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L’arabo parlato dalle seconde generazioni dei tunisini a Mazara del Vallo

Mazara del Vallo (ph. Randisi)

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

di Salvatore Randisi

La comunità tunisina di Mazara del Vallo si è configurata sin dall’inizio della sua formazione come una comunità diasporica unica nel suo genere. Sono diversi e di varia natura gli studi condotti sul luogo: non mancano infatti preziose e dettagliate analisi di natura storica, antropologica e culturale di questa piccola propaggine di Maghreb in territorio siciliano.

Uno dei motivi per cui la comunità in questione continua tutt’oggi a distinguersi da tante altre comunità diasporiche in altre parti del mondo, risiede nella sua particolare vitalità etnolinguistica; è stata infatti registrata all’interno della comunità una competenza attiva in arabo tunisino che va persino oltre la soglia della terza generazione (D’Anna: 2020); diversamente da ciò che in genere accade nelle comunità arabofone nella diaspora europea e statunitense (ma anche nell’Italia Settentrionale), dove la lingua dei migranti, in quanto lingua  minoritaria, va spesso incontro al proprio inesorabile declino già a partire dalle seconde generazioni (Boumans: 2001), a Mazara del Vallo l’arabo tunisino continua a rappresentare la lingua della socializzazione primaria, nonché la lingua utilizzata prevalentemente nell’ambiente domestico, almeno negli scambi intergenerazionali fra i membri della comunità (D’Anna: 2017).

9788896312780_0_500_0_75Studi da parte di ricercatori come Chiara Amoruso (2007) e Luca D’Anna (2017) hanno fatto luce sulle peculiarità linguistiche che caratterizzano il repertorio linguistico degli immigrati tunisini e dei loro discendenti, stabilitisi permanentemente sul suolo mazarese oramai da quasi sessanta anni.

Durante il mese di agosto 2024 ho avuto modo di riesaminare personalmente parte delle dinamiche linguistiche che caratterizzano il repertorio delle seconde generazioni; il riesame è stato realizzato attraverso delle interviste bilingui (in italiano e in arabo tunisino) eseguite fra le stradine della Kasbah e dentro alcuni dei tipici caffè tunisini ubicati all’interno del centro storico della città.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

La collaborazione di quasi una dozzina di soggetti di seconda generazione appartenenti alla comunità d’età compresa fra i 6 e i 45 anni, ha permesso di confermare alcune ipotesi già postulate dai due ricercatori precedentemente menzionati riguardo ai diversi gradi di bilinguismo presenti fra parlanti di seconda generazione nati in epoche differenti, in particolare tra parlanti nati prima della fine degli anni ‘90 e parlanti nati dopo; con l’inizio del nuovo millennio infatti, diversi nuclei familiari che da circa trenta anni vivevano ormai in una situazione di quasi assoluta auto ghettizzazione, iniziarono a spostarsi fuori dal perimetro della Kasbah per l’acquisto di case autonome, incoraggiati dalla maggiore facilità con cui iniziarono ad essere erogati mutui bancari con prestiti agevolati a partire dal 2005. Questo fenomeno favorì la promozione di nuovi rapporti e legami tra migranti tunisini e gente del posto, permettendo allo stesso tempo un’esposizione più decisa da parte dei migranti e dei propri figli alla lingua locale.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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La lunghissima autosegregazione dei primi nuclei familiari tunisini all’interno del perimetro della Kasbah fino alla fine degli anni ‘90, da un punto di vista prettamente linguistico, ha ai giorni nostri portato ad un generale sbilanciamento linguistico a favore dell’arabo delle seconde generazioni nate prima dell’inizio del nuovo millennio.

In altre parole, nei parlanti di seconda generazione nati prima infatti, è spesso riscontrabile una certa interferenza da parte dell’arabo tunisino sull’italiano nelle scelte di tipo lessicale e una più marcata interferenza sul piano fonetico, tanto da far percepire l’accento di alcuni parlanti di seconda generazione come straniero.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Proprio fra i tunisini di seconda generazione nati prima dell’inizio del nuovo millennio, i legami di tipo linguistico con la Madrepatria sembrano più solidi che mai.

Durante l’intervista con un uomo di 39 anni, nato a Mazara del Vallo da genitori provenienti dalla città costiera tunisina di Mahdia, l’intervistato, esprimendosi in un italiano particolarmente influenzato dal siciliano nelle scelte lessicali e nell’utilizzo dei tempi verbali, e dall’arabo tunisino sul piano fonetico, ha introdotto parte della sua infanzia in questi termini: 

Facevo dall’asilo fino a… ho fatto l’asilo qui. Dopo mio padre mi portava in Tunisia perché non sapevo parlare l’arabo completamente; diceva ‘‘stu picciliddu devo portarlo in Tunisia pi mpararisi la lin…, il tunisino’’. Ho fatto sempre di loro fino alla quinta va’, dalla quinta sono passato qui e [ho fatto qui] la prima, la seconda e la terza, fino alla terza media. 

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Questa testimonianza ci dà conferma dell’importanza e del peso che possiede il mantenimento dell’arabo all’interno della comunità, in particolar modo fra i membri più adulti delle seconde generazioni a Mazara.

Tuttavia, se da un lato i tunisini di seconda generazione nati prima del 2000 tendono generalmente a mostrare un repertorio più sbilanciato a favore dell’arabo tunisino, gli individui più giovani sembrano al contrario mostrare un repertorio più sbilanciato a favore dell’italiano. In particolare, nel corso di due interviste con due parlanti molto giovani, una bimba di sei anni ed un ragazzo di 14, entrambi originari di Mahdia, è stata registrata una maggiore padronanza della lingua italiana rispetto all’arabo tunisino. Il giovane ragazzo in particolare (caso piuttosto raro fra i tunisini di seconda generazione a Mazara), ha dichiarato e dimostrato di avere una competenza attiva nella lingua d’origine estremamente limitata; il giovane ha del resto ammesso di sentirsi molto più a suo agio con l’uso dell’italiano (anche all’interno delle mura domestiche) e di avere un gruppo di amici (suoi pari) unicamente di origini italiane.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Tuttavia, la fascia di mezzo, costituita da parlanti di età compresa fra i 18 e i 25 anni, è stata quella che ha testimoniato un bilinguismo arabo-italiano/siciliano molto più equilibrato; se da un lato la loro competenza attiva in arabo tunisino è risultata quasi totalmente paragonabile a quella di un parlante di prima generazione (principalmente sul piano morfo-sintattico), la loro competenza attiva in lingua italiana (talvolta arricchita, in maniera consapevole, da espressioni siciliane) è stata del tutto paragonabile a quella di un qualsiasi giovane siciliano appartenente a quella fascia d’età. 

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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All’interno di questo gruppo di parlanti è stato possibile registrare il particolare uso di un termine che non appartiene propriamente all’italiano/siciliano, né al tunisino, ma sembrerebbe piuttosto un prestito dall’italiano con una resa fonetica più vicina all’arabo; uno dei giovani intervistati, un diciottenne proveniente da Tunisi, durante la narrazione in dialetto tunisino della storia per immagini contenuta nel classico volumetto ‘Frog where are you?’ di Mercer Mayer, non ricordando il termine ‘nocciole’ in arabo tunisino (būfrīwa), durante il confronto con i suoi pari per trovare il termine esatto in tunisino, ha fatto uso di una sorta di ibrido linguistico, ovvero il termine ‘nūš’, inesistente sia in italiano/siciliano che in arabo, il quale è stato tuttavia perfettamente compreso dagli altri giovani tunisini di seconda generazione presenti durante l’intervista. Questo particolare fenomeno potrebbe far pensare alla creazione di un gergo tipico dei giovani di seconda generazione appartenenti a questa fascia d’età che, in determinate situazioni, funge da ‘ponte’ fra italiano/siciliano e arabo tunisino per compensare eventuali lacune lessicali nell’uno o nell’altro idioma. 

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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La presente ricognizione sul luogo, basata principalmente sui dati ottenuti dalla precedente ricerca di campo di Luca D’Anna (contenuti all’interno del suo libro ‘Italiano, siciliano e arabo in contatto. Profilo sociolinguistico della comunità tunisina di Mazara del Vallo, 2017) ha avuto anche lo scopo di sorvegliare il grado di livellamento interdialettale dei parlanti di seconda generazione. È necessario ricordare che la maggior parte dei tunisini stanziati a Mazara del Vallo proviene dalle città costiere di Mahdia (circa l’80%) e Chebba, ma, più in generale, dal Sahel tunisino per via della loro vocazione marittima che li ha spinti, sul finire degli anni ‘60, a colmare il vuoto lasciato nel settore della pesca dai figli dei mazaresi a seguito del boom economico degli anni ’60. Il resto dei membri della comunità proviene prevalentemente dalle altre città costiere, come Susa e Sfax, e da altre regioni tunisine come Tabarka (posizionata a nord-ovest del Paese, al confine con l’Algeria), Qayrawan, nell’hinterland tunisino, Zarzis (a sud-est del Paese, al confine con la Libia), e pochissimi nuclei familiari infine provengono dalla Capitale. Questa particolare mescolanza di tipo geografico ha avuto interessanti e apprezzabili risvolti sul piano linguistico della comunità, favoriti dalla coesione di un gruppo che presenta al proprio interno diverse varietà dialettali che da tempo vivono a stretto contatto e che, naturalmente, tendono ad influenzarsi a vicenda.

Proprio a causa della preponderanza numerica di tunisini provenienti da Mahdia, sembra che il dialetto parlato in questa città, con le sue caratteristiche, sia la varietà verso cui le altre presenti all’interno della comunità tendano ad allinearsi. Tuttavia, l’atteggiamento linguistico dei tunisini di seconda generazione a Mazara del Vallo spesso corrisponde soltanto parzialmente a quello adottato dai parlanti di prima generazione.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Ad esempio, nel caso specifico dei parlanti di seconda generazione provenienti da Chebba, (secondo gruppo di tunisini presenti sul suolo mazarese per numero) la diversa realizzazione nei dialetti di Mahdia e Chebba della consonante ‘ق’, (pronunciata come una occlusiva uvulare sorda [q] dal primo e come una occlusiva velare sonora [g] dal secondo), non denota gli stessi pattern osservati nelle prime generazioni. È stato già notato che il livellamento e l’adattamento dialettale da parte dei tunisini di prima generazione provenienti da Chebba, seguono dei modelli quasi prevedibili; lo shift da [g] a [q] sembra avvenire in casi ben precisi: ad esempio, nel caso in cui si parli di istruzione, la realizzazione del fonema /q/ come [q] è quella in linea di massima più utilizzata. Fra i parlanti di seconda generazione provenienti da Chebba (o da altre località tunisine in cui il fonema /q/ viene generalmente realizzato come [g]), la realizzazione del fonema /q/ come [q], oltre ad avvenire molto più frequentemente, sembra non seguire gli stessi pattern di adattamento dialettale delle prime generazioni: costoro infatti sembrano distinguersi dalle prime nell’uso spesso indistinto di [q] in luogo di [g]. In altre parole essi non livellano o adattano la propria parlata, dal momento che sono nati e cresciuti in un ambiente linguistico in cui entrambe le varianti erano già presenti, fianco a fianco. Questo dato ha trovato conferma anche all’interno di questo piccolo gruppo di intervistati, dove entrambe le realizzazioni sono presenti, e l’unico fattore che sembra aver influito sulla realizzazione più frequente di uno o dell’altro fonema sembrerebbe dato principalmente dall’origine dei genitori (i figli dei tunisini provenienti da Chebba, benché tendano liberamente a realizzare il fonema sia come [q] che come [g], sembrano comunque più inclini alla realizzazione del fonema come [g]). 

Il dialetto di Mahdia, insieme ai dialetti giudeo-arabi un tempo parlati in Tunisia, rappresenta un’eccezione per quanto riguarda la conservazione delle consonanti interdentali. Infatti, le varietà tunisine sono molto conservatrici a livello fonetico, e tendono a preservare le originarie interdentali; se pertanto i fonemi interdentali /ṯ/,/ḏ/ e /ḏ̣/ si sono conservati in quasi tutte le varietà tunisine, essi vengono invece realizzati rispettivamente come [t],[d] e [ḍ] nel dialetto di Mahdia.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Tuttavia, se i tunisini a Mazara (specialmente quelli provenienti da Chebba) tendono ad adattare la loro originaria [g] in [q] in quanto avvertono questo fonema come un’isoglossa tra la propria varietà e quella della maggioranza (Mahdia), lo stesso non avviene con le consonanti interdentali; le varianti minoritarie (come appunto le interdentali a Mazara) hanno maggiore possibilità di sopravvivenza a scapito di quelle maggioritarie se rappresentano una scelta non marcata. Inoltre, a dare ‘manforte’ alla sopravvivenza delle interdentali potrebbe influire il fatto che, a Mazara del Vallo, i fonemi interdentali siano preservati nelle originarie varietà di parlanti provenienti da tutte le altre città tunisine: oltre a Chebba quindi, Tunisi, Susa, Qayrawan, Tabarka, Sfax etc. I fonemi ض /ḍ/ e ظ /ḏ̣/, in quasi tutti i dialetti tunisini inoltre non vengono più distinti (Versteegh Kees, Mushira  Eid, Alaa Elgibali: 2009), e si ha pertanto un’unica realizzazione per entrambi, ovvero /ḏ̣/ (fonema non presente nell’inventario fonematico del dialetto di Mahdia).

All’interno delle interviste, 8 parlanti su 11 hanno mantenuto intatta la realizzazione delle interdentali; fra questi 11 individui, cinque provengono da Mahdia, due da Chebba, due da el-Jem, uno da Tunisi e uno da Tabarka.

Un fattore molto interessante è costituito dal fatto che proprio le interdentali, non presenti nel repertorio consonantico del dialetto di Mahdia, abbiano fatto la loro comparsa anche durante le interviste di due dei cinque soggetti originari di Mahdia. La media, in termini di conservazione e utilizzo delle interdentali, potrebbe perfino salire se qui non fossero tenute in considerazione le due interviste con i due giovani soggetti precedentemente menzionati provenienti da Mahdia di 6 e 14 anni, i quali, durante l’intervista in arabo tunisino hanno mostrato un elevato tasso di code-switching con l’italiano, riducendo di fatto la quantità di lessico arabo analizzabile.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Durante la ricerca di campo è stato inoltre possibile trovare ulteriore conferma del maggiore utilizzo delle interdentali ed anche della già menzionata unica realizzazione in /ḏ̣/ dei fonemi ض /ḍ/ e ظ /ḏ̣/ in un errore ortografico contenuto dentro un cartello posto all’entrata di una moschea ubicata all’interno del centro storico. 

Il cartello cita letteralmente: «Per favore, l’ingresso alla moschea per la preghiera del mattino, dalla porta delle donne. ‘‘Grazie’’». L’errore in questo enunciato si trova proprio all’interno dell’espressione araba ‘‘من فظلكم ‘‘ (min faḏ̣likum) ovvero ‘per favore’, dove la fricativa interdentale sonora enfatica ظ /ḏ̣/ viene confusa con l’originaria e appropriata occlusiva alveolare sonora enfatica ض /ḍ/ proprio per la tendenza dei dialetti tunisini a far convergere entrambi i fonemi in una fricativa interdentale sonora enfatica /ḏ̣/.

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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La preservazione delle interdentali può tranquillamente essere considerata pertanto la scelta non marcata per i tunisini della comunità di Mazara.  Questo potrebbe spiegare la loro frequenza più elevata, in termini di conservazione, rispetto alla realizzazione decisamente più marcata della sonora [g]. Benché a Mazara, i parlanti provenienti da Chebba tendano ad adattare in qualche modo il proprio dialetto a quello di Mahdia attraverso la realizzazione della propria originaria [g] in [q], costoro, come già detto, preservano quasi sistematicamente i loro nativi fonemi interdentali. Questa apparente contraddizione deriva dall’errata convinzione secondo cui, quando avviene una variazione, i parlanti passano totalmente da un dialetto ad un altro. Il processo, al contrario, non implica che debba esserci un dialetto che rimpiazzi tutti gli altri dialetti, ma una determinata variante dialettale di un elemento individuale che rimpiazza tutte le altre varianti. In questo caso specifico, l’elemento individuale, la variante [q], sta prendendo il posto, in misure differenti, dell’elemento individuale [g], mentre i fonemi interdentali in linea di massima, vengono conservati dagli stessi parlanti. 

Benché, come già detto, l’arabo tunisino continui a rivestire un ruolo di estrema importanza all’interno della comunità tunisina di Mazara del Vallo e la coesione della stessa comunità ha permesso un livellamento dialettale non indifferente fra le diverse varietà di arabo tunisino in contatto, non è per nulla certo che la situazione possa culminare nella formazione di un vero e proprio dialetto arabo di Mazara del Vallo, come avvenuto nel caso dell’inglese coloniale in Nuova Zelanda descritto da Trudgill (Trudgill, Peter: 1998).

Mazara del Vallo (ph. Salvo Randisi)

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Tentare di tracciare un profilo uniforme della varietà di arabo tunisino in formazione a Mazara o postulare delle ipotesi su quanto potrebbe accadere alle future generazioni sarebbe pertanto un obiettivo molto poco realistico. Sarebbe pertanto utile ricordare che in una simile situazione, caratterizzata da continui cambiamenti promossi ad esempio dall’esodo di tanti giovani di seconda generazione verso altre mete (Italia settentrionale o altri Paesi europei), seguita da un continuo rinnovo dell’assetto della comunità, garantita dal ‘rimpiazzo’ di questi giovani da parte di altri tunisini di prima generazione che giungono a Mazara generalmente per l’unione in matrimonio con membri della comunità, risulterebbe del tutto azzardato il tentativo di fare delle previsioni riguardo al futuro della comunità sia in termini di mantenimento linguistico, sia per quanto riguarda il raggiungimento di un livellamento dialettale più distinto. Proprio per via della sua natura alquanto imprevedibile, la comunità dei tunisini di Mazara del Vallo meriterebbe sicuramente studi molto più approfonditi mirati al controllo e alla valutazione delle sue dinamiche etnolinguistiche che nel tempo continueranno sicuramente ad evolversi, con particolare riguardo verso il mantenimento e l’utilizzo dell’arabo tunisino da parte delle terze generazioni di cui, al giorno d’oggi, mancano ancora dati degni di nota.   

Dialoghi  Mediterranei, n. 73, maggio 2025
Riferimenti bibliografici  
Amoruso, Chiara, 2007. I tunisini e le lingue di Mazara del Vallo. Percorsi stranieri nel repertorio locale. Università degli studi di Lecce, Tesi di dottorato. 
Amoruso, Chiara, 2007. La seconda generazione (mancata) dei tunisini di Mazara del Vallo: ritardo linguistico ed esclusione sociale. RID 31. 
Boumans, Louis 2001. Moroccan Arabic and Dutch: Languages of Moroccan youth in the Netherlands. Multilingualism in Morocco and Moroccan Communities in Europe; Edited by Jan Jaap de Ruiter. 
D’Anna, Luca, 2020. Arabic and contact-induced change; Arabic in the diaspora, by Luca D’Anna Università degli Studi di Napoli, Christopher; Manfredi Lucas (Stefano). 
D’Anna, Luca, 2017. Italiano, siciliano e arabo in contatto. Profilo sociolinguistico della comunità tunisina di Mazara del Vallo, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo. 
Quay, S.; Montanari, S. 2018. “Bilingualism and Multilingualism”. De Houwer, A.; Ortega, L. (eds), The Cambridge Handbook of Bilingualism. Cambridge: Cambridge University Press. 
Trudgill, Peter, 1998. The chaos before the order: New Zealand English and the second stage of new-dialect formation. 
Versteegh Kees, Mushira  Eid, Alaa Elgibali, (1 ottobre 2009). Encyclopedia of Arabic Language and Linguistics, Volume 4, Brill Academic Pub; 1° edizione. 

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Salvatore Randisi, laureato con tesi magistrale in Lingue, culture e traduzione letteraria (LM-37) presso l’Università di Macerata; che ha avuto come obiettivo principale il riesame, sulla scia del precedente lavoro del dialettologo Luca D’Anna, di determinate dinamiche linguistiche proprie delle seconde generazioni dei tunisini di Mazara del Vallo.

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