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“Bla, Bla, Bla”. Le sillabe di una rivoluzione

discorso-gretadi Luigi Lombardo

La figura di Greta Thumberg appare quasi d’improvviso, inaspettata, dirompente nell’immobilismo delle nazioni sul tema cruciale dell’ambiente e del riscaldamento globale. Greta viene rappresentata subito come una persona inquietante: nessuno mai aveva visto una adolescente dalle fattezze di una ragazzina parlare così nettamente e agire così in modo tanto deflagrante contro l’establishment. Il potere, in particolare certa stampa, corre ai ripari e subito Greta viene indicata come affetta da sindrome di Asperger, che sarebbe all’origine dei suoi comportamenti, il solito e goffo modo di esorcizzare sminuendo il pericolo incombente. Lei, di converso, è chiara, lapidaria: 

«Ciò che speriamo di ottenere da questa conferenza è di comprendere che siamo di fronte a una minaccia esistenziale. Questa è la crisi più grave che l’umanità abbia mai subito. Noi dobbiamo innanzitutto prenderne coscienza e fare qualcosa il più in fretta possibile per fermare le emissioni e cercare di salvare il salvabile». 

Invitata, osannata, invocata, parla nei maggiori consessi mondiali sul clima e si spera di coinvolgerla in qualche modo in commissioni di lavoro, smorzando la portata rivoluzionaria delle sue parole e del suo comportamento. Ai potenti della terra si rivolge senza mezzi termini, con i toni e gli accenti di un’invettiva: 

«È tutto sbagliato. Non dovrei essere quassù. Dovrei essere tornata a scuola dall’altra parte dell’oceano. Eppure, voi tutti venite da noi giovani per la speranza. Come osate? Voi avete rubato i miei sogni e la mia infanzia, con le vostre parole vuote! Eppure io sono una delle fortunate. La gente soffre. La gente muore. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di una estinzione di massa, e tutto ciò di cui potete discutere sono i soldi, e le favole di una eterna crescita economica! Come osate? Da oltre 30 anni la scienza è stata chiara, cristallina: come osate continuare a guardare da un’altra parte? [...] Voi ci state deludendo. Ma i giovani hanno cominciato a capire il vostro tradimento. Gli occhi di tutte le future generazioni sono su di voi e, se sceglierete di tradirci, vi dico che non vi perdoneremo mai. Non vi lasceremo andare così. Proprio qui, proprio ora, tracciamo il confine. Il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no». 

Si arriva all’ultima conferenza sul clima, la COP26 ospitata dal governo britannico a Glasgow, in partnership con l’Italia. Naturalmente Greta è invitata d’onore. Si spera di convincere lei e il vasto movimento globale per il clima che si stanno facendo tutti gli sforzi per avviare il cambiamento di rotta. La discussione arriva al punto nodale: frenare lo sviluppo vertiginoso delle economie emergenti e di quelle più ricche: decrescere, come ha già scritto Latouche.

In due pubblicazioni Greta ha illustrato il senso della sua battaglia. Una mi sembra assai premonitrice del suo futuro atteggiamento: Nessuno è troppo piccolo per fare la differenza [1]. Ecco prefigurato il tema di questo mio intervento: il tema “troppo piccolo”, dell’innocente, che lungi dal lasciarsi intimorire fa ricorso alle armi intrinseche alla sua essenza: fragile e forte, piccolo e grande.

A Glasgow tutti aspettano il discorso di Greta, il rito della sua presenza dirompente deve aver luogo. Ma così non è perché la ragazza risponde con un suono ripetuto a mo’ di filastrocca:
commenti-social«BLA, BLA, BLA». Niente parole ma suoni, sillabe scandite, forti, assolute. E queste “parole” rivolte ai potenti della terra riconduce alla “parola senza giri di parola”, all’essenziale, a una comunicazione di base, quasi primordiale, che non articola discorsi ma semplici suoni, che tutti intendono, ma che fanno sobbalzare: esse sono al di qua della comunicazione, sono parole pure quasi prosciugate, elementarizzate, astratte, che ci ricordano suoni e gesti mimetici dell’infanzia, come la boccaccia, lo sberleffo o certi toni che esprimono sfregio, irrisione, canzonatura, dileggio.

Un “linguaggio” fanciullesco, dunque, fatto di suoni rudimentali, di gesti primitivi, di parole che negano l’articolazione fondamentale del linguaggio. Una modalità che è data solo ai fanciulli o ai “pazzi”. Ed ecco che questa forma di comunicazione della ragazza innesca nel nostro orizzonte il tema mitico del trickster, del monello, del personaggio delle favole che con le sue parole-non parole, i suoi gesti irritanti e sorprendenti sconvolge il comune sentire delle comunità, le mette in crisi, diventa linguaggio clamorosamente “rivoluzionario”.

Così Greta non è più Greta: in lei sembrano convergere una molteplicità di temi mitici che ruotano attorno al tema fondativo del fanciullo, a volte saggio, a volte scapestrato, a volte sciocco (apparentemente), in grado di disvelare, decostruire e stravolgere ordini riconosciuti e assetti consolidati.

Ci viene in mente il noto racconto del re nudo, che per essere conosciutissimo, non riporto. Ricordo però che una variante siciliana del racconto, da me raccolta, vede protagonista non il ragazzo, ma Giufà in persona, che da “sciocco” ci pone dinnanzi all’essenza delle cose, la verità. L’ambiguità di Giufà è poi la sua forza, la sua arma vincente. Nella favolistica mediterranea egli era ritenuto un mago e un sapiente, ma, al contempo, un lucchignu, nu babbu: siamo in presenza di una estrema contraddittorietà che avvicina il nostro Giufà a certe figure che gli antropologi hanno racchiuso nella categoria del trickster, comune a tutte le culture umane: cioè bricccone.

Ma vediamo quali sono, secondo l’antropologa Silvana Miceli, le caratteristiche e le qualificazioni del trickster. 

«Quella di essere un violatore di tabu o di norme e regole sociali, ciò implica e presuppone che di caso in caso … egli viola quelli che una determinata società istituisce come tabù o quelle regole e quelle norme che sono regole e norme di una certa società … ciò che conta è che il trickster sia riconosciuto anomalo, violatore, trasgressore rispetto alle norme delle società in cui si raccontano le sue gesta … c’è un modo di  per caratterizzare la figura del trickster sinteticamente che è proprio quello della sua complessa contraddittorietà […]» [2]. 

greta-1-1170x720Un trickster è un demiurgo, un folle nume che si muove in una zona sempre liminare fra il bene e il male, fra la norma e la sua trasgressione, più vicino a quella forma di “scomunicazione” che è anche del primo Gesù del Protovangelo di Giacomo, che molto ha del birbante, del monello-saggio, che osa sfidare gli anziani del Sinedrio, infrangendo ogni regola, la stessa che Greta ha osato violare sbeffeggiando i potenti della terra.

E tale appare, dunque, Greta: come colei che squarcia il velo dell’evidenza e lo fa con le armi della comunicazione infantile, un gesto, un suono, una espressione, di cui tutti almeno una volta hanno fatto uso, ma solo tra pari, tra bambini, tra adolescenti: Greta ha con tre sillabe messo a tacere il “Sinedrio bizantino” che discute del sesso degli angeli, i cancellieri, i gendarmi, i plenipotenziari della politica mondiale.

L’etnografia europea ci offre vari esempi di figure di bambini in certo senso fuori degli schemi. In Italia e in Sicilia in particolare uno dei riti più interessanti, di cui è protagonista un bambino, è l’antichissimo rito dell’Episcopello. Come si sa i Santi Martiri Innocenti sono i bimbi fatti trucidare da re Erode, per eliminare il neonato Gesù, re dei Giudei. In questa festa che si svolgeva il 28 dicembre, a Catania nei secoli XV e XVI era consuetudine vestire durante la messa i chierici più piccoli per età con i paramenti vescovili, portandoli in giro per la chiesa in processione: questi ragazzi erano chiamati piscopelli. Si tratta di una sorta di cerimonia di inversione rituale a fini satirici, un rito “carnevalesco”, che origina forse dai Saturnalia romani [3].

Di recente in televisione abbiamo assistito a una esilarante scenetta, protagonista papa Francesco e un ragazzino, che non solo toglie e calza il copricapo del Santo Padre, ma siede accanto a lui (ma penso che avesse in mente di sedere sul trono dei Papi, e forse Francesco glielo avrebbe concesso): un papa di tradizione mai avrebbe concesso simile liceità, ma Francesco è altra cosa e sa il valore e forse anche il significato recondito di quel gesto di cedere a un bimbo uno dei simboli del potere papale, memore della massima evangelica: «lasciate che i bambini vengano a me».

A pensarci bene, a fronte delle prospettive apocalittiche che minacciano il destino del pianeta, la voce sillabata della giovanissima Greta sembra essere vox clamantis in deserto, il folle che dice la nuda verità ai ciechi e ai sordi, il piccolo Davide che sfida con la fionda il potente Golia dei filistei, il profeta che lancia l’allarme della casa che brucia, la coscienza rimossa che si ribella alla falsa onnipotenza degli uomini, alle distopie incubate nelle magnifiche sorti e progressive.  

L’infanzia e l’adolescenza segnano profondamente la vita di ogni uomo: noi speriamo che tutta questa tensione e attenzione che si sono generati attorno alla figura di Greta non veda compromessa la sua formazione di futura donna e che la sua vita torni, comunque, a “quote più normali”, come canterebbe Battiato. 

Dialoghi Mediterranei, n. 54, marzo 2022
Note
[1] Greta Thunberg, Nessuno è troppo piccolo per fare la differenza, traduzione di Sara Crimi e Laura Tasso, Milano, Mondadori, 2019.
[2] S. Miceli, Il demiurgo trasgressivo. Studio sul trickster, Palermo, Sellerio, 2000.
[3] L. Lombardo, La provincia di Siracusa e le sue tradizioni popolari. I miti, le leggende, le feste, la gastronomia nel ciclo dell’anno, prefazione di A. Cusumano, Siracusa, Zangarastampa, 1996: 234.

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Luigi Lombardo, già direttore della Biblioteca comunale di Buccheri (SR), ha insegnato nella Facoltà di Scienze della Formazione presso l’Università di Catania. Nel 1971 ha collaborato alla nascita della Casa Museo, dove, dopo la morte di A. Uccello, ha organizzato diverse mostre etnografiche. Alterna la ricerca storico-archivistica a quella etno-antropologica con particolare riferimento alle tradizioni popolari dell’area iblea. È autore di diverse pubblicazioni. Le sue ultime ricerche sono orientate verso lo studio delle culture alimentari mediterranee. Per i tipi Le Fate ha di recente pubblicato L’impresa della neve in Sicilia. Tra lusso e consumo di massa; Taula Matri. La cucina nelle terre di Verga.

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