di Massimo Cutrupi
Satriano di Lucania è un comune situato nella valle del Melandro, in provincia di Potenza, dove risiede il maggior numero delle opere murali di tutti i borghi della valle.
I dipinti di grandi dimensioni, che decorano le pareti delle abitazioni, trattano diversi temi: i luoghi dell’infanzia, il cibo, i santi, gli antichi mestieri e le leggende locali. Tra i più noti c’è il murale dedicato alla figura del Rumita, il principale personaggio del Carnevale di Satriano, considerato il più ecologico d’Italia.
Il Rumita è una maschera vegetale e misteriosa adottata da uomini e donne che si ricoprono di foglie d’edera. I personaggi sono alberi vaganti, che la mattina dell’ultima domenica, prima del martedì grasso, girano per le strade del paese con un lungo bastone con in cima un arbusto di pungitopo che strusciano sulle porte delle abitazioni.
Chi riceve la visita del Rumita offre un dono in cibo o denaro come buon auspicio per la primavera in arrivo.
Il Rumita è sempre stato affiancato da altri personaggi simbolici del carnevale che si ritrovano anche in molte altre regioni d’Italia. Il giorno prima, che gli uomini-alberi escono dal bosco, si svolge la messa in scena del matrimonio con lo scambio dei ruoli: la Zita.
Dopo una lunga vestizione al rovescio, le femmine si vestono da maschi e viceversa, si procede in corteo verso la chiesa dove, al suo esterno, si celebra il rito nuziale.
Scenograficamente ‘a Zita (la sposa) è accompagnata da lu Zit (lo sposo) e la sfilata, prima e dopo l’unione, è seguita da tutte le figure tradizionali di un matrimonio classico. I genitori degli sposi, i paggetti, i testimoni, i cugini, gli amici e i parenti: tutti vestiti al contrario in un corteo che percorre le strade del paese tra balli, musica e risate.
Nel Carnevale di Satriano le altre maschere rituali sono l’Urs (orso) e la Quaresima. L’Urs di Satriano è un uomo interamente coperto di pelle di capra o di pecora con una catena dalla quale pende un campanaccio. La maschera è trasgressiva e la sua simbologia è cambiata nel corso degli anni.
La Quaresima è una donna coperta da un manto nero con una smorfia rossa disegnata sulla bocca e allungata fino alle guance. Con un sorriso ambiguo e una smorfia indecifrabile, tende a mostrarti come una persona austera e tenebrosa. Procede sempre lentamente lungo le vie del paese con un fare malinconico e triste.
La maschera è interpretata anche da uomini e alcune di loro portano sulla nuca una cesta con dentro il figlio concepito durante il periodo del Carnevale, di cui però non si conosce il padre. L’altra interpretazione, più diffusa, è che la Quaresima porta in testa una bara con dentro il Carnevale morto e questo giustificherebbe il volto provato e triste.
“La Foresta che cammina”, introdotta nel 2014, costituisce l’elemento espressivo più importante del Carnevale di Satriano, perché rappresenta un legame profondo con la natura e l’identità regionale.
Chiunque può diventare Rumita per un giorno e riscoprire il rapporto antico e primordiale con la terra. Animata da 131 figuranti, uno per ogni paese della Basilicata, è accompagnata da un religioso silenzio durante l’uscita dal bosco.
Con passo lento, annunciate dal solo fruscio delle foglie calpestate, le maschere, confondendosi con i veri alberi, si incamminano verso il centro di Satriano, generando la suggestiva sensazione di una foresta che si muove tra le vie del paese.
Il Rumita, maschera schiva e muta, s’immerge in un corteo caratterizzato dalla presenza di carri in mezzo a musicisti, cantanti, danzatori e bevute di vino.
Il Carnevale di Satriano, dove gli alberi diventano uomini e gli uomini diventano alberi, è un rito arboreo che rafforza e consolida il senso di comunità e ristabilisce un rapporto antico con la Terra per conservare le condizioni climatiche e l’equilibrio naturale, lanciando quindi anche un messaggio ecologista.
Dialoghi Mediterranei, n. 73, maggio 2025
_____________________________________________________________
Massimo Cutrupi, fotografo professionista dal 1986. Si occupa prevalentemente di fotografia umanista, antropologica e di documentazione in ambito sociale. Per cinque anni viaggia lungo le coste italiane per una catalogazione archeologica dei porti e gli approdi nell’antichità. Ha collaborato con molte testate nazionali e, per alcuni anni, con il settimanale “Avvenimenti”. È stato operatore e docente di fotografia in progetti con finalità di recupero e reinserimento sociale. Laureato al D.A.M.S. di Bologna con una tesi in Storia della Fotografia, dopo alcuni anni d’insegnamento nelle Scuole Superiori Statali, e ancora oggi nelle Scuole d’Arte e dei Mestieri del Comune di Roma, la sua attività si è concentrata nell’ambito della ricerca storica e della metodologia della critica fotografica. Lavora presso l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale dove si occupa di documentazione, archiviazione e valorizzazione di Fondi fotografici. Trai suoi libri: Misteri (Thyrus 2013), Liberi d’immaginare (EBS 2020), Mérida el paseo de las ánimas (Effigi 2021).
______________________________________________________________
