di Masoud Hooshmandrazavi
Introduzione
Il 4 dicembre 2024, la festa di Mehrgan, una delle celebrazioni antiche più importanti nella storia culturale della terra iraniana, è stata iscritta congiuntamente dall’Iran e dal Tajikistan nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. L’iscrizione globale di questa celebrazione è significativa in quanto è l’unico rito sopravvissuto al mondo che può essere attribuito, con o senza mediazione, al rito del Mitraismo, un sistema religioso che ruotava attorno a Mitra (Mehr), il dio della benedizione, della luce e della grazia, dell’amicizia, della cavalleria e della guerra.
Questo sistema religioso si sviluppò nel periodo dei Parti in Iran e in Europa, coincidente con l’inizio della predicazione del Cristianesimo, e fu la fonte di un movimento etico (umanismo) che, esplicitamente o implicitamente, influenzò vari aspetti della società, della cultura e della spiritualità iraniana e con concetti filosofici complessi, esercitò una profonda influenza sulla cultura e sulle credenze di una vasta porzione dell’umanità, da quelle del Giappone fino ai territori dell’antico Impero Romano e dell’Inghilterra. Almeno grandi parti di tre continenti, Asia, Europa e Africa, furono attraversati da questo influsso.
Questo evento offre un’opportunità e un’occasione per esaminare nuovamente questo misterioso culto e indagare sugli aspetti sconosciuti di questa religione. Questo articolo, mentre fornisce una breve narrazione sul culto di Mitra nel mondo e su come si sia diffuso dall’India e dall’Iran all’Europa, nonché l’introduzione dei simboli principali del Mitraismo, rivisitando anche i rituali segreti di iniziazione, che sono uno degli aspetti più misteriosi di questo culto, cercherà inoltre di esplorare le radici e gli aspetti iraniani e indiani di questa religione prima del suo ingresso in Europa.
È necessario spiegare che, sebbene il culto di Mitra nella sua forma originaria e antica sia scomparso, il suo nome è ancora pronunciato dai ricercatori e molte delle dimensioni complesse di questa religione iraniana rimangono ancora sconosciute e misteriose. Archeologi, storici delle religioni, linguisti e astronomi sono ancora alla ricerca degli aspetti nascosti del Mitraismo, impegnati a svelarne i segreti nascosti sotto il velo del mistero. In particolare, in Europa e nell’Occidente, se il culto di Mitra non fosse ben compreso, la storia dell’inizio del Cristianesimo, che si radicava durante l’epoca di diffusione del Mitraismo in Europa, rimarrebbe oscura e ambigua.
Il mitraismo dalla nascita alla decadenza
La ricerca sulla religione di Mitra talvolta incontra grandi difficoltà. Nei Paesi orientali, i documenti relativi a questa religione sono esclusivamente di tipo scritto, mentre in Occidente l’unica testimonianza sopravvissuta sono i resti storici. Secondo il grande studioso Franz Cumont, uno che vuole indagare sulla religione di Mitra si trova nella stessa situazione di chi vuole fare ricerca sul cristianesimo, avendo come unica testimonianza la Bibbia e le chiese medievali. Il risultato di questa carenza di documenti è che le nostre conoscenze su Mitra sono incomplete e frammentate. Per questo motivo, le nuove scoperte e ricerche sono molto utili e vengono prese in considerazione.
Tuttavia, ciò che si è ricavato da queste testimonianze indica che gli ariani della branca indo-iraniana, prima di giungere nell’altopiano iraniano e nel subcontinente indiano, seguivano il culto di Mitra (Mehr). Questo culto, dopo la loro migrazione e insediamento in diverse regioni, rimase comune fino all’arrivo della nuova religione. Questa comunanza può essere osservata nelle opere religiose successive al mitraismo – i Veda e l’Avesta – nell’arte, nella letteratura e nella cultura popolare di questi popoli [1].
La religione che seguivano era un culto poliedrico, in cui Mehr (Mitra) era il dio supremo. Secondo la dottrina mitraica, Zervan (Zarvan o Zorvan), il dio primordiale, creò Mitra [2]. Questo culto era diffuso in Iran fino all’emergere di Zoroastro e della religione zoroastriana, e la testimonianza più antica che si possiede risale a almeno 1500 anni prima di Cristo [3]. Se consideriamo che il periodo di Zoroastro sia stato intorno al 1200 a.C. [4], il Mitraismo era diffuso in Iran circa 3.500 anni fa. Mehr (Mitra) è citato nell’Avesta e nelle iscrizioni dei re Achemenidi come “Mithra” e in sanscrito come Mitra. In Pahlavi, il suo nome divenne “Mitr”, che oggi conosciamo come “Mehr” [5].
Nelle narrazioni greche, gli storici fanno riferimento a Mitra con il suo nome greco Mithres nel libro di Ciro (Cyropedia). Xenofonte scrive che i re Achemenidi giuravano su Mithra. Plutarco narra che Dario, in un’importante questione, ordinò a uno dei suoi cortigiani di dire la verità e temere Mitra. Questi riferimenti indicano che, fin dai tempi antichi, Mitra era simbolo di verità, e i bugiardi venivano puniti. Curtius scrive che Dario, nella guerra contro Alessandro, vicino ad Arbela, chiese a Mitra di dare la vittoria al suo esercito. Questo è in consonanza con quanto riportato nell’Avesta, dove Mitra è descritto come un angelo a cui si chiede aiuto, soprattutto nei campi di battaglia.
Mitra, tuttavia, nei Veda ariani significa “amico” o “alleanza”, mentre “Mehr” in persiano significa amicizia, amore e anche sole, oltre a essere il settimo mese del calendario solare iraniano. Inoltre, Mehr rappresentava anche un “giuramento” o una “alleanza” e Mitra era il dio della luce che proteggeva gli accordi e le persone fedeli agli impegni presi. Nella religione mitraica, Dio è un essere eterno e onnipotente, che governa l’universo infinito. L’unica caratteristica umana che esiste in lui è la ragione, che è presente in perfetta forma: «All’inizio e alla radice di ogni cosa c’è la ragione, che è Dio, ma la ragione divina è separata dalla ragione umana, che è sempre soggetta agli attacchi delle forze dell’immaginazione e dei sentimenti». Tutte le religioni basate sulla tradizione sostengono di conoscere questo Dio. Questo Dio in Grecia era Zeus, ad Alessandria Serapide, in Siria Haddad e Baal, e a Palmira Baal Shamim.
Con l’apparizione di Zoroastro in Iran e secondo i suoi insegnamenti religiosi, dove gli dèi furono divisi in divinità del bene e del male, Mitra, che era uno degli dèi più importanti prima della scrittura dell’Avesta, entrò nella religione zoroastriana, ma occupò una posizione inferiore a quella di Ahura Mazda, rimanendo uno degli dei supremi. La sua importanza nella nuova religione era tale che l’“Yasht” dedicato a Mitra – il decimo Yasht – divenne uno dei più importanti. Nell’“Yasht” dedicato a Mitra, si legge in un passo di Ahura Mazda: «Ahura Mazda disse a Spitaman Zoroastro: O Spitaman, quando io creai Mitra, il dio delle grandi praterie, lo lodai con la stessa maestà con cui creai me stesso, Ahura Mazda» [6].

Taq Bostan – Mitra assiste il rappresentante di Ahura Mazda all’incoronazione di Sapore II (Kermanshah – Iran)
Durante il periodo achemenide, soprattutto a partire dal regno di Artaserse II, Mitra, insieme a Ahura Mazda e Anahita, sono le tre principali divinità menzionate nelle iscrizioni. In una delle iscrizioni di Artaserse II si legge: «Ahura Mazda, Mitra e Anahita sono i miei protettori», e Artaserse III afferma: «Ahura Mazda e il dio Mitra siano i miei protettori» [7].
Nel Mehryasht, la guerra, il coraggio, il mantenimento degli impegni e la protezione degli stessi sono le qualità principali di Mitra che vengono menzionate. Una delle funzioni più importanti di Mehr (Mitra) era quella di intermediario tra il dio supremo inaccessibile e gli esseri umani, poiché lui si trovava tra il paradiso di Ahura Mazda e l’inferno di Ahriman e, perciò, veniva chiamato l’intermediario [8]. Con queste caratteristiche, Mitra è sempre in conflitto con l’elemento del male e difende e sostiene le buone opere della creazione e tutto ciò che appartiene ad Ahura Mazda. Lui impedisce la distruzione causata dalle tempeste e, se si verifica una siccità, lancia una freccia dal suo arco che fa sorgere l’acqua dalla terra [9].
Vermaseren scrive: «I seguaci di Mitra credono che la vita in questo mondo non sia l’ultima fase dell’esistenza, ma che la vita umana sia una porta attraverso la quale l’uomo passa per entrare in un altro mondo e ottenere una vita eterna. Se è virtuoso, va in paradiso, e se è peccatore, si dirige verso l’inferno. Così, quando arriva il giorno del giudizio, i morti si sollevano dalle loro tombe[resurrezione], e poi Mitra chiama ciascuno per nome, quelli che hanno compiuto buone azioni e sono virtuosi vanno nel cielo luminoso (l’ottavo livello), mentre quelli che hanno compiuto azioni malvagie vengono gettati nel regno delle tenebre» [10].
Il Mitraismo non si limitò all’Iran e all’Oriente, ma questa religione, a partire dal I secolo a.C., prese una forma particolare in Asia Minore e da lì si diffuse a Roma e in Europa, dove rimase popolare per circa quattro secoli nell’Impero Romano, specialmente tra i soldati romani. Fu un serio rivale del Cristianesimo, ma alla fine, con la vittoria definitiva del Cristianesimo alla fine del IV secolo d.C., iniziò a declinare. Tuttavia, così come con l’arrivo della religione zoroastriana in Iran, le basi del culto di Mitra non furono completamente distrutte, in Europa e a Roma molte tradizioni e insegnamenti di questa religione entrarono nel Cristianesimo, tanto che si può dire che il culto di Mitra (Mitraismo), dopo il V secolo, continuò la sua espansione sotto il nome di Cristianesimo (all’interno delle pratiche cristiane).
Dopo la caduta dei Sassanidi in Iran e in gran parte dell’Asia Minore e del Medio Oriente, il culto di Mitra continuò la sua esistenza sotto una forma particolare di mistica e filosofia, una parte significativa della quale influenzò la Hikmat-i Ishraq (La Filosofia dell’Illuminazione) e la Hikmat-i Khusrawani (La Filosofia di Khusrawani), che continuano essenzialmente gli stessi insegnamenti [11].
La nascita di Mitra e la sua missione nelle leggende iraniane e in quelle romane
Il poeta romano Stazio scrisse: «Mitra, sotto le rocce della caverna in Iran, si impadronì delle corna del toro testardo». Nei templi dedicati a Mitra, il 25 dicembre è il giorno in cui si celebra la nascita di Mitra e la manifestazione di una nuova luce. La nascita di Mitra è un concetto straordinario per gli occidentali, poiché una sua forza interiore e magica lo ha fatto emergere da una roccia nel mondo esterno.
Mitra, in questa rappresentazione, è completamente nudo e indossa un cappello frigio. Alza una mano, nella quale tiene un pugnale e una torcia. Lui è il generatore della luce e nasce dalla pietra. Una roccia, gravida, ha partorito Mitra. Non appena Mitra nasce, è pronto per svolgere grandi imprese. La sua spada è pronta a uccidere il toro, mentre l’arco e la faretra legati alla sua vita sono pronti per la caccia o per un miracolo. La caverna di Mitra simboleggia il ciclo cosmico. La roccia è un simbolo del cielo che irradia luce sulla terra. A volte, in alcune rappresentazioni, fiamme emergono dalla roccia (come ad esempio nella zona di Dura) e persino dal cappello frigio. A volte si vedono stelle sul cappello frigio, il che implica che il cappello frigio, come la caverna, può simboleggiare il ciclo del tempo. Nel libro sacro orientale, in particolare nel decimo Yasht del Avesta, chiamato Mehryasht, si dice che intorno alla testa di Mitra c’è un’aureola dorata e che sopra il monte Hera Bezraiti (Alborz, una catena montuosa nel nord dell’Iran) brilla e osserva i territori ariani.
Secondo una teoria zoroastriana, Mitra è nato dall’unione tra la terra e Ahura Mazda. Tuttavia, in altre leggende, questa teoria non è accettata, e si crede che Mitra sia nato dalla roccia. In una raffigurazione trovata nella zona di Saint-Ouen, in Francia, Mitra emerge in modo luminoso e ardente dalla roccia, simboleggiando il suo spirito infuocato. La credenza che il dio della luce (Mitra) nasca da una roccia si basa su un’antica tradizione, probabilmente il risultato della sorprendente scoperta dell’umanità primitiva, che otteneva il fuoco dalla frizione di due pietre focaie.
La nascita di Mitra è un evento cosmico. Quando nasce, ha una sfera in una mano e l’altra mano è posata sulla regione zodiacale. Mitra è il sovrano dell’universo, per questo motivo vengono rappresentati anche gli dèi dei quattro venti e degli elementi. In alcune rappresentazioni, ci sono pastori presenti al momento della nascita di Mitra, ma più frequentemente sono solo due portatori di torce che osservano il suo parto con grande meraviglia. Su una scultura trovata nella zona di Petra, due portatori di torce aiutano Mitra. Nella regione di Ludovisi, è stata trovata una scultura che mostra due portatori di torce in abiti trasparenti, mentre estraggono Venere dalle onde schiumose del mare.
Per analogia, si può dire che nelle sculture di Petra, quei due sono i portatori di torce che sollevano delicatamente il giovane Mitra dalla terra. Nella parte superiore di questa scultura, si vede Saturno, il dio della vittoria, che corona Mitra, e accanto a lui c’è un pugnale che Mitra riceverà. In una scultura trovata nella zona di Dura, Saturno è rappresentato sopra una nuvola o sulla cima di una montagna alberata, con una spada corta nella mano destra, dotata di un gancio.
Sopra la sua testa c’è un ramo d’ulivo, simbolo che equivale a una corona di fiori di oleandro, che il dio della vittoria porge a Mitra. Nella scultura trovata a Diborg, Saturno è seduto su una roccia, immerso in pensieri profondi e tiene un coltello nella mano destra. In un’altra scultura trovata nella zona di Nerza, nel centro d’Italia, è chiaramente visibile il gancio della spada. Saturno offre a Mitra il coltello per uccidere il toro; forse Saturno prende il gancio perché è il dio dei mietitori.
Tuttavia, in alcune sculture, Saturno non appare, e al suo posto ci sono altri dèi delle onde, come Esanus o Nettuno, che compaiono al momento della nascita di Mitra. Nella zona di Verona, è stata trovata una scultura che rappresenta Nettuno con corna sulla testa, mentre accanto a lui c’è sua moglie Amfitrite. In alcuni dipinti, accanto alla nascita di Mitra, si vede anche una fonte d’acqua, ma nella scultura conservata nel Museo di Firenze, solo Esanus è presente. Nel secondo tempio di Hedernheim, sulla parete, è rappresentata la nascita di Mitra, con Esanus, Cautopates e Selus e Cautes visibili intorno a lui. L’identità di questi dèi è chiaramente visibile nell’iscrizione sulla parete. Come interpretare la presenza di questi dèi attorno a Mitra? La risposta è che questi dèi sono forze primordiali della creazione, che erano presenti e osservavano al momento della nascita di Mitra (il dio e creatore), e li sostenevano continuamente.
Il nome Saturno significa raccoglitore di frutta, e Mitra, uccidendo il toro sacro, porterà i frutti della terra agli esseri umani. Mitra è anche capace di tirare acqua dalla roccia dura con il suo arco e creare una fonte che non si prosciugherà mai. Da qui si capisce la presenza di Saturno nei rituali sacrificatori del toro nella scena di San Prisco. I sacerdoti mitraici concentrarono la loro attenzione su Saturno, non su Nettuno, poiché Saturno, chiamato anche Crono, aveva una connessione con Zarvan (Zorvan), il dio del tempo per gli iraniani, e con Eone, il dio del tempo greco. Sono stati trovati delle statue di Mitra che simboleggiano come il dio del tempo supervisioni l’anno solare, che ruota secondo il calendario basato sullo zodiaco. In effetti, Mitra è sia Saturno che Esanus.
Mitra è la fonte della forza creativa sulla terra e genera l’acqua, per questo motivo il padre o maestro (pir o morshed in persiano) dei mitraici è il rappresentante di Mitra sulla terra, e Saturno lo sostiene (San Prisco). Mitra è anche conosciuto come il dio della creazione e delle forze naturali, e in alcuni simboli, è visto insieme ad altri dèi romani, tra cui Saturno ed Esanus. Saturno, dio della vittoria e della fertilità, appare in varie scene accanto a Mitra e gioca un ruolo vitale nei rituali di sacrificio del toro. Questo atto, secondo i seguaci di Mitra, simboleggia la rinascita della vita che avviene con l’uccisione del toro sacro.
In alcune sculture, Mitra è mostrato come vittorioso sul toro, che può essere un simbolo della luna. Secondo la dottrina mitraica, la luna agisce come la forza che dà origine e vita sulla terra. In alcuni casi, Mitra solleva il toro sulle spalle e lo porta verso la caverna, simboleggiando la fase di transizione e il superamento degli ostacoli della vita.
Queste tradizioni e credenze sono state ritrovate in vari reperti archeologici nelle zone lungo il fiume Danubio e nelle aree circostanti, e mostrano chiaramente che Mitra e il sacrificio del toro fanno parte di un ciclo naturale e cosmico. Questi rituali e immagini ci dicono che i seguaci di Mitra, per raggiungere la perfezione, devono, come Mitra, svolgere i propri doveri con impegno e fede. Alla fine, la nascita e il sacrificio del toro di Mitra sono simboli di resurrezione e di nuova creazione della vita che avviene nella stagione primaverile, quando il sole entra nel segno del Toro. Questo rituale ha molte somiglianze con le altre celebrazioni primaverili di resurrezione e ritorno della vita nelle antiche religioni.
Mitra e la sua connessione con le leggende iraniane e indiane: la leggenda del primo uomo
Poiché la patria e la base principale della religione di Mitra sono l’Iran e l’India, e questa religione, secondo Nyberg, era diffusa prima della comparsa di Zoroastro [12], fino al punto che Abu Rayhan Biruni sosteneva che Zoroastro provenisse da un popolo che praticava la religione solare (Mitra) e che i zoroastriani avessero tratto alcuni dei loro riti religiosi da questa religione, diventa quindi necessario esplorare la figura di Mitra nelle opere zoroastriane e nella letteratura influenzata da esse [13]. Specialmente considerando che Zoroastro è colui che fin dall’inizio, nelle “Gatha” (Yasna 32), si oppone alla religione di Mitra e agli elementi centrali di essa, come il sacrificio del toro e l’uso dell’haoma (una pianta narcotica utilizzata nei rituali mitraici e in persiano si chiama Hum). Secondo Nyberg, l’opposizione contro Zoroastro proviene dalla comunità di Mitra [14].
La popolarità di Mitra in Iran era tale che, nonostante la rimozione del suo nome nelle Gatha nell’Avesta tardivo, gli è stato comunque attribuito un ruolo importante e il Mehryasht è stato riorganizzato sotto l’influenza crescente di Mitra nel pensiero iraniano, il che dimostra la grande diffusione della religione mitraica tra la gente [15]. In effetti, la religione zoroastriana, pur confrontandosi con la vecchia religione mitraica e cercando di decostruirla e eliminarla, finì per assorbire Mitra e molti degli elementi mitraici nell’Avesta, mentre il mitraismo non zoroastriano continuò ad esistere. Durante il periodo degli Arsacidi, Mitra prese il posto di Ahura Mazda nel centro del potere [16], e, secondo alcune versioni, l’espansione globale della religione di Mitra avvenne proprio in quel periodo.
Uno dei più importanti scritti in cui è ben documentata la relazione tra i discorsi mitraici e zoroastriani è il Shahnameh di Hakim Abu al-Qasem Ferdowsi, uno dei più grandi poeti, letterati, narratori epici e storici iraniani. Una delle storie più rilevanti del Shahnameh, basata sui legami tra questi due discorsi, è quella di Jamshid. L’analisi delle fonti disponibili su Jamshid e il confronto con le tradizioni vediche e zoroastriane su Mitra, nonché con i resti del mitraismo occidentale, rivela molte somiglianze tra Jamshid e Mitra e una profonda connessione tra Jamshid e il modello mitraico. Tra gli dèi di Mitra e tra gli eroi mitologici, Jamshid ha il legame più profondo con il Sole, poiché Mitra è una divinità di origine solare [17] e Jamshid ha anche una natura solare, al punto che nella mitologia indiana il padre di Jamshid, Viosont, è il dio del Sole [18]. Nei testi zoroastriani e nel Shahnameh, il legame tra Jamshid e il Sole è chiaramente evidente. Inoltre, il volo di Jamshid con il suo carro (trono) dal monte Damavand e il suo aspetto solare nel cielo [19] ricordano il carro di Mitra nel cielo sopra il monte Alborz (Mehryasht).
Il legame profondo tra Mitra e Jamshid con la vita pastorale è una delle loro missioni comuni. Oltre all’uso dell’espressione “Vastis Charahgâh” (che significa proprietario di vasti pascoli) come una delle qualità fisse di Mitra nei testi zoroastriani, Mitra è descritto esplicitamente come il donatore e protettore del gregge [stessa fonte]. L’uso dell’aggettivo fisso “Howtu” (possessore di buoni greggi) per Jamshid nell’Avesta [20] e la sua richiesta di nutrire le greggi create da Mazda (Gush Yasht, capitolo 2) suggeriscono il suo ampio legame con l’allevamento del bestiame. Ancora oggi, tra le tribù turche pagane della Siberia meridionale, Jamshid è venerato come il dio degli animali [21].
Un altro segno della connessione tra Mitra e Jamshid è il sacrificio del toro. Al centro delle cerimonie del mitraismo, Mitra sacrificava un toro e Jamshid, che insegnò agli uomini a mangiare carne, è associato a questo sacrificio. Inoltre, Mitra, Jamshid e il rituale dell’Haoma (Hum) fanno parte di un unico ciclo. Come indicato nel Yasna (Haoma Yasht), il padre di Jamshid è il primo a schiacciare la pianta di Haoma, e come ricompensa di quest’atto, Jamshid gli fu dato. Quindi, Jamshid e suo padre sono i fondatori del rito dell’Haoma (Hum) [22]. Inoltre, il culto dell’Haoma è uno degli elementi centrali della religione di Mitra [stessa fonte].
Mitra e Jamshid hanno anche un legame stretto con il mondo dei morti e con una funzione escatologica. Per esempio, nelle fonti pahlavi, tra i compiti principali di Mitra ci sono il giudizio delle azioni delle anime [23] e il suo ruolo nell’ultima battaglia contro le forze malvagie [24]. Jamshid, nella mitologia vedica, è il re del regno dei morti e dio della morte [25] (scelte dei canti del Rigveda) e nelle narrazioni zoroastriane, dopo la sua penitenza, raggiunge la signoria del purgatorio[ 26]. Nelle narrazioni indiane, Jamshid è responsabile del giudizio delle anime dei defunti [27]. Il ruolo escatologico di Jamshid si manifesta nella funzione escatologica del “Vār Jamkard” (il luogo associato al palazzo di Mitra o al ponte Sirat), poiché dopo l’inverno di Malcusān e la distruzione del popolo del mondo, la ricostruzione delle persone e degli animali avviene dal “Vār Jamkard” [28].
Secondo Kristensen [29] e Dushan Gimen [30], il mito di “Vār Jamkard” apparteneva originariamente a una tradizione diversa dalla zoroastriana e aveva un ruolo molto importante nell’escatologia iraniana. Il compito principale di Mitra era sorvegliare i patti e proteggere l’ordine e la verità. In una narrazione (Minoye Kherad, domanda 26, paragrafo 33), questo compito è stato attribuito anche a Jamshid, poiché egli restituì il patto cosmico che Ahriman aveva divorato [31]. La connessione tra Mitra e Jamshid con i festeggiamenti di Mehrgan e Nowruz(due importanti feste iraniane antiche) evidenzia anche il legame tra queste due figure.
Mehrgan, oltre ad essere associato a Mitra, è legato anche a Jamshid, poiché secondo la credenza iraniana, Mehrgan è la festa della cattura dell’assassino di Jamshid, cioè Zahhak (il nome di un re tirannico nel libro di Shahnameh che fu rovesciato dalla ribellione di Kaveh Ahangar). Inoltre, Nowruz, pur essendo associato a Jamshid come il suo fondatore, è in qualche modo connesso a Mitra. Prima di tutto, questo giorno coincide con l’ingresso del Sole di Mitra nel segno dell’Ariete e il suo rinnovamento, così come la festa di Nowruz celebra la vittoria e il pieno dominio di Jamshid. In molte narrazioni riguardanti l’origine di Nowruz, la trinità di Jamshid, Nowruz e il Sole è completamente chiara [32].
L’inclusione di Yama al posto di Mitra nella coppia Mitra-Viruna può anche essere vista come un segno del legame stretto tra Mitra e Jamshid. Nel Rigveda, le due divinità Mitra e Varuna sono così strettamente legate che formano quasi una coppia inseparabile sotto il nome di Mitra-Varuna [33] (scelte dei canti del Rigveda). Secondo Zener, almeno in due brani del Rigveda, Yama prende il posto di Mitra nella coppia Mitra-Varuna, poiché in questi brani, contrariamente alla norma, non si parla di Mitra ma di Yama accanto a Varuna [34].
L’emergere della religione zoroastriana e la sua opposizione alla religione mitraica e agli elementi e alle figure centrali di essa portano a un rifiuto e una negazione di Jamshid. Questo rifiuto inizia con l’attribuzione di colpa a Jamshid (il sacrificio del toro come il primo animale) e la sua condanna, continuando con l’appropriazione delle sue caratteristiche e funzioni da parte di Kiumarth (il primo uomo).
Le prime scoperte relative ai testi di Mitra orientale in Iran e in India
Nel 1907, nella regione di Boğazköy, capitale dell’antico regno degli Ittiti situato nell’Anatolia nord-occidentale, furono trovate delle tavolette di argilla sulle quali per la prima volta appare il nome di Mitra con questa stessa ortografia. Queste tavolette contengono un trattato concluso tra gli Ittiti e i loro vicini, i Mitanni, nel quale si invoca Mitra e il dio del cielo affinché garantiscano la durata dell’accordo. Gli storici concordano sulla data della firma di questo trattato, che sarebbe avvenuta nel XIV secolo a.C.
Tuttavia, l’ultima prova che contiene il nome di Mitra e che è stata trovata in Occidente risale a circa cinque secoli dopo la nascita di Cristo. Il trattato antico tra gli Ittiti e i Mitanni mostra che gli antenati degli Indo-Europei conoscevano Mitra in quell’epoca. Pertanto, non è sorprendente trovare il suo nome tra i popoli dell’India e dell’Iran [35]. Nel Veda, il testo sacro degli antichi indiani, il nome di Mitra appare ripetutamente, e il suo significato è “patto” o “alleanza”. Nel libro sacro degli antichi iraniani, l’Avesta, il nome di Mitra appare e vi è un inno intitolato Mehryasht in suo onore.
Sia nel Veda che nell’Avesta, il nome di Mitra appare insieme a quello di Varuna e Ahura Mazda, il dio supremo. Tuttavia, è necessario riconoscere diverse fasi nei due testi. Sebbene abbiano sezioni molto antiche, alcune parti sono molto più recenti, e per questo motivo il nome di Mitra non conserva sempre lo stesso significato, e le concezioni su di lui cambiano frequentemente. Gli orientalisti ritengono che nelle antiche epoche ci fosse una competizione tra i seguaci di Mitra e i devoti del dio del cielo.
Vermaseren afferma che, per comprendere meglio la religione di Mitra, non si deve mai dimenticare la dualità che esiste nelle religioni iraniane. Ahura Mazda è il dio della saggezza e il sovrano del mondo della luce, attorniato da un gruppo di divinità. Di fronte a lui ci sono forze malvagie che appartengono al dio delle tenebre. Questi due gruppi sono in perenne lotta, ma un giorno arriverà il momento in cui la forza del bene purificherà la terra dal male. In questa battaglia, Mitra svolge il ruolo di “Yazata”, una divinità che assiste Ahura Mazda e combatte dalla parte della giustizia e della verità. È evidente che Mitra è il dio della luce, paragonato al sole in India. Un parallelo si trova nella dea Elios nell’epica di Omero, che vaga nel mondo vendicando l’ingiustizia e ristabilendo la verità nell’universo [36].
D’altra parte, Mitra è un dio della luce che combatte al fianco di Ahura Mazda. In effetti, Mitra è una manifestazione della grazia di Ahura Mazda, da cui trae ispirazione. Ahura Mazda ha dei compagni noti come gli “Amesha Spentas”(Amshaspandan), che sono emanazioni della sua essenza. Allo stesso modo, intorno a Mitra ci sono divinità inferiori come Aryaman (il dio protettore degli Ariani) e Bhaga (il dio del destino), che controlla il destino degli esseri umani e distribuisce doni di benedizione tra di loro. In India, queste due divinità sono conosciute come Sraosha e Asmi, che in effetti rappresentano aspetti di Mitra. Un parallelismo può essere fatto con i personaggi di Cautes e Cautopates nelle opere teatrali religiose del Medioevo cristiano [stessa fonte]. Va infine notato che nelle fonti orientali, indiane e iraniane, sebbene Mitra sia mostrato come una grande divinità, non è mai stato il dio centrale della religione, mentre nelle fonti occidentali Mitra è visto come il salvatore dell’umanità e occupa una posizione centrale in una visione del mondo religiosa e filosofica.
L’ingresso di Mitra in Europa
Le circostanze che portarono il dio iraniano in Europa sono sorprendenti. Plutarco, uno storico che visse un secolo dopo Cristo, scrive che i Romani conobbero Mitra grazie ai pirati cilici, che abitavano una regione dell’Anatolia. Le minacce di questi banditi erano talmente gravi che l’imperatore Pompeo fu costretto a inviare più eserciti e a combattere contro di loro (67-78 a.C.). Plutarco, parlando delle azioni di Pompeo, menziona i pirati cilici e scrive che questi facevano sacrifici straordinari sulla montagna di Olimpo nella regione di Lisia e compivano misteriosi rituali che sono ancora presenti nell’adorazione di Mitra. Questi pirati furono i primi a diffondere il culto di Mitra, tanto che l’intero territorio dell’Impero Romano e gran parte dell’Africa vennero a conoscenza di questa religione, costruendo templi per adorarlo.
Secondo lo storico romano Appiano (metà del II secolo d.C.), i seguaci di Mitra a Roma erano discendenti dell’esercito sconfitto di Mitridate (Mehrdad) Eupatore, che avevano rivelato i misteri del culto di Mitra ai pirati. L’esercito di Mitridate era composto da numerose tribù orientali. Nella regione cilicia, patria dei pirati, ci sono ancora edifici dedicati a Mitra. Sebbene questa teoria, proposta per la prima volta da Reinhold Merkelbach, sia stata messa in discussione, alcuni sostengono che l’introduzione del culto di Mitra in Europa e nell’Impero Romano possa essere stata causata dai soldati romani o prigionieri di guerra liberati dalla Persia durante le guerre romano-persiane [37].
A Anazarbus è stato trovato un tempio di Mitra dedicato da un uomo chiamato Markos, che si dichiarava sacerdote e maestro del culto di Zeus-Helios-Mitra. Anche nella città di Tarsus, che era la capitale della Cilicia, Mitra era venerato; un esempio è la moneta dell’imperatore Gordiano III, su cui appare l’immagine di Mitra che uccide un toro. Si sa che durante il regno di Gordiano III ci fu una grande guerra tra la Persia e Roma. La coniazione di monete con tale simbolo era probabilmente un atto propagandistico o, come suggerisce A. Ville, una forma di venerazione e rispetto per il dio persiano, che era stato accettato anche dai Romani, e particolarmente in quel periodo in cui la guerra tra Roma e la terra di questo dio era ancora in corso, conferendo un significato politico particolare [38].
È ormai chiaro che Mitra fosse particolarmente venerato a Tarsus, poiché le monete con l’immagine di Mitra che uccide il toro sono state trovate in questa città. Gordiano III, che probabilmente aveva intenzione di andare in guerra, molto probabilmente passò attraverso questa città. Poiché Tarsus si trovava su una importante rotta commerciale, è plausibile che da tempi antichi il culto e i rituali di Mitra fossero praticati in questa città. I reperti del culto di Mitra, risalenti al periodo compreso tra il 67 a.C. e il 79 d.C., sono ancora sconosciuti. Il più antico documento che è stato datato con certezza è una statua romana che si trova oggi nel British Museum di Londra. La scritta sulla base della statua menziona un certo Asimos, che si definisce un servo di un individuo noto come Claudio Liviano. Se questo Liviano fosse il comandante della guardia imperiale di Traiano, la statua risalirebbe all’inizio del II secolo d.C. In questo periodo il culto misterico di Mitra iniziò a diffondersi, e Mitra cominciò la sua espansione vittoriosa, arrivando anche sul Capitolo e sul Palatino.
Grotte (tempi) mitraici
Furforius racconta che Zoroastro fu il primo a erigere un luogo sacro in onore di Mitra. In una zona montuosa dell’Iran, sistemò una caverna naturale che conteneva delle sorgenti d’acqua, in modo che diventasse un’immagine dell’universo. All’interno della caverna, furono predisposti simboli dei pianeti e delle direzioni del cielo, ovvero i venti.
Successivamente, tutti i templi di Mitra costruiti nell’Impero Romano sono una manifestazione che rimanda al disegno di Zoroastro. Essi furono prevalentemente costruiti come caverne sotterranee, sia naturali che artificiali (dove le condizioni del terreno non erano adatte). Per questo motivo, in luoghi come Ostia, il tempio fu costruito al piano terra. Questi luoghi sacri erano spesso di dimensioni relativamente ridotte, con una larghezza media di otto-dieci metri e una lunghezza di quindici-diciotto metri. In queste stanze era difficile ospitare più di trenta-cinquanta persone. Se la congrega diventava più numerosa, bisognava costruire una nuova caverna. Oltre alla sala principale, c’erano anche piccole stanze e, in alcuni templi di Mitra, per accedere a queste stanze, si dovevano attraversare lunghi corridoi sotterranei. Un esempio di ciò è ancora visibile oggi nel tempio di Mitra nella chiesa di San Clemente a Roma.
L’ingresso dei templi di Mitra era orientato in modo preciso. Chiunque entrava non poteva vedere immediatamente l’immagine rituale, e come in tutti i luoghi di culto, la sala principale si trovava a est, mentre l’immagine rituale si trovava a ovest, rivolta verso est. Lungo entrambe le pareti laterali del tempio, erano costruiti dei panchetti su cui i pellegrini sedevano durante i pasti rituali e le cerimonie sacre. Perciò, ogni caverna di Mitra fungeva anche da sala da pranzo. Al centro vi era un corridoio, come si può vedere nel progetto del tempio di Ostia. Ad esempio, il mosaico della scala si trovava nel corridoio centrale. Sull’ingresso, spesso si vedeva l’immagine di due portatori di torce.
Alla fine, l’immagine rituale veniva rappresentata o come un dipinto murale o come un bassorilievo. Le incisioni su pietra talvolta presentano immagini su entrambi i lati. Sul davanti, vi era la scena del sacrificio di un toro, e sul retro, la sacra convivenza di Mitra con il dio Sole. Le pareti circostanti erano decorate con pitture colorate, fiori, cespugli e immagini religiose che si trovano in tutte le caverne, con esempi scoperti prima di tutto a Capua e Ostia. Il soffitto a volta rappresentava il cielo azzurro, pieno di stelle. L’intero complesso della caverna di Mitra era una rappresentazione dell’universo [39].
I riti religiosi di Mitra si svolgevano di solito di notte, e lo spazio del tempio veniva illuminato da candele e luci (John, ES 2020). In luoghi dove non c’era la possibilità di scavare una caverna, i templi venivano costruiti sopra la terra [40]. Molti templi mitraici, che durante il cristianesimo furono trasformati in chiese, sono oggi visibili in tutta Europa. I più noti di questi templi sono le chiese di San Pietro, San Giovanni Laterano, Sant’Agostino, San Clemente, Sant’Andrea, San Paolo e San Lorenzo a Roma, le chiese di San Michele, San Sulpizio e San Germano a Parigi, la chiesa di San Giuseppe a Monaco, la chiesa di San Martino a Colonia, la chiesa di Santa Maria a Toledo, la chiesa di Sant’Ignazio a Barcellona, la chiesa di San Clemente ad Amsterdam, la chiesa di Santo Stefano a Budapest, e la chiesa di San Paolo a Londra.
Dei persiani e romani con Mitra
Le scoperte archeologiche mostrano che il culto di Mitra, soprattutto a Roma, ha adottato molte divinità da altre religioni, integrandole nel proprio pantheon. A tal proposito, bisogna sottolineare che la lunga durata del culto mitraico ha permesso l’integrazione di divinità straniere al suo interno, e, dall’altro lato, i seguaci di Mitra hanno consapevolmente accolto le divinità di altre religioni per creare una religione universale e cosmopolita.
Nel culto mitraico indiano e iraniano, due forze principali sono in continua lotta: Ahura Mazda, il sovrano del regno della luce, e Ahriman, il sovrano delle tenebre. Sopra di queste due divinità si trova Zarvan, il dio del tempo. Ahura Mazda e Ahriman obbediscono a Zarvan come se lui fosse il dio del destino (fato). A volte Zarvan viene raffigurato come Mitra in forma giovane, con l’intento di mostrare Mitra come il nuovo dio del tempo, simile a Crono o Saturno nella mitologia greca e romana.
D’altro canto, Plutarco attribuisce a Mitra due qualità da mediatore (in Grecia: mesites), e in base a questo, lui è il mediatore tra i mondi della luce e delle tenebre, o tra il bene e il male. Una qualità che Mitra possiede è quella di combattere al fianco dell’esercito del bene, aiutando la vittoria sulle forze del male. Finché tale vittoria non avviene, Mitra rimane un intermediario tra la luce pura e l’essere umano legato alla materia della vita terrena. Tutta questa concezione ha origini iraniane, e tale visione del mondo è stata incarnata dai sacerdoti nei rituali segreti del loro culto.
Accanto a queste divinità, troviamo anche altre figure mitologiche tradizionali che sono legate a leggende prese in prestito dalle mitologie greca e romana. Esistono varie rappresentazioni di Crono-Saturno che trasferisce il suo potere divino al suo successore Giove, donandogli il fulmine e il suo scettro. Questa scena avviene vicino a un altare, come se le due divinità volessero compiere il passaggio di potere secondo i principi religiosi e sacrificarsi.
Su un bassorilievo trovato a Osterborken, al centro di un cerchio di fiori e piante, sembra essere rappresentato il caos primordiale, ovvero il disordine precedente alla creazione, e subito dopo inizia il regno di Saturno. Durante tutto il periodo in cui Giove regna, e mentre compie chiaramente i compiti legati ad Ahura Mazda, la presenza di Saturno persiste nel mito di Mitra. In altre rappresentazioni, talvolta Saturno appare mentre dona un pugnale o una falce curvata a Mitra. In alcuni casi, Saturno è raffigurato durante il sacrificio del toro, cioè nel momento in cui avviene il miracolo della rinascita della natura. Pertanto, non è sorprendente se il sostegno al vecchio maestro (padre, pir o morshed in persiano) dei rituali, che diventa il sostituto di Mitra in sua assenza, venga attribuito alla stella di Saturno.
Giove, durante il suo regno, fu costretto a sostituire i giganti ribelli. Il combattimento contro i giganti è un tema ricorrente nelle raffigurazioni di Mitra. Si scatenano battaglie violente, e Mitra, padre dell’umanità, lancia i fulmini che tiene nelle mani contro i giganti ribelli. I giganti sono terribili, con piedi che terminano in serpenti, e mentre cercano di sollevare una grande roccia per colpire Giove, quest’ultimo trionfa su di loro, e i giganti stanchi e battuti cadono nell’inferno.
Nel tempio di Santa Prisca, è stata trovata una piccola statua di un gigante fatta di marmo viola, e il suo colore scuro rappresenta il mondo delle tenebre. È evidente che i seguaci di Mitra vedono la lotta contro i giganti come una battaglia tra Ahura Mazda e i compagni delle tenebre. Anche Mitra stesso partecipa alla sconfitta dei giganti, e per questo il suo nome appare accanto a quello di Giove come il distruttore dei giganti.
In questo contesto, i seguaci di Mitra cercavano effettivamente di creare un ponte tra le mitologie antiche di Grecia e Roma e le leggende iraniane, e i discepoli delle dottrine gnostiche e manichee adottarono la storia della lotta tra le forze della luce e le tenebre, come descritto nel Libro della Creazione iraniana (Bondaheshn). I legami tra Mitra e Apollo sono così forti che, quando nella parte meridionale della regione della Gallia, la gente credeva nel potere curativo di Apollo, i seguaci di Mitra lo adattarono al proprio culto, attribuendo a Mitra la stessa forza curativa.
I Miracoli di Mitra
Durante gli scavi a Roma, è stata trovata una statua che rappresenta la nascita miracolosa di Mitra, che emerge da una roccia. Sulla pietra da cui Mitra esce, sono incisi un pugnale, un arco e una faretra (armi tradizionali dei guerrieri persiani). È noto che Mitra compie due miracoli con arco e freccia: il miracolo della sorgente d’acqua e il miracolo della caccia. Infatti, tutte le frecce che Mitra scaglia durante la caccia colpiscono sempre il bersaglio.
Sulla parete di uno degli altari del tempio di Ptuj, nell’ex Jugoslavia, è visibile una scena molto dettagliata in cui Mitra assume un atteggiamento di combattimento, mirando con la sua arma verso una roccia da cui sta esplodendo acqua. Di fronte alla roccia c’è un uomo in attesa di bere l’acqua che esce. Sull’altro lato della parete dell’altare, sono incisi un arco, una faretra e un pugnale simili a quelli trovati nel tempio di Dublino. Un aspetto interessante di questa scena è che i due uomini rappresentati indossano abiti orientali. Sono forse i due personaggi di Cautes e Cautopates, che erano presenti durante la nascita di Mitra. Questa scena ricorda il capitolo 17 del libro dell’Esodo, in cui Yahweh dice a Mosè di radunare gli anziani di Israele e di colpire una roccia con il suo bastone, e l’acqua sgorgherà affinché il popolo possa bere.
Per quanto riguarda il miracolo della caccia di Mitra, il grande bassorilievo trovato nell’area di Osterborken è di grande importanza. In questo rilievo, si vede un banchetto sacro tra Sel e Mitra, e nella parte superiore c’è un altro pannello di non minore importanza. Mitra è a cavallo mentre spara con l’arco. Un servo lo segue, indossando abiti orientali, con la faretra di suo padrone sulla spalla destra. Un leone segue dietro. L’animale da cacciare non è rappresentato sul pannello.
A Neuenheim, vicino a un tempio mitraico, è stato trovato un altro pannello che rappresenta lo stesso evento. Mitra è rappresentato mentre cavalca velocemente in una foresta di cipressi. Il vento soffia e alza la sua veste. Con la mano destra tiene il globo del cielo e con la sinistra controlla le redini del cavallo. Un leone e un serpente lo accompagnano. Nella parte inferiore di un rilievo trovato in Romania, sono rappresentati gli stessi animali, e la scena del sacrificio del toro è visibile. Il leone e il serpente sono simboli di fuoco e terra e fanno parte del seguito di Mitra.
Poiché le scene di caccia di Mitra sono state trovate solo in Germania, uno studioso di nome Fr. Benn ha teorizzato che le divinità iraniane e germaniche si siano mescolate in quella regione. Tuttavia, questo punto di vista è stato successivamente confutato, e gli scavi nel tempio di Dura-Europos hanno portato alla scoperta di due pannelli sulle pareti della cappella ove sono rappresentate scene di caccia di Mitra. Quindi, questa visione è stata accettata sia nell’Est che nell’Ovest dell’Impero Romano, e nel pannello sopra citato, trovato a Dura-Europos, è visibile chiaramente l’influenza della tradizione artistica orientale.
In questa immagine, Mitra è rappresentato mentre guarda di fronte a sé, montando un cavallo, pronto a scoccare una freccia con l’arco per la caccia. Il cavallo ha un profilo elegante mentre galoppa. Un serpente e un leone lo accompagnano. Le frecce scagliate dall’arco di Mitra hanno abbattuto due cervi, due antilopi e un cinghiale. Questi animali, pur essendo feriti e sanguinanti, corrono spaventati.
In altre scene, l’artista ha disegnato al posto del serpente e del cinghiale due leoni, uno grande e uno piccolo. Come menzionato nell’Avesta, Mitra si dedica alla caccia del cinghiale, che, come sappiamo, veniva sacrificato lungo la via di Ahriman, la fonte del male. Tra le immagini dipinte sulle tombe, le scene di caccia sono molto frequenti. È stato dimostrato che, nell’antichità, la lotta contro gli animali selvaggi era vista dai filosofi come simbolo di vittoria, coraggio e intelligenza umana, e come sconfitta della violenza e della barbarie.
Simboli e il rituale segreto dell’ingresso nel culto di Mitra
Il mitraismo, come tutte le religioni e le correnti filosofiche, ha i suoi simboli e segni distintivi, ma, attraverso iscrizioni e resti di pietra nei templi mitraici, possiamo trovare solo una piccola parte di essi. I simboli principali di questa religione, un esempio dei quali è stato trovato in un rilievo a Ptuj, ex Jugoslavia, comprendono la stella (sole), il corvo (messaggero), l’arco, il cappello frigio (che Mitra indossava) e il pugnale. Nelle famose statue di Mitra, nei rilievi e nelle immagini che si trovano nei templi mitraici, sono anche visibili simboli come il toro, il serpente, lo scorpione, il cane, la torcia e il portatore di torcia, l’albero di cipresso e la regione dello zodiaco.
Questi simboli, insieme ai sette gradi e ranghi dei seguaci di Mitra, che apparentemente derivavano dai corpi celesti, comprendono il corvo per Mercurio, il consorte o marito per Venere, il soldato per Marte, il leone per Giove, il persiano o iraniano per la Luna, il messaggero di Mitra per il Sole e il padre o il mentore(pir o leader in persiano) per Saturno, e sono interpretabili.
Durante i riti mitraici, i corvi (coloro che appartenevano al grado di corvo) erano i bevitori, i leoni (coloro che raggiungevano il grado di leone) bruciavano l’incenso e purificavano i neofiti con il fuoco. I soldati venivano consacrati con una sorta di battesimo e venivano marchiati sulla fronte con ferro rovente per essere riconosciuti come soldati di Mitra. Solo uomini e ragazzi potevano entrare in questo culto segreto, e mentore o padre aveva la guida di ogni gruppo, mentre in centri importanti c’era un “padre dei padri” come supervisore generale o vescovo.
L’ingresso nel culto di Mitra richiedeva cerimonie e riti particolari, di cui molti dettagli rimangono oscuri. L’iniziazione a questo culto doveva avvenire intorno all’età della pubertà. Il candidato doveva essere sottoposto a una prova preliminare e, una volta dichiarato pronto, veniva separato senza pietà dalla madre per iniziare una vita indipendente. Dopo questa fase, che può essere considerata una sorta di battesimo, l’iniziato diveniva membro della comunità e si impegnava a non rivelare i segreti del culto, soprattutto alle donne. Dopo un periodo di formazione, era pronto per il grande rito e si recava dal padre (mentore) e capo della comunità.
Non ci sono documenti diretti riguardo alla natura delle dottrine e degli insegnamenti, e visto che molti di questi sono segreti, è naturale che manchino fonti sufficienti. Tuttavia, per quanto riguarda il rito di iniziazione, è stato trovato un giuramento che si conserva nel museo di Firenze. Il giuramento recita:
«Nel nome di dio, che ha separato la terra dal cielo, la luce dalle tenebre, il giorno dalla notte, il mondo dal caos, la vita dalla morte, la luce dall’oscurità e il mondo dalla corruzione. Con fede incrollabile giuro che non rivelerò i segreti che i miei venerabili maestri (riferimento ai loro nomi) e i miei compagni e fratelli mi hanno svelato. Dio, mescola la mia fedeltà al mio giuramento con la tua misericordia e maledici il mio errore».
L’iniziato, dopo aver pronunciato il giuramento, veniva istruito da due membri elevati (anziani) del culto di Mitra, il padre (maestro o mentore), e al termine dell’insegnamento veniva riconosciuto come “fratello” degli altri iniziati e le mani e la fronte dell’iniziato erano marchiate con il sigillo del culto per identificarlo. Prima di questo rito di tatuaggio, l’iniziato era sottoposto a dure prove. Il vescovo della città di Gerusalemme, noto come Kazm, che visse circa nell’VIII secolo d.C., racconta scene più raccapriccianti. Secondo i suoi scritti, l’iniziato doveva superare ottanta prove, tra le quali, oltre a quelle menzionate, vi erano prove come nuotare per diversi giorni, mettersi nel fuoco e vivere in solitudine e fame. Dallo studio degli scritti di questi autori sembra che siano ottenuto informazioni in merito, ma non sono riusciti a interpretarle correttamente [41].
Un ricercatore svedese di nome Edsman ha dimostrato in uno dei suoi libri che il tatuaggio con il sigillo di Mitra esisteva nel culto di Mitra e alcuni iniziati avevano superato queste prove. Dopo aver adempiuto a riti come il battesimo, la purificazione, e un periodo di digiuno e astinenza, l’iniziato completava le sue difficili prove. Sappiamo che, fino a quel momento, l’iniziato aveva pronunciato il giuramento, ricevuto il marchio ardente sulle mani o sulla fronte e stretto la mano destra del padre (mentore). Il gesto di stringere la mano destra del maestro (mentore), una tradizione iraniana, portava l’iniziato al grado di compagno del padre, e il giuramento lo rendeva uno degli uomini di dio.
A riguardo, è meglio citare un testo molto interessante che è stato trovato in una piazza di Roma, conosciuta come Campo di San Domaso, sotto un edificio che oggi è noto come “Ufficio Affari Papale”. Sulle pareti della cappella di questo tempio si possono vedere immagini di stelle e piccoli crescenti lunari. A metà del III secolo d.C., all’interno di questa cappella si svolgevano cerimonie religiose dedicate al culto di Mitra. Il fondatore di questo tempio era una persona di nome Proficentius, che deteneva il titolo di “Padre Sacro”, e nel giorno dell’inaugurazione del tempio ha composto i seguenti versi: «Questo luogo è benedetto e sacro, il rifugio dei pii, e il suo beneficio è per tutti».
I sette gradi di ingresso nel culto di Mitra
Ora sorge la domanda: le persone che entrano nel culto di Mitra, dopo aver superato vari esami e aver prestato giuramento, rimangono per tutta la vita semplici membri, o possono essere promosse a posizioni più alte nella gerarchia della gestione di questa religione? Ciò che è certo è che la classe media dei devoti di Mitra non veniva promossa nei ranghi delle cerimonie e dei riti di questa religione, e la ragione era che questi individui, o non dimostravano abbastanza impegno nel servire il loro dio, o non possedevano le conoscenze necessarie, oppure non avevano abbastanza ricchezze per superare le sette fasi e raggiungere il grado di “Padre di Padri” (Maestro dei Maestri). Tuttavia, colui che riusciva a ottenere conoscenze in teologia, astronomia, astrologia e divinazione, che erano essenziali per le cerimonie di culto, o in altre parole, chi possedeva i requisiti necessari, poteva gradualmente e consecutivamente ascendere ai gradi di Corvo, Sposa, Soldato, Leone, Persiano, Messaggero del Sole e padre (Pir in persiano).
La fonte di queste informazioni è un sacerdote cristiano che visse nei secoli IV e V d.C., appartenente ai Padri della Chiesa e chiamato Germano. La veridicità di queste informazioni è confermata dalle iscrizioni e dalle importanti scoperte fatte in Oriente e in Occidente. Ciò che emerge dai resti e dai documenti ritrovati è che una gerarchia basata su sette gradi era comune in tutto l’Impero Romano. Già dall’inizio della ricerca sulle sette fasi, si nota qualcosa che suscita sorpresa: la lingua utilizzata dai devoti di Mitra in Occidente è il greco, sia nelle cerimonie religiose che nella denominazione dei gradi. Va notato che il grado chiamato “Persiano” fa riferimento esplicitamente alle origini iraniche della religione di Mitra.
I titoli di Corvo e Leone hanno origini molto più antiche e non si trovano nemmeno nella civiltà greca, e nemmeno le tribù primitive dei giorni nostri ne sono a conoscenza. I detentori di questi gradi di solito cambiavano abiti e le immagini che ci sono pervenute rappresentano in realtà il loro aspetto mutato. La Sposa e il Corvo simboleggiano gli elementi acqua e aria, mentre il Soldato e il Leone incarnano gli elementi terra e fuoco. Il Persiano è il simbolo della luna e della lealtà, mentre il Messaggero del Sole è il rappresentante di Helios-Sol.
Il padre (maestro o mentore) è il grado più alto nel culto di Mitra e è il suo rappresentante sulla Terra. Per questo motivo, il suo abito è simile a quello di Mitra stesso. Questo titolo di padre è il leader supremo degli adepti, e gli adepti si chiamano reciprocamente “fratelli”. Il padre difende gli interessi della comunità dei devoti di Mitra, è l’insegnante sacro e il suo anello e il suo bastone sono simboli della sua grandezza e saggezza. È un sacerdote, un grande conoscitore e un uomo religioso di grande valore, scelto ufficialmente dai devoti dei misteri del culto di Mitra, e guida le pratiche di iniziazione. Il padre o mentore è responsabile della selezione dei nuovi membri e si occupa di insegnare loro i segreti dei vari gradi della religione. A Dura-Europos, apparentemente prima del grado di Padre, esisteva una posizione chiamata “Antipatro” (il grado prima del Pater o Padre), che era una fase pre-ispirante. A Roma, esisteva anche la posizione di Padre dei padri. Il Padre dei Padri deteneva in effetti il grado più alto nel clero. In una iscrizione si legge: “Padre dei Padri, dieci titolari del primo grado”. Egli rappresentava il massimo grado di pietà e santità, e i suoi titoli erano, nell’ordine “più pietoso” o “santo”.
Comunque, lui è colui che deteneva il grado più alto nella gerarchia del culto di Mitra. Il Padre ha anche una completa competenza in astronomia, e ciò non sorprende, dato che tutto il culto di Mitra è intriso di astrologia. Un esempio di questo è la sistemazione dei sette gradi di progressione e iniziazione sotto la protezione dei sette pianeti. Il Padre è associato a Saturno, e una sua immagine è stata trovata in un’antica iscrizione che recita: “Salve a voi, Padri dell’Est e dell’Ovest, che siete sotto la protezione di Saturno”. Nella regione di Ostia, i segni distintivi del Padre sono: la falce di Saturno, il cappello frigi di Mitra, un bastone e un anello, che simboleggiano la sua saggezza [stessa fonte].
Il numero sacro “Sette” e i Quattro Elementi
Nel culto di Mitra, il numero sette ha un’importanza fondamentale. Su alcune incisioni trovate lungo il fiume Danubio, possiamo vedere sette cipressi (alberi simili al sole) che sono disposti alternativamente con sette pugnali. Sopra queste incisioni appare un cappello frigio. Nel tempio della regione di Dura, si trovano sette gradini che conducono a un altare speciale.
C’è una raffigurazione nella città di Mannheim in Germania che mostra segni evidenti di antichità. Su di essa sono dipinti sette altari disposti in fila, sotto i quali si trova una grande anfora su cui un serpente grasso sta cercando u di introdurre la propria testa. Accanto a questo altare c’è un altro piccolo altare, davanti al quale un sacerdote o forse un padre è in piedi. Ha in mano una coppa e intende utilizzare il liquido contenuto in essa per un rito religioso. Accanto a lui c’è un cane, che è il compagno fedele di Mitra. Sui pavimenti piastrellati del tempio di Ostia è stata trovata un’incisione che rappresenta una scala con sette gradini, sui quali sono disegnati sette gradi sacri di segretezza.
È stato trovato un vaso di terracotta su cui è rappresentato un banchetto degli dei, con un leone e un vaso che un serpente sta cercando di avvicinarsi, insieme a un corvo e un gallo. Questi quattro animali sono probabilmente simboli dei quattro elementi: acqua (il vaso o contenitore), fuoco (il leone), terra (il serpente) e aria (l’uccello). Sappiamo che questi quattro elementi erano così rispettati dai Magi nell’antica Persia che si prestava una grande attenzione affinché non venissero contaminati dalla corruzione. Nel culto di Mitra, un’importante posizione veniva assegnata a questi quattro elementi. Non sarebbe nemmeno sorprendente se i Mitraisti, simbolicamente attraversando le sette porte dei pianeti, passassero anche attraverso i quattro elementi.
In origine, la vita del mondo era divisa in sette grandi periodi, ognuno dei quali corrispondeva all’influenza di un pianeta specifico. In seguito, sotto l’influenza dei segni zodiacali della fascia dello zodiaco, i Mitraisti furono costretti ad accettare i dodici periodi del ciclo zodiacale. Sulle pitture murali o sulle incisioni rupestri dei templi mitraici, dove venivano eseguiti sacrifici di tori, abbiamo spesso incontrato immagini dei dodici segni dello zodiaco.
Nei disegni antichi, i dodici segni erano iscritti in un cerchio, al centro del quale a volte Mitra appariva come una figura protettrice, mentre altre volte era assente. Nelle scoperte di Troia e Londra sono state ritrovate raffigurazioni che raccontano la nascita di Mitra, e in altre aree si trovano incisioni che rappresentano un cerchio di segni zodiacali attorno a Mitra, il quale appare come un dio del tempo [stessa fonte].
L’Ultima Cena e l’Ascensione di Mitra
Dopo che la caccia al toro potente e il suo eccitante sacrificio sono stati compiuti, la permanenza di Mitra sulla Terra giunge al termine, e un banchetto finale, come segno di conclusione, viene celebrato con la presenza di Sol, il dio del Sole. Gli ospiti vengono accolti con la carne del toro sacrificato. Un rilievo trovato nella regione di Dura mostra due servitori che, sulle spalle, trasportano un lungo bastone al quale è appeso il corpo del toro sacrificato. Gli abiti di queste persone assomigliano a quelli dei portatori di torce.
Giustiniano scrive che il banchetto dei Mitraisti era accompagnato da un rito speciale, e sembra che ci fosse una stretta somiglianza tra questo banchetto e l’Ultima Cena di Cristo. Dopo che Mitra compie miracoli, sale sul carro del Sole e ascende al cielo. In alcuni rilievi, vediamo Mitra correre dietro il carro del Sole, guidato da Sol (Helios, il dio del Sole). Sol è il cocchiere e frena i cavalli impazienti. In altri rilievi, Sol frusta i cavalli e li costringe a muoversi. Di solito, un alone di luce circonda la testa di Sol, e oltre a un manto che si agita per il vento, non porta altro abbigliamento.
Anche nel cielo, Mitra continua ad aiutare le persone e coloro che sono fedeli al suo culto. Mitra guida le anime dei credenti attraverso il cielo. Le anime devono attraversare sette livelli (sferi) e, in ogni livello, devono purificarsi liberandosi da uno degli elementi terreni. Solo dopo aver superato con successo le sette fasi, possono giungere all’ottavo livello (Logdoade), che è il luogo della luce e della pace assoluta. In effetti, Mitra aiuta i suoi seguaci a superare le sette fasi di purificazione dell’anima e a liberarsi dagli attaccamenti terreni, così che possano salire al grado superiore e, infine, raggiungere la luce assoluta e la perfezione. Mitra ritornerà sulla Terra, durante la resurrezione, come un salvatore o Soshyant. Anche nel culto di Mani, Mitra è visto come il salvatore del mondo nel giorno del Giudizio, prima che il mondo venga distrutto nel fuoco[stessa fonte].
Il declino e la scomparsa del mitraismo
In Persia, con l’ascesa della religione zoroastriana durante la dinastia sassanide, che era un nemico implacabile degli Arsacidi e del mitraismo, ebbe inizio la distruzione dei templi mitraici e l’eliminazione di tutte le tracce di questa religione. Questo processo proseguì fino al massimo possibile, e durante l’era islamica, i resti rimanenti furono completamente cancellati.
In Europa, nel IV secolo d.C., il mitraismo, che precedentemente era la religione dei comandanti romani e delle forze speciali dell’imperatore Severo, e che aveva ottenuto una notevole influenza anche nel sistema amministrativo e doganale di Roma, perse il sostegno dell’imperatore romano. Poiché Roma e la Persia erano sempre in guerra, il mitraismo venne considerato una religione nemica, e i cristiani, che lo vedevano come una religione malvagia e pagana, approfittarono dell’occasione per accusare il culto di Mitra e distruggere templi e luoghi di culto, cercando di eliminare ogni traccia di questa religione.
Tuttavia, la percezione che Mitra fosse un dio persiano e che i persiani fossero il più grande nemico doveva essere prevalente nella parte orientale dell’Impero. Non è un caso che in Grecia e in Asia Minore siano stati trovati solo pochi templi di Mitra, e che le iscrizioni trovate fossero principalmente provenienti dai soldati, e non dalla popolazione locale. D’altra parte, nella parte occidentale dell’Impero, è raro trovare accuse gravi contro la religione persiana. I soldati nelle fortezze lungo il Reno e il Danubio avevano altri “nemici ereditari” oltre agli iraniani. Per Roma, i Parti, nei primi due secoli dell’era imperiale, non erano visti come una minaccia significativa.
Questa situazione cambiò dopo la caduta dei Parti ad opera di Ardashir nel 224 d.C. e la fondazione dell’Impero Sassanide. Per i liberati alla corte imperiale, un gruppo di grande importanza nell’espansione del culto di Mitra, l’idea che partecipare ai riti mitraici potesse entrare in conflitto con gli interessi dell’Impero Romano era completamente estranea.
La distruzione dei templi mitraici e l’eliminazione di questa religione non fu, però, un’impresa facile. Secondo Coarelli, un numero considerevole di templi di Mitra esisteva solo a Roma e Ostia, e questi luoghi avevano attratto molti fedeli. Egli ha stimato che l’area di Ostia antica fosse di circa 70 ettari. Fino ad oggi, 33 ettari sono stati scavati, il che significa che ancora meno della metà dell’area è stata esplorata. Sulla base di questi dati, si può fare una stima affidabile. Nella zona scavata, sono stati trovati 18 templi di Mitra, circa uno ogni 2 ettari. Si può quindi stimare che a Ostia esistessero circa 40 templi mitraici. Durante il periodo di massima diffusione, possiamo ipotizzare che due terzi di questi templi fossero attivi, quindi circa 30 templi. Poiché i templi erano così piccoli, si può stimare che ogni grotta ospitasse circa 40 fedeli, il che significa che a Ostia vi erano circa 1200 fedeli di Mitra.
Meiggs ha stimato la popolazione di Ostia tra le 50.000 e le 60.000 persone, mentre Calza la stima a 36.000. Poiché solo gli uomini erano ammessi nel culto di Mitra, possiamo dedurre che circa un terzo della popolazione fosse costituito da uomini. Pertanto, durante il periodo di massima diffusione del Mitraismo, circa 16.000 uomini vivevano a Ostia, e tra questi circa 1.200, ovvero il 7,5%, erano devoti al culto di Mitra [42].
Come molte altre strutture sacre non cristiane, i templi mitraici furono regolarmente distrutti dai cristiani vincitori. Le scoperte fatte durante gli scavi sono molto eloquenti. Ad esempio, nella chiesa di Santa Prisca a Roma, gli occhi dei volti nelle pitture murali sono stati graffiati, e le iscrizioni su pietra sono state distrutte. In molte delle strutture esistenti, le pietre centrali sono state gravemente danneggiate, fino a diventare perforate. Secondo un resoconto storico, dopo la distruzione dei templi di Mitra, le statue mitraiche, in particolare la famosa “testa del leone di Crono”, furono trionfalmente portate in processione per la città. I non cristiani, che erano ancora numerosi in città, attaccarono questa processione, e ne seguirono violenti scontri di strada e tumulti. Alla fine, anche l’arcivescovo Georgios fu ucciso [stessa fonte].
Alla fine, i cristiani vittoriosi costruirono la maggior parte delle loro chiese sopra i templi mitraici. Le grotte e i templi mitraici, dove ora era vietato praticare il culto, vennero livellati e trasformati in terre abbandonate, e quando fu necessario costruire una chiesa, venivano utilizzati questi luoghi. Inoltre, costruire una chiesa sopra un tempio mitraico serviva a mettere in evidenza la vittoria del cristianesimo sul drago delle religioni non cristiane. Per questo motivo, gli archeologi, in particolare a Roma, sono riusciti a trovare molte grotte mitraiche sotto le chiese cristiane [stessa fonte].
Gli effetti tangibili del culto mitraico sulle altre religioni
La religione zoroastriana
Sebbene non si possa affermare con certezza che le religioni principali dopo Mitra, in particolare la loro filosofia esistenziale, siano derivate o influenzate dal mitraismo, non si può ignorare la sorprendente somiglianza tra i racconti e i riti di queste religioni e il culto mitraico.
Tra queste, la religione zoroastriana è l’unica che fa riferimento direttamente a Mitra (Mehr), riconoscendolo come una delle divinità e sotto l’autorità di Ahura Mazda. Nella Mehryasht, che appartiene alle sezioni più tarde dell’Avesta e riflette la diffusione del culto mitraico tra le persone, Mitra è rappresentato con grande magnificenza. L’importanza di Mitra in questo Yasht è evidente quando Ahura Mazda dice a Zoroastro: “Quando ho creato Mitra, ho ordinato agli uomini di fare sacrifici, offrire espiazioni e pregare. Ho elevato il suo rango tanto quanto il mio”.
Nel decimo Yasht dell’Avesta si parla ancora di Mitra: «Mitra, il benefico, il potente, celeste, rispettabile e generoso. Vive nelle vette più alte della vita, è un guerriero forte e coraggioso. È la vittoria che ha un’arma potente nelle mani ed è la guida degli uomini nelle tenebre, non si lascia ingannare. Mitra è l’essere più intelligente, un conquistatore, e la gloria è con lui. Ha mille orecchie, diecimila occhi e diecimila spie. È un dio onnipotente e infallibile. Desidero offrire un sacrificio a questo dio». Tuttavia, Zoroastro si oppose a molte delle pratiche mitraiche nel suo tentativo di abolire il politeismo e sostituirlo con il monoteismo, vietando il sacrificio del toro e l’uso della pianta psicotropa haoma (Hum in persiano), che inducesse uno stato di trance. Questo rappresentò un duro colpo al culto mitraico, e alla fine portò alla morte di Zoroastro, che fu ucciso nel tempio di Balkh [43].
Il cristianesimo
Alcuni studiosi ritengono che la festa di compleanno di Mitra, che si celebrava il 25 dicembre, potrebbe aver avuto un’influenza sulla datazione del Natale, poiché questa data, prima dell’adozione del Cristianesimo come religione ufficiale di Roma, apparteneva a Mitra. Inoltre, cerimonie come il battesimo, l’Ultima Cena di Cristo con i suoi discepoli, l’assunzione del pane e del vino, e la credenza nell’ascesa e ritorno del Salvatore per salvare il mondo, che nel culto mitraico sono documentate prima della nascita di Gesù, insieme alla dottrina della Trinità, del monachesimo e dell’ascetismo, della vita dopo la morte e della resurrezione, la nascita da una vergine, la fede nell’intercessione e nel sacrificio, la gerarchia dei ranghi religiosi nelle chiese e il candelabro a sette braccia, suggeriscono influenze e somiglianze tra queste due religioni.
A questo punto, è importante menzionare uno dei racconti più significativi sulla nascita di Zoroastro e Mitra, basato sul Libro della Creazione degli Iranian (Bundahishn o Bondaheshn). Nel “Bundahishn” si dice:
«Il seme di Zoroastro si trova nell’acqua del lago Hamun (Kanfesa, Kyansih, Kasaoya o Zare). È destinato che da questo seme, ogni mille anni, uno dei tre salvatori zoroastriani venga concepito da una vergine pia che si immerge in quell’acqua. Il salvatore nascerà da questa vergine. Vicino al lago c’è una montagna, e su questa montagna c’è un luogo dove alcuni uomini di dio vivono accanto a una sorgente. Ogni anno, due volte, questi uomini di dio inviano le vergini per immergersi nelle acque del lago, sperando che la loro figlia diventi la madre di uno dei tre salvatori. Le due volte sono Nowruz e Mehregan (due feste antiche iraniane legate a Mitra). E così, ogni mille anni, i tre salvatori nasceranno da tre vergini »[44].
Ora, considerando le informazioni e le cerimonie mitraiche, esaminiamo questo racconto. Nei documenti e racconti iraniani e indiani (e non occidentali), Mitra nasce da una vergine. Alcuni asceti vivono sopra una montagna che ha una sorgente d’acqua. Questi sono senza dubbio devoti di Mitra che vivono vicino ai templi di Mitra nelle montagne, che sono grotte. Ogni anno, due volte, inviano le vergini a lavarsi nel lago, sperando che la loro figlia possa essere scelta per diventare la madre di uno dei tre salvatori. Questi due momenti sono Nowruz e Mehregan. Mitra rinasce in primavera durante Nowruz e muore all’inizio dell’inverno, per poi ascendere al cielo. Sale fino a tornare durante la primavera (Nowruz), ed è in questo giorno che le vergini si lavano nell’acqua del lago. D’altra parte, i seguaci di Zoroastro attendevano anche i tre salvatori, e Mitra non è solo, ma il mitraismo è una religione trinitaria. Accanto a Mitra ci sono sempre due fiaccolieri: uno è Cautes, che tiene un fiaccolo alzato, simbolo dell’alba, e l’altro è Cautopates, che tiene il fiaccolo verso la terra, simbolo del tramonto, e Mitra, posto tra di loro, simboleggia il mezzogiorno e il sole di mezzogiorno. Oltre a questo confronto con i tre salvatori (Hoshidar, Hoshidarmah e Soshyant), che sono messi a confronto con la Trinità mitraica, si deve notare che i due aiutanti di Mitra, posti alla sua destra e sinistra, sono divinità iraniane e zoroastriane, di cui si parla anche nel Mehryasht [stessa fonte].
Il giudaismo
Il miracolo dell’acqua di Mitra e l’estrazione dell’acqua dalla roccia, la sacralità del numero sette, il battesimo e la purificazione, la storia dei Compagni della Caverna che è menzionata sia nel Corano che nei testi ebraici, la credenza nella vita dopo la morte e nel Messia, il sacrificio del toro e la tradizione del riscatto, il concetto di bene e male, peccato e ricompensa (menzionato nella Bibbia e nel Talmud), l’importanza della luce e del fuoco (che si riflette maggiormente nelle celebrazioni di Chanukah e Yom Kippur) sono alcuni degli effetti e delle somiglianze tra le due religioni. Il nome Metatron nella Bibbia potrebbe anche derivare dal nome mitraico iraniano [45].
L’islam
Sebbene l’Islam, come tutte le religioni abramitiche, creda in un unico Dio e quindi non sia direttamente paragonabile al mitraismo, alcune pratiche rituali islamiche possono essere comparate con quelle del mitraismo. Ad esempio, il concetto di purificazione e di abluzione, in particolare nella preghiera e nelle altre forme di adorazione, gioca un ruolo importante nell’Islam, così come in altre religioni. Sebbene i rituali di abluzione nell’Islam siano concettualmente e spiritualmente differenti rispetto al mitraismo[46].
Uno dei concetti chiave nel mitraismo è la salvezza dell’umanità dalle tenebre e dall’oscurità, che viene realizzata da Mitra, il dio della luce. Nell’Islam, il concetto di salvezza dal peccato e la guida verso la luce di Dio è un tema centrale, specialmente negli insegnamenti sciiti. Tra gli sciiti, si discute del ruolo di intercessione degli Imam, che può essere paragonato, seppur in modo non perfetto, al ruolo di Mitra nel mitraismo.
La storia dei Compagni della Caverna, menzionata sia nel Corano che nei testi ebraici, la credenza nella vita dopo la morte e nel Salvatore (che nella tradizione sciita è l’Imam Mahdi), la sacralità del numero sette e il riferimento diretto ai sette cieli, il sacrificio e la tradizione del riscatto, il concetto di bene e male, peccato e ricompensa, sono altre somiglianze tra le due religioni.
Religioni buddiste
Secondo l’escatologia buddista, Maitreya sarà il Buddha del futuro, e il concetto di Salvatore e Riformatore è espresso attraverso la figura di Maitreya. Questa parola in sanscrito significa “amico”, “benevolo” e “gentile”. Si dice che Maitreya sia già rinato nel “paradiso Tushita”, dove vive nella corte interna di questo paradiso e attualmente insegna agli dèi celesti. Secondo alcune correnti buddiste, Maitreya è il risvegliatore o il Buddha che in futuro apparirà sulla Terra. Maitreya succederà al Buddha storico Gotama e raggiungerà il “regno del mondo”. Poiché sia il nome che la missione di Maitreya nel futuro sono simili a quelli di Mitra, il dio antico delle popolazioni indiane e iraniane, si ipotizza che il nome Maitreya derivi proprio da Mitra [47].
Conclusione
Come già accennato, affrontare tutte le sfaccettature del culto mitraico in un solo articolo è senza dubbio impossibile, poiché ciascun aspetto di questa religione potrebbe costituire l’oggetto di una ricerca scientifica indipendente e sul campo. Nonostante le migliaia di documenti scritti, opere letterarie e artistiche e resti archeologici lasciati da questa religione, la nostra conoscenza di essa rimane incompleta, come un iceberg di cui nemmeno la cima è stata completamente rivelata o studiata. Questo perché le cerimonie di iniziazione e altri aspetti del culto erano segreti, e a causa della distruzione di importanti reperti storici e archeologici durante vari periodi storici. Affrontare questo tema richiede un impegno globale.
Tuttavia, anche un’analisi breve e semplice sotto forma di articolo potrebbe suscitare l’interesse per studi più approfonditi. Le influenze di questo culto sulla civiltà umana, sull’arte, sulla letteratura, sulle tradizioni, sulle festività, sulle credenze religiose e su molti altri aspetti sono così significative che non possono essere ignorate. Per scoprire le radici identitarie delle civiltà e delle religioni, e per riscoprire parti fondamentali e perdute della storia, è necessario intraprendere un’indagine più precisa e approfondita. Speriamo che i ricercatori, in particolare i giovani studiosi, proseguano gli studi avviati anni fa da grandi mitraisti e orientalisti come Franz Cumont, per rispondere alle domande più fondamentali relative a questa parte perduta della storia e svelare i misteri di questo antico culto.
Dialoghi Mediterranei, n.73, maggio 2025
Note
[1]. Komeili, Mokhtar e Arianfar, Mansoureh, Radde Paye Asatir dar dastan-e Shir Va Gav av ketab-e Kalilah va Dimnah (Le tracce delle leggende nella storia di ”Leone e Bue” da Kalīlah wa Dimnah), Majalle-e Zaban va Adabiat-e Farsi (Journal of Persian Language and Literature), Università di Sistan e Baluchestan, Vol. 6, Primavera e Estate, 2008: 83-92. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/12285/.
[2]. Bahar, Mehrdad, Ayin-e Mehr va Varzesh-haye Baastani Iran dar ketab-e Az Ostureh ta Tarikh (Il culto di Mithra e lo sport antico dell’Iran in Da Mito a Storia), quarta edizione, Editore Cheshme, Teheran, 2005:31. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/263571/.
Inoltre: Cumont, Franz, Din-e Mehri (La religione di Mithra), traduzione persiana di Ahmad Ajudani, prima edizione, Editore Tahlil, Teheran, 2007: 15.
[3]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011:1.
[4]. Boyce, Mary, Ayin-e Zartosht: Kohan Roozegar va Ghodrat-e Mandegarash (Il culto di Zarathustra: Antiche epoche e il suo potere duraturo), traduzione persiana di Abolhasan Tahami, quarta edizione, Editore Qatrah, Teheran, 2011: 88.
[5]. Pourdavoud, Ebrahim, Yasht-ha (I Yashteh), Vol. 1, Editore Asatir, Teheran, 1998: 492.
[6]. Doustkhah, Jalil, Avesta: Yaddasht-haye Motarjem (Avesta: Note del traduttore), Vol. 1, Tehran, Editore Morvarid, Teheran, 2006, capitolo 1, paragrafo 1.
[7]. Mojtabai, Fathollah, Shahr-e Zibay-e Aflatoon va Shahi-e Armani dar Iran-e Bastan (La bella città di Platone e il regno ideale nell’Iran antico), Editore Kaviyan, Teheran, 1973: 21.
[8]. Bahar, Mehrdad, Ayin-e Mehr va Varzesh-haye Baastani Iran dar ketab-e Az Ostureh ta Tarikh (Il culto di Mithra e lo sport antico dell’Iran in Da Mito a Storia), quarta edizione, Editore Cheshme, Teheran, 2005: 140-155.
[9]. Estakhri, Parvin, Mitraism: Tarikh va Name-e Anjoman (Il Mitraismo:Storia e lettere dell’Associazione), n.7, Anjomane-e Asar va Mafakher-e Farhangi (Associazione di opere e celebrità culturali), Teheran, 2002: 150-160.
Inoltre: Razi, Hashem, Ayin-e Mehr (Il culto di Mithra), prima edizione, Editore Behjat, Teheran, 1992: 209-210.
[10]. Estakhri, Parvin, Mitraism: Tarikh va Name-e Anjoman (Il Mitraismo: Storia e lettere dell’Associazione), n.7, Anjomane-e Asar va Mafakher-e Farhangi (Associazione di opere e celebrità culturali),Teheran, 2002:153.
[11]. Razi, Hashem, Ayin-e Mehr (Il culto di Mithra), prima edizione, Editore Behjat, Teheran, 1992:14.
[12]. Moulai, Chengiz, Div-e Ferdowsi va Shahnameh Saraee Be Sarparasti-e Esmail Saadat (Demone di Ferdowsi e la narrazione del Shahnameh), a cura di Esmail Saadat, Tehran, Farhangestan-e Zaban va Adabe Farsi (Accademia della Lingua e Letteratura Persiana), Teheran, 2011: 703-721.
[13]. Biruni, Abu Rayhan, Al-Athar al-Baqiya ‘an al-Qurun al-Khalia, curato da Parviz Azkayi, Editore Miras Maktub, Teheran, 2001:407.
[14]. Nyberg, Henrik Samuel, Dinha-ye Iran-e Bastan (Le religioni dell’Iran antico), traduzione persiana di Seyfuddin Najm Abadi, Editore Markaz-e Irani-e Motale-eye Farhang-ha (Centro Iraniano per lo Studio delle Culture), Teheran, 1980:82.
Inoltre: Duchesne-Guillemin, Jacques, Din-e Iran-e Bastan (Le religioni dell’Iran antico), traduzione persiana di Roya Monajjem, Editore Elm, Teheran, 2006:239.
[15]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011:18.
[16]. Bahar, Mehrdad, Jastari Chand dar Farhang-e Iran (Alcuni saggi sulla cultura iraniana), Editore Fekr-e-Ruz, Teheran, 1997:177.
[17]. Bahar, Mehrdad, Padjooheshi Dar Asatir-e Iran (Uno studio sulla mitologia iraniana), Editore Agah, Teheran, 2007:227.
[18]. Christensen, Arthur, Nemoone-haye Nakhostin Ensan va Shahriar Dar Tarikh Afsane-ie Iranian (I primi esempi di uomo e re leggendari nella storia mitologica degli iraniani), traduzione persiana di Zhaleh Amouzgar e Ahmad Tafazzoli, Editore Cheshmeh, Teheran, 1998:11.
[19]. Sedighian, Mahin Dokht, Farhang-e Asatiri-Hemasi Iran Be Ravayate Manabe Baad az Eslam (Il dizionario mitologico-epico dell’Iran attraverso le fonti post-islamiche), Vol. 1: Pishdadian, Editore Padjooheshgah-e Oloome Ensani va Motaleat-e Farhangi (Institute for Humanities and Cultural Studies), Teheran, 1996: 58-59.
[20]. Pourdavoud, Ebrahim, Yasht-ha (I Yashteh), Vol. 1, Editore Tahouri, Teheran, 1968, capitole 2.
[21]. Christensen, Arthur, Nemoone-haye Nakhostin Ensan va Shahriar Dar Tarikh Afsane-ie Iranian (I primi esempi di uomo e re leggendari nella storia mitologica degli iraniani), traduzione persiana di Zhaleh Amouzgar e Ahmad Tafazzoli, Tehran, Editore Cheshmeh, Teheran, 1998, introduzione:3.
[22]. Nyberg, Henrik Samuel, Dinha-ye Iran-e Bastan (Le religioni dell’Iran antico), traduzione persiana di Seyfuddin Najm Abadi, Editore Markaz-e Irani-e Motale-eye Farhang-ha (Centro Iraniano per lo Studio delle Culture), Teheran, 1980:193.
[23]. Minuye Kherad, traduzione di Ahmad Tafazzoli, Editore Tous, Teheran, 2006: 6-17.
[24]. Cfr. Hedayat, Sadegh, Zand Va Hooman Yasht Va Karname-ye Ardeshir Papakan (Zand e Hooman Yasht e il Carattere di Ardashir Papakan), Editore Amir Kabir, Teheran, 1963.
[25]. Cfr. Gozideh Soroodeh-haye Rig Veda (Antologia dei canti del Rig Veda), traduzione di Seyed Mohammad Reza Jalali Naeini, Editore Noghreh, Teheran, 1993.
[26]. Ravayat-e Pahlavi (La narrazione Pahlavi), traduzione di Mahshid Mirfakhraei, Institute for Cultural Studies and Research, Teheran, 1988:42.
[27]. Cfr. Ivon, Veronica, Shenakht-e Asatir-e Hend (Conoscere la mitologia indiana), traduzione persiana di Mohammad Hossein Bajelan Farrokhi, Editore Asatir, Teheran, 1994.
[28]. Farnbagh Dadgi, Bundaheshn, traduzione di Mehrdad Bahar, Editore Tous, Teheran, 2011: 41-70.
[29]. Christensen, Arthur, Nemoone-haye Nakhostin Ensan va Shahriar Dar Tarikh Afsane-ie Iranian (I primi esempi di uomo e re leggendari nella storia mitologica degli iraniani), traduzione persiana di Zhaleh Amouzgar e Ahmad Tafazzoli, Tehran, Editore Cheshmeh, Teheran, 1998: 126 e 298.
[30]. Cfr. Duchesne-Guillemin, Jacques, Ormazd Va Ahriman: Majeray-e Doganeh Bavari Dar Ahd-e Bastan (Ormuzd e Ahriman: La lotta dualistica nell’antichità), traduzione persiana di Abbas Bagheri, Editore Farzan-e-Rooz, Teheran, 1999.
[31]. Minuye Kherad, traduzione persiana di Ahmad Tafazzoli, Editore Tous, Teheran, 2006: 41-46.
[32]. Bahar, Mehrdad, Padjooheshi Dar Asatir-e Iran (Uno studio sulla mitologia iraniana), Editore Agah, Teheran, 2007:227.
[33]. Cfr. Gozideh Soroodeh-haye Rig Veda (Antologia dei canti del Rig Veda), traduzione persiana di Seyed Mohammad Reza Jalali Naeini, Editore Noghreh, Teheran, 1993.
[34]. Cfr. Zanner, Arci, Tolu va Ghorub-e Zartoshtigary (L’alba e il tramonto dello Zoroastrismo), traduzione persiana di Teymor Ghaderi, Editore Amir Kabir, Teheran, 2010.
[35]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011: 16.
[36]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011:16.
[37]. Merkelbach, Reinhold, Ayin va Tarikh-e Mitra (Il culto e la storia di Mithra), traduzione persiana di Toufiq Golizadeh, Editore Akhtaran, Teheran, 2015:60.
[38]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011:32.
[39]. Merkelbach, Reinhold, Ayin va Tarikh-e Mitra (Il culto e la storia di Mithra), traduzione persiana di Toufiq Golizadeh, Editore Akhtaran, Teheran, 2015: 82-85.
[40]. Merkelbach, Reinhold, Ayin va Tarikh-e Mitra (Il culto e la storia di Mithra), traduzione persiana di Toufiq Golizadeh, Editore Akhtaran, Teheran, 2015:185.
[41]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011: 162.
[42]. Merkelbach, Reinhold, Ayin va Tarikh-e Mitra (Il culto e la storia di Mithra), traduzione persiana di Toufiq Golizadeh, Editore Akhtaran, Teheran, 2015: 216-218.
[43]. Vermaseren, Martin, Ayin-e Mitra (Il culto di Mithra), traduzione persiana di Bozorg Naderzad, ottava edizione, Editore Cheshmeh, Teheran, 2011: 18-21.
[44]. Razi, Hashem, 1992, Ayin-e Mehr (Il culto di Mithra), prima edizione, Editore Behjat, Teheran, 1992: 85-86.
[45]. Boyce, Mary, Zoroastrianism and Bible(Zoroastrismo e la bibbia), Editore Curzon Press, Londra, 2001, introduzione e inoltre:16.
[46]. Ulansey, David, The Origins of the Mithraic Mysteries: Cosmology and Salvation in the Ancient World(Le origini dei misteri mitraici: cosmologia e salvezza nel mondo antico), Oxford University Press, Londra, 1989: 3-6 e 90.
[47]. Cfr. R.knipe, David, Mithraism and Buddhism: Theories of Influence (Mitraismo e Buddismo: Teorie dell’Influenza), Stati Uniti, University of Chicago Press, 2012.
Altre fonti
-Davani, Fozuneh e Fesharaki, Mohammad e Khorasani, Mahboubeh, Baztab-e Nomadin-e Ghorbani-e Mitrai- Ostureh-e Koshtan-e Gav-e Nakhostin- Dar Ketab-e Haft Peykar-e Nezami Ganjavi (Riflessioni simboliche del sacrificio mitraico – Mito dell’uccisione del primo toro – nel libro “Sette Piani” di Nezami Ganjavi), Faslname Elmi Padjooheshi-e Matn shenasi-e Adab-e Farsi (rivista trimestrale di ricerca scientifica sulla letteratura persiana e sulla testologia), nuova serie, vol. 7, n. 2, Estate, Teheran, 2015: 1-20. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/252796/.
-Ghasemi, Alireza e Nikouei, Alireza e Cheraghi, Reza, Bazkhani-e Dastan-e Jamshid Bar Payeh Ravabet-e Gofteman-haye Meri-Zartoshti (Una rilettura della storia di Jamshid basata sulle relazioni dei discorsi mitraico-zoroastriani), Faslname Jastarhaye Adabi (rivista trimestrale di Saggi letterari), n. 190, Autunno, Teheran, 2015: 32-62. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/360925/.
-Bozorg Bigdeli, Saeed e Fathi, Zahra, Barresi Va Tahlil-e Marg Va Zendegi-e Ensan-e Nakhostin, Heyvan(Gav) Va Giah Dar Asatir-e Iran Az Manzar-e Nomadgarai Ba Tekye Bar Shahnameh Ferdowsi (Esaminare e analizzare la morte e la vita del primo uomo, dell’animale (toro) e delle piante nella mitologia iraniana attraverso il simbolismo basato sul Shahnameh di Ferdowsi), Faslname Elmi Padjooheshi-e Matn shenasi-e Adab-e Farsi (rivista trimestrale di ricerca scientifica sulla letteratura persiana e sulla testologia), nuova serie, n. 2, Estate, Teheran, 2017: 37-48. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/371928/.
-Vasegh Abbasi, Abdollah e Fooladi, Yaghoub, Degardisi-e Ostureh-e Afarinesh-e Mehri Dar Erfan-e Irani-Eslami Ba Tekye Bar Sher-haye Mowlavi (La metamorfosi del mito della creazione mitraica nella mistica iraniana-islamica attraverso le poesie di Rumi), Faslname Elmi Padjooheshi-e Adabiat-e Erfani Va Ostureh Shenakhti (rivista trimestrale di Letteratura mistica e mitologica), vol. 13, n. 47, Estate, Teheran, 2017: 343-362. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/376229/.
-Ardestani-Rostami, Hamidreza, Nemudhaye Zarvani Dar Matnhaye Irani (Le manifestazioni dei Zarvani nei testi iraniani), Majalle-e Motaleat-e Irani (Journale di studi iraniani), vol. 14, n. 27, Primavera ed Estate, Teheran, 2015: 1-25. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/348561/.
-Golshani, Farnaz e Radmanesh, Ata Mohammad e Tadayyon Najafabadi, Mehdi, Tasir-e Bavarhaye Mitrai Bar Tarikhe Bal’ami (L’influenza delle credenze mitraiche nella storia di Bal’ami), Faslname Elmi Padjooheshi-e Adabiat-e Erfani Va Ostureh Shenakhti (rivista trimestrale di Letteratura mistica e mitologica), vol. 12, n. 44, Autunno, Teheran, 2016: 167-190. Disponibile su https://ensani.ir/fa/article/361900/.
Masoud Hooshmandrazavi, master in scienze della comunicazione sociale presso la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Allameh Tabataba’, laurea in giornalismo con specializzazione in scienze strategiche presso la Facoltà di Notizie dell’Università scientifica e applicata. Membro del consiglio di amministrazione dell’Iranian Journalists’ Guild (Association of Iranian Journalists-AOIJ), dal 1992 ha lavorato come giornalista, reporter, editorialista e membro del consiglio di redazione di diverse testate iraniane, dedicandosi anche all’organizzazione e al rafforzamento delle ONG, delle organizzazioni giornalistiche e sindacali. Parla la lingua italiana, sulla quale ha fatto uno studio per evidenziare le sue similitudini con quella iraniana.
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