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Dante e Boccaccio e i futuri dell’immigrata Europa: da Creta a Ventotene, il punto di vista dell’acqua

62b46bc4d9c26711a98b423d21505f61di Roberta Morosini 

                                  forse la tua nazione è il mare

                (Rupi Kaur, il sole e i suoi fiori) 

Nel maggio 2023, in occasione del convegno The Idea and Futures of Europe organizzato a Siena da Rutgers University, ho proposto una riflessione sull’idea di Europa in Dante. Il punto di partenza è stato il Mediterraneo, spazio in cui il poeta intravede i futuri dell’Europa, soprattutto in relazione a giustizia sociale e ambientale (Di là da Gade, e di qua presso il lito. Dante, Europa’s forced travel and Maps). Non entrerò qui nel dettaglio del tema dell’esilio come chiave per leggere il Mediterraneo di Dante nella costruzione della modernità – una prospettiva che ho sviluppato per gli Atti del convegno di Sorbonne Nouvelle Intérieur-Extérieur (Fuor di quel mar. Dante litorano dell’Arcipelago dell’esilio:: da Firenze a “Tutto il mondo” di Pietramala, in «Arzanà», 24, 2024 https://journals.openedition.org/arzana/). Mi concentrerò invece su come la figura di Dante esiliato – definito da Akash Kumar come «poeta migrante» [1] – possa aiutarci a comprendere la sua visione dell’Europa attraverso la lente dell’acqua. Come ho discusso in Il mare salato. Il Mediterraneo di Dante, Petrarca e Boccaccio (Viella, 2020), il Mediterraneo di Dante, che nel poema lo attraversa come pellegrino-marinaio, non è un confine, ma un crocevia: uno spazio di mobilità e di attraversamenti, che ci invita a ripensare un continente oggi sempre meno ospitale, immemore – secondo un suggestivo spunto che Dante raccoglie dalle Metamorfosi di Ovidio (II: 833-875) – delle sue origini: quelle di una giovane ninfa, Europa, costretta a migrare da confini porosi e mobili, come «il lito», la sponda orientale da cui intraprende il suo viaggio forzato, verso Creta, al centro del Mediterraneo [2].

11Ma quale Europa propone Dante? Phiroze Vasunia in Of Europe [3]. fa notare come nel corso dei secoli, l’idea di Europa si sia trasformata continuamente, influenzata non solo da cambiamenti territoriali e politici, ma anche da narrazioni culturali, religiose e filosofiche. Tracciare confini precisi per l’Europa – che siano i monti Urali, il Bosforo o il Caucaso – ha spesso rivelato più le intenzioni e le paure di chi quei confini li stabiliva, piuttosto che caratteristiche oggettive del territorio. Fin dai tempi di Erodoto, che già proponeva una distinzione tra Oriente e Occidente, fino ai pensatori dell’Illuminismo, che cercavano di definire l’Europa attraverso ideali come la ragione e la civiltà, il continente ha sempre funzionato tanto come spazio fisico quanto come costruzione concettuale. Anche in epoca contemporanea, l’allargamento dell’Unione Europea e i dibattiti sull’adesione di Paesi come la Turchia o la Georgia mostrano quanto sia complesso definire i confini dell’Europa. Rifacendosi a Anthony Pagden e al suo The Pursuit of Europe [4]Vasunia nota che descrivendo l’identità europea come un «palinsesto elaborato», ci invita a vedere l’Europa come una realtà fatta di strati sovrapposti – mitologici, storici, ideologici – che nel tempo sono stati scritti, cancellati e riscritti. Questi strati raccontano di un passato che va dall’antichità classica al cristianesimo medievale, dal Rinascimento e dall’Illuminismo fino al colonialismo e all’integrazione europea del dopoguerra. A ragione Padgen, dunque, sostiene che l’identità europea non è mai stata qualcosa di fisso, ma piuttosto una costruzione in continuo movimento. Una delle ragioni di questa instabilità che riguarda l’Europa è che il suo stesso mito di fondazione che rivela tracce di ibridazione e di mescolanza interculturale, suggerendo, sulla scorta di Erodoto, che le origini dell’Europa si trovino in Asia piuttosto che in Europa stessa: 

«Per quanto riguarda l’Europa, nessuno sa con certezza se sia circondata dal mare o meno, né da dove provenga il suo nome, né chi l’abbia chiamata così, a meno che non si voglia dire che la terra abbia preso il nome dalla Europa di Tiro, essendo stata fino ad allora, a quanto pare, senza nome come le altre. Ma è evidente che questa donna era di origine asiatica, e non mise mai piede in quella terra che i Greci ora chiamano Europa  –  si spinse soltanto dalla Fenicia a Creta, e da Creta in Licia» (Erodoto, Storie, IV: 45). 

Ma procediamo per ordine, cominciando da dove siamo partiti: cosa vede Dante che osserva il mondo dal Paradiso. 

Nel vostro Occidente (Par. VI 71) 

Nella finzione del poema Dante esule lascia Firenze e attraversa il Mediterraneo nei panni del poeta-marinaio che guarda all’Europa dall’acqua, ed elegge quel mare e i suoi «discordanti liti» (Par. IX 84), come la sua patria, in una prospettiva transnazionale: una nazione d’acqua costituita da culture e territori diversi, in una unità nella diversità. Non è un caso che Dante affidi la rappresentazione dell’Europa allo sguardo del legislatore Giustiniano, il quale, dall’Oriente bizantino, riconosce l’Occidente come unità politica e culturale.  Nel Canto VI del Paradiso, Giustiniano, imperatore d’Oriente e riformatore del diritto romano, rievoca la storia dell’Impero, sottolineando l’unità dell’Europa nonostante le sue diversità in leggi, fedi e usanze. Questa visione si allinea con quella di Isidoro di Siviglia, che nelle sue Etimologie (XIV, iv, 2) descrive l’Europa come una realtà geografica e culturale distinta, contribuendo a delineare un’identità europea che, pur nella pluralità, tende verso l’unità.

In questi giorni in cui ci si interroga sui valori fondanti dell’Europa, il punto di partenza di questa riflessione è nei versi di Paradiso XXVII, quando Beatrice invita Dante ad affacciarsi e a guardare giù per rendersi conto del viaggio percorso: 

                Onde la donna, che mi vide assolto
               de l’attendere in sù, mi disse: «Adima
               il viso e guarda come tu se’ vòlto».                               
               Da l’ora ch’io avea guardato prima
              i’ vidi mosso me per tutto l’arco
              che fa dal mezzo al fine il primo clima;                         
              sì ch’io vedea di là da Gade il varco
              folle d’Ulisse, e di qua presso il lito
              nel qual si fece Europa dolce carco.                             
               E più mi fora discoverto il sito
              di questa aiuola; ma ‘l sol procedea
              sotto i mie’ piedi un segno e più partito   (Par.  XXVII, 76-87). 
Il rapimento di Europa, in  Ovide moralisé, in Ms-5069 réserve , fol. 27r,  Maître du Roman de Fauvel et collaborateurs - Paris (France) –1330 ca., BnF.

Il rapimento di Europa, in Ovide moralisé, in Ms-5069 réserve , fol. 27r, Maître du Roman de Fauvel et collaborateurs – Paris (France) –1330 ca., BnF.

Il poeta che osserva il mondo dall’alto non vede la terra, e non vede né  il ‘suo’ Ulisse né Europa, ma da un lato «il varco» che si apre all’egemonia occidentale nel Nuovo Mondo, e dall’altro il «lito nel qual si fece Europa dolce carco». Due spazi in cui si snodano le storie di due inganni: quello di Europa, ingannata e costretta ad allontanarsi dalla sua terra, si configura come invenzione letteraria di matrice ovidiana (Metam. II, 833-875), e prefigura, nella visione di Dante, un’idea di Europa il cui futuro risiede nel Mediterraneo. Cosa c’entra il Mediterraneo con l’Europa di Dante? C’entra perché  l’«exul inmeritus», come si presenta Dante nelle Epistole III, V, VI, e VII,  cacciato da Firenze, elegge come patria e nazione, il Mediterraneo. La parola ‘esilio,’ si sa, viene dal latino ex (fuori) e solum (suolo): rimasto fuori dalla propria terra, Dante pellegrino-marinaio assume il punto di vista dell’acqua, di chi lo ha attraversato con nostalgia, tra desiderio di ritorno (nóstos), e dolore (algia, da álgos) in una visione dell’Europa e dei suoi futuri legata al Mediterraneo che non è solo geografia come dice Predrag Matvejevitć (cfr. Breviario mediterraneo, Intro C. Magris, Milano, Garzanti, 2018: 17).  

Rete di transizioni e relazioni, il Mediterraneo di Dante si presenta  come lo spazio privilegiato per uno studio della costruzione della modernità con le sue sponde porose e in divenire, varchi e non  confini rigidi che riflettono l’idea di un’Europa fondata sulla mobilità e sullo scambio, senza chiudere gli occhi su migrazioni e violenza di genere.  È il caso della giovane ninfa costretta a viaggiare in groppa al toro, e il cui sguardo è rivolto verso la propria terra, quel «lito» al quale è stata sottratta. 

La vicenda umana e poetica di Dante pellegrino-marinaio lo porta a privilegiare una prospettiva mediterranocentrica che ribalta l’orientamento tradizionale: non più un’Europa che guarda il mare come sua periferia, ma un Mediterraneo che, come centro liquido, osserva l’Europa da una posizione liminare. Dello stretto collegamento tra l’esperienza dell’esilio e la navigazione ritorna nel Convivio, dove Dante si descrive e addirittura si identifica  con un «legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti» (Cv. I, III, 3-5). Nei panni dell’esule costretto a viaggiare, Dante vive la condizione di chi attraversa frontiere fisiche e simboliche, proponendo un’idea di Europa fondata su mobilità, porosità delle sue coste e pluralità culturale. In questa lettura poetico-cartografica che condivido in Il mare salato e in Rotte di poesia, il poema dantesco anticipa questioni contemporanee urgenti: la migrazione come fenomeno strutturale, la violenza di genere come crisi radicata nelle strutture sociali e la necessità di ripensare le identità europee in chiave inclusiva. L’acqua nella Commedia diventa così metafora di un’Europa che si definisce nei suoi attraversamenti, affrontando le sfide di giustizia climatica e sociale con uno sguardo che, partendo dal mare, mette in discussione le gerarchie territoriali e culturali, al di là di ogni nazionalismo. 

482049353_985934713628012_7398451003881007551_nDal mito alla geografia: Europa

Di Europa dà tutto il senso di sgomento la copertina di un libro illustrato per bambini (G. Gotti, D. Stamatiadis, Europa, Cervinara, Avellino, Edizioni Primavera, 2019) dove per la prima volta la giovane fenicia non viene rappresentata come una donna bianca.

«Raccontare un mito», scrivono le autrici, «per svelare uno dei fondamenti della vita, uno schema senza tempo. Una storia che meritava di essere raccontata ai bambini, per un’Europa finalmente unita, più solidale e colta». È lo stesso per Dante. La prospettiva cartografica e culturale quella di Dante che per un’Europa moderna giusta, accogliente, unita nella diversità culturale e geografica guardi al suo mare, e ne osservi le coste operose, dell’uomo che costruisce dighe per difendere le città, case e porti.

Quale Europa? Una storia di violenza, stupro e attraversamento forzato, come evocato dal francobollo celebrativo dell’Europa del 1984. L’immagine finale di grande leggerezza del «dolce carco» portato in groppa da Giove, che nuota fino a Creta sotto forma di toro (Par. XXVII 82-84), ci consegna lo sguardo dell’osservatore compassionevole e per nulla distaccato, esprimendo tutto il dramma vissuto dalla giovane ninfa costretta a viaggiare suo malgrado, un’immagine che campeggia sulla moneta dei due euro, e nel francobollo commemorativo del venticinquesimo anniversario della seconda elezione del parlamento europeo in un disegno di  Fritz Wegner. 

Due euro, Grecia, 2002

Due euro, Grecia, 2002

Al centro della moneta Europa, figura mitologica greca, rapita da Giove, raffigurato sotto forma di toro (la scena è tratta da un mosaico di Sparta risalente al III secolo a. C). A sinistra le iniziali dell’autore e disegnatore “ΓΣ” Georgios Stamatopoulos; in alto a sinistra la scritta in caratteri greci “ΕΥΡΟΠΗ” (EIROPE).

Sul bordo esterno 12 stelle a cinque punte rappresentanti l’Unione Europea. Il mito di Europa ricompare sulla moneta di due euro del 2005 a celebrare la Costituzione Europea. 

Costituzione europea, 2 euro, Italia, 2005.

Costituzione europea, 2 euro, Italia, 2005

Al centro della moneta, compare una raffigurazione di Europa con il toro; la ninfa reca in mano una penna e il testo della Costituzione europea. In basso a sinistra le iniziali dell’incisore Maria Carmela Colaneri, “MCC” e il monogramma della Repubblica italiana “RI”.

Nell’euro e nel francobollo celebrativo del Parlamento europeo, per una sorta di rimozione,  non c’è alcuna terra  –  né di partenza né di destinazione  –  e, in una resa idilliaca, romantica e angelicata. 

Francobollo celebrativo

Francobollo celebrativo

Europa non appare vittima di stupro e violenza, nonostante il titolo dell’opera sia Il ratto di Europa. Dante, invece, vede anche il «dove» di quel rapimento: vede il futuro, l’isola di Creta, che emerge nitida nella rievocazione rinascimentale del mito ad opera di Sforza di Marcantonio.

Quello che manca nelle rappresentazioni di Europa nelle celebrazioni del Parlamento europeo, francobolli o monete, è proprio lo sguardo sgomento della giovane verso quella sponda da cui si è snodato l’inganno che l’ha strappata via, un aspetto drammatico notato perfino dalla Liebig nella pubblicità dei preparati per l’estratto di brodo di carne.    

Giove sotto le mentite spoglie di un toro rapisce Europa, Cromolitografia Libox per Liebig, 1932.

Giove sotto le mentite spoglie di un toro rapisce Europa, Cromolitografia Libox per Liebig, 1932

Anche Dante lega il presente e il futuro del continente al ratto di Europa in termini cartografici dove è la violenza subita motivo di riflessione, come sottolinea la compianta studiosa Rachel Jacoff (The Rape/Rapture of Europa: Paradiso XXVII, in  The poetry of Allusion. Virgil and Ovid in Dante’s Commedia, Stanford Univ. Press, 1991: 233-246). Così Boccaccio in maniera poetica coglie il dramma di un continente il cui nome è legato a una violenza, e l’origine fenicia di Europa; il suo viaggio via mare da est a ovest anticipino, in certo senso, quella tensione “mediterranea” tra oriente e occidente:    

«Europa, figlia di Agenore, re dei Sidoni, era una fanciulla di straordinaria bellezza. Mentre giocava con le sue coetanee sulla riva del mare, fu rapita da Giove, che aveva assunto l’aspetto di un toro. Ingannata dalla sua mansuetudine, salì sul suo dorso, e fu trasportata via mare fino all’isola di Creta. Là il dio rivelò la propria identità e la prese come concubina, generando con lei tre figli: Minosse, Radamanto e Sarpedonte, uomini celebri e saggi. Per via del suo rapimento, la terra verso la quale fu condotta fu chiamata Europa. Alcuni ne lodano la nobiltà e la bellezza, altri invece ne biasimano la leggerezza, per essersi lasciata rapire così facilmente e per aver perduto la propria pudicizia. Tuttavia, la sua fama si diffuse ampiamente e il suo nome giunse fino ai posteri» (De Europa Cretensium regina/ Europa regina di Creta, in De mulieribus III). 
Creta in un'antica carta

Creta in un’antica carta

La sua fama, come quella del Veglio dantesco è legata a Creta. Come al Veglio Dante dà per la prima volta una localizzazione (Cfr. Inferno  XIV) [5], che non aveva nella fonte biblica, con le spalle rivolte verso l’oriente e lo sguardo verso Roma, così Europa, su quest’isola al centro del Mediterraneo diventa un simbolo di grandezza e conoscenza, e il suo nome si diffonde ed è ricordato attraverso i secoli. Boccaccio la ritrae mentre gioca con le coetanee, Giove trasformato in toro mansueto la avvicina. Lei, ingannata dalla sua dolcezza, sale sul suo dorso. Il dio la rapisce e la porta via mare fino a Creta, dove le rivela la propria identità divina e la rende sua concubina, ma qui e nelle Genealogie degli dèi, Boccaccio insiste su un aspetto nuovo: unendo mito e genealogia sottolinea come da questa donna ‘rapita’ nascano uomini sapienti e potenti: il suo rapimento non è più solo un atto violento, ma una tappa fondamentale di una grande storia di conoscenza e di potere che trascende il suo tempo, nel contesto della storia mediterranea.

In spazi liminali, dalle coste tra l’Africa e la Spagna alle sponde del Mediterraneo orientale, fino al cuore del Mediterraneo, a Creta, il poeta traccia le rotte del Mediterraneo, conferendo unità ai suoi pur «discordanti liti» e facendone lo spazio della storia umana, di chi ha bagnato i piedi in quelle acque.

Frederik de Wit (1630-1706),  Nova et accurata totius Europæ descriptio, 1700

Frederik de Wit (1630-1706), Nova et accurata totius Europæ descriptio, 1700

Infuturare. Creta e Ventotene: dall’isola, verso una cittadinanza mediterranea 

Il rapporto tra l’esilio di Dante e il Mediterraneo offre  dunque una riflessione sulla geografia come spazio di appartenenza e sull’idea di una cittadinanza mediterranea. Dante, poeta-marinaio, vive l’esilio come condizione permanente di sradicamento e desiderio di appartenenza, che lo immette nel futuro. C’è un verbo, difatti, che Dante mette in bocca al suo avo Cacciaguida che gli profetizza l’esilio: Infuturare. 

 Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,
                         poscia che s’infutura la tua vita
                         via più là che ‘l punir di lor perfidie  (Par. XVII 98). 

Piatto con raffigurato il ratto di Europa, di Sforza di Marcantonio (sec. XVI) ·

Piatto con raffigurato il ratto di Europa, di Sforza di Marcantonio (sec. XVI) ·

Con Europa Dante infutura se stesso e la collettività in uno spazio mobile, di viaggi e scambi, di «un’interrotta modernità», per dirla con Iain Chambers (Le molte voci del Mediterraneo, Raffaello Cortina, 2007), e attraverso la sua periegesi, mappa il Mediterraneo come spazio poroso e fluido, luogo di incontro tra culture diverse, spazio che collega le sponde e suggerisce un’appartenenza arcipelagica e transnazionale, la città mondo, l’Europa, il mondo mediterraneo. Al centro di questa visione, Dante colloca Creta che – come intuì Boccaccio – da «culla della nostra stirpe» (Virgilio, Eneide, III 104-106),  diventa   “casa comune” per tutte le genti (Exp. All. a Inf. XIV, 94-120, e Morosini, «Fuor di quel mar») [6].

Anche questa centralità di Creta nella vicenda di Europa, trova genesi nell’esilio che spinge Dante a vedere il Mediterraneo come luogo di transito e costruzione identitaria nel movimento. Il vantaggio della prospettiva mediterranocentrica di Dante è quello di osservare il mondo dal mare, a bordo della sua navicella, nella situazione di chi vive un tempo e uno spazio non lineare in cui è facile intravedere la condizione di fragilità dell’esule costretto a migrare. In questo senso Dante lega il suo destino a quello di Europa, sottolineando come il senso di patria si sia trasformato in una condizione di massa. Le coste permeabili del Mediterraneo diventano uno spazio di riflessione su un’identità collettiva e condivisa, offrendo dal punto di vista dell’acqua un’immagine emblematica di una cittadinanza aperta e transnazionale. In tal modo Dante mostra di essere un convinto fautore di quello che ho chiamato umanesimo marittimo, e che Paul Gilroy chiama con una bellissima definizione, «umanesimo offshore» [7].

61xmhn-gnol-_ac_uf10001000_ql80_Lo  sguardo di Dante dal Paradiso è un invito a ripensare i confini come zone porose e fluide, e ripensare al Mediterraneo come spazio d’elezione di un’appartenenza che supera i confini nazionali. È un progetto poetico programmatico di un’Europa libera e unita come concepita da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni,  nel 1944, in esilio per ragioni politiche su un’isola del Tirreno, per lo sviluppo della civiltà moderna. Non si tratta di mera nostalgia, siamo davanti all’elaborazione dei principi fondativi di una nuova comunità mediterranea.

Dal mito alla geografia, la periegesi di Dante traccia la geografia umana e la ricerca dell’esule di appartenenza, che lo spinge, come un pesce nel mare, (De vulg. eloq., I vi, 2), a eleggere come patria Pietramala, una città immensa d’acqua di cui si dichiara litorano per mezzo del più mediterraneo dei poeti, Folchetto di Marsiglia: «Di quella valle fu’ io litorano» (Par. IX 88). L’immagine di Dante litorano enfatizza il legame con un’idea di frontiera fluida, in cui il mare diventa simbolo di appartenenza mobile e in continua ridefinizione, sottolinea come il Mediterraneo resti uno spazio di movimento, perdita e ricerca identitaria, come sostiene Padgen, «una costruzione in continuo movimento». In questo senso, l’esilio di Dante non è solo una condizione biografica, ma si trasforma in una categoria interpretativa che permette di leggere la Commedia, il Convivio  e il De vulgari eloquentia, come itinerari di una perenne ricerca di casa, tra terre e acque, con una suggestione cartografica che invita a vedere quanto l’immaginario dantesco anticipi o dialoghi con la tradizione della cartografia nautica, evidenziando il passaggio da una geografia simbolica a una geografia vissuta e tracciata.

Boccaccio, Europa naviga, in De mulieribus claris, ms. Fr. 599,fol.11v.  Cognac, France, artista Robinet Testard, 15-16 sec. https://www.enteboccaccio.it/s/ente-boccaccio/item/5141

Boccaccio, Europa naviga, in De mulieribus claris, ms. Fr. 599,fol.11v. Cognac, France, artista Robinet Testard, 15-16 sec. https://www.enteboccaccio.it/s/ente-boccaccio/item/5141

Alla critica morale (la “leggerezza” di Europa, che si lascia rapire e perde la pudicizia), Dante e Boccaccio preferiscono la celebrazione della giovane immigrata che ha superato i confini del tempo e dello spazio. Ciò che resta di Europa è il nome immortale, legato addirittura a un intero continente. La sua storia, dunque, entra a far parte della memoria collettiva, nonostante o proprio grazie alla sua complessità. La prospettiva mediterranocentrica di Dante ribadisce che il mare è il pontos greco che unisce le sponde e le esperienze. È Europa che  naviga libera, e sa fare di vela come nella bella illustrazione nel De mulieribus di Boccaccio, immagine profetica, di un’altra Europa, sebbene questa interpretazione del mito nasca da un frainteso dell’artista  – complice un vessillo rosso con un toro bianco issato sulla imbarcazione – che confonde l’interpretazione in chiave umanistica di Boccaccio del mito di Io (Cfr. Morosini, Il mare salato e  Penelopi in viaggio ‘fuori rotta’ nel Decameron e altrove. ‘Metamorfosi’ e scambi  nel mediterraneo medievale, in California Italian Studies Journal, 1-2 (2010):1-33; https://escholarship.org/uc/item/3nd68932). 

Dante mappa le periferie come spazi vivi, dove la geografia è un punto d’incontro tra civiltà umana e ambiente naturale dove luoghi specifici incarnano un destino condiviso. Di fronte alle sfide generate dalla presenza di rifugiati e migranti, aggravate dalla mancanza di un autentico confronto con il passato coloniale dell’Europa e con i suoi persistenti intrecci coloniali in Africa, fuori da Firenze, Dante traccia la rotta di una cittadinanza mediterranea aperta e plurale, in cui le coste porose offrono un nuovo umanesimo marittimo e una mappa dell’Europa come arcipelago di relazioni e scambi.

In questo senso, ci piace l’immagine che consegnano ai più piccoli G. Gotti e D. Stamatiadis nel loro albo illustrato, Europa: una donna nera il cui sgomento rimanda alla “straniera” Europa di Boccaccio; arrivata con la forza dalla Fenicia a Creta, qui, sull’isola al centro del Mediterraneo, diventa madre di saggezza tra Oriente e Occidente. Non è molto diversa dall’Europa sognata dall’Italia che sulla moneta di due euro nel 2005  la rappresenta con la penna in mano intenta a scrivere la Costituzione Europea. È un’Europa giusta quella fondata da un’immigrata come la giovane fenicia in un luogo condiviso, l’isola di Creta, o Ventotene, l’isola dei diritti, dove c’è posto per tutti. 

 Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025 
Nota
[1]  A. Kumar, Dante Poet Migrant. The World is My Homeland. Exile and Migration from Ibn Hamdîs to Dante, in Migrants Shaping Europe Past and Present, a cura di E. Solterer e V. Joos, Manchester, University of Manchester Press, 2022: 79-85.
[2] Negli ultimi mesi ho avuto modo di condividere alcune di queste riflessioni, al convegno dell’Associazione degli Italianisti (ADI) a Palermo, nel settembre 2024, con una relazione dal titolo Diversi porti. Tra’ discordanti liti. Mobilità, Umanesimo Blu e i futuri di Europa da Dante a Petrarca, e al Simposio Attraversamenti organizzato dall’Università L’Orientale di Napoli,(Ottobre 2024), in vista di una monografia in corso dal titolo To different ports. A ship without sails»: Dante’s Sea of Exile. The discordant shores of a Mediterranean-Archipelago, e in italiano Tra liti sì lontani.Il mare dell’esilio. Dante e il Mediterraneo-Arcipelago.
[3] Ringrazio il mio collega a UCLA Bryant Kirkland per avermi indicato durante un incontro del tutto casuale al Museo Getty di Los Angeles, lo studio di P. Vasunia, Of Europe, in Herodotus in the Long Nineteenth Century, a cura di T. Harrison, J.  Skinner,  Cambridge, University of Cambridge Press, 2017: 179-199 e in particolare:179-180.
[4] A. Padgen,  The Pursuit of Europe. A History, Oxford, Oxford University Press, 2022: 33.
[5] Cfr. Morosini, Rotte di poesia, rotte di civiltà. Il Mediterraneo degli dei nella Genealogia di Boccaccio e Piero di Cosimo, Castelvecchi, 2021.
[6] Su mare e navigazione in Dante e Boccaccio, mi permetto di rimandare a Insueta sulcare maria. Dal mito alla geografia. Navigare e “divenir del mondo esperto” nella Commedia e nelle Genealogie degli dei Gentili, in Il Dante di Boccaccio, a cura di N. Tonelli, Firenze, Olschki, 2024: 175-207.
[7] P Gilroy, Antiracism, Blue Humanism and the Black Mediterranean, in «Transition», 132, 2021: 109.

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Roberta Morosini, professore Ordinario presso UCLA (USA), ha  insegnato presso l’Università L’Orientale di Napoli e Wake Forest University. Si occupa di “Umanesimo blu” come in Il mare salato. Il Mediterraneo di Dante, Petrarca e Boccaccio (Viella, 2020, finalista MARetica 2021) e nella sua prossima monografia Dante’s Blu Humanism. The Mediterranean-Archipelago. Rivers and Sea of Exile in the Commedia. Studia in chiave pan-Mediterranea i rapporti cristiani-musulmani (Dante, il Profeta e il Libro, L’Erma di Breschneider, 2018 e ora in inglese Dante, Moses and the Book of Islam, 2024), gli attraversamenti delle donne, e in generale la rappresentazione artistica del mare nel Trecento e negli Isolari del Rinascimento.  Tra le sue recenti pubblicazioni, Dante, Fra’ Macario e i calzari di Gesù-Francesco a Bosa. L’incontro dei tre vivi e dei tre morti (Mediando, 2021), Rotte di poesia e rotte di civiltà. Il Mediterraneo degli Dei nella «Genealogia» di Boccaccio e Piero di Cosimo (Castelvecchi, 2021), I cieli naviganti. Domenico Rea, Boccaccio e Napoli (Mediando, 2023).

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