di Toti Clemente
Durante la mia attività lavorativa ho quasi impegnato le mie giornate di ferie facendo dei viaggi all’estero. Non per poter apporre la classica bandierina sul mio mappamondo ideale e poi poter dire agli amici “questo l’ho visto”, ma per allargare le conoscenze di luoghi culturalmente diversi e verificare di persona organizzazioni sociali di cui avevo letto o appreso accadimenti attraverso i media.
L’approccio che ho avuto nei viaggi è sempre stato quello di visitare i luoghi senza alcun pregiudizio essendo aperto a leggere le cose e scoprirle con i miei occhi (attraverso anche la mia macchina fotografica) senza giudicare ma cercando risposte a tante domande e dubbi nel tentativo di capire realtà politiche, sociali e culturali spesso assai lontane.
In breve l’esperienza del mio viaggio in Cina nel 1991 si dimostrò fantastica.
L’empatia con la gente si rivelò immediata e l’entusiasmo giovanile fu sufficiente a sviluppare l’incoscienza necessaria ad approfondire la visita anche in senso avventuroso.
Oltre alla guida italiana ce n’era un’altra assegnata dal partito. Nelle escursioni giornaliere venivamo prelevati al mattino di buon’ora e lasciati in albergo nel pomeriggio, in piena luce.
Quindi, atteso che le giornate estive erano lunghe, rimanevano delle ore sfruttabili prima della cena, sufficienti per escursioni autonome che, all’inizio, non venivano viste di buon occhio dalla guida cinese responsabile del gruppo verso il partito.
Mercati e agglomerati urbani popolari erano le mete preferite e sempre interessanti, sia per i personaggi che per gli ambienti. Le persone dei luoghi erano gentili con noi, disponibili, generosi e tolleranti, acconsentendo in taluni casi anche l’accesso a dimore private.
Quel viaggio nella Cina classica consentì una “full immersion” nella vita quotidiana del popolo cinese così da poter documentare gli umori e i tratti caratterizzanti dei molteplici ceti della variegata popolazione.
Le visite nelle fabbriche, tipiche nei tour cinesi, finalizzate a proporre e vendere le proprie produzioni al gruppo turistico, erano occasione per sgattaiolare nei meandri e introdursi nei comparti di lavorazione spesso annessi ai negozi. Per vedere direttamente e magari fotografare gli operai e i tecnici intenti al lavoro, impegnati nei loro specifici cicli produttivi.
Indimenticabile è stata la serata dedicata alla degustazione dell’anatra laccata, programmata in un famosissimo ristorante nel cuore di Pechino. Poi nell’immensa piazza Tienanmen, fino a notte fonda ho potuto fotografare i passanti. Non ci intendevamo sulla lingua ma ci capivamo perfettamente a gesti.
Non c’erano tracce dei fatti sanguinosi dell’89, avevamo stabilito in quello spazio buio un intenso e curioso rapporto tra uomini liberi. Fin oltre l’una di notte restammo a peregrinare nella piazza, senza alcuna voglia di tornarcene in albergo. Incrociavamo militari, fotografi pechinesi con relative modelle, famiglie con bambini al seguito lasciati liberi anch’essi di scorrazzare in quel grande spazio.
Le stesse cose accaddero lungo le altre diverse tappe del tour. Nanchino, Guilin, Shangai, Canton, Hong Kong, furono altre opportunità per avvicinarmi di nuovo al cuore segreto del continente cinese.
Un nuovo modo per conoscere le viscere profonde della Cina reale, quella che ai viaggiatori occidentali difficilmente si faceva vedere.
La mia impressione positiva fu alla base per progettare un ritorno nel 1995, volto a ripercorrere il viaggio di Marco Polo e visitare i luoghi leggendari della Via della Seta: un’esperienza ricchissima per emozioni, suggestioni e per i tanti spunti offerti al piacere di scattare le fotografie che porto nel cuore.
Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025
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Toti Clemente, palermitano, scopre la passione per la fotografia negli anni settanta. Ha realizzato molteplici reportage nel corso di diversi viaggi (Cina, India, Pakistan, Perù, Vietnam, Cile, Argentina, Marocco, Sud Africa, Birmania, Bolivia, ecc…). Ama la street photografy e con M. Lo Chirco è autore del volume Un’immagine, un racconto, pref. Nino Giaramidaro, Palermo 2009. Nello scorso 2021 ha pubblicato il volume Fotogazzeggiando, con prefazioni di Nino Giaramidaro e Pippo Pappalardo, in cui ha alternato una serie di immagini con ampie dissertazioni sulla fotografia. Più recentemente ha pubblicato Dissertazioni su Street art. Ne vogliamo parlare?, con prefazione di Pippo Pappalardo.
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