Stampa Articolo

Da una breccia entra la luce

Grosseto il Maggio

Grosseto il Maggio

CIP

di Pietro Clemente

Dal mare alla montagna

un canto già si sente

è il maggio che ritorna

allegramente

allegramente

Ieri sera (30 aprile) fino a notte profonda, e forse anche fino all’alba, in molti luoghi della Toscana ma soprattutto in Maremma, gruppi di ‘maggerini’ o ‘maggiolini’ sono andati di casa in casa cantando per portare il ‘maggio’, il canto della primavera. È una ritualità ‘leggera’ del ciclo dell’anno che non si è mai persa del tutto, ma anzi è cresciuta cambiando, qua e là rinascendo o ripartendo da zero. Portato da antichi e nuovi cantori, talora reinventato, perché è un bel rito, il maggio apre pratiche di relazione basate su dono, reciprocità e cerimonialità collettive, e unisce vecchi e nuovi cittadini delle zone riabitate. È un canto, che porta al centro la periferia e produce comunità. Infatti nel pranzo finale (la ribotta), che si fa qualche tempo dopo il giro del maggio nelle frazioni e nelle case sparse, i doni e le offerte raccolti (per lo più denaro) vengono ‘restituiti’alla comunità che si riunisce in una festa collettiva.

La Maremma è ricca di sorprese: qui il turismo marino è alleato con le aree rurali e i paesi della collina, favorendo così un rinnovamento della società locale senza fratture. Il maggio è quindi protagonista di un doppio rito: quello antico della primavera e quello nuovo dell’incontro tra nuovi e vecchi abitatori in una comunità di tipo nuovo. Potrebbe essere l’inno del Centro in periferia.

Papa Bergoglio

Papa Bergoglio

Le orecchie dei giovani

Ho tenuto nella memoria del computer vari brani tratti da omelie e da altre esternazioni di Papa Francesco. Mi ha colpito lo stile di questo grande intellettuale popolare. Mi hanno interessato soprattutto le riflessioni sulle generazioni, la valorizzazione dei nonni, l’invito alla alleanza tra nonni e nipoti, tra giovani e anziani. Bellissima la gamma di discorsi sull’uso dello smartphone, discorsi mai antitecnologici e proibizionistici ma sempre intesi a far crescere la consapevolezza, a non dipenderne, a usarli per favorire la relazione, la comunità, l’aiuto, la solidarietà.

Due sole piccole citazioni:

«Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie»
 «Chiediamoci se siamo cristiani capaci di diventare prossimi, di uscire dai nostri circoli per abbracciare quelli che ‘non sono dei nostri’ e che Dio ardentemente cerca».

Nelle immagini, nelle metafore, nel ribaltamento del senso comune Jorge Mario Bergoglio è un bell’esempio di metodo dialogico, ermeneutico, che privilegia la relazione, e pone al centro l’alterità. Lo stesso concetto di prossimità è fortemente connesso con l’ermeneutica.

Sono temi nostri. Fanno parte delle nostre discussioni sui giovani, sul rapporto tra vecchi e nuovi abitatori di paesi e zone interne. Ben al di là della dimensione della fede. Nostri per i temi della trasmissione della memoria, nostri per la definizione e la centralità dell’alterità nel nostro discorso, ed anche per la centralità della relazione nella conoscenza, oltre che nella dimensione morale.

Scuola: mobilitazione studenti, corteo a RomaAttacco alla scuola

Continuo a seguire con preoccupazione quel che succede al Ministero dell’Istruzione. Sembra che non abbia a che fare con i temi dello sviluppo locale, e in effetti non ha rapporti diretti. Mi pare però che lo smantellamento e lo schiacciamento della democrazia dentro la scuola pubblica sia parte del disegno populista mondiale di marginalizzare la scuola, la cultura, la formazione intellettuale, l’Università, a favore di un pragmatismo del denaro, e infondate credenze nelle mitologie dietriste e nelle teorie del complotto.

La scuola è sempre più necessaria per orientarsi nella conoscenza e nella ricerca mentre il populismo riduce la crisi climatica a ideologia e la magistratura a uso politico del diritto per dare libertà al potere del denaro. La scuola è anche uno dei temi forti dell’abitare le zone in abbandono, perché essa può rinascere in forme nuove nelle periferie, e non può tollerare forme vecchie dell’insegnamento e discriminazioni in esso. Constato l’ostilità del Ministro verso gli studenti migranti che sono sovente il cuore dello sviluppo locale, le loro famiglie sono la nuova manodopera nei paesi e i loro figli sono quelli che fanno tenere aperte le scuole. Alcuni punti della proposta Valditara sull’insegnamento della educazione civica e della storia nascondono, dietro espressioni di senso comune, chiusura della scuola all’esterno e meritocrazie arcaiche. Essa ha avuto una grande fioritura di critiche di tipo storico e culturale. Per costruire nuove comunità nelle periferie occorrono grandi consapevolezze, conoscenze scientifiche e lungimiranti, capacità relazionali, mentre la scuola di Valditara si basa sulla promozione dei Pierini, dotati di spirito di impresa. La consapevole organizzazione del dissenso su questi lineamenti ministeriali sarebbe un terreno importante per favorire sinergie di insegnanti, studenti, associazioni di storici e di antropologi, che non finiscano solo con una presa di posizione critica ma che costruiscano in qualche modo nuclei di resistenza attiva. Qua e là ci stanno provando alcuni soggetti, ad esempio il Movimento di Cooperazione Educativa.

11Tempo di approfondimenti

Il nostro mondo del Centro in periferia si trova,  come tanti altri soggetti, ad affrontare un momento difficile. Lo scenario del mondo globale è attraversato da una turbolenza drammatica e nuovi imperialismi si affermano, si scontrano, usando pretese nazionaliste ed espansioniste, come succedeva all’inizio delle due guerre mondiali del Novecento e minacciano ed usano il mezzo della guerra come forma di confronto. Le nuove e antiche realtà di insediamento locale, che sono impegnate a ‘riabitare l’Italia’ non si confrontano più solo con i temi dello sviluppo locale, delle energie pulite, del potenziamento delle reti informatiche e dei servizi che consentano la vita e parziali forme di autosussistenza nei nuovi centri delle zone interne, ma con un’idea di futuro del pianeta stesso assolutamente espansiva e acritica in cui si rafforzano le grandi potenze industriali e finanziarie legate alle nuove tecnologie.

In questi nuovi scenari le periferie si misurano in modo diretto col mondo e i processi in atto. Devono farci i conti. Nelle pagine del CIP abbiamo tracce di questo quadro. Esse si aprono con una nuova legge della Regione Toscana di cui abbiamo pubblicato il testo nel numero precedente, commentata da De Renzis, che ha fatto parte della equipe. Qui è l’istituzione stessa a farsi soggetto progettista di una nuova visione del territorio con nuovi equilibri, la Toscana diffusa. La si può considerare una utopia concreta o forse un progetto audace se si pensa a come la Toscana si è rappresentata nel tempo lungo come civiltà urbana, quasi sprezzante verso le campagne. C’è poi un intervento che fa parte del Congresso della Società dei territorialisti e delle territorialiste, che si è tenuto di recente, e al quale guardiamo come un riferimento importante. In esso Pazzagli dà conto del momento difficile della Società, sia per la morte di Alberto Magnaghi, ma anche per la presenza di un attacco globale alla democrazia. Questi due interventi definiscono l’area in cui gli altri testi sono inclusi anche se in senso largo, ovvero tra progettualità e analisi critica del presente minaccioso.

Centro minerario Agordino

Centro minerario Agordino

Si può dire che questa è l’area che il nostro lavoro di narrazione come rubrica della rivista Dialoghi Mediterranei può offrire, cioè dare voce a chi continua a creare e a segnalare iniziative sul territorio sempre più consapevoli dello scenario in cui ciò avviene. Creare da un lato possibili zone franche di piccole economie qualitative, solidali, in parte autosufficienti, rigenerazioni del territorio, e dall’altra vedere cosa pioverà sul nostro mondo dal cielo delle guerre e dei poteri forti. Così le esperienze raccontate da Carera, da Lupatelli e Pisanò, nella recensione di Licursi e Lucatelli (che segnala il lavoro costante che da anni ornai fa l’associazione Riabitare l’Italia, e il nuovo protagonismo delle donne) sono ‘tessere’ di un mosaico, che non riempie tutti gli spazi, ma che lascia filtrare altre possibilità.  Anche l’esperienza ‘rigenerativa’ nello scritto di Grisot e Malfatti si propone al tempo stesso come esempio di buone pratiche e di progettualità. Gli scritti di Fresta e di Mrozek Eliszezynski fanno parte del dibattito critico su libri, convegni, eventi che sono l’humus delle idee e della attività vitali del riabitare. Paola Atzeni infine si impegna in uno scritto di ridefinizione e fondazione di un tema prezioso e innovativo che definisce di neo-patrimonializzazione, legato ai territori dismessi ma sempre significativi come quelli delle miniere, A lei dò brevemente la parola:

«Le neo-patrimonializzazioni minerarie, con i loro modi innovanti e “futuristi”, si dispiegano nel solco interdisciplinare aperto da Alberto Magnaghi per una nuova civilizzazione con un preciso carattere territorialista ecologico e pacifista, a partire dalla relazione umana con la natura. Tali innovative opzioni sostengono l’intreccio dell’antropologia mineraria con tale inedito ecoterritorialismo. Quest’ultimo, producendo nuovi contesti con nuove forme di vita, consente un nuovo statuto culturale alle miniere dismesse. Infatti, l’incrocio dell’antropologia mineraria con l’ecoterritorialismo fa emergere la contemporaneità delle storiche miniere negli aspetti di modernità incompiuta o rovinosa, specie nelle discariche, che toccano congiuntamente sia il nostro presente e sia il passato minerario, mentre rafforzano le urgenze per produrre futuro durevole, democraticamente condiviso. Nella multi-temporalità mineraria le complete bonifiche delle discariche costituiscono neopatrimonializzazioni minerarie ecoterritorialiste e pacifiste, suscitate dal pensiero di Magnaghi. Possono diventare rigenerative non solo di certe parti violate del territorio minerario Agordino, ma anche di abitanti e di persone in visita. Possono diventare determinanti per la produzione di un futuro durevole e democraticamente condiviso, in avvento e in avvenire: per un nuovo tempus e per un nuovo mundus, non solo locale». 

Questa varietà di approcci e di prospettive fa de Il centro in periferia un fecondo laboratorio, e insieme un caleidoscopio o un mosaico a maglie larghe di prospettive e punti di vista in cui è sempre necessario costruire ‘utopie concrete’. In fondo  anche la legge della Regione Toscana un po’ lo è,  nel rappresentare esperienze reali del fare neoabitativo, di rigenerazione e/o di resistenza delle comunità, nella consapevolezza degli scenari storici in cui viviamo.

Grazie dunque a tutti per i contributi che fanno vivere queste pagine. 

Anthem

The birds they sang
at the break of day
Start again
I heard them say
Don’t dwell on what
has passed away
or what is yet to be.
Ah the wars they will
be fought again
The holy dove
She will be caught again
bought and sold
and bought again
the dove is never free.
Ring the bells that still can ring
Forget your perfect offering
There is a crack in everything
That’s how the light gets in.
 
Gli uccellini cinguettano
al sorgere del giorno
comincia di nuovo
li ho sentiti dire
non soffermarti troppo
su quello che è stato
o su quello che ancora dev’essere.
Ah, le guerre saranno
combattute ancora una volta
la sacra colomba
sarà catturata nuovamente
comprata e venduta
e comprata di nuovo
la colomba non è mai libera
Suona le campane che ancora possono suonare
Dimentica la tua offerta perfetta
c’è una breccia in ogni cosa
ed è da lì che entra la luce. 
Leonard Cohen

Leonard Cohen

Così nelle prime strofe ( e poi nelle ultime ) di una canzone di Leonard Cohen del 1992. In un disco dal titolo significativo Il futuro. Anthem è una voce di canto, un inno, una ‘antifona ‘, un canto dialogato a più voci. Un canto forse che, sostituendo la polifonia all’immagine del mosaico a pezzi larghi, fa intravedere brecce dalle quali entra la luce. È stato l’insieme di testi di questo numero de Il centro in periferia, nella loro varietà di punti di vista che non rappresenta ‘l’offerta perfetta’ ma una pluralità di scritture e pensieri, a farmi pensare a questa canzone – filosofia di Leonard Cohen, che mi ha aiutato a vederli – in un tempo buio – come un insieme di scritture dalle quali ‘entra la luce’. 

Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025

______________________________________________________________

Pietro Clemente, già professore ordinario di discipline demoetnoantropologiche in pensione. Ha insegnato Antropologia Culturale presso l’Università di Firenze e in quella di Roma, e prima ancora Storia delle tradizioni popolari a Siena. È presidente onorario della Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici (SIMBDEA); membro della redazione di LARES, e della redazione di Antropologia Museale. Tra le pubblicazioni recenti si segnalano: Antropologi tra museo e patrimonio in I. Maffi, a cura di, Il patrimonio culturale, numero unico di “Antropologia” (2006); L’antropologia del patrimonio culturale in L. Faldini, E. Pili, a cura di, Saperi antropologici, media e società civile nell’Italia contemporanea (2011); Le parole degli altri. Gli antropologi e le storie della vita (2013); Le culture popolari e l’impatto con le regioni, in M. Salvati, L. Sciolla, a cura di, “L’Italia e le sue regioni”, Istituto della Enciclopedia italiana (2014); Raccontami una storia. Fiabe, fiabisti, narratori (con A. M. Cirese, Edizioni Museo Pasqualino, Palermo 2021); Tra musei e patrimonio. Prospettive demoetnoantropologiche del nuovo millennio (a cura di Emanuela Rossi, Edizioni Museo Pasqualino, Palermo 2021); I Musei della Dea, Patron edizioni Bologna 2023). Nel 2018 ha ricevuto il Premio Cocchiara e nel 2022 il Premio Nigra alla carriera.

_____________________________________________________________

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>