
Il paesaggio che si apre agli spettatori di piazza Matteotti a San Casciano dei Bagni (ph. Fulvio Cozza)
CIP
di Fulvio Cozza
Introduzione: perché un questionario per un antropologo?
Nonostante una percezione del senso comune che attribuisce a tutte le discipline sociali un lavoro essenzialmente diagnostico-quantitativo, certamente non si può dire che tra i principali attrezzi del mestiere di un antropologo culturale figuri la somministrazione di un questionario anonimo contenente una batteria di domande a risposta secca. Effettivamente, per un antropologo come me, che si è formato su testi che hanno dibattuto in lungo e in largo il tema del significato, della partecipazione, del dialogo in profondità e dell’interpretazione complessa, non può che stare stretto quel freddo dirigismo del questionario con le sue risposte preconfezionate.
E che dire poi del carattere impersonale di tale strumento conoscitivo? Molto spesso è proprio l’anonimato del questionario a impedire l’osservazione di tutta quella trama di fatti contestuali che permettono di comprendere il significato della tremenda differenza che passa tra un ammiccamento volontario, l’imitazione di un ammiccamento e un semplice tic dell’occhio (Geertz 1988).
Si tratta di problemi seri nella costruzione di qualsiasi tipologia di ricerca sociale, che ovviamente gli specialisti di discipline che fanno uso sistematico di test e analisi quantitative – sociologia, statistica, economia e demografia – hanno affrontato con sistemi molto efficaci e coerenti con la loro prospettiva scientifica. Nel campo dell’antropologia culturale, cioè di una disciplina che ha puntato tutte le sue energie nel raffinare lo studio faccia a faccia con le persone, è vero che l’utilizzo di sondaggi e l’analisi di grandi mole di dati quantitativi non è stato un tabù (Pavanello 2010; Bernard & Gravlee 2014), ma senza dubbio, per le già menzionate ragioni di freddezza relazionale, sono molte le etnografie che fanno a meno di questi strumenti e cornici interpretative senza per questo inficiare la qualità delle analisi. Come spesso accade, l’opportunità di adottare o meno un dato strumento conoscitivo non può essere stimata attraverso un parametro universale, bensì deve essere valutata sulla base del contesto di studio, delle competenze dello studioso e della domanda scientifica alla quale si vuole rispondere (Bourdieu 1979, 2015; Olivier de Sardan 2007).
Non è un caso che i sondaggi e l’interpretazione dei dati quantitativi figurino come elementi essenziali del lavoro di antropologi e antropologhe impegnati in progetti di indagine applicativi, cioè analisi che mirano a promuovere un cambiamento positivo nella popolazione studiata attraverso la concertazione di un piano di intervento più o meno istituzionale. Ad esempio, nel suo libro Dancing Skeletons: Life and Death in West Africa, Katherine Dettwyler (1994) ha affrontato il tema della malnutrizione infantile in Mali considerando sia i fattori culturali ed economici osservati con una lente etnografica, sia elaborando i dati quantitativi quali età, peso, altezza e carenze nutrizionali dei bambini. In maniera analoga, Leo Chavez, nel suo studio The Latino Threat: Constructing Immigrants, Citizens, and the Nation (2008), ha combinato dati quantitativi derivanti da questionari con analisi qualitative di rappresentazioni mediali per esplorare come i latinos siano percepiti e rappresentati negli Stati Uniti.
In buona sostanza, per quanto il rapporto con gli interlocutori privilegiati possa essere di lungo corso, quotidiano, all’insegna della reciproca fiducia e foriero di analisi di estrema densità, in alcuni casi introdurre uno strumento quantitativo come il sondaggio anonimo può fruttare elementi di notevole interesse, generando anche ricadute positive sulla stessa qualità della ricerca.

La composizione di genere e per classi di età delle persone che hanno compilato il questionario anonimo “Aiutami a Studiare San Casciano dei Bagni, 4 minuti, 21 domande”
Insomma, un questionario anonimo a risposta secca può essere temperato per una ricerca qualitativa. In primo luogo, avere contezza del grado di diffusione di un dato punto di vista sul mondo può essere utile a migliorare la stessa profondità dell’analisi qualitativa. Immaginiamo infatti il caso di un interlocutore privilegiato che si faccia autore di una visione totalmente “fuori dagli schemi” rilevati dal sondaggio anonimo: a quel punto l’antropologa o l’antropologo potrà perfezionare la sua analisi proprio interrogandosi sulle ragioni socioculturali di un simile divario (sia considerando le diversità che le similitudini dei rispettivi soggetti). In secondo luogo, specialmente se l’area di riferimento è limitata e la popolazione target è composta da poche migliaia di unità, l’adozione di uno strumento come il sondaggio anonimo può generare ricadute positive anche nei termini dell’inclusività dell’indagine.
Come è noto, lavorando a stretto contatto con i propri interlocutori e con le proprie interlocutrici, il lavoro etnografico si adatta male al coinvolgimento di quelle persone che per varie ragioni (età, genere, professione, fede, credo politico, timidezza, diffidenza, antipatia, timore, carenza di tempo, incapacità di chi ricerca, eccetera) non riescono ad entrare in comunicazione con chi conduce la ricerca, anche se tali persone, giustamente, desidererebbero essere prese in considerazione. In questi casi, l’utilizzo dei questionari anonimi – soprattutto quelli online, che possono essere compilati autonomamente dai rispondenti – può parzialmente sopperire al problema. Certo, questi non possono sostituire la profondità delle informazioni tratte dalla frequentazione quotidiana, tuttavia sono convinto che il questionario anonimo non debba essere derubricato a semplice palliativo dell’osservazione partecipante. Piuttosto, il sondaggio anonimo si offre come strumento utile a svolgere alcune specifiche funzioni interpretative in ragione delle sue peculiari caratteristiche, tra le quali voglio menzionare soprattutto la sua natura “anonima”, “ambigua” o quantomeno “grigia”, specialità che può farlo diventare il canale privilegiato di un flusso di preziose informazioni altrimenti indicibili e incomunicabili persino dagli interlocutori e interlocutrici più fidate (per tale ragione è consigliatissimo l’inserimento nel sondaggio di una sezione aperta ai commenti liberi di chi compila). Inutile dire che l’inclusione di questi punti di vista nell’indagine etnografica, proprio perché si fanno carico di ascoltare anche le visioni più eterodosse e “luciferine”, anche laddove il ricercatore e la ricercatrice si trovi a non condividerle, favorisce l’attribuzione di una maggiore autorevolezza alle conclusioni della ricerca nei termini dell’emersione di un affresco ancora più dettagliato del contesto di studio. A questo occorre poi aggiungere che a guadagnare in autorevolezza vi è anche la persona che conduce un’inchiesta che si impegna a prendere sul serio, metodologicamente e senza pregiudizi, tutti i punti di vista che le vengono sottoposti. In questo caso, è curioso notare il completo ribaltamento del sondaggio da strumento freddo a vettore di informazioni a loro modo “scottanti” che arricchiscono l’indagine qualitativa.
A conclusione di questa introduzione generale, prima di passare all’analisi dei risultati del questionario che ho sottoposto a San Casciano dei Bagni (SI), voglio trattare il terzo e il quarto tema della mia riflessione, che per l’appunto riguarda l’aspetto più legato alla mia esperienza nell’ambito del progetto di ricerca finanziato dall’Università per Stranieri di Siena: “Memoria orale ed etica dell’archeologia a San Casciano dei Bagni”.
Mi riferisco al fatto che nella costruzione delle domande del questionario anonimo per San Casciano dei Bagni, il mio principale obiettivo è stato quello di ottenere una misurazione affidabile delle tendenze che avevo già rilevato attraverso l’indagine qualitativa; non ho dunque cercato di ottenere una rigorosa profilazione della popolazione residente nel comune di San Casciano dei Bagni, sia perché questa non è contemplata negli obiettivi della mia ricerca, sia perché le banche dati Istat offrono già informazioni dettagliate, ma anche perché avevo bisogno di proporre un sondaggio anonimo piuttosto compatto, che potesse essere compilato in pochi minuti e che soprattutto potesse facilitare la compilazione delle persone più anziane (magari attraverso l’aiuto dei più giovani). In questo senso, proprio sfruttando il carattere artigianale dell’etnografia, il processo di produzione del questionario, così come la fase successiva di interpretazione dei dati ottenuti, nonché la riflessione sui commenti in presa diretta dei compilatori che incontravo nella piazza del paese e che mi riferivano la loro esperienza – insieme all’autoriflessione sugli errori commessi in fase di modellamento del questionario – si sono rivelati tutti momenti ricchi di spunti per affinare la mia inchiesta.
In conclusione, voglio citare la quarta motivazione che mi ha spinto a considerare positivamente l’utilizzo di uno strumento come il questionario anonimo all’interno di una ricerca etnografica: mi riferisco al fatto che il senso di coinvolgimento generato dalla somministrazione del questionario – accolto dagli abitanti di San Casciano dei Bagni con un entusiasmo che mi ha gratificato e responsabilizzato – ha avuto anche il merito di generare un forte interesse per la mia ricerca e per i relativi frutti, proveniente anche da persone che, per mia negligenza, non ero riuscito a coinvolgere sufficientemente. Ringrazio dunque Dialoghi Mediterranei per aver accolto la mia preghiera di pubblicare questo articolo, col quale ho tentato di offrire uno dei primi frutti del lavoro di ricerca che sto svolgendo da circa 9 mesi. Spero che questo articolo possa almeno in parte iniziare a ripagare il tempo, la pazienza e la fiducia che mi hanno donato le persone che ho incontrato a San Casciano dei Bagni.
Il bozzetto percentuale di un paese
Il questionario anonimo “Aiutami a Studiare San Casciano dei Bagni (4 minuti, 21 domande)” è stato realizzato attraverso lo strumento Google Form e il link per la compilazione ha circolato sui social media Facebook, WhatsApp e Instagram mediante il sistema “a palla di neve”. Verosimilmente, una percentuale incalcolabile delle compilazioni degli anziani è stata facilitata da membri più giovani, abituati a utilizzare gli smartphone. È chiaro che il sondaggio può proporre dati soggetti a errori di sovra- o sottorappresentazione, così come è probabile che alcune domande abbiano ricevuto risposte socialmente desiderabili, nonostante la mia attenzione a garantire l’anonimato delle persone rispondenti. Tuttavia, il confronto con le questioni sperimentate sul campo getta luce su tendenze che vengono confermate dai dati del questionario, rimasto disponibile dal 14 novembre 2023 al 3 dicembre 2023.
Ricordando che tutte le cifre percentuali sono state arrotondate per difetto o per eccesso, il questionario è stato compilato da un totale di 207 persone: 129 femmine (62 %), 77 maschi (37 %), 1 non specificato (1 %). Le classi di età delle persone rispondenti sono così distribuite: 30 persone tra i 18-29 anni (14 %), 68 persone tra i 30-49 anni (32 %), 83 persone tra i 50-69 anni (40 %) e 26 persone con più di 70 anni (12 %).
Questa è la distribuzione dei luoghi di residenza delle persone rispondenti: 139 dal comune di San Casciano dei Bagni (il 67 % del totale dei rispondenti, numero suddivisibile a sua volta in 80 persone da San Casciano dei Bagni, 31 da Celle sul Rigo, 26 da Palazzone e 2 da Ponte a Rigo); 68 sono le persone residenti altrove (il 33 % del totale dei rispondenti) così suddivise: 29 da Roma, 15 da Siena e provincia, 8 da Firenze e provincia, 16 di provenienze varie (4 dai comuni confinanti, 2 da località estere).
Le persone che hanno affermato di vivere stabilmente a San Casciano dei Bagni per tutta la durata dell’anno sono state 117 (56 % dei rispondenti al questionario), 14 delle quali hanno affermato di vivere da sole (14 %), 39 in coppia (32 %), 29 in compagnia di altre due persone (25 %) e 35 in compagnia di tre o più persone (30 %). Da questi dati emerge il ritratto di una popolazione con un modello residenziale equamente distribuito su due grandi tipologie: da un lato gli individui che vivono da soli o in coppia (46 %), dall’altro lato piccoli nuclei composti da tre o più individui (54 %). Ciò detto, non essendo in grado di distinguere i rispondenti che hanno compilato il questionario insieme ad altri membri dello stesso nucleo abitativo – generando un potenziale aumento nella cifra delle persone che vivono in nuclei di più di tre individui – suggerirei di prendere con maggiore cautela quest’ultimo dato (specialmente perché l’esperienza e le narrative raccolte sul campo mettono l’accento sulla realtà del dato della solitudine degli anziani e delle coppie di anziani).
Infatti, tra le 117 persone che hanno dichiarato di vivere stabilmente nel comune di San Casciano dei Bagni, quelle nella fascia sopra i 50 anni sono il 43 %. Il 66 % dei residenti stabili sopra i 50 anni ha dichiarato di vivere in solitudine (18 %) o in coppia (48 %). Tra le persone over 50 che hanno compilato il questionario è molto raro il caso di individui che vivono in nuclei composti da più di tre individui (4 %). Il 39 % delle persone nella fascia di età tra i 18 e i 49 anni ha dichiarato di vivere in nuclei abitativi con più di tre componenti (si tratta del 23 % dei residenti stabili).
Questi dati confermano la diffusione di una forte esperienza della solitudine che interessa soprattutto gli anziani. A tal proposito vorrei citare una risposta non strutturata ricevuta sulla domanda “Quale è il periodo migliore per vivere a San Casciano dei Bagni?”. La persona rispondente ha dichiarato: “Quando non piove e puoi trascorrere in piazza il tempo libero a chiacchiere con i compaesani”.
È in questo senso che mi sembra opportuno leggere il malcontento per la stagione invernale – 30 le persone oltre i 50 anni che l’hanno indicata come il periodo peggiore dell’anno (60 % del totale) – e viceversa la marcata preferenza per la stagione estiva (40 %) o per il periodo dei funghi (14 %). Due momenti che a San Casciano dei Bagni, così come nella stragrande maggioranza delle cosiddette aree interne o in via di spopolamento (De Rossi 2018; Broccolini 2019; Tiragallo 2020; Teti 2004, 2001, 2022), permettono alle persone di godere di condizioni climatiche più favorevoli alla socializzazione all’aperto, all’incontro con i villeggianti e agli eventi come sagre e competizioni festose come la Festa del Vino di Palazzone, il Palio di San Cassiano o il gioco del cacio di Celle sul Rigo nella sua versione estiva (Meloni 2014).
Oltre a questo, sono convinto che tali momenti dell’anno risultino maggiormente apprezzati dagli over 50 di San Casciano dei Bagni, specialmente perché rappresentano la cornice nella quale prendono forma caratteristiche modalità di appropriazione degli spazi della campagna e del bosco (Meloni 2023). L’attenzione certosina che i sancascianesi rivolgono ai loro orti e il circuito di relazioni di amicizia e reciprocità che si dipana proprio lungo la distribuzione dei frutti di questi “giardini”, insieme ad analoghe forme di distribuzione e condivisione dei funghi, disegnano un ventaglio di pratiche che sembrano rivendicare uno spazio di azione e di libertà all’interno di quei territori che, pochi decenni fa, durante l’epoca della mezzadria, erano fonte di improcrastinabili incombenze, obblighi umilianti e forme di estremo sfruttamento (Clemente 1980; Clemente, Li Causi & Mugnaini 1987; Clemente, P. 1991; Li Causi 1993; Contini 2008; Mugnaini 2016). A rendere apprezzate e godibili tali forme di impegno fisico e intellettuale è proprio la libertà che oggigiorno queste persone hanno di poter coltivare, raccogliere, vendere, donare e distribuire secondo una libera scelta, non vincolata da contratti capestro né soggetta al parere di un fattore autoritario o di un proprietario opprimente. Si tratta proprio di scegliere di investire del tempo in un’attività che è “un passatempo” e che, allo stesso tempo, produce frutti concreti e condivisibili mediante l’applicazione di conoscenze che sono parte della memoria contadina personale o, quantomeno, del gruppo familiare.
In questo senso, i dati sui ricordi familiari riguardanti la mezzadria restituiscono una serie di tendenze di estremo interesse. Dei 117 residenti stabili, ben 70 hanno indicato l’epoca della mezzadria come la sorgente maggioritaria della memoria familiare (il 60% del totale). Se si considera esclusivamente la classe di età over 50, si ha invece una proporzione del 42%, mentre nella classe di età 30-49 anni la percentuale sale al 63% e nella classe 18-29 anni scende nuovamente al 50%. Come spiegare queste differenze?
Si tratta di oscillazioni contenute che, tuttavia, sembrano descrivere l’evoluzione dei temi della memoria culturale a San Casciano dei Bagni. La generazione più anziana ha vissuto la fase dell’oblio della vita nei poderi, avendone sperimentato le sofferenze sulla propria pelle (rimando all’articolo di Mugnaini 2016 per un’estesa panoramica bibliografica sul fenomeno della mezzadria). La generazione 30-49 anni, invece, ha patrimonializzato e narrato quelle esperienze secondo un registro anche piuttosto idealizzato (Dei 2006; Meloni 2014, 2023; Scarpelli 2020). Infine, la generazione dei giovani adulti sembra cominciare a esprimere la necessità di trovare un nuovo registro patrimoniale. Come afferma Bausinger (2008), c’è sempre bisogno di estraniarsi dalla propria cultura per poi sentire la voglia di riprenderla in mano.
In tal senso, il dato sulla ricerca e raccolta di funghi descrive un cambiamento generazionale analogo, riguardante i modi di percepire e usare il territorio comunale degli abitanti residenti di San Casciano dei Bagni. Innegabilmente, le osservazioni e i colloqui fanno emergere questa attività come uno dei marcatori più potenti dell’identità locale. Tuttavia, guardata attraverso la lente del questionario anonimo, la ricerca dei funghi risulta quasi assente tra le preferenze delle generazioni nate dopo il 1994. Infatti, tra le 16 persone residenti stabili che hanno dichiarato di preferire la stagione dei funghi a qualsiasi altra stagione dell’anno a San Casciano dei Bagni, vi è solo una persona nella classe di età 18-29 anni (4% della propria classe di età), mentre ve ne sono 8 nella classe 30-49 anni (17% della propria classe di età) e 7 tra le persone con più di 50 anni (14% della propria classe di età). Ma allora quali sono le preferenze dei 22 giovani/adulti nella fascia 18-29 anni che hanno dichiarato di essere stabilmente residenti a San Casciano dei Bagni? Il 72 % di queste persone preferisce la stagione delle sagre estive rispetto a tutte le altre e riguardo alla domanda su dove desidererebbero avere la seconda casa, il 36 % dei rispondenti ha indicato città come Roma, Firenze e Milano (l’unica classe di età che menziona il capoluogo lombardo), il 27 % ha invece indicato una località estera, il 18 % ha indicato una meta sul mare o su un lago in Italia, mentre solo in un caso una persona ha espresso la preferenza di poter avere una seconda casa nel comune di San Casciano dei Bagni (4 %). Significativamente questa classe di età non menziona la città di Siena e su questo aspetto tornerò più avanti.
Nella fascia over 50, il 14 % dei residenti stabili ha dichiarato – anche con una certa enfasi – di non desiderare una seconda casa altrove se non a San Casciano dei Bagni; mentre nella fascia 30-49 anni la percentuale delle persone che vorrebbe possedere una seconda casa a San Casciano dei Bagni torna nuovamente al 4 %. Notevoli le percentuali di coloro che nella fascia 30-49 anni vorrebbero una seconda casa all’estero (23 %) e quella di coloro che invece la vorrebbero a Roma (11 %), Firenze (11 %) o Siena (8%).
Le indicazioni riguardanti i cambiamenti culturali subiti dal paese negli ultimi cinquant’anni possono fornirci qualche indizio in più sulle preferenze dei giovani adulti riguardo alla loro volontà di restare a vivere nel posto dove sono cresciuti. L’86 % dei giovani adulti di 18-29 anni ha definito San Casciano dei Bagni di cinquant’anni fa un paese di operai e contadini. Tale caratterizzazione rurale, seppur con la percentuale diminuita al 36 %, continua a essere la definizione maggioritaria del paese anche nel tempo presente (per il 18 % di questi giovani adulti San Casciano dei Bagni è un paese culturale e per il 27 % è un paese di proprietari e imprenditori). Si tratta di una definizione che ci restituisce la percezione di un contesto caratterizzato da un’identità rurale che i giovani adulti non sembrano accogliere volentieri.
In buona sostanza, i giovani adulti di San Casciano dei Bagni faticano a trovare spazio e ad avanzare una loro proposta culturale all’interno di un contesto già piuttosto saturo di tradizioni e patrimoni culturali d’ispirazione contadina o che si richiamano, subordinandosi più o meno implicitamente, al potente dispositivo del Palio di Siena (Meloni 2014; Trupiano, Ventura & Villanucci 2024). A dimostrazione di questo disinteresse dei giovani adulti per la “sienificazione” del patrimonio culturale locale – un processo qui ben rappresentato dall’annuale palio di San Cassiano, dal palio del Cacio di Celle sul Rigo e dal paesaggio da cartolina della confinante Val d’Orcia – mi sembra assai indicativo che nella fascia 18-29 anni nessuno abbia espresso la volontà di avere una seconda casa a Siena, mentre nella fascia 30-49 anni la seconda casa a Siena ha registrato l’8 % delle preferenze e il 4 % in quella over 50 anni.
In generale, al di là della distanza spaziale spesso menzionata dagli anziani, mi sembra opportuno sottolineare che a San Casciano dei Bagni la città di Siena venga avvertita come una realtà lontana e fredda rispetto al grado di attrazione esercitato da Roma o da Firenze. Per questa ragione il dato della classe 30-49 anni che esprime la volontà di possedere la seconda casa a Siena deve considerarsi, a mio parere, frutto specifico della forza attrattiva generata dalla celebrazione di Siena, del suo caratteristico paesaggio e del suo patrimonio verificatasi negli ultimi tre decenni (Dei 2006; Meloni 2014). Si tratta di un’ipotesi confermata anche dai dati riguardanti le preferenze per una eventuale seconda casa dei residenti stabili. In questo senso è ancora la classe d’età 30-49 anni a guardare con interesse alle località della provincia di Siena circonvicine. Colpisce molto la mancata menzione di centri importanti di tutta l’area come Perugia, Chiusi e Acquapendente (località molto menzionate e frequentate dai miei interlocutori e dalle mie interlocutrici di San Casciano dei Bagni), mentre sono state espresse delle preferenze per Sarteano (ben 10 % nella classe 30-49 anni; 4 % nella classe over 50), Città della Pieve (6 % nella classe 30-49 anni) e Cetona (4% nella classe 30-49 anni). Si tratta di scelte peculiari di questa classe d’età intermedia, la quale sembra anteporre i criteri estetico-simbolici alla concretezza delle ragioni di ordine logistico economico (è probabile che la natura anonima del questionario abbia accentuato questa tendenza a cercare il blasone più che gli standard di una vita comoda benché ordinaria).
Se dunque la decisione dei giovani adulti di restare o andare via dipende anche dalla possibilità di reinterpretare e modellare la cultura locale secondo dei temi che loro trovano significativi (De Rossi 2018; Broccolini 2019; Tiragallo 2020; Teti 2022), è possibile immaginare che la comunità di San Casciano dei Bagni possa trovare giovamento nell’individuazione e nell’interpretazione di un patrimonio nuovo e “del tutto locale” come quello offerto dalla disciplina archeologica e dalle scoperte del Bagno Grande (le attività della locale associazione archeologica, dalle origini fino ai giorni nostri, vanno in questa direzione).
In tale quadro anche le preferenze della classe di età 30-49 e over 50 disegnano la percezione di un cambiamento abbastanza marcato che sta attraversando la comunità locale grazie alla scoperta dei cosiddetti Bronzi di San Casciano. Tra le 45 persone residenti stabili nella classe di età 30-49 anni, il 93 % ha indicato nella San Casciano dei Bagni di cinquant’anni fa un paese di operai e contadini, mentre nel presente la definizione si gioca essenzialmente tra paese della cultura (33 %) e paese di operai e contadini (31 %). La definizione di paese di proprietari e imprenditori segue a debita distanza (5 %).
Nelle classi di età con più di 50 anni, l’85 % ha indicato nella San Casciano dei Bagni di cinquant’anni fa un paese di operai e contadini ma nel presente la definizione maggioritaria è impostata su paese della cultura (34 %). Più contenuti i numeri di paese di operai e contadini (17 %) e paese di proprietari e imprenditori (17 %).
A dimostrazione che il patrimonio archeologico venga qui paradossalmente percepito come un patrimonio “nuovo”, il questionario anonimo restituisce dati con percentuali inequivocabili. Il 61 % dei residenti stabili ha dichiarato che a San Casciano dei Bagni si presta attenzione all’archeologia a partire dalle scoperte del Bagno Grande nel 2020, il 15 % ha dichiarato che ci si presta attenzione da sempre e il 12 % che ci si presta attenzione dagli anni Novanta. Riguardo alla domanda su quanto si debbano considerare importanti i resti archeologici nel territorio di San Casciano dei Bagni, i 117 residenti stabili hanno così risposto: il 45 % ha dichiarato che i resti archeologici sono molto importanti per la comunità, il 25 % ha dichiarato che i resti sono essenziali per la comunità, il 16 % ha dichiarato che sono abbastanza importanti e solo l’1 % ha dichiarato che i resti archeologici sono poco importanti.
A questo punto, volgiamo lo sguardo alle persone che hanno risposto al questionario anonimo ma che hanno dichiarato di non vivere stabilmente a San Casciano dei Bagni. Vediamo sinteticamente di comprendere chi sono, da dove vengono e cosa ci vedono in questa località.
Sono 42 le persone che hanno dichiarato di vivere solo alcune settimane all’anno nel territorio comunale di San Casciano dei Bagni (16 maschi e 26 femmine), l’11 % di questi fa parte della classe di età 18-29 anni, il 14 % della classe over 70, il 23 % della classe 30-49 anni mentre con il 50% la classe 50-69 anni è quella più rappresentata. Tra le località di provenienza di queste persone la città di Roma è quella più rappresentata (40 %). Si tratta di un dato probabilmente influenzato dall’intenza migrazione verificatasi tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta (a San Casciano dei Bagni la presenza di Roma e di romani è un tratto caratteristico della vita quotidiana i cui effetti meriterebbero una trattazione a parte). A Roma segue Firenze (19 %) e poi altre località varie indicate come luogo di residenza dei rispondenti. Il 40 % di queste persone possiede o vorrebbe avere la propria seconda casa a San Casciano dei Bagni mentre se si guarda alla percezione del cambiamento della comunità, il dato è ancora più netto rispetto a quello che fanno emergere i residenti stabili. Infatti, il 95 % dei rispondenti descrive la comunità di cinquant’anni fa come un paese di operai e contadini mentre nel tempo presente il 40 % dei rispondenti indica San Casciano dei Bagni come il paese della cultura. Si noti la ricorrenza della percentuale 40 % che mi sembra debba essere messa in relazione con la percentuale dei romani. Infatti, si consideri quanto questi ultimi abbiano presumibilmente grande dimestichezza col blasone conferito dal passato archeologico e abbiano dunque buon gioco nel proiettare la loro sensibilità di romani sul contesto di San Casciano dei Bagni (tra l’altro l’incontro tra Etruschi e Romani è uno dei temi più ricorrenti dell’archeologia a San Casciano dei Bagni).
Indagando i riferimenti della memoria di famiglia di queste persone non stabili, è interessante notare che solo il 33 % dei rispondenti ha indicato l’epoca della mezzadria come la sorgente principale delle memorie (ricordo che per i residenti stabili è il 60 %) e l’11 % ha indicato come del tutto assenti le memorie di famiglia relative all’epoca della mezzadria (per i residenti stabili è il 3 %). Si tratta di numeri che ci restituiscono a grandi brani una serie di differenze antropologiche cruciali che, come detto, possiamo poi osservare anche nell’importanza che i residenti non stabili conferiscono alle risorse archeologiche. Probabilmente affrancati dai vincoli del senso di appartenenza avvertito dai residenti stabili, i quali faticano ad accettare come essenziale un patrimonio “giovane” come quello archeologico appena scoperto – del resto è essenziale tutto ciò a cui non si può rinunciare – i residenti temporanei indicano come essenziali i beni archeologici della comunità con la notevole percentuale del 42 %. Un altro 45 % dei rispondenti li indica invece come molto importanti, il 14 % come abbastanza importanti e infine l’1 % li definisce poco importanti.
Riguardo all’individuazione del momento in cui le risorse archeologiche vengono poste al centro degli interessi locali, il 59 % lo individua nella scoperta dei Bronzi del Bagno Grande del 2020 (i residenti stabili esprimono una cifra pressoché identica, 61 %), il 28 % afferma che i resti archeologici qui si sono sempre considerati importanti (i residenti stabili si attestano al 15 %) e il 7 % individua l’origine dell’interesse negli anni Novanta (i residenti stabili sono al 12 %).
In conclusione, mettiamo in luce le tendenze delle persone che hanno risposto al questionario anonimo riferendo di trascorrere solo pochi giorni dell’anno a San Casciano dei Bagni.
Si tratta di 25 persone (14 femmine e 11 maschi) con un 8% di origine straniera. Questa la distribuzione per classi di età: 18-29 anni 4 %, 30-49 anni 20 %, 50-69 anni 64 % e 12 % per gli over 70. Il 28 % delle persone rispondenti proviene da Roma e il 56 % di queste possiede o vorrebbe avere la seconda casa nel comune di San Casciano dei Bagni. Il 36 % dei rispondenti ha affermato di avere la mezzadria come fonte principale dei ricordi di famiglia, mentre il 28 % ha affermato di non avere alcuna memoria di questo tipo. La stagione favorita da queste persone è sicuramente l’estate (40 %), segue la stagione della raccolta dei funghi (24 %); il 12 % ha invece affermato di non avere preferenze stagionali per stare bene a San Casciano dei Bagni. Il 60 % dei rispondenti ha individuato nell’inverno la stagione peggiore per stare a San Casciano dei Bagni ma il dato più curioso è quello delle persone che hanno invece dichiarato di non apprezzare l’estate per stare in questo paese (16 %, per i residenti stabili la percentuale è del 2 %).
Proprio perché espressione del punto di vista di persone che frequentano San Casciano dei Bagni, con assiduità ma per poco tempo, i dati appena menzionati potrebbero riferirsi alla volontà di individuare un criterio distintivo rispetto a quella fase dell’anno – l’estate – durante la quale si assiste all’incremento del flusso di turisti veri e propri. Ciononostante, mi sembra assai degno di nota osservare che questo genere di visitatori temporanei di San Casciano dei Bagni abbia posto in gran conto il patrimonio archeologico locale. Le percentuali sul tema esprimono delle tendenze più che nette: il 48 % dei rispondenti ha dichiarato che i resti archeologici sono molto importanti per la comunità di San Casciano dei Bagni, il 40 % ha dichiarato che questi sono essenziali e il 12 % ha dichiarato che sono abbastanza importanti; nessuno ha risposto che i beni archeologici sono poco importanti (0 %).
Alcune conclusioni provvisorie
In questo articolo ho tentato di restituire agli abitanti di San Casciano dei Bagni almeno una parte dei dati che ho raccolto attraverso un questionario anonimo online, che è circolato attraverso i social e con il sistema “a palla di neve”. La selezione dei dati da descrivere e interpretare è stata guidata dalla ricerca di tendenze che naturalmente necessiteranno un approfondimento etnografico maggiormente ponderato. Spero però che i dati qui presentati possano essere utili anche alla riflessione delle persone che vivono o attraversano il territorio e i centri di questo comune della provincia di Siena. In ogni caso, mi auguro che il presente articolo possa offrire anche lo spunto per una discussione comune. Ne sarei molto felice e interessato.
Dai dati raccolti emerge un quadro che sintetizza la complessità e la stratificazione della comunità di San Casciano dei Bagni. La popolazione residente stabile mostra una forte componente di over 50, con una significativa percentuale di persone che vivono da sole o in piccoli nuclei familiari, evidenziando un’esperienza diffusa di solitudine che affligge specialmente gli anziani. L’inverno è percepito come la stagione più critica, mentre l’estate e il periodo dei funghi sono associati a momenti di socialità e riappropriazione del territorio.
Le generazioni più giovani sembrano vivere un distacco rispetto alle tradizioni contadine e alle pratiche legate al rapporto col territorio. Questi sembrano preferire attività e valori più urbani o internazionali, probabilmente in virtù del potere esercitato dai social media (che tra l’altro non sono gli unici ad utilizzare approfonditamente).Tuttavia, la scoperta dei Bronzi di San Casciano e l’interesse crescente per il patrimonio archeologico rappresentano un’opportunità per ridefinire l’identità culturale locale in una chiave più inclusiva, capace di attrarre anche il coinvolgimento dei giovani adulti, così come l’interesse dei più anziani nei termini di un patrimonio culturale che risponde a quel desiderio di vedere ripopolato il paese da tanti giovani (di studiosi di archeologia ma anche di altre tipologie di giovani).
Contemporaneamente, il ricordo dell’epoca della mezzadria continua a essere un elemento centrale della memoria collettiva locale, sebbene con connotazioni diverse tra le generazioni e secondo modalità non sempre esenti da conflittualità. Mentre gli anziani tendono a ricordarla come un periodo umiliante di difficoltà e privazioni, le generazioni intermedie la reinterpretano in chiave patrimoniale. Dal canto loro, i giovani adulti sembrano intenti a cercare di creare dei nuovi registri per elaborare la loro eredità culturale, anche ricorrendo a chiavi interpretative che si discostano dalla forza connotata e connotante di una città come Siena, il suo patrimonio paesaggistico e il suo Palio. In questo quadro, senza dubbio, la forza attrattiva esercitata da Roma svolge un ruolo centrale e non solo per quanto riguarda le giovani generazioni. Le relazioni con la capitale sembrano svolgere un effetto decisivo anche nell’ottica della ridefinizione e domesticazione del nascente patrimonio archeologico. Si tratta di un processo che suggerisce un contrasto tra la percezione interna e quella esterna della comunità che tuttavia, ne sono convinto, non deve essere ingigantito. Semplicemente, i “nuovi arrivati” – ammesso e non concesso che siano tali – sembrano più abituati ad accettare le risorse archeologiche come elementi distintivi del territorio, magari proprio in virtù di quell’affrancamento dalla traumatica e turbolenta memoria della mezzadria nella quale invece molti abitanti locali sembrano ancora profondamente calati (fattore doloroso ma non necessariamente nocivo per il clima culturale locale, il tema merita una trattazione a parte).

Gli appezzamenti agricoli a valle di San Casciano dei Bagni. Sullo sfondo Celle sul Rigo e Radicofani (ph. Fulvio Cozza)
In conclusione, i dati evidenziano una comunità impegnata in una trasformazione in corso, sospesa tra la valorizzazione delle proprie radici contadine e la costruzione di un’identità contemporanea più in linea con le tematiche stimolate dall’archeologia (le aspettative e gli auspici riguardanti il museo di San Casciano dei Bagni che ospiterà i Bronzi sono al centro della maggioranza dei commenti anonimi ricevuti nel questionario). Effettivamente, il patrimonio archeologico può giocare un ruolo centrale nel creare connessioni significative tra le diverse generazioni e tra residenti stabili e quelli solo temporanei, specialmente perché il racconto dei Bronzi di San Casciano dei Bagni si riferisce alle tematiche del contatto e della condivisione culturale tra Etruschi e Romani, ma tratta anche la sempre attuale riflessione sulla caducità della vita e sull’interpretazione del futuro. Tale processo di patrimonializzazione richiede attenzione alle dinamiche locali e un approccio partecipativo che includa le voci di tutte le fasce di popolazione, di tutti i centri abitati, e soprattutto delle giovani generazioni che forse, oltre alla fondamentale presenza di impieghi, servizi e alloggi, hanno anche bisogno di individuare una missione culturale significativa che ne indirizzi la loro “restanza”.
Dialoghi Mediterranei, n. 71, gennaio 2025
Riferimenti bibliografici
Bausinger, H. 2008, Vicinanza estranea. La cultura popolare fra globalizzazione e patria, Pisa: Pacini Editore.
Bernard, H. R., & Gravlee, C. C. (Eds.). 2014, Handbook of Methods in Cultural Anthropology, Lanham: Rowman & Littlefield.
Bourdieu, P. (a cura di) 2015, La miseria del mondo, Milano: Mimesis Edizioni.
Bourdieu, P. 1979, La distinction: Critique sociale du jugement, Paris: Les Éditions de Minuit
Broccolini, A., 2019, Ripensare l’osso e la polpa. Uno sguardo antropologico su “Riabitare l’Italia”, “Dialoghi Mediterranei”, n. 38.
Chavez, L. R. 2008. The Latino Threat: Constructing Immigrants, Citizens, and the Nation. Stanford: Stanford University Press.
Clemente, P. 1980, I “selvaggi” della campagna toscana: note sull’identità mezzadrile nell’Ottocento e oltre, in Clemente, P., Coppi M., Fineschi G., Fresta M., Pietrelli, V. (a cura di), Mezzadri, letterati e padroni, Palermo: Sellerio: 17-124.
Clemente, P. 1991, Le lotte contadine: i mezzadri tra resistenza e attrazione della modernità. Antropologi e mezzadri, in Ballini, L., Loti, L., Rossi, M. G. (a cura di), La Toscana nel secondo dopoguerra, Milano: Franco Angeli.
Clemente, P., Li Causi, F., Mugnaini, F., (a cura di), 1987, Il mondo a metà. Sondaggi antropologici sulla mezzadria classica, in «Annali Istituto Alcide Cervi», Bologna, Il Mulino.
De Rossi A. (a cura di), 2018, Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste, Roma: Donzelli.
Dei, F., 2006, Luoghi e pratiche della memoria del Novecento senese, in Detti T. (a cura di), La terra dei musei. Paesaggio arte storia del territorio senese, Firenze: Giunti: 182-201.
Dettwyler, K. A. 1994, Dancing Skeletons: Life and Death in West Africa, Prospect Heights: Waveland Press.
G. Contini, 2008, Aristocrazia contadina. Sulla complessità della società mezzadrile, fattoria, famiglie, individui, Pistoia: Gli Ori.
Geertz, C. 1988, Interpretazione di culture, Bologna: Il Mulino.
Li Causi, F., 1993, Il Partito a noi ci ha dato! Antropologia politica di una sezione comunista senese nel dopoguerra, Siena: Laboratorio Etnoantropologico.
Meloni, P., 2014, Il tempo rievocato. Antropologia del patrimonio e cultura di massa in Toscana, Milano: Mimesis.
Meloni, P., 2023, Nostalgia rurale. Antropologia visiva di un immaginario contemporaneo, Milano: Meltemi.
Mugnaini, F., 2016, La storia di Mario. Etnografia dell’incontro con “L’ultimo mezzadro del Chianti” tra abbandono e patrimonio, “Lares”, 3, LXXXII: 391-410.
Olivier de Sardan, J.-P., 2008, Antropologia dello sviluppo, Milano: Raffaello Cortina Editore.
Pavanello, M. 2010, Fare antropologia. Metodi per la ricerca etnografica, Bologna: Zanichelli.
Scarpelli, F. 2020, La memoria del territorio. Patrimonio culturale e nostalgia a Pienza, Pisa: Pacini Editore.
Teti V., 2004, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Roma: Donzelli.
Teti V., 2011, Pietre di pane. Un’antropologia del restare, Macerata: Quodlibet.
Teti V., 2022, La restanza, Torino: Einaudi.
Tiragallo, F., 2020, Lo spopolamento e il costruito. Altre note antropologiche su “Riabitare l’Italia”, “Dialoghi Mediterranei”, n. 42.
Trupiano V., Ventura L., Villanucci A. (a cura di) 2024, Palio 365. Un progetto di tutela partecipata, Arcidosso: C&P Adver Effigi.
__________________________________________________________________________________
Fulvio Cozza, PhD in Antropologia culturale ed Etnologia presso la Sapienza Università di Roma, è assegnista di ricerca presso l’Unistrasi – Università per Stranieri di Siena nell’ambito del progetto “Memoria Orale e Etica dell’Archeologia a San Casciano dei Bagni”. I suoi studi riguardano l’antropologia della vita quotidiana, le pratiche archeologiche, i patrimoni culturali e il senso dei luoghi.
______________________________________________________________
