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Ferdinando Ortiz, antropologo positivista o anche rivoluzionario?

Ferdinando Ortiz

Ferdinando Ortiz

di Alfredo Ancora 

Anche se questi due termini possono sembrare in contraddizione (e per certi versi lo sono) ambedue costituiscono degli elementi fondanti del suo percorso di ricerca pur sempre innovativo. Infatti, un personaggio così poliedrico non può essere racchiuso solamente nella etichetta di “positivista”. Sono certamente noti i suoi riferimenti alla scuola criminologica italiana, soprattutto Cesare Lombroso e Alfredo Niceforo. Pur tuttavia, non sarebbe un modo di rendergli onore trascurare gli aspetti rivoluzionari del suo pensiero e delle sue opere in contrasto con il mondo antropologico di quei tempi (1940).

Del resto, il suo stesso maestro Bronislaw Malinowski ne evidenzia gli aspetti “nuovi” rispetto alle teorie tradizionali nell’introduzione al suo libro più famoso Contrappunto cubano del tabacco e lo zucchero ultimamente rieditato (Borla 2025 ). Infatti, il suo pensiero è ancora attuale in un periodo in cui sembra sovrastare solo un pensiero unico in una società sempre più autocentrata, lontana dal decentramento osservativo e dalla “dissoluzione del centro”, necessari per evidenziare le istanze periferiche di noi, degli altri e di tutti quei fenomeni culturali definiti minori. Cerchiamo di definire il suo pensiero inizialmente positivista in seguito innovativo e dirompente.

immagine3Fernando Ortiz Fernandez (L’Avana 1881-1969) era un antropologo ed un etnomusicologo formatosi in Spagna e in Italia. Era stato a Torino per approfondire gli studi su Cesare Lombroso e a Genova per ricerche su Cristoforo Colombo. Soggiornò nel capoluogo ligure per un periodo dove fu anche nominato console onorario e dopo la sua morte gli fu dedicata una piazza. La sua grande simpatia e attrazione per l’Italia lo spinsero a pubblicare nel 1905 la monografia La simpatia de Italia por los mambisesi cubanos – documento per la storia dell’indipendenza – e nel 1909 Los mambises italianos [1], appunti per la storia cubana. I mambises erano patrioti che combatterono per l’indipendenza dalla Spagna 1985-1898 durante la “guerra necesaria”!  Era  altresì un omaggio ai rivoluzionari italiani di quel periodo e un ringraziamento a coloro che volevano combattere a fianco dei cubani, ma rimasero bloccati a New York. È importante, fra le sue opere giovanili, Los negros brujos apuntes para un estudio de etnología criminal con prólogo de Dr. Cesare Lombroso, pubblicata a 25 anni [2].

Era chiara l’influenza “italiana”: si era infatti ispirato a La mala vita a Roma [3]. di Alfredo Niceforo e Scipione Sighele, seguaci a loro volta dell’antropologia criminale in voga in quel periodo in Europa. Su questa scia il focus delle sue ricerche fu posizionato sulla figura dello “stregone afrocubano”, considerato alla stregua di un deviante, un criminale, secondo la “classificazione” delia tipologia lombrosiana. In seguito, allargò le sue ricerche anche al quadro culturale e sociale, differenziandosi da teorie avulse dal contesto in cui si verificavano gli eventi.

Il suo lavoro va quindi considerato per gli aspetti pionieristici soprattutto in campo etnografico fino ad allora mai effettuati a Cuba. Essi infatti rappresentano una testimonianza unica del ‘influenza africana” sulle credenze dell’isola e nella vita dei suoi abitanti e con una ”mescolanza” reciproca. Un continuum non solo storico (la tratta degli schiavi per le piantagioni di tabacco e di zucchero) ma anche culturale all’interno di un milieu unico! Infatti Cuba rappresentava, come sostiene Valerio Riva nella sua nota [4] 

«la raffigurazione di una futura società universale, di un mondo nuovo dove tutte le razze si sarebbero mesco­late, fecondate tra loro, ciascuna portando il suo bagaglio antico di passioni, di lotte, di dolori, di oppressioni e libe­razioni e dando finalmente alla luce una eredità culturale comune». 

immagine4Tuttavia restava l’ammirazione molto forte verso il maestro italiano, tanto da chiedergli di fare l’introduzione al suo libro Los negros brujos. Cesare Lombroso era considerato il padre della criminologia, uno dei maggiori rappresentanti di questa disciplina nel mondo. La sua teoria [5] considerava infatti genio e follia come «le due facce della stessa realtà psicobiologica; una realtà distorta, alterata, disturbata, che “finiva per abbracciare gli stessi abissi della mente criminale» (1999, cit.). La mente geniale è dunque degenerata come quella del folle e presenta caratteri ancestrali, al pari dell’uomo delinquente [6], l’altro grande protagonista degli studi lombrosiani. Il suo metodo di classificazione è stato per molto tempo lo strumento principale per tratteggiare il profilo dei cosiddetti “delinquenti”. La sua fama era così diffusa nel mondo che in suo onore, nel 1897, era stato perfino organizzato un convegno internazionale a Mosca. In quella occasione ci fu anche uno straordinario incontro fra due personaggi molto famosi: Tolstoj e Lombroso [7]. Alcune sue teorie criminologiche sono ancora nei nostri tempi oggetto di dibattito non solo dal punto di vista storico.

Se il maestro italiano aveva avuto una influenza “positivista” sui primi lavori, nel secondo periodo della sua produzione letteraria si fa invece pregnante il rapporto con l’antropologo inglese per le sue idee rivoluzionarie nel mondo dell’antropologia di allora. Bronislaw Malinowski [8]fu invitato a Cuba e nacque una relazione di stima e apprezzamento reciproco [9], tanto da affidargli la prefazione della sua opera più matura e innovativaOrtiz era infatti in sintonia con il pensiero del padre dell’antropologia funzionalista, era d’accordo che ad ogni ricercatore fossero necessari gli studi sul campo per apprendere come i comportamenti e i rapporti fra i popoli si fossero instaurati in base alle funzioni da loro svolti nei rispettivi sistemi socioculturali. Il maestro inglese per dimostrare le sue convinzioni (riportate poi in Argonauti del Pacifico occidentale , 1922) si era recato nelle isole Trobriand allo scopo di confutare le teorie freudiane dell’uomo universale e quindi del complesso di Edipo valido in ogni cultura. Durante le sue ricerche nella comunità dei Trobriandesi – durate due anni –  egli visse insieme alla popolazione locale partecipando alla loro vita quotidiana e alla celebrazione delle cerimonie rituali. L’obiettivo era quello di conoscere a fondo la cultura presso la quale egli era immerso, confutando le teorie accademiche molto lontane dalle realtà concrete! 

immagine5Don Ferdinando (come lo chiamava Malinowski) non era solo un intellettuale immerso nei libri, avulso dalla società, era anche un uomo impegnato nella attività politica di Cuba tanto da militare come deputato nella sinistra liberale, influenzato anche dal socialismo italiano. Dopo l’assassinio di Matteotti e la scomparsa di ogni forma di democrazia da parte del fascismo, Ortiz fu molto attivo in patria per animare comitati, manifestazioni antifasciste, dando una mano anche agli studenti nell’organizzazione di dibattiti e di iniziative culturali. In seguito, con l’avvento anche a Cuba di un clima autoritario e repressivo, creato dal dittatore Machado, il Mussolini dei Caraibi”, lasciò per protesta l’incarico di parlamentare e andò in esilio a New York, «traslocando con libri, idoli e tamburi» [10].

Nella sua opera rivoluzionaria e originale Contrappunto (2025) l’autore descrive la società cubana utilizzando la diversità di due prodotti caratteristici dell’isola: tabacco e zucchero che si contrappongono a livello economico, sociale, simbolico e anche nell’immaginario culturale. Nella suggestiva raffigurazione di Ortiz prendono le sembianze favolistiche due personaggi: Don Tabacco e Donna Zucchera (azucar in spagnolo è anche femminile!). Il tabacco è amaro e possiede un aroma, lo zucchero è dolce e non ha odore. Il tabacco è audacia, lo zucchero è prudenza. Il tabacco è maschile, lo zucchero è femminile. Dalla contrapposizione di elementi così diversi può nascere «un mondo che li contenga ambedue senza che uno possa sopraffare l’altro». Da una tale metafora letteraria prende lo spunto, per introdurre un concetto nuovo, la transculturacion, dando alla parola trans il senso evolutivo di culture che si attraversano, si trasformano, si contaminano. Precisamente ogni processo culturale è caratterizzato da “toma y daca” (prendi e dai), superando concetti come “acculturazione”, “diffusione” e simili, usati fino ad allora.

11L’obiettivo del saggio è infatti esporre attraverso una approfondita analisi per contrappunto (un genere musicale a cui fa riferimento Ortiz ) alla stregua di una canzone dove i due cantori, interagendo fra loro e rispettando le differenze di ognuno, danno luogo alla fine ad un prodotto armonico comune. La sua teoria della transculturazione va considerata come un fenomeno di commistione culturale di due o più culture diverse che si modificano reciprocamente senza che una prenda il sopravvento sull’altra. Da questo incontro ambedue ne escono rispettivamente arricchite.

Allargando la metafora di Ortiz del “sapere senza gerarchia” alla democrazia delle culture, ci sembra importante ricordare quanto suggeriscono Serge Latouche e Ramon Panikar [11] quando sottolineano che l’elemento collante di tutte le culture sia la loro dignità! Precisamente essi scrivono: «Il rispetto della dignità umana esige il rispetto culturale, inscindibile da una mutua conoscenza senza la quale cadremmo nella tentazione di imporre la nostra cultura a modello della convivenza umana. La proliferazione degli studi sulla pace e delle associazioni per promuoverla apre alla speranza la nostra epoca e il dialogo tra culture, civiltà e religioni è un segno positivo del nostro tempo». La loro “lezione” è più che mai attuale soprattutto nei nostri tempi in cui è sempre più difficile riconoscere la pluralità e diversità di ogni cultura. Per questo il maestro Ferdinando Ortiz non si stancherà mai di suonare la sua musica in ogni landa!

Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025 
Note
[1] Editorial. Imprenta Cuba y América, La Habana
[2] Editorial América, Imprenta de Juan Pueyo, s.a. Madrid, 1916.
[3] Torino, Roux Frassati e C., 1898
[4] Cfr. V. Riva,  Nota storica a Contrappunto cubano del tabacco e lo zucchero le origini del pensiero transculturale di Ferdinando Ortiz (Borla, Roma 2025 n.e.: 201).
[5] cfr. C. Lombroso, Delitto genio follia scritti scelti, Bollati Boringhieri, Torino, 1999. 
[6] C. Lombroso L’uomo delinquente Ledizioni Milano, 2020 (n.e.) 
[7] cfr P. Mazzarello Il genio e l’alienista Bollati Boringhieri Torino, 2005 Per un quadro più complessivo del pensiero di Cesare Lombroso, ancora tanto discusso e citato , cfr. anche il recente La galassia Lombroso di L. Sansone, Laterza Roma-Bari ,2022. 
[8] B. Malinowski [1922], Argonauti del Pacifico occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva, Bollati Boringhieri, trad.it. Torino, 2011. Come è noto Freud darà l’incarico successivamente a Sándor Ferenczi e a Gheza Roheim (maestro di George Devereux anche esso ungherese) per smontare tutta l’impalcatura preparata da Malinowsky (cfr. A. Ancora Saggio introduttivo a Etnopsicoanalisi complementarista di G. Devereux FrancoAngeli, Milano 2014: 7-40.(n. e.)
[9] Sul rapporto fra allievo e maestro cfr. anche González Alcantud, J. A. Un flechazo transcultural de “toma y daca” de consecuencias poscoloniales. El encuentro entre Fernando Ortiz y Bronislaw Malinowski. Revista LETRAL, número 1, 2008: 145-160. [http://hdl.handle.net/10481/51083]
[10] Cfr. V. Riva Nota storica cit. 2025: 214
[11] R. Panikkar, S. Latouche, Pluriversum per una democrazia delle culture, Jaka Book Milano, 2018. 

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Alfredo Ancora, Psichiatra e psicoterapeuta, Directeur Scientifique Université Populaire “E. De Martino D. Carpitella” Paris, Ordinary member Society for Academic Research on Shamanism.Condirettore della Rivista “Transculturale”. Ha insegnato psichiatria e psicoterapia transculturale in diverse Università. I suoi testi sono stati tradotti anche negli Stati Uniti, Francia, Spagna e in Russia (pr.pub). Fra le sue ultime pubblicazioni: Verso una cultura dell’incontro. Studi per una terapia transculturale (2017) e Contrappunto cubano del tabacco e dello zucchero, le origini del pensiero transculturale di F. Ortiz Edizioni Borla, Roma 2025 (a cura di). È direttore scientifico della Collana Attraversamenti Culturali, Borla Editore.

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