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Energie rigenerative e microcosmi lagunari

Venezia, Procuratie Vecchie ( The Human Safety Net website)

Venezia, Procuratie Vecchie ( The Human Safety Net website)

CIP

di Francesca Grisot, Fabio Malfatti

Venezia, famosa in tutto il mondo per la sua bellezza architettonica e il suo straordinario paesaggio lagunare, è da tempo una città in bilico tra il peso della sua storia e la necessità di adattarsi a nuove sfide. Il turismo di massa, la perdita di popolazione residente e le pressioni ambientali sono solo alcune delle questioni che emergono nel dibattito contemporaneo, trovando periodicamente spazio nella stampa, con l’emersione di uno scenario prevalentemente negativo. In questa stessa sede ci precede l’articolo di Elena Nicolai [1] che ben definisce Venezia un’isola “bucata” sia fisicamente che simbolicamente, fra turismo di massa, spopolamento e erosione del tessuto sociale.

Siamo quotidianamente esposti ai dibattiti negativi e siamo ormai avvezzi ad associare il nome di Venezia all’idea che stia affondando, che sia sovraffollata da turisti e che si stia spopolando fin troppo rapidamente. Se volessimo approfondire e replicare, potremmo andare ad analizzare quanto Venezia, con la sua unicità, abbia imparato piuttosto anticamente a manipolare il proprio apparato simbolico e culturale ai fini di spettacolarizzazione (Salerno, 2020: 166-167) o come di fatto il problema da porsi sia che Venezia “non è città per poveri”, come sostiene Paola Somma nel suo volume di recente pubblicazione, sottolineando che nessuno ammette che il cosiddetto problema demografico di Venezia non è e non è mai stato, una questione di numeri, ma di capacità di spesa degli individui e dei gruppi sociali ai quali viene riconosciuto il diritto di vivere in città (Somma 2024)

In questo spazio di riflessione vorremmo invece concentrarci sulle dinamiche, pure esistenti, che rendono Venezia un caso studio emblematico di resistenza urbana e sociale, grazie a luoghi di rigenerazione e movimenti di cittadinanza sconosciuti ai più e per lo più assenti dal dibattito pubblico mainstream. Di fronte ai sopracitati problemi, molte realtà territoriali veneziane hanno cercato di sviluppare approcci innovativi per promuovere una rigenerazione socio-economica sostenibile, con un’enfasi sulla partecipazione comunitaria, sull’accessibilità ai servizi e la salvaguardia dell’ambiente.

Una validissima ricostruzione pluriprospettica su una Venezia che va oltre la solita analisi superficiale, è stata recentemente pubblicata in un volume collettaneo curato da Francesco Leoncini (Leoncini, 2024), che apre la narrazione con le memorie di quando, da giovane universitario, viveva una Venezia brulicante di attivismo civile, culturale e politico, in cui i punti di riferimento come la Fondazione Cini e il Centro Bibliografico internazionale della Biblioteca Nazionale Marciana accoglievano cittadini attivi e studiosi provenienti da ogni parte del mondo per discutere «a mente aperta, e da prospettive diverse, su temi di interesse comune, sottraendosi alla tirannia del dello specialismo, dell’economicismo, critici verso ogni approccio unilaterale» (Leoncini, 2024: 10)

La Venezia di oggi, la Venezia che viviamo frequentando, oggi come allora, circoli e Fondazioni, non è poi così diversa da quella descritta dai nostalgici Leoncini e Goisis. Esistono ancora oggi i corrispondenti gruppi di cittadini attivi e i luoghi di cultura talvolta pronti ad accoglierli. Analizzeremo dunque alcuni spunti di rigenerazione urbana e sociale a Venezia, utilizzando una prospettiva che si basa prevalentemente su un’antropologia urbana, nonché su riflessioni per la rigenerazione sostenibile e partecipativa.

Secondo Ulf Hannerz, le città sono “centri di reti culturali” in cui si concentrano dinamiche complesse di interazione sociale, flussi culturali e sviluppo economico. Venezia, con il suo unico tessuto urbano, è un contesto particolarmente rilevante per l’analisi antropologica, poiché la città è sia un sito storico sia un crocevia per il turismo globale. Tuttavia, queste caratteristiche sono anche fonte di tensione, poiché il turismo di massa ha portato a un’economia basata sul consumo culturale e ha ridotto lo spazio per una vita comunitaria vibrante.

La nozione di non-luoghi proposta da Marc Augé nei primi anni ‘90 è infatti spesso ripresa per descrivere il contesto veneziano: la città è diventata in parte un non-luogo, un’attrazione turistica temporanea piuttosto che uno spazio vissuto da una comunità locale. La sfida della rigenerazione urbana a Venezia, quindi, non riguarda solo la sostenibilità economica, ma anche il ripristino di spazi che permettano alle persone di sentirsi parte di una comunità vivente, la tutela del diritto all’abitare, all’accesso ai servizi e alla cura.

Qui arriviamo al punto di snodo su cui principalmente vorremmo lavorare: il diritto all’abitare, all’accesso ai servizi, o, ancora più, il “diritto alla città”, come coniato da Henri Lefebvre alla fine degli anni sessanta, sviluppa ulteriormente questo concetto. In questo contesto, i movimenti e le organizzazioni locali che promuovono a Venezia la partecipazione comunitaria e l’inclusione sociale, oggi come allora, possono essere interpretati come esercizi di “diritto alla città” di Lefebvre. La rigenerazione urbana, quindi, è qui intesa come atto politico che mira a risanare il tessuto sociale ed economico della città.

La casa di The human Safety net (ph: The Human Safety Net website)

La casa di The human Safety net (ph: The Human Safety Net website)

Per rigenerazione urbana infatti intendiamo qui un processo complesso che non riguarda solo la riqualificazione fisica degli spazi, ma anche la rinascita economica e sociale delle comunità. Con ciò non si sta negando che una buona opera di rigenerazione urbana richieda costi e professionalità elevati a partire dal campo dell’edilizia, per la riqualificazione e l’adeguamento innanzitutto delle strutture, delle infrastrutture e delle attrezzature pubbliche, ma si vuole piuttosto sottolineare che le sfide poste dalla rigenerazione urbana sono in realtà più immateriali e più orientate all’azione sociale generativa. Nella Venezia che si spopola, nonostante non  si possa di fatto parlare di degrado urbano, l’esigenza di “rigenerazione” emerge forte. Il coinvolgimento attivo dei cittadini è fondamentale per la sostenibilità a lungo termine di qualsiasi progetto di rigenerazione. In particolare, il caso di Venezia mette in luce l’importanza della partecipazione comunitaria e le azioni derivanti come mezzo per contrastare gli effetti negativi del turismo di massa e della speculazione immobiliare.

Molte organizzazioni locali hanno infatti sviluppato iniziative innovative per coinvolgere i cittadini nella gestione e nella trasformazione dello spazio urbano. Da “Poveglia per tutti”, “NO grandi navi” e “Masegni & Nizioleti” all’associazione “VERAS” che gestisce l’orto urbano dell’isola delle Vignole, fino ad Ocio – Osservatorio CIvicO sulla casa e la residenza a Venezia [2] e l’“Assemblea sociale per la casa” [3], sono numerosi e ben partecipati i collettivi di abitanti che si organizzano e mobilitano per difendere il diritto di fruizione dei luoghi e della città e ai suoi servizi.

Notevole è anche l’esistenza di realtà giovani e dinamiche che promuovono uno stile di cittadinanza attiva, come l’associazione universitaria giovanile POLIS, Social Hub di Ca’ Foscari e altre, organizzate da giovani residenti locali. “Venice Calls APS”, ad esempio, è un’associazione di promozione sociale che lavora in rete unendo persone, organizzazioni ed istituzioni per creare e supportare progetti che siano in grado di generare un modello di città più sostenibile ed innovativa. L’organizzazione nasce nel 2018 dalla volontà di un gruppo di giovani ragazzə intenzionatə a creare una piattaforma indipendente che permetta loro di unire le forze in favore della città che vedono sempre più in difficoltà nell’affrontare le sfide ambientali, sociali ed economiche che la colpiscono. Questa associazione di giovani cittadinə si è posta come protagonista nella gestione dell’ultima grande emergenza acqua alta a Venezia nel 2019 [4].

img_8458Un tipo di risposta completamente differente è rappresentata da realtà come “We are Here Venice” [5] e “SUMus”. We are Here Venice è un’associazione fondata, con il motto “Venice for the Venetians, Venice for the World”, da Jane Da Mosto [6], scienziata ambientale nata in Sudafrica, formatasi a Londra e trasferitasi a Venezia nel 1995 dopo aver sposato il conte Francesco da Mosto. “SUMus” è invece un’associazione, voluta dalla manager e filantropa francese, Hélène Molinari [7], come un “Think tank internazionale e un Do tank veneziano” che ambisce a co-costruire un nuovo modello sociale in armonia con il mondo vivente a partire da un movimento cittadino positivo e cooperativo. Nelle sue visioni progettuali, Hélène immagina SUMUus come un contenitore, o, meglio ancora, come un legame capace di unire cittadini impegnati, associazioni, imprese, finanza e decisori politici che credono in un futuro migliore e che desiderano contribuire alla sua realizzazione.

Queste due organizzazioni sono accomunate da una visione di Venezia come modello, caso studio e città pilota per sfide globali:

“Venezia – specchio sul mondo: fonte di ispirazione e microcosmo di molte delle più importanti sfide globali. Jane Da Mosto, Premio Osella D’Oro 2017” [8]
“Perché Venezia? Perché Venezia è stata molte volte un pioniere in tutti i campi (politico, economico, artistico …) e che porta l’innovazione nei suoi geni. Perché è universale e quindi ha la capacità di influenzare altre città del mondo. E infine, perché è costruito sull’acqua e sull’acqua è una fonte di vita!” [9]

Esiste un’altra realtà in città che tende a collocare Venezia al centro di un più ampio dibattito sui temi della sostenibilità: la Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità/ Venice Sustainability Foundation. Questa Fondazione persegue l’obiettivo di creare un modello integrato (ambientale, economico, sociale) di sviluppo sostenibile per la Città di Venezia ed il suo territorio metropolitano, che possa rivitalizzare la socioeconomia locale garantendo contestualmente la protezione e conservazione del patrimonio ambientale, storico e culturale, nonché il rafforzamento e la coesione della comunità locale [10]. Presieduta da Renato Brunetta e con vicepresidenti Luca Zaia e Luigi Brugnaro, la Fondazione è composta da un partenariato articolato di enti, associazioni e grandi imprese pubbliche e private, interessate a lavorare per il futuro sostenibile della Città e del suo territorio, col motto “Venezia. La più antica città del futuro”.

Più focalizzato ad innovazione  e impatto sociale è invece il movimento globale della Fondazione The Human Safety Net, che ha scelto di collocare la sua “Casa” a Venezia. Anch’essa, come la precedente Fondazione, ha sede alle Procuratie, con affaccio privilegiato su piazza San Marco. Ico Migliore and Mara Servetto, che ne hanno curato il design degli interiori riportano:

«Il progetto della nuova Casa di Human Safety Net si caratterizza per la leggerezza con cui si relaziona sia con la città di Venezia, emblema di forte identità culturale e di accoglienza, sia con il complesso storico delle Procuratie che la ospita. È incentrato in egual misura su inclusione e accessibilità, temi centrali nello sviluppo del progetto».
 l'asilo della laguna. Uno dei progetti di cittadinanza rigenerativa presentati durante il Festival Aquamour (ph Francesca Grisot)


l’asilo della laguna. Uno dei progetti di cittadinanza rigenerativa presentati durante il Festival Aquamour (ph Francesca Grisot)

La ristrutturazione delle Procuratie Vecchie fa parte di un più ampio intervento di recupero dell’intera area marciana che Generali ha sostenuto con estrema cura e dedizione, per dare vita a un hub di innovazione sociale in cui differenti realtà, dal locale al globale, trovino occasione di confronto e crescita, ma anche per restituire alla cittadinanza la piazza, il cuore della città, offrendo occasioni di dibattito, cineforum, presentazioni letterarie, laboratori e attività inclusive rivolte ad ogni fascia d’età. Le Procuratie, e in particolare il terzo piano chiuso al pubblico per 500 anni e oggi riaperto, sono oggi un luogo di cultura accessibile dotato di uno spazio espositivo permanente, uno spazio espositivo temporaneo, degli ambienti di coworking che ospitano quotidianamente attività culturali, un auditorium che ospita concerti, convegni di altissimo livello e dibattiti pubblici rivolti alla cittadinanza.

In questo contesto virtuoso abbiamo avuto l’opportunità, in quanto centro di ricerca, di lavorare nell’ultimo anno a un percorso partecipativo e integrato promosso da SUMUS nell’ambito del 2° Forum delle Possibilità: L’intelligenza dell’acqua rigenera Venezia, tenutosi il 19 e 20 novembre 2024, e delle iniziative connesse al Festival Aquamour di marzo 2025, promosso da Sensi Ateliers in collaborazione con SUMus. Questo lungo percorso di co-design di un festival diffuso in tutta la città ha rappresentato un passo fondamentale verso l’obiettivo di coinvolgere attivamente la comunità veneziana, le istituzioni, le associazioni e le realtà imprenditoriali locali nella rigenerazione sostenibile di Venezia, valorizzando il suo profondo legame con l’acqua e la natura.

Per il Centro Ricerche Etnoantropologiche è stato un anno scandito da mappature, interviste, tavoli partecipativi, workshop, gite in barca e opportunità di team building promosse con escursioni, uscite culturali collettive e cene spontaneamente organizzate in case private. La sfida era restituire una natura bottom-up a una realtà con marcata tendenza top-down, ma una altrettanto forte ambizione partecipativa; una realtà che aveva le concrete possibilità di porsi nel ruolo di facilitatore di relazione e interconnessione, riuscendo a far sedere allo stesso tavolo realtà con pesi politici e target molto diversi fra loro. Basti solo pensare che il tema del festival, legato all’acqua, invitava a prender parte alle attività i movimenti di regatanti, i gruppi ecologisti attivi in laguna, le start-up innovative, gli atenei, le diverse fondazioni, tra cui le istituzioni che hanno presieduto la costruzione del MOSE, il contestato sistema di contenimento delle maree. Visioni e immaginari estremamente diversi tra loro.

A Venezia, il controllo delle politiche urbanistiche è prevalentemente nelle mani di attori economici, spesso esterni, interessati alla valorizzazione turistica della città e allo sviluppo delle dinamiche di profitto, mentre i movimenti cittadini tendono a focalizzarsi sul benessere dei suoi abitanti e su diritti mancati. Affascinati dagli immaginari collettivi e dai processi partecipativi, usiamo soffermarci molto sull’analisi delle sfide legate alla loro implementazione e, in primo luogo, notiamo come il divario tra il potere decisionale delle istituzioni e la capacità d’azione delle comunità locali rappresenti spesso un ostacolo, come emerge anche dalle riflessioni di Michela Buonvino, Luciana Petrocelli su questa stessa rivista [11].

a rassegna cinematografica "Sconfinamenti dello sguardo" organizzata con le associazioni di studenti universitari e cittadine alla Casa di The Human Safety Net

a rassegna cinematografica “Sconfinamenti dello sguardo” organizzata con le associazioni di studenti universitari e cittadine alla Casa di The Human Safety Net

Per il successo dell’iniziativa è comunque stato fondamentale attivare alcune sinergie – o meglio, dinamiche virtuose di reciproca compensazione tipiche dell’agricoltura sinergica – fra organizzazioni che, pur trattando gli stessi temi, non avevano pratiche attive di scambio e collaborazione, talvolta collocandosi agli antipodi del panorama politico, talvolta rivolgendosi a target posti agli estremi della scala sociale: chi alla cittadinanza, chi alle élite, chi alle istituzioni, ai decisori politici e al mondo corporate.

La metodologia utilizzata si è basata su un approccio partecipativo e integrato, finalizzato a coinvolgere la comunità locale in ogni fase del processo. Durante la preparazione, sono state mappate e analizzate più di 400 realtà locali. Tra queste, ne sono state selezionate e contattate circa 200, consentendo a oltre 50 entità di partecipare attivamente al percorso. Questo approccio ha permesso di raccogliere prospettive diverse, stimolare il dialogo e costruire strategie condivise, valorizzando le specificità del territorio e promuovendo soluzioni sostenibili e innovative. Per garantire un reale coinvolgimento, sono stati identificati gli attori che più naturalmente agivano da nodi di rete tra le realtà più attive, scelti per la loro capacità di ampliare la partecipazione. Questa scelta strategica ha facilitato il coinvolgimento di una rete diversificata e influente, promuovendo una rappresentanza equilibrata e un dialogo efficace tra stakeholder. 

Tra le realtà coinvolte più attivamente nella costruzione della rete emergono: Wigwam [12], Animare Venezia, A2030 OdV Social Innovation Designers [13], Polis Social Hub di Ca’ Foscari [14], GreenerEU [15], Crea Cantieri del Contemporaneo [16].  Il modello preso come riferimento è stato “Il festival delle arti Giudecca” [17]. Organizzato per quattordici anni consecutivi dall’associazione Arci Luigi Nono, il Festival delle Arti Giudecca rappresenta un esempio di come la cultura possa diventare un motore di innovazione e coesione sociale. Questo festival, diffuso lungo tutta l’isola, si basa sulla spontanea partecipazione di cittadini e artisti, rendendo l’isola della Giudecca un palcoscenico aperto e dinamico. Lo stesso entusiasta slancio generativo gratuito che caratterizza l’associazione “Animare Venezia”, che si definisce “un gruppo di anime sognatrici, cariche di idee e progetti per promuovere la cultura nel territorio”. L’associazione organizza in città l’evento annuale di TEDX Venezia e molte altre attività nel corso dell’anno, con una particolare attenzione alle tematiche della sostenibilità ecologica e sociale. All’interno dei tavoli di lavoro e del Festival ha assunto un ruolo sempre più centrale, fino a condurre l’evento finale del festival Aquamour. 

P26190d66-dfa0-4c9d-80a2-8543d30511d9iù ancora del Festival stesso, ciò che abbiamo potuto osservare e vivere in quest’ultimo anno di campo è stata la dimensione di generatività e di resistenza urbana e sociale di luoghi di rigenerazione e di movimenti di cittadinanza sconosciuti ai più e per lo più assenti dal dibattito pubblico mainstream. Ci chiediamo quindi: le realtà territoriali veneziane che cercano quotidianamente di sviluppare approcci innovativi per promuovere una rigenerazione socio-economica sostenibile, con un’enfasi sulla partecipazione comunitaria, sull’accessibilità ai servizi e la salvaguardia dell’ambiente, possono offrire degli utili spunti per riconquistare il “diritto alla città” di cui sopra? L’azione collettiva per la rigenerazione urbana, quando si apra  al dialogo con le fondazioni cittadine e le élite visionarie, può diventare un atto politico consistente in grado di attivare un processo che mira a risanare realmente il tessuto sociale ed economico della città, come auspicato dai vari think tank sopra citati? Perché, come sottolinea Settis, «Il diritto alla città è di per sé collettivo, proprio della comunità». 

«Lavoratori del quotidiano e creatori del futuro, i cittadini devono oggi vivere non solo nella propria città, ma con la città, anzi devono vivere la città: perché il loro diritto, pur vecchio di secoli, va radicalmente rilanciato nell’urgenza del presente. è il diritto di non arrestare lo sviluppo, ma di progettarlo conforme al bene comune; non di conservare passivamente, ma di mutare rispettosamente; non di ibernare la città, ma di assicurarne il mutamento senza tradirne il codice genetico» (Settis, 2014:  108)

Di fronte all’ipotesi dell’introduzione dei tornelli per regolare il flusso d’accesso, il saggio di Nicolai suggerisce che non si tratta solo di limitare il turismo o trovare nuove modalità per trarne profitto, ma di ridisegnare completamente il modo in cui la città viene abitata. Questo è in linea con quanto Lefebvre propone nel suo concetto di “spazio vissuto”, dove la rigenerazione urbana deve rispecchiare il ritorno della comunità nel processo decisionale urbano​.

In effetti la città va ripensata, riprogettata, evoluta, utilizzando possibilmente strumenti di partecipazione democratica, dal basso, come auspica Rolf Petri nel saggio “Salvate Venezia! E da che cosa per l’esattezza?” inserito nel volume collettaneo curato da Francesco Leoncini (Leoncini, 2024)

Le organizzazioni locali svolgono un ruolo cruciale nella promozione di pratiche di rigenerazione urbana e inclusione sociale, generando anche importanti sacche di resistenza, come la “Palestra popolare Zenobia” a Giudecca, o il “Centro Sociale Morion”. Sono tuttavia realtà ed esperienze che spesso rimangono isolate e ignorate, quando non persino invise alle istituzioni. 

Quello che abbiamo ricavato da questa esperienza, è che realtà come SUMus, che si propongono come collettore e incubatore “Think and do thank” di rigenerazione urbana e inclusione sociale, creando le condizioni e lo spazio di dialogo inclusivo tra le differenti componenti sociali cittadine, muovere economie e coinvolgere i policy makers con modelli validati di sostenibilità anche economica, potrebbero rivelarsi attori fondamentali per avviare un reale processo di innovazione sociale. SUMus si è inserito nella scena proponendosi come catalizzatore di cambiamento, promuovendo una visione olistica e ambiziosa per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro resiliente e rigenerativo per Venezia e il suo ecosistema, avendo anche la forza di coinvolgere Atenei, istituzioni, imprese, come dimostra la ricca quarta di copertina della brochure del Festival, con i loghi dei principali partner in evidenza. 

I tour della comunità "energie rigenerative e microcosmi lagunari" ph credit Francesca Grisot

I tour della comunità “energie rigenerative e microcosmi lagunari”(ph Francesca Grisot)

Come risultato immediato dei tavoli  di lavoro attivati da questo nuovo attore abbiamo osservato la partecipazione sempre più frequente di attori istituzionali ad eventi organizzati dalle componenti sociali più popolari. Ciò è stato stimolato dalla nascita di un gruppo whatsapp chiamato “Energie rigenerative e microcosmi lagunari” coordinato da Giovanni Cecconi, referente di VeniceLab e Wigwam Venezia, attore poliedrico dal curriculum estremamente qualificato. In questo gruppo in cui convergono artisti, imprenditori, studiosi, filantropi, cittadini attivi, i partecipanti condividono tutt’ora iniziative culturali dedicate ai temi cari del festival o comunque inerenti acqua, arte e tecnologia, che diventano opportunità aggregative per i tutti i membri. 

Da questa nuova comunità ibrida sono nati poi i “Tour esperienziali delle comunità anfibie”, in cui Cecconi e la sua rete di associazioni, tirocinanti, artisti e studiosi portano a bordo di una lancia turistica una serie di relatori tra professionisti, scienziati, artisti e attivisti, con la possibilità di organizzare dei dibattiti e tavoli tematici a bordo della motonave mentre si esplora la natura lagunare: le barene naturali e quelle artificiali con l’ingegnere che le ha progettate, il Mose, ma si incontrano anche le comunità di pescatori, l’associazione ambientalista, l’associazione VERAS che sviluppa i PCTO con le scuole per valorizzare la gestione degli orti educativi nell’Isola delle Vignole. Questi tour esperienziali post festival, si stanno connotando come iniziative che non solo migliorano la qualità degli spazi pubblici, ma rafforzano anche il senso di appartenenza e responsabilità collettiva, promuovendo una gestione partecipata delle risorse cittadine e naturali, puntando i riflettori di volta in volta su pratiche di partecipazione che riflettono una tendenza crescente verso l’auto-organizzazione delle comunità locali, in linea con quanto discusso nel contesto di rigenerazione urbana sostenibile. 

Al contempo però, come diretta conseguenza dei tavoli, è aumentata anche la partecipazione dei membri delle associazioni di cittadini agli eventi istituzionali in quei centri di cultura che in “Venezia 1968-2023” Leoncini e Goisis ricordano come cuore nevralgico della città. Perché questi centri di cultura esistono ancora oggi e accolgono genti dal mondo, fra artisti, pensatori e decisori politici. In queste e nelle prossime settimane a Venezia, tra Ca’ Foscari e le Procuratie, si incontreranno la Banca Mondiale e l’International Development Forum a discutere delle politiche di adattamento ai cambi climatici dei prossimi dieci anni. Sempre alle Procuratie si sono tenuti, in forma di evento pubblico in auditorium, eventi d’eccellenza come il lancio europeo dello Human Development Report delle Nazioni Unite UNDP e l’evento conclusivo del ciclo di appuntamenti “Ibridazioni” promosso dal Ministero della Cultura e Stato dei Luoghi con una selezione di 300 realtà del terzo settore per delineare le nuove raccomandazioni e linee guida in tema di rigenerazione urbana. 

Nello stesso contesto trovano spazio iniziative come il ciclo di appuntamenti INVOLVED! Innovation Lab for Sustainable Change Makers, rivolto agli studenti universitari e l’appuntamento mensile con “Veneziani per scelta”, veneziani d’elezione che hanno scelto la città lagunare per sviluppare i loro progetti artistici, culturali e imprenditoriali, come l’imprenditrice e stilista di origine camerunense Alvine Djatsa (in arte Maison Alvine Demanou), che, attraverso il progetto di Laboribus “Venezia Icona”, finanziato dalla Regione Veneto, presenterà a giugno 2025 la sua collezione di calzature appoggiata da un’importante brand internazionale.

I tour della comunità "energie rigenerative e microcosmi lagunari" ph credit Francesca Grisot

I tour della comunità “energie rigenerative e microcosmi lagunari” (ph Francesca Grisot

La rigenerazione urbana e socio-economica a Venezia rappresenta una sfida complessa, ma non impossibile. Le organizzazioni locali stanno giocando un ruolo chiave nella promozione di pratiche partecipative e sostenibili che cercano di bilanciare le esigenze economiche, sociali e ambientali della città. Tuttavia, affinché questi processi abbiano un impatto duraturo, sarà essenziale affrontare le criticità strutturali legate al controllo delle politiche urbanistiche. Come sottolineano Manzini e D’Alena, solo attraverso un approccio integrato e partecipativo sarà possibile immaginare un futuro sostenibile (Manzini, D’Alena, 2024), per Venezia, come per le altre città. Il ruolo giocato dalle grandi Fondazioni e dagli altri attori istituzionali andrebbe considerato parte della mappature degli immaginari e delle vocazioni. In seguito all’esperienza del Festival e dei mesi che lo hanno preceduto, la associazione di studenti universitari Polis, Social Hub Ca’ Foscari ha ideato e presentato un progetto, poi finanziato, per costruire una mappatura degli attori socio-politico-economici dello scenario lagunare. Il progetto è stato presentato agli altri studenti alla presenza anche di Hélène Molinari e della Rettrice Tiziana Lipiello. Anche questo può essere senza dubbio considerato una conseguenza diretta dei tavoli.

In conclusione, mentre permangono le legittime preoccupazioni riguardo alla sostenibilità economica e sociale di Venezia, è cruciale guardare anche agli sforzi in atto per ridisegnare il futuro della città. Le politiche rigenerative e le progettualità culturali proposte da attori e realtà come SUMus, POLIS, Wigwam, GreenerEU, il Festival delle Arti di Giudecca e Animare Venezia non solo affrontano le criticità, ma offrono anche visioni e soluzioni concrete per un rilancio della città, trasformando Venezia in un esempio di resilienza e innovazione per il futuro. Sostenere e investire in queste pratiche e nuove possibili sinergie costituisce non solo una necessità, ma un’opportunità per garantire la rinascita e la vitalità di una città con uno straordinario patrimonio culturale e umano. 

Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025 
Note
[1] https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/venezia-dellisola-bucata-e-delle-diverse-sue-ossessioni/
[2] Un collettivo di abitanti e ricercatori che si interessano alla casa e alla residenzialità nella Venezia insulare dal 2019, dopo un anno di incontri e di momenti di autoformazione con comitati e associazioni cittadine, abitanti e ricercatori per recuperare dati sulla situazione abitativa a Venezia. A conclusione di questo percorso ne è nato un luogo materiale e virtuale di confronto, analisi di proposta e che, in parte recuperi l’eredità dell’osservatorio casa.
[3] “Sì” a case, “no” al ticket: il grido degli attivisti ASC raggiunge il Comune – Prima Venezia
[4] Venice Calls, gli “angeli veneziani” dell’acqua alta
[5] https://www.weareherevenice.org/
[6] Living the Laguna Viva. Jane Da Mosto and Marcantonio Brandolini d’Adda on the Venetian ecosystem. – May – Venice for conversations – Jane Da Mosto and Marcantonio Brandolini d’Adda
[7]  Ingegnera e imprenditrice francese, ha un’esperienza che spazia in vari ambiti, tra cui la finanza, l’arte e la filantropia.
[8] We Are Here Venice
[9] SUMUS | Sito ufficiale
[10] Home – Fondazione Venezia Capitale Mondiale Della Sostenibilità
[11] (Re)Immaginare un futuro sostenibile: lavoro culturale e processi partecipativi per una rigenerazione respons-abile delle aree interne | “Dialoghi Mediterranei”, n. 69, settembre 2024
[12]
 Wigwam è tra le prime associazioni ecologiste: Promuove e sostiene la transizione dei territori verso lo sviluppo equo, in collaborazione solidale e in forma sostenibile (sociale, culturale, economico, ambientale) in Comunità Locali di Offerta e Interscambio, connesse in una rete globale.
[13] A2030OdV – Social Innovation Designers
[14] Polis: social hub a venezia | Polis Venezia
[15] GreenerEU è una startup di imprenditoria sociale il cui focus si concentra sull’approvvigionamento verde e lo sviluppo sostenibile con un impatto sociale positivo fornendo consulenza, istruzione e soluzioni digitali per tutti gli aspetti della sostenibilità, in particolare per quanto riguarda il turismo.
[16] Cantieri del Contemporaneo è un progetto che promuove l’arte contemporanea e la cultura nella città di Venezia, creando spazi condivisi e momenti di confronto tra artisti, designers, architetti e la comunità locale, contribuendo così alla rigenerazione urbana e alla coesione sociale.
[17] Festival delle Arti Giudecca – Il Festival 
Riferimenti bibliografici 
Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Ivrea, 2008
Giovanni Benzoni, a cura di, Venezia, tra accoglienza e sopravvivenza, La Toletta edizioni, Venezia, 2022
Ulf Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, Il Mulino, Bologna, 2001Salvatore Settis, Se Venezia muore, Giulio Einaudi Editore, Torino 2014
Henri Lefebvre, Il diritto alla città, Ombre Corte, Verona, 2014Paola Somma, Non è città per poveri. Vite  e luoghi della Venezia popolare di inizio Novecento, Wetlands, Venezia, 2024
Francesco Leoncini, a cura di, Venezia 1968-2023. Tra innovazione culturale, regressione civile e riscatto sociale, il Mulino, Bologna, 2024
Pietro Manfri, L’avvenire di Venezia, Longo, Treviso, 1977Angela Vettese, Venezia vive. Dal presente al futuro e viceversa, il Mulino, Bologna, 2017
Ezio Manzini, Michele D’Alena, Fare assieme. Una nuova generazione di servizi pubblici collaborativi, Egea, Milano, 2024
Giacomo-Maria Salerno, Per una critica dell’economia turistica. Venezia tra museificazione e mercificazione, Quodlibet, Macerata, 2020. 

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Francesca Grisot, ha conseguito PhD in Lingue Culture e Società, Subject Expert presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati di Ca’ Foscari, Fondatrice della OdV A2030 e Direttrice operativa del Centro Ricerche Etnoantropologiche (CREA), è progettista, formatrice e consulente per l’innovazione sociale e per lo sviluppo sostenibile. 
Fabio Malfatti, Antropologo Ambientale, Presidente del Centro Ricerche EtnoAntropologiche (CREAaps). Responsabile dipartimento Sostenibilità, Sviluppo Territoriale e Politiche Partecipative (CREAaps). Specializzato in sostenibilità, resilienza comunitaria e cambiamenti climatici, ha studiato paesaggi mediterranei e pratiche tradizionali. Integra approcci interdisciplinari e conoscenze locali per promuovere uno sviluppo rigenerativo.

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