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Cumuli

 

Leone Contini, Il corno mancante, The Missing Horn, MAXXI (ph. Luis Do Rosario)

Leone Contini, Il corno mancante, The Missing Horn, MAXXI (ph. Luis Do Rosario)

Omaggio a Guatelli

di Leone Contini

Nel 2008 fui invitato da Pietro Clemente al Museo Guatelli, ne scaturirono molte impressioni, in parte pubblicate su Lares. Poi quegli accumuli di oggetti sono stati macinati dagli anni, sui fondali della mia coscienza, per diventare cocci e macerie. 

La Montagnetta, come i Milanesi chiamano Monte Stella, è una collina artificiale nella periferia occidentale di Milano, costruita con centinaia di migliaia di metri cubi di case bombardate durante la guerra. Negli anni 70 gli abitanti del quartiere acquistarono e piantumarono alberi su quello che ancora era uno sterile accumulo di detriti. Oggi è un parco pubblico. 

Primi anni 50. La guerra è appena finita e le macerie vengono portate fuori città con autocarri e un trenino da miniera: mentre il tessuto urbano ricomincia a pulsare Monte si alza ogni giorno di qualche metro, armonicamente, sotto lo sguardo benevolo del suo artefice, l’architetto Bottoni. Nella periferia est, all’interno del Parco Lambro trasformato in discarica di guerra, le macerie di Milano si accrescono invece in cumuli amorfi. 

Si fa chiamare Renzo Tramaglino, nel 2018 ha 92 anni e passeggia ogni mattina fino sulla cima del Monte Stella. La sua casa bruciò in uno dei primi bombardamenti sulla città, quel poco che rimase dopo l’incendio è da qualche parte qui sotto, dentro la Montagnetta, mi dice. La rete del letto, il pitale, poco più. Ogni giorno sale quassù e se il cielo sopra Milano è terso vede le Alpi. 

Al monte Scherbelino, Stoccarda 2017

At monte Scherbelino, Leone Contini, Stoccarda 2017

La scultura di Yamantaka bruciò nell’agosto del 1943 quando uno spezzone al fosforo incendiò il museo etnografico di Milano. Il “Distruttore della morte” sopravvisse, anche se il suo corno sinistro andò perduto insieme alla testa del Buddha che sovrasta serenamente il volto irato di Yama. Durante quel bombardamento fu colpito anche il Cenacolo di Leonardo, che rimase integro, aggrappato a un lembo di muro intatto in mezzo alle macerie. 

Yamantaka era custodito a Castello Sforzesco insieme agli altri manufatti che l’ingordigia dei collezionisti aveva già raccolto in collezioni private, setacciando il pianeta. La scultura cinese era transitata attraverso la ditta Bordoni, antiquari di Bologna, prima di finire nelle collezioni civiche di Milano, patrimonio collettivo degli italiani. Sottratta all’uso rituale, protetta dal fluire del tempo, avvolta nella bambagia della conservazione. Quella strana promessa fu però tradita durante un litigio tra potenze europee. In una notte di agosto del 1943 Yamantaka fu avvolto nelle fiamme di una bomba al fosforo inglese, insieme alla collezione africana che fu quasi interamente distrutta dal fuoco. Yamantaka perse tutte le minute armi metalliche che impugna nelle sue molte mani, ma dalle macerie furono recuperate alcune lame provenienti dal Camerun colonizzato: il fuoco le aveva rese simili alle sue, consumandone le impugnature di legno. 

European Heritage al Monte Scherbelino (ph. Leone Contini, 2017)

European Heritage at Monte Scherbelino, Leone Contini, 2017

A Palermo i cornicioni dei palazzi barocchi schiantati dalle bombe sono diventati la casa di pesci e anemoni, nei cumuli sottomarini antistanti il parco lungomare del Foro Italico. Ma sono altre le macerie abitate dai fantasmi, poco lontano: sono quelle inconsolabili degli anni 60, quando i palazzinari distrussero i quartieri liberty scampati alla guerra, per costruire la nuova Palermo, impastando sangue e calcestruzzo. 

Ogni città tedesca ha il suo trümmerberg (collina di macerie). Quello di Stoccarda è chiamato Monte Scherbelino, monte dei piccoli cocci, un nomignolo italianeggiante, forse vacanziero, che rende meno sinistro quel cumulo di case distrutte. Nel profondo della collina le macerie della città vengono lentamente digerite nell’abbraccio delle radici di betulla (la collina è anche chiamata Birkenkopf, testa di betulla).   

Un autunno tiepido e piovigginoso restituisce Palermo alla sua normalità. Dal Botanico raggiungiamo il Porticciolo di Sant’Erasmo, proseguendo lungo la spiaggetta verso la foce del fiume Oreto. È una passeggiata inquieta, di fronte a noi il mare, dietro di noi le sedimentazioni stratigrafiche di sfrabbricidi, smaltimenti illegali, immondizia varia, ossi, scorie tossiche, cocci colorati di antiche ceramiche. Quei cumuli si susseguono lungo la costa per chilometri a partire dalla discarica di guerra del Foro Italico, ancora paradossalmente ordinata, fino ai “mammelloni” dell’era Ciancimino, cumuli caotici, instabili, come questi alle nostre spalle, ma più grandi. Proseguiamo per un centinaio di metri stretti tra il mare e la muraglia di detriti inzuppata di pioggia, che sembra poterci crollare addosso in ogni istante. Il mare smisurato ci promette che macinerà tutto questo con la sua forza quasi infinita, nel tempo impensabile delle ere geologiche future, fino a ridurlo in atomi semplici. 

Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022

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Leone Contini, ha studiato filosofia e antropologia culturale all’Università di Siena. La sua ricerca si colloca lungo il margine di contatto tra arte e lavoro etnografico. Le sue pratiche includono narrazioni testuali e audio-visuali, installazioni, lecture-performances, interventi laboratoriali e azioni collettive. Ha tenuto mostre o realizzato interventi presso: Pearl Art Museum, Shangai; Kër Thiossane, Dakar; Maxxi, Roma; SAVVY, Berlino; HKW, Berlino; PAV, Torino; IAC, Lyon; Kevin Space, Vienna; Manifesta 12, Palermo; Fondazione Sandretto, Torino; Museo delle Civiltà, Roma; Mudec, Milano; Quadriennale, Roma; Fondazione Pistoletto, Biella; Mart, Rovereto; Biennale D-0 Ark Underground, Bosnia; Delfina Foundation, Londra; Kunstraum, Monaco; Khoj, Nuova Delhi; Galleria Civica, Trento; Kunstverein Amsterdam; Museo Pecci, Prato; Villa Romana, Firenze. Nel 2020 è tra i vincitori di Cantica21. Nel 2018-2019 è stato fellow presso Akademie Schloss Solitude, Stuttgart. Nel 2017 è stato vincitore della seconda edizione dell’Italian Council. Nel 2017 ha collaborato con “TRACES – Transmitting Contentious Cultural Heritage with the Arts”.

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