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La festa di San Domenico Abate e il rito dei serpari di Cocullo. Per la candidatura Unesco

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Cocullo, la festa di san Domenico (ph. E. Faienza)

 di Valentina Lapiccirella Zingari

«Tutti gli uomini per natura tendono al sapere». Parafrasando questo celebre pensiero di un grande filosofo possiamo affermare che tutti i cocullesi tendono al sapere, naturalmente non nel senso filosofico, bensì in quello che attiene alla conoscenza del loro paese e della sua storia. Tra queste righe si nasconde, a nostro parere, il motivo che ci stimola a proseguire gli studi ed augurarci lo stesso per le future generazioni fino a quando qualcuno sarà in grado di rispondere al problema qui posto dal fine studioso e che noi ci permettiamo di sintetizzare così: «Perché è rimasto solo in questa zona il rituale dei serpenti, benché le sue origini abbiano avuto la loro prima sede naturale nella Marsica e, come si sa, Cocullo invece è posto proprio ai confini di questa?» (Nicola Risio, sindaco di Cocullo. Presentazione al volume, Il rituale di San Domenico di Cocullo, a cura di Lia Giancrostofaro).

«Sospeso fra la terra marsicana e la valle Peligna», forte delle sue tradizioni e della lunga memoria che queste trasmettono, simbolo dell’Abruzzo montano, Cocullo si muove da tempo alla ricerca di un suo avvenire. Ricerca fondata nella consapevolezza del valore e la salvaguardia delle sue tradizioni culturali, che ritroviamo espressa nelle parole del suo sindaco. Un percorso nel quotidiano contemporaneo del paese ed uno sguardo ai suoi paesaggi rivelano ad un visitatore attento forze e debolezze di questa piccola comunità: il fascino delle montagne e del suo patrimonio naturale, il vigore delle sue tradizioni, le sue energie culturali pronte a risvegliarsi con la primavera nella festa patronale, arricchita dall’antico, celebre ed amato rito dei serpari.

Ma allo sguardo non può sfuggire la fragilità del contesto locale: risultato dei modelli di sviluppo che hanno dominato la storia italiana del 900 e l’evoluzione globale dei processi di modernizzazione. Gli effetti di questi processi sono più evidenti in questi margini facilmente dimenticati, distanti dai grandi poli urbani ed industriali: i paesi di mezza montagna in Abruzzo e nel mondo intero hanno pagato un prezzo alto ai processi di modernizzazione. Il paesaggio di Cocullo è fortemente segnato dalla storia del XX secolo: l’emigrazione massiccia della popolazione si materializza nelle case disabitate e nella crisi demografica della comunità, la presenza dell’autostrada, fattore di pesante impatto ambientale, l’installazione del Parco eolico, che per il paese significa lavoro, uso delle risorse naturali come fonti di energia rinnovabile, impiego per alcuni giovani cocullesi. Così descriveva Cocullo un decennio fa lo studioso Alfonso di Nola.

«Sospeso fra la terra marsicana e la valle Peligna, nel cuore dell’Abruzzo, Cocullo è un paese antico, segnato ora dal dissesto dell’emigrazione e dalle trasformazioni industriali che non danno più spazio alla vita pastorale e contadina. Un pugno di case aggrappato alla roccia impervia, sul quale passò nei secoli scorsi molta storia dell’Italia centrale. (…) Nel paese sconvolto dal terremoto, immiserito dalle guerre e dai flussi emigratori, la gente, il primo giovedì di maggio, continua a maneggiare e ad esibire i serpenti, non più velenosi. La memoria si è trasformata, si è verificata una migrazione di simboli, e alle vipere si sostituiscono innocue bisce, strappate al loro sonno invernale o appena uscite dal letargo, quasi a commemorare eventi mitici, ora attribuiti ai Marsi, ora affidati ai miracoli di san Domenico di Foligno, che rappresentano la vittoria dell’uomo sulla natura ostile e matrigna, rappresentata dai serpenti (…) Cocullo non è il lembo di una barbarie residua delle genti meridionali, non è la sede di una geografia dei “selvaggi di qui”, degli Indio de aquì, come si diceva nelle boriose relazioni del Seicento. Oggi la festa del paese è al centro delle attenzioni internazionali, se gli studiosi di molte università straniere e italiane osservano, con teso rispetto, questo rito antichissimo» (Alfonso di Nola, Aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Bollati Boringhieri Torino 1976: 21-22)

Eredità ed alleanze

 Cocullo (ph. P. Clemente)

Cocullo (ph. P. Clemente)

Prima ed oltre il secolo delle due guerre mondiali, del boom economico, dei grandi lavori e dell’emigrazione, queste montagne sono testimonianze vive di un tempo che ha ricominciato a parlare con il linguaggio del futuro: quello in cui l’economia agropastorale, le risorse della terra e le tradizioni culturali hanno posto le solide fondamenta della vita locale. Questa eredità si respira nelle strade, nelle piazze, nei vicoli di Cocullo. Di questo parlano i suoi paesaggi futuri, quelli che questo progetto sogna di veder vivere, missione del progetto di candidatura Unesco, oggetto di questa presentazione.

Il progetto è frutto di un’alleanza tra la comunità locale e la comunità degli studi, che deve tanto al paese di Cocullo e alla sua gente. Cocullo ha infatti fortemente investito, come ricorda la frase del suo sindaco che abbiamo posto in apertura, nello studio e nella conoscenza delle sue tradizioni. Questi preziosi strumenti conoscitivi sono la molla da cui la società locale ha preso slancio per costruire un progetto di rinascita della sua economia basato sulla condivisione del suo patrimonio culturale: un progetto pilota per la Regione Abruzzo.

Quali strumenti sono oggi a necessari alla comunità locale per rinnovare e rinforzare queste alleanze? Come costruire un piano di salvaguardia del rito in grado di garantirne la trasmissione alle future generazioni? Su quali elementi elaborare un progetto di sviluppo sostenibile del paese, contesto e fondamento della trasmissione culturale? Come rinforzare il contesto socioeconomico di Cocullo, in maniera da favorire il futuro del paese e con esso, del suo prezioso patrimonio culturale?

Dimensioni del patrimonio culturale immateriale a Cocullo

Questo progetto si ispira e riferisce alla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, promulgata a Parigi nel 2003 e ratificata dall’Italia nel 2007 (http://www.unesco.org/culture/ich/)

Si può dire che tutti gli ambiti evocati nella definizione di “patrimonio culturale immateriale”, sono presenti nella “festa di San Domenico Abate e rito dei serpari di Cocullo”:

Art. 2 Definizioni

Ai fini della presente Convenzione,

1. Per “patrimonio culturale immateriale” s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, imanufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana. Ai fini della presente Convenzione, si terrà conto di tale patrimonio culturale immateriale unicamente nella misura in cui è compatibile con gli strumenti esistenti in materia di diritti umani e con le esigenze di rispetto reciproco fra comunità, gruppi e individui, nonché di sviluppo sostenibile.

2. Il “patrimonio culturale immateriale” come definito nel paragrafo 1 di cui sopra, si manifesta, tra l’altro, nei seguenti ambiti:

a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo

del patrimonio culturale immateriale;

b) le arti dello spettacolo;

c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi;

d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo;

e) l’artigianato tradizionale.

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Cocullo e la piazza del santuario

La festa appare come un grande momento di sintesi della cultura locale, tra tradizioni religiose e devozionali, agropastorali, orali e musicali, artigianali e festive. Lungo tutto il 900, con l’intensificarsi dei movimenti migratori, Cocullo progres-sivamente assume i caratteri di una terra del ritorno, verso la quale gli Abruzzesi della diaspora guardano come ad un potente simbolo delle loro tradizioni. Un grande potenziale per il futuro del paese: nell’immaginario planetario di un’umanità in movimento attraverso i confini, i paesi delle origini suscitano interesse e passione che si rinnova, trasmette e rinforza attraverso le generazioni. I fili delle tradizioni collegano tra loro paesi lontani: le tradizioni viaggiano con gli uomini, contribuiscono al senso “d’identità e di continuità” delle generazioni, in una grande catena di affezione e di appartenenze culturali.

Ma cosa esprime, racchiude e significa la festa patronale e rito primaverile dei serpari di Cocullo?  Su quali forze reali si basa oggi la continuità di una tradizione che ha attraversato i secoli, collegando il paese contemporaneo ed il suo immaginario con gli antichi Marsi e il Santo Benedettino, l’eremita predicatore e guaritore Domenico? Chi sono i serpari di Cocullo?  Quale comunità devozionale e festiva è responsabile della tradizione, e chi si mette in viaggio per raggiungere Cocullo ogni primo maggio?  Quali i significati, le dimensioni ed il potenziale di questa tradizione nel contesto contemporaneo?

Rimandando al sito del comune e dell’associazione Di Nola per note descrittive sulla festa, (http://www.comune.cocullo.aq.it/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/8), all’importante saggio citato e alle diverse fonti letterarie raccolte nel centro studi Alfonso di Nola, indichiamo di seguito alcune fondamentali dimensioni socioculturali che il progetto di candidatura Unesco, iniziato con una prima missione esploratoria nel 2014, ha identificato (progetto di identificazione partecipativa, in corso) e sulle quali si deve fondare il piano di salvaguardia di cui parleremo nella parte conclusiva di questo scritto.

  1. La presenza forte e rilevante dell’economia e della cultura agropastorale, che a Cocullo e nella valle del Sagittario prosegue il suo antico e coraggioso percorso, garantendo quella continuità nel rapporto tra attività umane e ambiente naturale che è base e fondamento della vitalità e della diversità degli ecosistemi in cui vivono uomini ed animali, pastori e greggi, serpari e serpi [1]. I pastori sono i primi artigiani di questi paesaggi: eredi e custodi delle risorse naturali, alla base della continuità della vita e della cultura locale. Pastori e greggi con il loro lavoro e la loro presenza permanente sul territorio, costruiscono giorno per giorno da secoli il contesto di trasmissione delle tradizioni che la festa sintetizza ed esprime. Le loro conoscenze e pratiche della natura sono, come riconosce la Convenzione Unesco del 2003, primo prezioso patrimonio culturale da valorizzare.
  2. Il legame della comunità con la natura e la montagna, che il rito trasmette, rinforza e rinnova ogni anno. Come per confermare l’alleanza tra l’uomo e la natura, la tradizione rifonda ogni primavera i vincoli (conoscitivi, affettivi, spirituali) che legano gli abitanti della valle e la comunità della festa con le risorse del territorio, connettendo il selvatico-naturale ed il domestico-umanizzato in una “comunità di vita”. In una società in gran parte urbanizzata, la tradizione assume un ancor più forte valore simbolico, storico ed affettivo. Le conoscenze naturalistiche locali hanno modo di trasmettersi attraverso le generazioni, ed il rituale [2] è luogo di iniziazione dei giovani, di integrazione degli stranieri, vivificazione della memoria locale, trasmissione culturale per una popolazione diversificata, in gran parte emigrata ed urbanizzata. Il mondo agropastorale rinnova e ricorda, con la festa ed il rituale, il suo ruolo e il suo valore nella società contemporanea. I serpari, protagonisti del rito, sono custodi e responsabili di un territorio a vocazione agropastorale. D’altra parte, l’installazione del Parco eolico costituisce un’esperienza forte e significativa, che connette Cocullo con le evoluzioni della montagna del Novecento. A partire dal diciannovesimo secolo, lo sviluppo congiunto dell’industria e dei poli urbani ha trasformato la montagna europea in cantiere: le grandi opere legate all’idroelettricità per la produzione di energia, alla rivoluzione dei trasporti, all’eolico costruiscono i nuovi paesaggi e poli d’impiego della popolazione montana. Dominato dal parco eolico e dall’autostrada, il paesaggio di Cocullo è in questo senso un esempio significativo delle opportunità e delle sfide che le comunità della montagna europea devono affrontare per proseguire la loro storia nel mondo contemporaneo. Questa dimensione di relazione forte e complessa all’ambiente naturale della montagna abruzzese fa di Cocullo un caso esemplare. Una complessità paesaggistica che può essere valorizzata in chiave di sensibilizzazione ambientale, turismo culturale, naturalistico e vocazionale.
  3. La tradizione come un vincolo tra le generazioni e come rito d’iniziazione all’esperienza della montagna. Se come scriveva lo studioso Di Nola,
«I bambini, i ragazzi, hanno qui una loro funzione essenziale. Pullulano all’interno del rito, aggrappati lungo i vicoli, circolanti nella folla con i loro personali serpenti. Li hanno raccolti, con i maschi adulti, nelle zolle dei Casali, a sud di Cocullo, dove resti romani e un’antica chiesa attestano la intricata storia di queste terre. Ma la componente più significativa di un rapporto costante fra fanciulli e serpi sta in un rituale di iniziazione che, per i secoli scorsi, particolarmente per Villalago, è sicuramente attestato: madri, nonne, parenti, sanno che la generazione crescente è destinata al lavoro dei campi e alla fatica pastorale della transumanza, minacciata continuamente dalle serpi velenose. Venire a Cocullo, porre sulla testa dei bambini il capo guizzante e ambiguo delle serpi, significava e significa premunirli contro il rischio di mali futuri. Anche se oggi fare il pastore è un’eccezione…» (Alfonso di Nola, op.cit.: 28)

3Oggi la presenza dei giovani e dei bambini durante la festa è forte. Una serie di iniziative, eventi, giochi e premiazioni (vedi l’edizione 2014 della festa) indicano il cammino da percorrere per rinforzare la dimensione della trasmissione. La trasmissione delle conoscenze, delle capacità e delle pratiche che si concentra nel periodo primaverile e festivo è occasione di iniziazione dei giovani alla padronanza degli ecosistemi della montagna pastorale, simboleggiata dai serpenti. Conoscere i luoghi di vita delle diverse specie di serpenti, riconoscerne le tane ed i territori, saper catturare gli animali, manipolarli, custodirli e nutrirli fino alla festa, infine liberarli nel rispetto degli ecosistemi, impegna i serpari in una importante funzione di trasmissione culturale.

4. La trasmissione di un articolato patrimonio religioso, orale, musicale, artigianale condiviso dalle comunità della rete di devozione al Santo. La devozione al Santo patrono, grande mediatore simbolico tra natura e cultura, eremita, predicatore e protettore di uomini ed animali [3], si esprime in un complesso sistema cultuale/culturale. Questo articola, intorno alla memoria del Santo patrono, un ricco repertorio di tradizioni orali e cantate ed un insieme di pratiche: dalla preparazione dei tradizionali “ciambellati” alla decorazione delle chiese e dei costumi, dalla preparazione della statua di San Domenico alla predisposizione del percorso cerimoniale attraverso l’antico borgo, le sue piazze, le sue chiese. Alcuni aspetti del rito, particolarmente noti e studiati, meritano attenzione [4]. Se dopo il terremoto del 2009 la chiesa di San Domenico è stata chiusa e la celebrazione spostata nell’antica chiesa romanica della Madonna delle Grazie, sono in atto progetti per riattivarne l’accesso alla chiesa di San Domenico ai pellegrini ed ai devoti che desiderano raccogliersi intorno alle sacre reliquie. La festa contemporanea è evento/momento di trasmissione di pratiche devozionali, tradizioni orali, musicali ed artigiane.

5. La tradizione per “fare comunità”. I giorni della festa ricollegano al paese di origine le famiglie dei Cocullesi disperse tra vecchio e nuovo continente. All’interno della comunità locale i preparativi della festa rinsaldano i legami della piccola comunità dei residenti, e di questa con tutti coloro che prendono le vacanze per essere presenti e partecipi. Il paese diventa luogo di riunione primaverile della diaspora abruzzese. Molti i cocullesi residenti in diverse città italiane che tornano in paese per la festa. Alcuni di questi sono vere risorse d’idee, energie ed iniziative per l’avvenire del paese, rappresentano un grande potenziale per il suo sviluppo futuro e la rivitalizzazione della sua economia. La questua è un momento chiave di attivazione della rete che si organizza e struttura nei preparativi: qui si esprimono le solidarietà, le affinità, i gesti di concreta partecipazione. Oggi favorita dal web, dai sistemi di comunicazione e dai social network, questa comprende e raccoglie la vasta comunità dei cocullesi della diaspora migratoria: dal Canada agli Stati Uniti, dalla Francia alla Germania, dall’Ontario a San Francisco…La festa di San Domenico abato e rito dei serpari è un fenomeno di portata socioculturale mondiale! [5]

6. Cocullo come un luogo chiave nella geografia locale, regionale, interregionale e internazionale dei pellegrinaggi. Il pellegrinaggio religioso, oggi riconosciuto come fenomeno culturale in espansione, ha in Cocullo una patria antica e senz’altro destinata a svolgere un ruolo importante nel futuro della regione Abruzzo. Uno dei momenti forti della festa è costituito dall’arrivo e dalla partenza delle compagnie di pellegrini e confraternite della devozione al Santo, in particolare la compagnia di Atina, in provincia di Frosinone. L’incontro a Cocullo delle compagnie dei pellegrini materializza il vasto territorio di relazioni interregionali che trovano nel rito un loro luogo di espressione, vitalità e trasmissione culturale. Le tradizioni orali del paese trasmettono la memoria dei percorsi dei pellegrinaggi legati alla devozione al santo. Collegandosi a nuovi progetti in atto a livello regionale, questa dimensione deve essere considerata come un grande potenziale del territorio in chiave di sviluppo culturale e religioso, che si connette e si articola con il fenomeno turistico.

7. Un luogo che incarna il carattere transfrontaliero delle tradizioni culturali. L’aprirsi delle frontiere spazio-temporali nella sintesi dello spazio-tempo rituale. Capace di ricongiungere il mondo antico delle tradizioni italiche con il mondocristiano, il rito dei serpari viene messo in rapporto con i Marsi e con antiche pratiche rituali pre-cristiane. La festa di San Domenico, in questo senso, diventa simbolo dell’unione e della continuità delle tradizioni [6]. Il giorno della festa il paese si trasforma in grande crocevia di una comunità articolata e complessa, che comprende tutti i paesi della devozione a San Domenico abate: Foligno, Sora, Atina, Sant’Elia Fiumerapido, Villalago, Villamagna, Pretoro, San Pietro Avellana, Fornelli, Caiazzo legati tutti alla devozione a San Domenico Abate. Rievocando la vasta geografia coperta dalla predicazione del frate Benedettino e dei pellegrinaggi medievali, il rito congiunge e riunisce i devoti in una comunità che si riconosce in una comune appartenenza culturale e spirituale. D’altra parte, questa comunità di devoti è raggiunta dagli abruzzesi della diaspora e dai nuovi flussi favoriti dal fenomeno turistico. In questo senso, la festa di Cocullo assume il valore di una tradizione simbolo che attraversa molteplici frontiere: la comunità della festa e del rito è locale, regionale, interregionale, internazionale, interculturale.

8. Un luogo di studio, ricerca e valorizzazione del patrimonio culturale, incontro tra società locale e comunità scientifica nazionale ed internazionale. Come provano i diversi convegni ed incontri nazionali ed internazionali, (http://www.associazionedinolacocullo.it/) Cocullo può essere considerato un piccolo, sperimentale cantiere di salvaguardia del patrimonio culturale. A partire dal 1997, con la nascita dell’Associazione Alfonso di Nola, vengono lanciate iniziative fortemente innovative, come la creazione del Centro Studi e Documentazione per le Tradizioni Popolari che custodisce la documentazione storica della festa, el a progettazione e realizzazione delmuseo/mostra sul rito dei serpari. Nel centro studi si raccolgono i principali lavori realizzati sulla festa, da Alfonso Di Nola (1926-1997), docente di Antropologia Culturale dell’Università Federico II di Napoli che ha dedicato al rito dei serpari buona parte delle sue attività di ricerca, Giuseppe Profeta, Emiliano e Lia Giancristofaro, Ireneo Bellotta e molti altri. Questo è un altro grande potenziale che il progetto di candidatura Unesco intende valorizzare: un patrimonio di documentazione sia scritta che audiovisiva, ma anche un patrimonio di relazioni umane e scientifiche che fanno di Cocullo una piccola patria per gli antropologi e gli studiosi di tradizioni popolari, in dialogo con la popolazione e con i “portatori della tradizione”. In questo senso, possiamo considerare il gruppo che ha promosso il processo di candidatura, come una “comunità patrimoniale” o comunità di eredità, secondo la definizione che ne dà la Convenzione di Faro del Consiglio dell’Europa (Convenzione sul valore del patrimonio culturale per la società, Faro).

4reutersUn potenziale di avanguardia in un’Europa che vede emergere sempre più forte il ruolo della cultura e del “cultural heritage” come pilastro di sviluppo sostenibile. Secondo la Convenzione Unesco del 2003, la ricerca e la conoscenza sono una fondamentale misura di salvaguardia. Cocullo si è mosso presto in questa direzione: possiamo considerarlo in questo senso un comune all’avanguardia. Ma dobbiamo evocare un altro punto di forza del processo di candidatura: l’essere seguito da due tra le più dinamiche ONG italiane accreditate dal Comitato intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale: Simbdea (Società italiana per la museografia ed i Beni Demoetnoantropologici) e UNPLI (Unione nazionale proloco). Due associazioni che hanno attivato un dialogo internazionale di rilievo, contribuendo concretamente ai lavori del “forum ICH-NGO”, che ogni anno riunisce studiosi ed associazioni accreditate del mondo intero, il giorno precedente le riunioni della Convenzione. (Comitati intergovernativi ed Assemblee Generali, www.ichngoforum.org)

Il progetto potrà far valere questo potenziale, ed è stato già presentato a Parigi in occasione delle riunioni del Comitato 2014. Dal punto di vista della ricerca partecipativa, la proloco ed il comune di Cocullo stanno favorendo la creazione di un laboratorio sperimentale di pratiche partecipative e innovative di documentazione, che favorisca la progettazione della documentazione con la comunità e la sua condivisione sul web, in funzione dei più diversi progetti. In questo senso, documentare significa anche pensare agli usi futuri del patrimonio documentale e audiovisivo prodotto nel processo di candidatura. Il cambiamento in atto sta nel coniugare la prospettiva conoscitiva con quella dello sviluppo economico, al fine di favorire la vitalità del contesto di trasmissione delle tradizioni culturali. Sensibilizzazione, formazione formale ed informale, creatività e sviluppo sostenibile sono le parole chiave del processo di salvaguardia. In continuità con le attività svolte da un ventennio a questa parte, ma anche in modo innovativo, il progetto si è dotato di un gruppo di lavoro che comprende ricercatori in antropologia, esperti di patrimoni audiovisivi, archiviazione web ed open data, sistemi di catalogazione del patrimonio culturale immateriale e rapporti tra ricerca etnografica e salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Oltre alle storiche relazioni con l’Università di Chieti e gli insegnamenti di antropologia culturale, il progetto ha anche attivato un rapporto con La Sapienza Università di Roma [7].

9. Il progetto di “salvaguardia della specie”, che mira alla protezione dei rettili nel loro ecosistema naturale, come potenziale per lo sviluppo locale e il progetto di candidatura Unesco. Il progetto è iniziato nel 2007 per volontà comunale. La richiesta di deroga ministeriale, necessaria alla continuità della pratica rituale in un’area protetta [8], ha portato due erpetologi sul territorio impegnando l’intera comunità in un percorso di acquisizione di conoscenze scientifiche oggi indispensabili per un corretto rapporto alle risorse naturali. La prima deroga è stata richiesta e ottenuta nel 2009, anno in cui il terremoto non ha permesso la raccolta dati. Nel 2010 è iniziata una raccolta dati sistematica. La deroga al DPR 357/97 è stata rinnovata una prima volta per il triennio 2011-2013 e poi una seconda volta per il trienno 2014-2016. Il progetto intitolato “Da cercatori di serpenti…a ricercatori (storia di una simbiosi tra serpari e scienziati)” cerca di sintetizzare il percorso intrapreso. Ecco come ne scrive il suo responsabile, Gianpaolo Montinaro:

«Si tratta di un progetto di conservazione che vede uniti erpetologi e serpari in uno scambio reciproco di informazioni. Dai libri sul campo i primi, il contrario i secondi. I serpari sono una fonte incredibile di informazioni che deriva da un’esperienza diretta e secolare vissuta tra le rocce abruzzesi. A riunire questa mole di dati e a uniformarla e renderla leggibile in termini scientifici entrano in gioco gli erpetologi. Non da poco è poi come si è arrivati a chiedere la deroga. Questa non è stata richiesta da Ministero o altre autorità di controllo territoriali. Il comune, dopo che ci siamo incontrati, ha autonomamente deciso di mettersi in regola e così abbiamo incominciato e così siamo arrivati fino ad oggi. Noi siamo stati semplici guide. I presupposti per ottenere le autorizzazioni al DPR sono state da subito accettate senza obiezioni. In questi anni abbiamo ottenuto la collaborazione prima dell’Istituto Zooprofilattico di Viterbo e da due anni (questo sarà il terzo) dell’Ist. Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise che hanno provveduto a dare sostegno alle analisi sanitarie. Abbiamo creato uno spazio espositivo, parallelo alla mostra del Rito che si occupa degli aspetti scientifici dei serpenti e uno spazio espositivo dove i serpenti possano essere osservati da turisti e scolaresche prendendosi cura della loro salute. Viene diminuita, la tradizionale manipolazione (che pure è un qualcosa da preservare) che viene concentrata quasi esclusivamente nel giorno della festa.Abbiamo raccolto tutta una serie di spezzoni cinematografici, cartoni animati e serie televisive (nazionali e internazionali) con l’intento di mostrare nel prossimo futuro, forse dal prossimo anno, come viene mostrata e recepita la figura del serpente. L’obiettivo è ragionare su questo e lenire il conflitto storico Uomo/Serpente. Le uccisioni volontarie dei serpenti sono ancora un fenomeno molto diffuso a livello nazionale» (messaggio mail, marzo 2015).

 Alla luce delle più recenti iniziative internazionali, come “la carta di Roma sul capitale culturale e naturale” dobbiamo sottolineare tutto il valore di questo incontro tra conoscenze scientifiche e conoscenze tradizionali. Questo incontro viene a integrare il precedente incontro con la comunità degli studiosi di antropologia e tradizioni popolari, il cui pioniere è stato a Cocullo il professor Alfonso di Nola.

D’altra parte, l’incontro tra ambiti disciplinari diversi, tra patrimonio culturale e patrimonio naturale, costituisce un punto di forza ed innovazione del contesto di Cocullo e dei processi avviati, per lo sviluppo sostenibile dell’Abruzzo montano.

10. Fare rete per la salvaguardia. Per concludere, i diversi gruppi, comunità ed individui che si incontrano a Cocullo in occasione della festa, vivono e trasmettono le conoscenze, le  pratiche, le tradizioni che questa incarna come loro patrimonio vitale, “luogo di identità e continuità” che si raccorda pienamente alle sfide della società contemporanea. La festa riunisce, collega, ricorda, richiama: le generazioni tra loro, i comuni confinanti e vicini, i paesi della devozione al santo che ritrovano ogni anno le vie dei pellegrinaggi di lunga memoria, le comunità scientifiche e culturali, i cocullesi della diaspora migratoria che guardano alla festa come momento del ritorno e ricongiungimento, reale o spirituale, con il territorio d’origine. Come momento di sintesi e trasmissione culturale, la festa racchiude i principali tratti culturali che costituiscono altrettanti strumenti di sviluppo sostenibile del paese nel territorio. Nella prospettiva della salvaguardia e dello sviluppo sostenibile, un’analisi del fenomeno rivela le traiettorie da seguire. Conoscenze, capacità e pratiche locali relative ai saperi della natura, alle tradizioni orali, agli artigianati, al patrimonio religioso, alla socialità e alla storia locale costituiscono altrettante vie da intraprendere per una rivitalizzazione dell’economia locale compatibile con la cultura delle “comunità, gruppi ed individui” che formano la società locale.

5Ma all’analisi di queste forze e del grande patrimonio che questa rappresenta per lo sviluppo dell’intera regione, deve accompagnarsi una lucida analisi dei rischi che pesano sulla sua trasmissione, legata ad un contesto locale sempre più fragile, che rende il percorso per arrivare alla festa ogni anno più pesante e difficile da sostenere per la piccola comunità di Cocullo. Una preziosa comunità culturale vive in un contesto economico critico, senza prospettive di impiego per i giovani, con un tasso di invecchiamento della popolazione in aumento, una severa crisi del settore immobiliare che rende quasi impossibile disporre di abitazioni in paese, un potenziale turistico non organizzato in un piano organico di sviluppo locale.

Chiudiamo questo quadro con l’immagine delle tradizioni che, tessendo intorno al pianeta i fili della solidarietà con la comunità di Cocullo legata dalla devozione al Santo Patrono, devono muovere le istituzioni a sostenere un coraggioso ed innovativo progetto di “salvaguardia urgente”. Al fine di costruire un concreto processo di rete, l’edizione 2015 della Festa proporrà ad un vasto insieme di attori la firma di un “protocollo di intesa” per la Candidatura.

La tradizione come leva di sviluppo sostenibile. Lo spirito del progetto e lo “spirito della Convenzione” per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Verso un piano di salvaguardia innovativo:un prezioso patrimonio culturale immateriale regionale tra nuovi modelli di sviluppo e sfide planetarie. Ma cosa si intende per salvaguardia secondo la Convenzione Unesco, e quali gli obiettivi e la portata innovativa del progetto?

Art.2.

Per “salvaguardia” s’intendono le misure volte a garantire la vitalità delpatrimonio culturale immateriale, ivi compresa l’identificazione, la documentazione, la ricerca, la preservazione, la protezione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione, in particolare attraverso un’educazione formale e informale, comepure la rivitalizzazionedei vari aspetti di tale patrimonio culturale.

Seguendo le preziose indicazioni che fornisce la Convenzione, ad una identificazione dell’”elemento” deve accompagnarsi una identificazione della comunità, la cui partecipazione è fondamentale nel processo di salvaguardia, e una considerazione del contesto socio-economico nella cui vitalità si radica la possibilità di trasmissione culturale. Lavorare sul contesto socio-economico è la prospettiva indicata dalla Convenzione: su questo deve essere costruito il “piano di salvaguardia” dell’elemento patrimoniale.

Il concetto di salvaguardia, costituisce un grande avanzamento rispetto ai concetti di tutela, conservazione e valorizzazione. Questo concetto unisce, come analizzano i più recenti scritti e documenti internazionali, la consapevolezza del carattere trasformativo e processuale delle tradizioni nei loro contesti, con la necessità di porre limiti ai processi di spettacolarizzazione e mercificazione del patrimonio culturale nel mondo globale. Ponendo la tradizione al riparo dei potenti flussi di potere politico ed economico che attraversano le storie locali, connettendola allo sviluppo economico in maniera sostenibile e compatibile con le culture locali. In questo senso, l’alleanza tra ricercatori e “gruppi comunità ed individui”, portatori di tradizioni, appare come la sfida dello sviluppo sostenibile e della salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Questi limiti non devono corrispondere, secondo una visione statica e conservativa del patrimonio come insieme di oggetti da tutelare, a vincoli definiti sulla base di criteri astratti, norme che rispondano a criteri esclusivamente scientifici o giuridici, che non si sono misurati con il contesto locale e i problemi concreti della trasmissione culturale. Non si tratta, nello “spirito della Convenzione, di ripristinare caratteri “originali ed autentici”. Si tratta di negoziare i limiti dello sviluppo e della trasformazione con le comunità, seguendo il criterio fondamentale e centrale dato dal “senso di continuità e identità” delle popolazioni. Un percorso di consapevolezza che poggia su processi di partecipazione, auto-documentazione, ricerca e dialogo con la comunità scientifica, rispetto dei “diritti culturali”, dei margini di autonomia di giudizio e di scelta delle comunità culturali.

7Il patrimonio culturale locale è oggi concreta speranza di transizione alla nuova economia del turismo sostenibile: in questo senso, possiamo parlare del “coraggio della tradizione” e dell’eroismo dei pochi rimasti tenacemente e con passione, a “portare avanti il paese” come contesto vitale di una tradizione il cui valore è condiviso da una vasta comunità di attori, in una geografia transfrontaliera. Nella prospettiva del “cultural heritage”, cuore propulsivo di una economia verde, (la Green economy e i “servizi ecosistemici” [9] verso la quale sono orientate le politiche europee ed internazionali) il progetto-Cocullo appare come potenziale cantiere pilota per lavorare ad uno sviluppo dell’economia locale in rete.

Una rete che, come indicato ai punti 5, 6 e 7, comprende molteplici geografie, tra loro comunicanti. Considerando le 10 dimensioni indicate nel paragrafo precedente, il “progetto di salvaguardia” che qui proponiamo, si articola in tre fasi:

La prima fase, in corso, consiste in un censimento e “inventario partecipativo” del patrimonio culturale immateriale locale, un’identificazione delle comunità gruppi ed individui attori e responsabili della trasmissione culturale, la costruzione della rete di sostegno alla candidatura, futura rete di progettazione di mirate azioni a favore dello sviluppo sostenibile di Cocullo. La scrittura dell’inventario partecipativo, il progetto di documentazione e la sua realizzazione, la firma del “protocollo d’intesa” costituiscono i tre obiettivi di questa prima fase.

La seconda fase, da sviluppare durante la seconda metà del 2015, consiste in una identificazione congiunta dei rischi e delle minacce che pesano sul contesto vitale di Cocullo con una identificazione delle misure che possono invertire l’attuale processo di declino socio-economico della comunità. Questa analisi deve situare Cocullo in una dimensione regionale come quadro politico imprescindibile delle misure/azioni di salvaguardia e valorizzazione.

La terza fase, di elaborazione e scrittura del “piano di salvaguardia”, deve predisporre in un programma organico, con calendari e impegni economici, le modalità di applicazione e realizzazione progressiva delle misure identificate nella fase 2.

Seguendo le dimensioni socio-culturali indicate, le attività avviate o in corso vanno considerate come potenziali da sviluppare in uno spirito di rete e di solidarietà regionale, interregionale, nazionale ed internazionale. Ad una identificazione dei rischi deve corrispondere una identificazione di buone pratiche, che comprendano progetti imprenditoriali utili per lo sviluppo delle attività agropastorali, artigianali, ricettive e turistiche di Cocullo.

Uno dei problemi identificati, l’eccessiva concentrazione di attività in un periodo molto breve, fattore di squilibrio dell’economia e della società locale, sarà uno dei criteri di orientamento del piano di salvaguardia. Alcune attività potranno essere programmate in una durata diversa e maggiore, anche al di fuori del periodo tradizionalmente consacrato alla festa, portando ad espandere i tempi di espressione dell’elemento tradizionale nei diversi periodi dell’anno, tra primavera ed autunno.

Alcune attività in corso, portate avanti dalla proloco, dall’Associazione Alfonso di Nola, da gruppi di volontariato locale, dalla Cooperativa sociale il Faro, da imprenditori del territorio, meritano di essere segnalate come “buone pratiche” e potenziate, in uno spirito di rete e sviluppo sostenibile integrato. Segnaliamo in particolare:

  • Le attività delle proloco, responsabile dal 1981 dell’organizzazione della festa, della questua e molte altre attività, tra cui la recente realizzazione di un sito web. Queste attività, tra loro coordinate, costituiscono la base di un’offerta turistica sostenibile per Cocullo.
  • Le attività del Centro di documentazione Alfonso di Nola e della mostra “la festa di San Domenico abate e rito dei serpari” (http://www.associazionedinolacocullo.it/mostra.php.) Il grande patrimonio di documentazione storica sulla festa (vedi punto 8), la mostra permanente, l’archivio, sono una solida base evolutiva, alla quale riferire il nuovo progetto di sviluppo locale. Attivare e valorizzare questo patrimonio con specifici progetti, sarà obiettivo fondamentale del piano di salvaguardia e sviluppo sostenibile. La valorizzazione del patrimonio culturale immateriale in connessione con la documentazione scritta ed audiovisiva dovrà articolarsi, come già in passato ma in una strategia integrata, in progetti specifici come: laboratori per le scuole, progetti editoriali, progetti artistici (fotografia, cinema, teatro…). Attività da raccordare tra loro nel piano di salvaguardia.
  • La costituzione, nel 2014, del “gruppo di lavoro per la candidatura”, costituito da un nucleo di giovani residenti e non residenti, dai responsabili della proloco, dall’assessore alla cultura del comune e da tre ricercatori con competenze complementari.
  • Le attività di organizzazione dell’identità digitale del patrimonio culturale locale deve articolare la progettazione e lo sviluppo di uno più luoghi web. Un sito/blog sarà specificatamente dedicato al processo di candidatura e alla valorizzazione del patrimonio audiovisivo prodotto. Queste azioni, da sviluppare attraverso specifici progetti e finanziamenti, devono formare al valore di “ecosistemi digitali sostenibili”, basandosi sul patrimonio di esperienze legate allo sviluppo degli open-data (vedi progetto Europeana). Garantire l’accesso,da parte della vasta comunità che condivide il patrimonio culturale locale, al processo di ricerca e documentazione, nel senso delle “Umanità digitali”, è un passo fondamentale per contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio. Un progetto specifico è in fase di elaborazione, con la collaborazione di esperti di Umanità Digitali dell’archivio sonoro Franco Coggiola di Roma (in collaborazione con la MMSH, Maison Méditerranéenne de Sciences de l’Homme di Aix-en-Provence, Marsiglia), in dialogo con la proloco di Cocullo che ha recentemente realizzato un nuovo sito web (http://coculloproloco.it/)
  • Le attività legate al “progetto di salvaguardia della specie” (vedi punto 9), sono un grande potenziale per sviluppare progetti di sensibilizzazione ed educazione ambientale, turismo naturalistico, ecoturismo, turismo vocazionale. La progettazione di itinerari e formazione di guide potrà articolarsi in una offerta di “passeggiate con il serparo”, esperto in grado di coniugare le conoscenze naturalistiche tradizionali con le conoscenze scientifiche, acquisite a contatto con gli erpetologi responsabili del progetto di monitoraggio della specie. Le “passeggiate con il serparo” potranno orientarsi alla valorizzazione del patrimonio di biodiversità del territorio, connesso con le pratiche agropastorali che garantiscono la continuità della diversità di ecosistemi contesto di vita e riproduzione dei rettili.
  • I seminari scientifici e di formazione Cocullo for ICH. L’iniziativa congiunta dell’associazione locale Alfonso di Nola, dell’associazione nazionale Simbdea in dialogo con le Università di Chieti e Roma La Sapienza, sul patrimonio culturale immateriale, costituiscono un importante potenziale per sviluppare il “centro studi” dando continuità e rinnovando la vocazione di Cocullo a connettere le sue politiche con la ricerca scientifica ed i progetti conoscitivi. Cocullo potrebbe favorire e contribuire ad una riflessione internazionale, di assoluta attualità, sul tema del rapporto tra salvaguardia (come definita dalla Convenzione Unesco 2003) del patrimonio culturale e naturale e sviluppo sostenibile.
  • Il progetto “passeggiate patrimoniali”. In cantiere nell’immaginazione locale dal 2014, il progetto di passeggiate a tema potrà costruire percorsi tematici a carattere storicoantropologico (vedi punti 1-5-6-7) religioso (vedi punti 4-5-6-7), naturalistico (vedi punto 1, 2 e 9), scientifico tecnologico (vedi punto 2) toccando temi specifici in collegamento con altri comuni della rete di sostegno alla candidatura. Per esempio, il tema della diaspora migratoria e degli abruzzesi nel mondo potrà essere sviluppato in collegamento con il museo di Introdacqua [10]. Il tema del patrimonio religioso e devozionale in collegamento con le associazioni di Villalago [11], il tema dei pellegrinaggi con le confraternite di Atina ed altri progetti in corso a livello regionale, e così via. Le passeggiate costituiscono anche strumenti di promozione delle produzioni locali, legate alle culture della terra, del cibo, della tavola e agli artigianati locali.

Queste attività dovranno svilupparsi attraverso collaborazioni con associazioni ed imprenditori locali (numerosi i contatti in corso, con “Fabbrica cultura” di Sulmona, DMC (Destination Management Company), con il progetto “adotta una pecora” di Nunzio Marcelli, con il Museo delle genti d’Abruzzo), moltiplicando in tal modo gli effetti del piano di salvaguardia e sviluppo sostenibile sul territorio a diverse scale, in una prospettiva regionale.

  • Il progetto mercatino artigianale e “museo diffuso” [12]. Iniziativa di giovani del paese, a partire dall’edizione 2015 della festa, il mercato artigianale costituisce una prima esperienza di grande valore, che potrà svilupparsi con adeguati sostegni e misure a favore degli artigianati locali. Il mercato artigianale è parte di un più ampio progetto di “museo diffuso”, che prevede l’allestimento di botteghe artigiane nelle antiche cantine attualmente non utilizzate, del vecchio paese. Ispirandosi a esempi virtuosi nazionali e internazionali (come la rete Artesol del Brasile, forte d’importanti sostegni ministeriali, o in Sicilia il paese-museo di Buscemi, http://www.museobuscemi.org/), l’esperienza di Cocullo potrà connettersi e replicarsi in altri contesti delle valli, rivitalizzando le tradizioni artigianali del territorio, puntando sul binomio tradizione/creatività per lo sviluppo sostenibile .Il mercato artigianale costituisce una proposta alternativa e comunque complementare rispetto all’attuale sagra che, svolgendosi in concomitanza con il rito, costituisce un motivo di forte attrazione turistica ed importante impatto.
  • Le imprese del territorio. Vari imprese del territorio potranno trovare nel piano di salvaguardia del patrimonio culturale immateriale di Cocullo un motivo di connessione e incremento delle loro attività. (http://www.comune.cocullo.aq.it/c066037/az/az_p_elenco.php)

Alcune di esse, fondate su valori dell’ospitalità locale basata sulle risorse del territorio, l’agricoltura biologica e l’agriturismo (http://www.agriturismosofia.it/index.html) potranno divenire riferimento per un progetto comunale di valorizzazione delle produzioni locali in rete. Collegandosi con aziende del territorio come il Bioagrituriso “la porta dei parchi”, consorzio di produttori biologici (http://www.laportadeiparchi.it/scheda.htm) e altre attività di imprenditori locali dediti all’allevamento, all’artigianato e alla trasmissione del patrimonio culturale agro-pastorale, il piano di salvaguardia potrà divenire strumento di sviluppo sostenibile del territorio, in un approccio integrato.

  • La rete di sostegno alla candidatura. Un grande potenziale è costituito dalla rete di attori che aderendo al “protocollo d’intesa per la candidatura”, si impegnano a sostenere i diversi progetti e misure previste dal “piano di salvaguardia”, entrando a far parte di un grande cantiere di progettazione per lo sviluppo sostenibile di Cocullo e dell’Abruzzo montano, in una prospettiva regionale.

Come strumento di condivisione e comunicazione del piano di salvaguardia, e per proseguire sulla strada del “protocollo di intesa”, il gruppo di lavoro dovrà impegnarsi a redigere e diffondere una carta dei valori del progetto di candidatura, strumento di sensibilizzazione e raccolta del maggior numero possibile di adesioni.

6Un giorno all’anno, per tutto l’anno: la festa come patrimonio per il futuro del paese

La devozione a San Domenico Abate di Sora e Cocullo, con la modernità e malgrado le distanze che separano nello spazio la grande comunità della diaspora cocullese, diventa fenomeno sempre più importante: oggi sono circa 20mila le persone che affluiscono a Cocullo il giorno della festa da tutto il mondo [13]. Un’affluenza che costituisce un grande successo della tradizione, rendendone manifesto il valore ed il potenziale. Nelle condizioni attuali, questo successo non costituisce però una molla per lo sviluppo del paese, limitando i suoi effetti ai pochi giorni in cui si svolge il rito, senza ricadute significative sulla piccola comunità dei residenti e l’economia locale. La forte affluenza, in mancanza di un adeguato piano di gestione, può costituire anche un fattore di rischio alla trasmissione della tradizione. Cocullo si interroga sulla sostenibilità del fenomeno cui è confrontata la piccola comunità di abitanti e l’ancor più piccola comunità di responsabili dell’organizzazione festiva.

Questo progetto vuole costruire le basi per una grande alleanza in favore dello sviluppo sostenibile del paese, frontiera fragile e viva della Valle del Sagittario, tra la Marsica e l’Area Peligna. Se l’immagine della statua del santo, portata in processione con “le serpi” attorcigliate è immagine cara alla promozione turistica della Regione Abruzzo (opuscoli, editoria a stampa, editoria multimediale: non c’è promozione della Regione che non abbia almeno un riferimento alla festa di San Domenico Abate di Cocullo come mostra anche la prossima presenza di una “delegazione” cocullese all’interno di Expo 2015, assieme alla Giostra cavalleresca di Sulmona), questa importante tradizione deve oggi costruire un nuovo contesto per la sua trasmissione. Questo sarà possibile realizzare solo attraverso una grande alleanza tra ricercatori, comunità locale, politici e responsabili delle istituzioni a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale.

Il progetto di salvaguardia, che abbiamo tentato di illustrare come una dinamica in corso, non può prescindere da un riconoscimento ed un sostegno istituzionale, da una alleanza tra tutti gli attori coinvolti e responsabili.

Terminiamo con il messaggio inviato da un giovane cocullese al gruppo responsabile della candidatura Unesco:

«Io credo profondamente che ogni azione, ogni intento o progetto che riguardi Cocullo debba rispondere ad un requisito fondamentale: può indurre un aumento demografico? Esplodendo la domanda: Può indurre le persone a conoscere e quindi ad innamorarsi del luogo al punto da volerci passare più tempo? Può essere stimolo per l’avvio di attività imprenditoriali (in particolare artistiche ed artigianali)  nel territorio? Può creare occasione di lavoro – e quindi di residenza -  per soggetti diversi dagli attuali residenti?
Mi auguro che questo progetto possa rispondere a questo requisito, altrimenti ho la triste visione di un bel cartello colorato all’ingresso del paese “Cocullo paese della festa dei serpenti patrimonio UNESCO” a cui segue un paese fantasma, deserto e desolato…» (messaggio mail marzo 2015)
Dialoghi Mediterranei, n.27, settembre 2017
Note
[1] Come è noto, la diversità ecologica è direttamente legata alla varietà degli usi (umani) delle risorse naturali. Rimandiamo ad una importante e recente dichiarazione internazionale che sancisce questo legame, la carta di Roma: http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita/conference_ncc_carta_roma_ita.pdf
[2] Il ciclo tradizionale della festa comprende: la cattura dei serpenti secondo un’organizzazione sociale strutturata ed una divisione dei territori; la loro custodia nelle case dei serpari; l’esibizione in paese, durante la processione e nella piazza il giorno della festa; la manipolazione rituale e il contatto uomo-animale; la liberazione delle serpi nei loro habitat di vita. Le pratiche di cattura portano sul territorio i serpari più anziani ed i più giovani, portano le serpi verso le case per il periodo di cattività che precede la festa, mettono in contatto i serpari e i serpenti con la più larga comunità degli abitanti e gli ospiti della festa, riportano infine uomini ed animali verso gli habitat naturali in cui i serpenti vengono rilasciati.
[3] Utile richiamare alcuni passaggi del testo di Lia Giancristofaro: «Nel XIX secolo, alla festa di s. Domenico si recava espressamente per guarire chi fosse in preda all’odontalgia oppure vittima del morso di serpe o di cane idrofobo (secondo testimonianze, il malato, varcato il confine di Cocullo, veniva scosso da convulsione epilettica, segno evidente che per opera del Santo il sangue aveva rigettato il male), ma anche per preservare i campi dal morso rabbioso della grandine, della tempesta, dei bruchi e delle cavallette. Questo era il protettorato assunto, dopo secoli, da quel S. Domenico eremita e predicatore che, partito da Foligno, dove era nato nel 951, tanto profondamente segnò la vita monastica e popolare dei paesi appenninici, visitati nel corso di un’esistenza lunga e operosa». Ed ancora, a pag. 17: «È nel binomio Santo-serpente, infatti, la peculiarità di questa catarsi: il rettile, animale selvatico diffuso nelle aree interessate dalle civiltà antiche (la Caldeo-Mesopotamica, la Paleomessicana, l’Ebrea, la Cristiana, solo per citarne alcune), si è andato caricando di valori positivi e negativi come il suo veleno-controveleno che, analogicamente al suo letargo-risveglio, sospende il limite tra la vita e la morte, rappresenta la fragilità del confine tra bene e male, condensa l’umana angoscia di essere morsi da eventi naturali imprevedibili ed incontrollabili. Questo concentrato di millenarie ambiguità culturali, ancora percepito dallo sguardo occidentale come simbolo storico del Male, a Cocullo viene proposto nelle innocue vesti della finzione (le serpi, selezionate dagli esperti nelle campagne del circondario, non sono velenose e, ancora semiletargiche, cercano il contatto coi presenti, illudendoli di una loro possibile addomesticazione), trasformandosi in capro espiatorio delle nostre colpe e, nel contempo, strumento iniziatico per il superamento delle stesse».
[4] Conviene ancora una volta citare Alfonso di Nola: 23:  «Il contesto cerimoniale è molto complesso. Alla cultura dei Marsi si sovrappone, probabilmente intorno al XVI secolo, la figura di un santo monaco taumaturgo, vissuto fra il X e l’XI secolo, Domenico di Foligno, che, peregrinando a piedi dall’Umbria all’Abruzzo, avrebbe qui, con molti miracoli, liberato la popolazione dai serpenti velenosi. Gli universi dispersi del mondo tardo-antico, con le taumaturgie dei serpenti,si fondono, quindi, con una rinnovata tradizione cristiana, e il santo di Cocullo diviene una sorta di eroe mitico che, per il potere carismatico, consente ai pastori e ai montanari la dominazione sulla natura avversa, sui rischi ofidici, ma anche su quelli derivanti dai cani o dalle odontalgia o dai bruchi che invadono i campi. Ecco perché, all’interno della chiesa, bambini, donne, uomini, tirano con i denti la corda di una campanella, a condensare, in un atto di tipo magico, il bisogno di allontanare le sofferenze odontalgiche, che qui, per la carenza di calcio nelle acque, furono e sono frequenti. Poco distante, a Villalago, nella valle in cui scorre, verde e inquieto, il fiume Sagittario, san Domenico si ritirò, penitente, in una grotta, e la gente strappa ancora, dalle travi sulle quali egli giacque, schegge lignee che, applicate ai denti, garantiscono contro le odontalgie. Gli abruzzesi emigrati nel Canada chiedono che vengano loro inviate, come medicina alternativa alle cure dentistiche».
[5] Ecco come ne scrive Lia Giancristofaro nel saggio citato, collegando la trasformazione contemporanea della festa con il fenomeno turistico e questo con la fama di Cocullo veicolata anche dall’attenzione del mondo degli studi: «il mutamento maggiore, invece, coinvolge il senso assunto dalla festa agli occhi dei partecipanti che, in cifre che possono toccare le 20 mila unità e provvisti di registratori di immagini, ogni anno si riversano nel paese per catturare la processione della statua ricoperta da serpenti, finendo per essere pervasi dalla dimensione sacra dell’avvenimento. La spinta a questo mutamento è stata data, a partire dal 1976, dall’interessamento scientifico di Alfonso M. di Nola e di altri illustri studiosi, la maggior parte dei quali ha contribuito alla realizzazione del presente volume indagando ed approfondendo i molteplici aspetti del culto nella sua recente evoluzione. Da allora, coloro che attraverso gli echi mediatici di questi studi sono venuti a conoscenza dell’evento, ogni anno a migliaia sono stati spinti dalla curiosità a fare una visita materiale alla festa, aumentando a dismisura il numero dei devoti tradizionali, i quali invece provengono dall’area limitrofa o dalla provincia di Frosinone (s. Domenico morì a Sora, dove è sepolto e tuttora venerato).
 Per i nuovi partecipanti si parla, dunque, di visita alla festa, non al Santo, accidentalmente inglobato nell’inconsueto rituale dei serpari e come tale avvicinato con simpatia dai pellegrini laici che, rifiutato il canale essenzialmente evasivo del turismo di massa e sostituito il bastone con la telecamera, preferiscono avventurarsi lungo i gratuiti e ben più suggestivi sentieri offerti dalla ritualità popolare. Questi percorsi, a differenza di quelli che conducono ai freddi e alienanti non-luoghi dei villaggi turistici e delle navi da crociera, rivelano comportamenti di circolarità e ritorno al passato: per esempio, nel 2005, una giovane coppia americana di confessione protestante, nel corso di un’intervista, sotto la Statua grondante rettili, ha annunciato di voler battezzare col nome del Patrono dei serpari il primogenito, atteso di lì a pochi mesi, come auspicio di coraggio e obbedienza alla lotta contro il Male».
[6]  «E qui, in questi arcaici modelli rituali, veramente un disperso paese d’Abruzzo si costituisce in esempio residuo di un mondo antico paneuropeo. A san Giacomo di Compostela, fatto centro della pietà peregrinante dell’Europa, si maneggiano serpenti. A Marcopulos, nell’isola di Cefalonia, il giorno dell’Assunzione della Beata Vergine, il 5 agosto, le serpi entrano nella chiesa e strisciano sui messali, dietro l’iconostasi, e sulla testa del pope celebrante. Le vergini greche, ogni anno, salivano all’Eretteo, sull’Acropoli e nutrivano le serpi con il latte. Sono storia calata in metafore, nell’ambiguità dei segni attribuiti ai serpenti, ora custodi sotterranei della fecondità anche fallica, ora avversari e nemici, rappresentata per eccellenza in Satana, l’antico serpente. Quando la processione rientra, dopo l’errare attraverso i vicoli, si libera il santo dalle serpi. Una volta queste bisce erano introdotte in chiesa. Una studiosa inglese dal nome italiano, la Canziani, che, come fine pittrice, ha lasciato al British Museum di Londra la testimonianza iconografica di questo rito, le ha viste circolare, queste bisce, rapide e intelligenti, sul pavimento della chiesa. Ancora anni fa correvano sul pavimento del tempio. Oggi le cose sono mutate, e la Protezione animali esige, giustamente, che vengano rilasciate nelle campagne dalle quali sono state catturate»
[7] Nel 2014 il progetto di Cocullo si è collegato con il “Progetto d’Ateneo. Sapienza Università di Roma, Comunità patrimoniali e partecipazione democratica. Uno studio antropologico sulle politiche locali sui beni culturali dopo la convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale (2003)”, incentrato sugli inventari ICH e la partecipazione delle comunità.
[8] Il territorio di Cocullo è situato alle porte del Parco nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio, del Parco nazionale della Majella e del Parco naturale regionale del Sirente-Velino.
[9] Sui servizi ecosistemici, alcuni elementi utili nella guida diffusa dalla Commissione europea, direzione dell’ambiente.http://ec.europa.eu/environment/pubs/pdf/factsheets/Ecosystems%20goods%20and%20Services/Ecosystem_IT.pdf
[10] http://www.siamoabruzzesi.net/2013/02/in-abruzzo-il-museo-regionale-dell’emigrante-a-introdacqua/
[11] http://www.comune.villalago.aq.it/borgo/monumenti/eremo_san_domenico.htm
[12]  Anna Onnibene e Daniele De Sillo, “Progetto per la realizzazione di un mercato artigianale allestito in botteghe”: «Questo progetto viene presentato allo scopo di fare “rivivere” il borgo di Cocullo e di valorizzarne la fruizione e la conoscenza attraverso la apertura temporanea di alcuni locali cantine messi a disposizione da alcuni privati, ove verranno allestite alcune “botteghe di antichi mestieri”. Ecco come ne immaginano lo sviluppo: Nel caso di successo del progetto, la possibilità di disporre stabilmente di alcuni locali inutilizzati all’interno del paese mediante convenzione dell’Amministrazione con cittadini virtuosi, può costituire futura occasione di creare altri eventi delocalizzati (mostre, attività artigianali, ludiche ect…) che possano in determinate occasioni far rivivere il borgo. Da questo punto di partenza si può realizzare successivamente e con modica spesa con attività di fund raising, un progetto di “Museo diffuso” che consenta durante la stagione primaverile estiva occasione agli sporadici ma affatto frequenti turisti che si avventurano brevemente per le vie di Cocullo specialmente durante i fine settimana. La qualificazione e tipizzazione anche dell’aspetto “fieristico” della festa potrebbero contribuire a rafforzare la candidatura della Festa di San Domenico per l’UNESCO».
[13] Sulla comunità dei partecipanti alla festa, è in corso un censimento, nel quadro del progetto di candidatura UNESCO.

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Valentina Zingari, laureata a Firenze  in antropologia culturale, coordinatrice del gruppo di lavoro Candidatura Unesco della “Festa di San Domenico Abate e rito dei serpari”, ha lavorato in Francia come antropologa professionista in contesti sia museali che di ricerca per comunità locali, in particolare sui temi della frontiera. Specialista del contesto alpino, ha dedicato a questi temi la tesi di Dottorato nell’Università di Siena Storie dalla frontiera, frontiere della Storia. Paesaggi di montagna, luoghi e voci di confine. Attualmente opera in Abruzzo con un contratto di ricerca presso l’Università di Chieti sui temi del riconoscimento Unesco ICH sul territorio abruzzese ed è coordinatrice per l’Associazione Giochi Antichi (Verona) del progetto di riconoscimento Unesco per il Festival Tocatì sui giochi di tradizione.

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