio territoriale, con un intento di riunificazione di tutte le scienze territoriali e di ricomposizione dei diversi significati dei luoghi, nonché di incontro e mediazione tra pensiero teorico, conoscenze tecniche e locali. Ciascun numero è organizzato intorno a un nucleo tematico oggetto di specifica call for papers. Si articola in tre sezioni: “Visioni”, “Scienza in azione”, “Riflessioni sul progetto territorialista”. Abbiamo pensato di ricordare qui gli ultimi numeri usciti, volumi che come quelli precedenti rappresentano uno scrigno di ricerche territorialiste, tutti scaricabili gratuitamente:
- vol. 12, n. 2, 2024, Comunità dell’energia rinnovabile, patrimonio territoriale e transizione ecologica giusta, a cura di Monica Bolognesi, Alessandro Bonifazi, Luciano De Bonis e Franco Sala;
- vol. 12, n. 1, 2024, Territori di conflitti, convivenze, migrazioni, a cura di Ilaria Agostini, Enzo Scandurra e Diletta Vecchiarelli;
- vol. 11, n. 2, 2023, Genere e progetto dei luoghi, a cura di Chiara Belingardi e Daniela Poli.
La rivista ci è costata molto in termini di impegno e di risorse finanziarie del nostro magro bilancio. Proprio le difficoltà finanziarie ci hanno indotto ad approvare la proposta di passaggio dall’editore FUP all’editore UNICA press, casa editrice dell’Università degli Studi di Cagliari, che pubblicherà già il prossimo numero 1/2005, garantendo la completa gratuità dei servizi di hosting e assistenza tecnica, gestione, configurazione e attivazione della piattaforma OJS, produzione, promozione e divulgazione, con l’aggiunta di servizi di indicizzazione e ranking, incluso l’aiuto per le procedure relative all’iter di accreditamento.
Oltre alla proprietà della rivista, la SdT funziona anche come casa editrice con due collane attive:
“Ricerche e studi territorialisti” (Direttore: Filippo Schilleci) e “Materiali. Culture, sperimentazioni e pratiche territorialiste” (Direttrice: Maddalena Rossi), entrambe finalizzate all’attività di diffusione (ad accesso aperto) di studi e ricerche sui temi centrali nella ricerca territorialista.
La prima collana nel 2024 ha pubblicato ben tre testi, raggiungendo il numero di dodici volumi:
- Per una biografia delle città e del territorio, a cura di Filippo Schilleci
- Bioeconomia e territori: oltre la crescita. Analisi, casi di studio, esperienze e pratiche territoriali, a cura di Margherita Ciervo- Dalla protezione alla coevoluzione. Pianificazione e progettazione dei parchi naturali, di Luciano De Bonis e Giovanni Ottaviano
c) Ricerca, formazione e partecipazione (e comunicazione)
Tra le finalità principali della nostra Società c’è quella di promuovere la cultura territorialista nella didattica e nella ricerca universitaria. Ciò deve tradursi in processi e attività in grado di incidere sull’attuale situazione dell’Università, sempre più caratterizzato da un irrigidimento degli aspetti procedurali e da un sistema di vincoli che oltre a ledere l’autonomia degli atenei, non permettono più una effettiva libertà di ricerca e di insegnamento.
Nel corso del tempo la SdT ha inoltre strutturato molte relazioni internazionali in diversi contesti del nord e del sud del mondo. Aggiungo un tema, che è quello della comunicazione, cioè della necessità che abbiamo di divulgare di più le nostre attività e il senso della nostra esistenza. Abbiamo il sito (www.societadeiterritorialisti.it), ma dobbiamo andare oltre il sito: non ci possiamo permettere un ufficio stampa, ma dovremo impegnarci tutti per alimentare e ripetere l’eco di ciò che facciamo in tutti i possibili canali della comunicazione.
Allora, il congresso che si apre oggi, qui in questo spazio al tempo stesso funzionale e popolare (la Casa di Quartiere “Giorgio Costa” a Bologna, nda), adatto – mi pare – al profilo della SdT, è articolato in tre sessioni:
- Multidimensionalità della natura ed ecoterritoralismo;
- Crisi della rappresentanza, autogoverno e democrazia dei luoghi;
- La nostra visione di fronte alla retorica green e all’aggressione al territorio.
Ciascuna sessione consisterà in una introduzione di un consigliere della SdT (Filippo Schilleci, Alberto Budoni, Daniela Poli) e da una relazione (Andrea Ghelfi, Dimitri d’Andrea, Margherita Ciervo) seguita dal dibattito. Su queste linee si svilupperà la discussione sui temi congressuali, che sarà seguita, come momento finale del Congresso, dall’Assemblea dei soci alla quale spetta un compito particolarmente importante: definire il nuovo assetto della Società, con il rinnovo degli organi, cioè in primo luogo con l’elezione del consiglio direttivo e del presidente, con la presentazione delle linee programmatiche che ci guideranno nei prossimi due anni. Vi chiediamo di partecipare attivamente a tutti questi momenti, una partecipazione che anche in seguito non dovrà restare limitata ai momenti istituzionali, ma essere estesa all’attività di ciascuno di noi, ovunque ci troviamo: nell’università, nella scuola, nel lavoro, nelle istituzioni, nelle lotte, nella società in genere.
Aggiungo qualche considerazione conclusiva sui concetti che stanno alla base del lavoro territorialista, tra cui quello centrale dei beni comuni e della bioregione, fino all’ecoterritorialismo, appunto. Alberto Magnaghi ci spronava sempre a un duplice impegno: quello scientifico dei nostri studi e quello civile del nostro essere cittadini, rimettendo al centro il metodo della partecipazione che ha condito l’agire politico di tanti di noi. Una partecipazione in crisi, come la rappresentanza, che sono due ingredienti indispensabili della democrazia. Il nostro ruolo critico, antagonista e radicale (nel senso di andare alla radice) punta a una ricomposizione dei saperi intorno ad un approccio “umanistico” attento alla cultura dei luoghi, caratterizzato da una molteplicità di fattori critici tra cui: il crescente distacco, nei processi di globalizzazione, dei fini della crescita economica da quelli relativi alla realizzazione del benessere sociale; l’incapacità del sistema economico dominante di integrare organicamente le problematiche territoriali; l’inadeguatezza degli strumenti tradizionali di misurazione della ricchezza; l’allontanamento crescente dei centri decisionali dalla capacità di controllo e governo delle comunità locali; la marginalizzazione, il degrado e la decontestualizzazione dei luoghi, dei paesaggi, degli ambienti di vita delle popolazioni.
Su questa serie di criticità, chiaramente interconnesse tra di loro, si basano i principi guida dell’approccio territorialista, a partire dalla inscindibilità di natura e cultura e di quella tra territorio e storia, dalla centralità della dimensione locale, per arrivare al concetto dell’abitante competente e – come dicevo – alla pratica della partecipazione che sta alla base dell’agire democratico. Considerando come irrinunciabile l’idea di territorio come bene comune, la Società dei Territorialisti è dunque tenuta a promuovere ambiti di ricerca-azione pluridisciplinare che interessino il vasto campo delle arti e delle scienze del territorio e siano in grado di individuare risposte coerenti che trattino in forma unitaria il territorio, superando la frammentazione tipica delle discipline e delle politiche settoriali. Ne consegue che la complessa soggettività che produce territorialità non può essere rappresentata separatamente dalle tante specializzazioni disciplinari, ma da uno sforzo comune che, a partire dalle diverse specificità, sappia intercettare e elaborare soluzione ai nuovi bisogni e alle nuove domande che la società civile e la natura ci pongono. Questo è in sintesi l’orientamento territorialista
Il ritorno al territorio e al protagonismo locale possono essere quindi strumenti privilegiati per riorientare i processi di sviluppo e/o di riequilibrio economico e sociale, sia come risposta alla crisi strutturale del modello globale-capitalistico, sia come rivendicazione di un progetto locale che rimetta in gioco le risorse, le vocazioni, le potenzialità di contesti regionali che il modello di sviluppo contemporaneo ha relegato a condizioni di marginalità. Riprendo qui, in conclusione, una citazione già molto usata (ma che non sarà mai abusata) di Alberto Magnaghi: «Il territorio è un’opera d’arte: forse la più alta, la più corale che l’umanità abbia espresso… il territorio è generato da un atto d’amore perché nasce dalla fecondazione della natura da parte della cultura… ma la nostra civilizzazione tecnologica si è progressivamente liberata del territorio, trattandolo da superficie insignificante e seppellendolo di oggetti [o abbandonandolo, aggiungo io]… è necessaria dunque una rinascita… una ricerca rifondativa di relazioni virtuose, di nuove alleanze tra natura e cultura, fra cultura e storia [e fra cultura e politica, aggiungo io]»[4].
Per questo occorrono analisi diverse da quelle tradizionali, che valichino gli steccati disciplinari per pervenire ad una visione territorialista dell’economia e della società, una scienza del territorio e più in generale una cultura del territorio che includa anche la riflessione sugli stili di vita e la sperimentazione di nuove forme della politica e della democrazia.
Simili linee di pensiero ci spingono verso una più accentuata responsabilità civile, nostra come comunità scientifica, nostra come soggetti della società, nostra come individui e ancor più come collettività. A questo hanno teso, e tendono oggi più che mai, il dibattito e l’azione territorialista: una visione multidisciplinare che integri rurale e urbano, locale e globale, scienza e politica [5].
Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025
[*] Questo testo è la versione rivista della relazione introduttiva al Congresso della Società dei Territorialisti, presentata per conto del Consiglio direttivo uscente dai vicepresidenti Rossano Pazzagli e Angela Barbanente, Bologna 4 aprile 2025.
Note
[1] R. Pazzagli, Un uomo giusto, un territorialista militante. In ricordo di Aberto Magnaghi, “Dialoghi Mediterranei”, n. 64, novembre 2023.
[2] A. Magnaghi (a cura di), Territorio bene comune, Firenze University Press, Firenze, 2012.
[3] A. Magnaghi, O. Marzocca (a cura di), Ecoterritorialismo, Firenze University Press, Firenze, 2023.
[4] A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.
[5] A conclusione del Congresso, l’Assemblea dei soci ha eletto il nuovo Consiglio direttivo, il Presidente e il Vicepresidente della Società dei Territorialisti e delle Territorialiste: Ottavio Marzocca (presidente), Alberto Budoni (vicepresidente), Luciano De Bonis, Gianmarco Cantafio, Margherita Ciervo, Anna Maria Colavitti, Marco Giovagnoli, Laura Grassini, Anna Marson, Fabio Parascandolo, Daniela Poli, Maddalena Rossi, Antonella Tarpino, Filippo Schilleci, Alberto Ziparo.
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Rossano Pazzagli, insegna Storia moderna e Storia del territorio e dell’ambiente all’Università del Molise, è direttore della Scuola di Paesaggio “Emilio Sereni” all’Istituto Alcide Cervi e dirige anche la Scuola dei Piccoli Comuni di Castiglione Messere Marino (Ch). Esponente della Società dei territorialisti, direttore della rivista di storia e scienze sociali “Glocale”, è autore di numerosi articoli e libri sulla storia del mondo rurale, del paesaggio e delle aree interne, tra i quali i recenti volumi La nobile arte. Agricoltura, produzione di cibo e di paesaggio nell’Italia moderna (Pacini) e Un Paese di paesi. Voci e luoghi dell’Italia interna (ETS).
