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Affari Sociali Internazionali: quaranta anni di una rivista illustre
Posted By Comitato di Redazione On 1 luglio 2019 @ 01:54 In Cultura,Migrazioni | No Comments
di Adriano Benedetti e Franco Pittau
Introduzione
Affari Sociali Interrazionali (ASI) è una rivista nata, all’inizio degli anni ‘70, per iniziativa del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale dell’Emigrazione e degli Affari Sociali (come allora era denominata quella storica ripartizione del MAE). Erano quegli gli anni in cui continuavano a farsi sentire gli effetti positivi del “miracolo economico italiano” che, tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60, portò l’Italia a risollevarsi dalla miseria del dopoguerra grazie ad un tasso di sviluppo annuo del 6%, rimasto elevato (seppur ridotto) anche nel decennio successivo. L’emigrazione degli italiani, che, non senza ragione, era stata paragonata in precedenza a un “esodo biblico” e si era riproposta quasi come un duplicato della “grande emigrazione” iniziata alla fine del secolo XIX, aveva finalmente visto prevalere i rimpatri sugli espatri, anche se questi mantenevano un’elevata consistenza.
La nuova rivista intendeva, naturalmente, occuparsi del fenomeno migratorio e anche di aspetti storici, politici, economici e sociologici di un’Italia finalmente collocata con un maggior rilievo nel contesto internazionale. ASI nasceva sotto i migliori auspici. Venne presentata dal Ministro degli Affari Esteri Giuseppe Medici, che acconsentì anche ad essere presidente del comitato promotore della rivista, sostenuto da un eccezionale comitato scientifico internazionale che poteva contare su un solido comitato di direzione e un editore apprezzato come Franco Angeli.
Il sostegno istituzionale alla rivista, eccezionale al momento della nascita, fu grande anche in occasione del primo decennio ma non nelle successive decadi. Intanto, la rivista continuò ad andare avanti attenendosi all’impostazione iniziale e, dalla metà degli anni ’80, si occupò anche dell’immigrazione straniera in Italia, che iniziava ad imporsi all’attenzione anche se la presenza degli italiani all’estero rimaneva consistente nella riduzione delle partenze. Fu proprio l’immigrazione dall’estero in Italia che fece avvicinare ad ASI una schiera di nuovi collaboratori da diverse parti d’Italia, spesso molto giovani.
Nel corso dei due decenni che chiusero il XX secolo e aprirono il nuovo millennio, indubbiamente segnati da grandi cambiamenti politici e da un andamento economico assolutamente incapace di collocarsi ai livelli raggiunti in precedenza, l’immigrazione fu, senza alcuna ombra di dubbio, un fenomeno che cominciò ad incidere profondamente sul Paese per motivi demografici, occupazionali, culturali e religiosi. Si arrivò, così, al 2008 e allo scoppio della grande crisi mondiale, i cui effetti in Italia si fecero maggiormente sentire, mentre altrove ad essi si pose più tempestivamente rimedio con riforme efficaci. La ridotta disponibilità di fondi pubblici portò il Ministero degli Affari Esteri, per esigenze di risparmio, a rinunciare alla continuazione della rivista, pur non costituendo essa una voce molto costosa fra le voci del bilancio pertinente alla Direzione Generale.
In considerazione dei fruttuosi rapporti di collaborazione da tempo instaurati con la direzione di ASI, il Centro studi e ricerche IDOS fu sollecitato a evitare la morte di una testata che, tutto sommato, aveva ben meritato, stante la disponibilità dell’editore Franco Angeli a cederne gratuitamente la proprietà per agevolarne la continuazione in altra forma. Come immaginabile, le ridotte disponibilità di una struttura del privato sociale e la concomitanza di altri fattori costrinsero IDOS a una lunga riflessione, che si concluse con la decisione di mantenere la periodicità trimestrale (accorpando tuttavia i numeri e con il massimo di due uscite all’anno, per esigenze di risparmio), di aumentare la tiratura e di provvedere a una distribuzione gratuita. Questa scelta imponeva di seguire una impostazione monografica, per cui le nuove uscite si sarebbero configurate come quaderni, una prassi già sperimentata nella precedente gestione condotta in ambito ministeriale. Da cinque anni continua questo tipo di attività cosicché Affari Sociali Internazionali, esclusi gli anni di interruzione, ha compiuto 40 anni, un traguardo non trascurabile.
Il presente saggio racconta queste vicende, unendo le conoscenze maturate al riguardo dal responsabile della struttura del Ministero degli Affari Esteri, presso la quale ASI era collocato e a suo carico nell’anno dell’interruzione del finanziamento, e il presidente del Centro Studi (già dal 1982 assiduo collaboratore della testata), invitato ad assicurarne la continuazione. Questo passaggio di testimone in effetti è avvenuto, seppure non nella forma inizialmente auspicata, e ha consentito di proseguire l’impegno di studio e di sensibilizzazione iniziato diversi decenni addietro. Probabilmente si poteva fare di più. Comunque, i risultati ottenuti non sono trascurabili, come non lo furono gli obiettivi in precedenza conseguiti. Seppure di modeste dimensioni rispetto ai grandi problemi del Paese, questa storia, nello stesso tempo istituzionale, culturale e sociale, contiene un monito: quello di dedicare maggiore attenzione all’impegno culturale, al legame tra passato e presente, ai fenomeni epocali dell’emigrazione e dell’immigrazione, alla diffusione del suo messaggio tra i rappresentanti specializzati della ricerca e i ricercatori del mondo sociale, tra i testi scientifici e la buona divulgazione. I personaggi e gli eventi qui di seguito commentati sembrano – a parere di chi scrive – dare ragione a queste importanti poste in gioco.
La gestione del Ministero degli Affari Esteri
Affari Sociali Internazionali nacque nel 1973. Le sue finalità vennero ben delineate dall’allora Ministro degli Affari Esteri Giuseppe Medici (1907-2000), un politico della Democrazia Cristiana eletto per sei volte senatore, con quasi 30 anni di esperienza parlamentare, ultimata nel 1975. Docente di economia agraria già durante il fascismo, Medici nel 1942 si avvicinò agli esponenti antifascisti e all’interno della Democrazia Cristiana cercò di conciliare il cattolicesimo politico e il liberalismo, interessandosi alla riforma agraria, alla riforma della Maremma, alla prima legge per la montagna. Nel 1954 egli divenne Ministro dell’Agricoltura e, tra l’altro, promosse un vasto piano di irrigazione. Ricoprì diversi incarichi ministeriali: Tesoro, Bilancio, Istruzione e Affari Esteri (in due tornate, 1968 e 1972-1973). Negli anni ’60, si pronunciò in seno al Consiglio dei Ministri della CEE per l’elezione diretta del Parlamento Europeo e per l’ampliamento a nuovi Stati membri. Il 1973 fu l’anno in cui si approvò l’adesione alla CEE come Stati membri, che si aggiunsero ai sei fondatori, di Regno Unito, Irlanda e Danimarca. Fu poi presidente della Montedison e, successivamente, del centro studi Nomisma.
Nelle ampie vedute politiche del Ministro Medici rientrava anche la nascita della rivista Affari Sociali Internazionali, le cui motivazioni e finalità vennero da lui presentate nel n. 1/1973:
Alle finalità di grande portata, presentate dal Ministro, faceva da pendant un Comitato scientifico internazionale di assoluto prestigio, come attestato dai membri che lo componevano:
Uno dei due membri italiani era Riccardo Monaco (1912-1994), medico, parlamentare del Movimento Sociale Italiano e convinto aderente al fascismo, già attivo nella guerra civile spagnola nel 1936-1937 e nelle campagne di Albania e di Russia e poi, dopo che si unì alla Repubblica Sociale Italiana, arrestato dagli Alleati e rilasciato nel 1946. Probabilmente la sua scelta, più che per meriti scientifici, si rifaceva a considerazioni di politica interna e all’interesse che il M.S.I. manifestava per l’emigrazione italiana.
Il membro di spicco del Comitato scientifico internazionale era, però, il grande sociologo Gino Germani (1911-1979), imprigionato per aver distribuito volantini contro il regime e nel 1934 trasferitosi a Buenos Aires, ottenendo una cattedra presso il Colegio libre de estudios superiores, che ricoprì effettivamente solo dal 1955 per via della sua avversione al regime di Juan Domingo Perón. Dopo il colpo di stato militare del 1966, Germani si trasferì negli Stati Uniti e fu docente all’Università di Harvard fino al 1976, continuando l’insegnamento anche quando ritornò in Italia dove fu titolare della cattedra di sociologia presso l’Università Federico II di Napoli (il Dipartimento fu poi a lui intestato come lo fu un analogo Istituto a Buenos Aires). Gli aspetti maggiormente approfonditi da Gino Germani furono la modernizzazion, la secolarizzazione, il totalitarismo e l’ordine sociale: è stato definito «il sociologo del mutamento e dell’integrazione sociale».
È bello ricordare la vicenda umana di Germani con quella della figlia Ana. Questa, purtroppo scomparsa prematuramente, divenne ricercatrice presso l’Ufficio studi della Provincia di Roma e appassionata studiosa dell’immigrazione straniera in Italia, sempre attenta al rispetto dei diritti umani. Fu presentata dal Centro studi IDOS alla direzione di Affari Sociali Internazionali, e poté scrivere ripetutamente nella rivista alla cui origine stava il padre.
Affari Sociali internazionali nasceva in grande anche per quanto riguarda il suo Comitato promotore, presieduto dallo stesso Ministro Giuseppe Medici e composto da persone di grande rilevanza.
Naturalmente il Comitato di Direzione era più ristretto rispetto al Comitato promotore e si configurava come una sorta di Comitato di redazione di livello più elevato, composto da:
Fece parte del Comitato di direzione anche Pier Franco Valle.
La Direzione della rivista, di pertinenza del Ministero degli Affari Esteri, venne affidata a Paolo Savina con il supporto di Antonio Lombardo come caporedattore. Per dare lustro alla nuova rivista venne scelto, come già indicato, un editore affermato e cioè Franco Angeli.
Il primo numero di Affari Sociali Internazionali
Questa era la struttura del nuovo periodico al suo apparire nel 1973:
Analizzando gli articoli pubblicati nel n.1/1973 (156 pagine) risalta l’attenzione del tutto particolare dedicata all’emigrazione con sei articoli, riguardanti aspetti storici, economici e sociali del fenomeno, riferiti sia all’Italia che all’estero. Si tratteggiò anche la figura del modenese, attivo in Puglia, Giuseppe Prampolini, un socialista che operò tra anche in Australia. Due articoli erano dedicati all’Europa e altrettanti al mondo sindacale, mentre un contributo affrontava aspetti sociologici. Gli autori chiamati a redigere questi apporti si collocavano tutti a un livello molto alto: docenti universitari, diplomatici, funzionari pubblici, il più delle volte già autori di pubblicazioni:
Veniva anche precisato nella pagina 2 di copertina, che l’abbonamento annuale ai 4 numeri previsti (periodicità trimestrale) era di 8.000 lire per l’Italia e di 10.000 per l’estero e che le somme dovevano essere versate a Franco Angeli non solo editore ma anche amministratore della rivista. Come prevedibile, la rivista venne diffusa d’ufficio gratuitamente presso molte strutture della Pubblica Amministrazione e, successivamente, anche in ambito sociale. La copertina della rivista, inizialmente in cartoncino di colore giallo scuro, nel 1979 assunse il colore bianco, dando un’immagine di maggiore eleganza.
Nel primo decennio della rivista
Il 1982 fu un anno estremamente importante perché, nella ricorrenza del decimo anno della testata, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini inviò questo messaggio di congratulazioni e di auguri, riportato nel n. 1/1982 di Affari Sociali Internazionali:
Nello stesso numero della rivista veniva riportato il messaggio augurale del Ministro degli Affari Esteri Emilio Colombo:
Il 1982 non fu segnato solo da questi due autorevoli riconoscimenti istituzionali per il buon lavoro svolto. Nello stesso anno iniziò la collaborazione professionale di Franco Pittau, allora responsabile dell’Ufficio convenzioni internazionali del Patronato ACLI e poi ideatore nel 1991 del rapporto Dossier Statistico Immigrazione e co-fondatore nel 2004 del Centro studi e ricerche IDOS (Immigrazione Dossier Statistico). Tale collaborazione venne stretta con l’allora direttore della rivista, l’Ambasciatore Pier Marcello Masotti. Questa collaborazione, che andò sempre più rafforzandosi, iniziò a favorire l’invio in redazione di molti articoli (specialmente in materia di migrazioni e previdenza) e si accrebbe ancor di più quando Pittau poté contare sull’apporto strutturale del Centro studi IDOS. La rivista riuscì ad aumentare il numero dei suoi articolisti e diversificare gli aspetti da trattare.
La quantità degli autori coinvolti, che comunque ha la sua importanza, non andò a scapito della qualità e consentì di avvicinare Affari Sociali Internazionali a molti ambiti. Qui di seguito vengono segnalati solo alcuni esempi di persone già affermate o all’inizio del loro percorso, tutte ben disposte a collaborare (quasi sempre senza alcun compenso, salvo la messa a disposizione di una copia della rivista e alcuni estratti del loro articolo):
Se poi si considera che questa strategia di contatti era aggiuntiva a quella perseguita dalla Direzione della rivista, ci si rende conto che questa, lungi dal rappresentare una realtà in declino, aveva solo bisogno di alcune innovazioni.
Nel 1981 venne pubblicato il primo Quaderno di Affari Sociali Internazionali, dedicato alla diffusione della lingua italiana in Australia, tenendo così fede alla dichiarata attenzione prioritaria al fenomeno dell’emigrazione italiana e anche ai suoi aspetti culturali. Successivamente vennero pubblicati i seguenti quaderni:
Dai brevi profili biografici prima tracciati si può desumere che diversi membri dei Comitati della rivista erano anziani e alcuni erano nel frattempo anche deceduti, per cui non mancò l’attenzione di potenziarli con nuovi inserimenti. Nel 1984, il Comitato promotore e quello di direzione della rivista inserì nuove persone [1]. Resta da osservare che in questo periodo venne anche istituita la figura di segretario di redazione nella persona di Umberto Lanteri, funzionario della Farnesina (già addetto alla segreteria del ministro Sforza), che si dedicò con passione al nuovo incarico fino agli ultimi numeri del 2008.
Nel 1984 uscì anche il primo numero speciale sull’Europa (1/1984), seguito da diversi altri: I diritti sociali in Europa (1/1992), I problemi della bioetica (1/1995), La comunità europea (1/1996), Prima conferenza degli italiani nel mondo (Roma, 12-16 dicembre 2000: numeri 4/2000, 1/2001).
A vent’anni di distanza dalla fondazione della rivista non ci furono commemorazioni ufficiali come avvenne per il decennio, ma il Comitato promotore come quello di direzione si arricchirono di altri autorevoli membri [2].
Il 2008 fu fatidico non tanto per il 35° anno di attività della rivista quanto per la decisione della sua chiusura. In quell’anno così si presentava la situazione dei Comitati della rivista. Il Comitato scientifico internazionale non fu più aggiornato dopo la sua costituzione, ai massimi livelli nel 1973. I suoi membri erano tutti deceduti, ad eccezione di Juan José Linz Storch de Gracia. Questa carenza poteva essere evitata ma probabilmente si pensò che il Comitato promotore era così autorevole nella sua composizione da poter fungere anche da riferimento scientifico. Nel Comitato promotore non figuravano più le persone scomparse, mentre risultava inserito ex novo il diplomatico Adriano Benedetti, prima ambasciatore in Venezuela e in vari Paesi dell’area caraibica e poi direttore generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie (tra l’altro convinto assertore della continuazione di questa esperienza editoriale sebbene costretto a registrarne la cessazione). Il Comitato di direzione faceva sempre capo all’Ambasciatore Alberto Ramasso Valacca, al segretario di redazione Umberto Lanteri e ad un’aiutante nella persona di Andreina Lanteri Panke.
La decisione della chiusura fu adottata a causa della crisi e a fronte delle ridotte risorse finanziarie messe a disposizione dalla direzione generale degli Italiani all’Estero e delle Politiche Migratorie. Questa risoluzione fu assunta al livello politico in una visione d’insieme di tutti gli impegni del Ministero degli Affari Esteri, dove il ruolo svolto dalla rivista non venne riconosciuto come prioritario nonostante non richiedesse somme elevate per la sua continuazione. È acquisita agli atti la decisa resistenza alla chiusura della rivista opposta ripetutamente e per iscritto dall’allora Direttore Generale Adriano Benedetti che, proprio alla vigilia del suo pensionamento, rappresentò tra l’altro, quale motivo addizionale per mantenerla in vita, l’affacciarsi crescente del problema immigratorio, in prospettiva così radicalmente coinvolgente per l’Italia. Tutto fu, tuttavia, inutile. In questa sede è, comunque, doveroso ricordare da parte dello stesso Direttore Generale Benedetti che, se incombe sulla dirigenza amministrativa di quegli anni una qualche responsabilità, questa fu – nella molteplicità delle pesanti attribuzioni in capo alla Direzione Generale – l’aver lasciato essenzialmente che la gestione della rivista restasse affidata in “splendido isolamento” soltanto a se stessa, senza avviare quel dialogo, senza apportare “input” tratti dalla realtà operativa di quel tempo, che avrebbero forse potuto rivitalizzarla, rendendola strumento più aggiornato ed inserito nella dinamica e nella problematica del Ministero di allora. Né d’altronde ci furono tentativi in questo senso da parte degli stessi responsabili della pubblicazione.
Gli articoli pubblicati nei due ultimi fascicoli, apparsi nel 2018, come d’altra parte quelli dal 1990 al 2008, sono indicati nel sito dell’editore Franco Angeli. Ciò consente di acquisire il nome dell’autore e il titolo del suo contributo, di cui è consultabile la prima pagina (che solitamente contiene un riassunto dell’articolo stesso) [3].
Gli argomenti trattati furono molteplici: Agricoltura, America Latina, Asia, Banche, Brasile, Commercio, Consolati, Cooperazione allo sviluppo, Disabilità, Emigrazione, Immigrazione, Imprenditoria, Informazione, Lettura di libri, Made in Italy, Minori, Multireligiosità, Politica migratoria internazionale, Povertà Recensioni, Romania, Servizio sociale, Sport, Sud Sahara, UE, US, Viticultura, Volontariato. Molto numerosi anche gli articoli del direttore della rivista, l’Ambasciatore Alberto Ramasso Valacca con interventi sugli Stati Uniti, della docente di diritto e poi giudice costituzionale Maria Rita Saulle, di diversi ricercatori di IDOS e di molti autori segnalati da questo centro studi. Resta da precisare che gli articoli pubblicati fino al 2008 sono scaricabili (se contrassegnati dalla sigla PDF) dal sito dell’editore Franco Angeli, pagando una somma mediante la carta di credito [4].
Elementi di valutazione
Le caratteristiche della rivista vennero così presentate dall’editore Franco Angeli sul suo sito (www.francoangeli.it):
Gli autori di questo saggio sono stati in un rapporto di prossimità con l’attività della rivista sia pure con funzioni specifiche, il primo in quanto responsabile della direzione generale degli Italiani all’Estero e delle Politiche Migratorie (alla quale la rivista, fin dall’inizio, ha fatto ininterrottamente riferimento, ricevendone i fondi necessari per lo svolgimento dell’attività), il secondo, estrinseco all’Amministrazione, per un consolidato rapporto di collaborazione volontaria, (inizialmente individuale e poi anche del proprio centro studi IDOS), finalizzata alla fornitura di articoli e alla segnalazione di nuovi autori, in particolare riguardo a quelli sensibili alle tematiche sociali.
Il fatto di aver riportato in precedenza brevi notizie sulle persone coinvolte a diverso titolo nell’attività della rivista consente di sottolineare diversi aspetti di grande rilevanza, come l’ampiezza del disegno originario, il coinvolgimento di personalità di assoluto rispetto nel mondo della politica, della ricerca, della diplomazia. Ciò è particolarmente evidente nel primo decennio di vita della rivista, un periodo in cui erano ancora molto vivi i filoni culturali che avevano portato alla Costituzione repubblicana entrata in vigore nel 1948.
La rivista riuscì a coinvolgere nei suoi comitati alcuni tra gli esponenti più significativi del cattolicesimo, del liberalismo progressista e anche del socialismo. Probabilmente (e questa carenza è diventata più evidente nei decenni a cavallo tra i due secoli) si riscontra una certa titubanza nel coinvolgere qualche rappresentante della destra inserita nell’arco costituzionale e soprattutto della sinistra (politica e sociale). Un’apertura in quest’ultimo senso avvenne con l’inserimento di un sindacalista come Franco Bentivogli, esponente del sindacalismo tenace, innovativo e radicato nella base del dopoguerra, peraltro in linea con il messaggio di Ermanno Gorrieri, già dall’inizio membro del Comitato promotore. Nei Comitati è stata senz’altro deficitaria, all’inizio e nel proseguo, la presenza delle donne. Va tuttavia aggiunto che, a prescindere dalle composizioni del Comitato patrocinatore e del Comitato di direzione (dove, peraltro, molti membri erano portatori di ampie vedute sociali), la direzione della rivista mostrò una crescente sensibilità nell’ospitare contributi imperniati sulle tematiche sociali e anche la collaborazione con IDOS ebbe queste caratteristiche.
Una certa riserva fu sollevata da parte di chi nei contributi presentati alla rivista avrebbe preferito una critica preventiva più severa. Bisogna tener presente che la direzione e la segreteria di redazione non potevano contare al riguardo su un gruppo di collaboratori fissi, uniti da una comune metodologia di valutazione (assicurata, però, dalla lettura finale del direttore), ma solo su qualche volontario.
Inoltre, a un certo punto, l’interesse preminente divenne l’ampliamento della schiera dei collaboratori e l’accreditamento della rivista come una tribuna aperta ai giovani e anche ai ricercatori non professionisti (specialmente in ambito sociale), sul presupposto che le questioni dovessero essere dibattute anche da loro, così come in effetti avvenne, specialmente sui temi dell’immigrazione. La rivista si impegnò ad invitare gli autori a presentare trattazioni brevi, seppure sviluppate con coerenza, al fine di farne dei protagonisti e di raggiungere loro tramite una cerchia più ampia di lettori. Va anche detto che la comprensibile preoccupazione di rimanere legati all’attualità portò a non prolungare eccessivamente i tempi di approvazione di quanto proposto e a procedere con tempestività alla pubblicazione. Una strategia, tutto sommato, premiante che va a merito della rivista. Come era da aspettarsi in un periodico, diretto da una struttura ministeriale, si può considerare riuscito il tentativo di affrontare anche aspetti molto problematici, tenendosi però al riparo da estremismi e sottolineando che le opinioni espresse riguardavano unicamente gli autori, ai quali veniva assicurata, del resto, la massima libertà.
Le 800 copie di ciascun numero della rivista venivano così distribuite: in Italia, presso la rete istituzionale e sociale, le università e gli studiosi; all’estero, presso le strutture diplomatiche e consolari, gli Istituti Italiani di Cultura, i Comitati degli italiani all’estero, le associazioni degli italiani. Il numero di copie non era esiguo e la rete era ampia: anche questa è una nota di merito.
Con un giudizio a posteriori, maturato dopo che la gestione della rivista è stata affidata al Centro studi e ricerche IDOS, è fondato pensare che poteva essere conferito un più ampio risalto alla sensibilizzazione, con comunicati alla stampa e specialmente con l’organizzazione di qualche incontro culturale basato sui temi del numero più recente della rivista o su un quaderno. Questi sviluppi erano nell’aria e senz’altro sarebbero seguiti, e partendo da Roma sarebbero stati estesi anche ad altre città, specialmente se fosse stata rinforzata la simbiosi tra pubblico (la rivista) e privato (il Centro studi IDOS). La soluzione è stata un’altra, ma sarebbe ingeneroso, vagliando gli elementi che qui sono stati presentati, non riconoscere che questa iniziativa pubblica nel suo complesso fu tutt’altro che negativa e che, con alcuni accorgimenti, avrebbe potuto continuare a produrre buoni frutti.
Tra il 2003 e il 2008, IDOS operò come tramite per la consegna di circa 250 articoli, dovuti solo in parte ai suoi ricercatori, e in misura preponderante ad autori esterni. Il lavoro preparatorio consisteva nel cercare l’articolista, esaminandone lo schema della trattazione ripartito per paragrafi, leggere l’elaborato, dare i suggerimenti necessari e chiedere le eventuali modifiche, preparare o far preparare direttamente all’interessato un breve riassunto da pubblicare all’inizio dell’articolo, predisporre una scheda anagrafica (che serviva anche per la spedizione del numero interessato e degli estratti e per eventuali pagamenti).
Nel 2009, la mancata allocazione delle risorse necessarie da parte del Ministero degli Affari Esteri avrebbe portato alla cessazione definitiva della rivista, conclusione che il direttore Alberto Ramasso Valacca e il responsabile della redazione Umberto Lanteri volevano ad ogni costo scongiurare. Perciò, a seguito del loro interessamento, l’editore Franco Angeli accondiscese a cedere gratuitamente la proprietà. L’intento evidente dell’ambasciatore era di portare il Centro studi IDOS a farsi carico della sopravvivenza di Affari Sociali Internazionali.
Come già accennato, da tempo IDOS affiancava la redazione interna, ubicata presso il Ministero degli Affari Esteri, direzione generale degli Italiani all’Estero e delle Politiche Migratorie, come redazione esterna non ufficiale adoperandosi per trovare autori per i nuovi numeri, acquisirne i testi e predisporli per l’esame finale della direzione della rivista. I contatti erano diventati settimanali e l’intesa col tempo si era perfezionata.
IDOS, acquisita la proprietà della rivista, si attivò per assicurarne la continuità, pensando, almeno in una prima fase, di salvaguardare i ruoli del direttore e del segretario di redazione, affiancandoli con il proprio personale, con la speranza di riuscire a coinvolgere nell’impresa altre organizzazioni, sia quanto al finanziamento che nella produzione di articoli, prospettiva che avrebbe consentito di raddoppiare la tiratura.
Si prevedeva anche di mantenere la periodicità trimestrale, con la possibilità di accorpare più numeri della rivista qualora necessario per esigenze di risparmio.Venne anche creata un’associazione (Associazione IDOS), tuttora esistente, costituita in prevalenza dai soci della Cooperativa editoriale IDOS, che tra gli scopi aveva anche la diffusione della rivista Affari Sociali Internazionali.
Nel corso del 2009 il centro studi e ricerche IDOS, forte dell’esperienza maturata nella diffusione del suo rapporto principale (il Dossier Statistico Immigrazione), che sempre aveva fatto riferimento a grandi strutture (la Caritas e la Fondazione Migrantes inizialmente, l’Ufficio nazionale Anti discriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e infine la Tavola Valdese), chiese di poter continuare a far riferimento al Ministero degli Affari Esteri per un patrocinio non oneroso, di cui continuava l’operato e a cui comunicava il piano che era stato ipotizzato. Alla direzione generale degli Italiani all’Estero e delle Politiche Migratorie veniva inoltre precisata la disponibilità a mettere a disposizione le copie necessarie per le strutture diplomatiche e consolari.
Le attese, implicite nella lettera inviata al Ministero, vennero a cadere perché, in termini del tutto inaspettati, venne fatto sapere che la questione non era di interesse del Ministero, con l’invito a risolvere i termini della questione con l’editore Franco Angeli (a dire il vero già affrontati e risolti e portati anche a conoscenza del ministero). La consegna a non far alcun riferimento al Ministero, anziché accettare la continuità ideale che non comportava alcun onere, pregiudicò la strategia di insistere sulla campagna abbonamenti presso le strutture pubbliche, di mostrare una certa sinergia e di poter insistere sulla collaborazione tra pubblico e privato che già in precedenza aveva dato buoni frutti.
Per onestà intellettuale, non si può considerare del tutto ininfluente, nell’ottica della direzione generale, la circostanza che il MAE era naturalmente riluttante a dare il proprio avallo, sia pure non oneroso, ad una rivista sul cui orientamento non poteva più direttamente intervenire, proprio nel momento in cui le tematiche immigratorie stavano assumendo dimensioni ed implicazioni sempre più afferenti alla politica interna.
Pertanto IDOS, in una fase in cui iniziavano a farsi sentire gli effetti della crisi e non disponendo né di fondi propri né di convenzioni garantite, né con enti del privato né tanto meno con enti pubblici (a seguito di norme diventate sempre più restrittive), si trovò nella situazione angosciosa di lasciare cadere il progetto, riuscendo a riparametrarlo a distanza di tempo in maniera molto più realistica. L’affezione maturata per la rivista, dopo un travaglio durato quattro anni completamente imperniato sulla sostenibilità della ripresa, portò a scegliere questa seconda via.
La soluzione dei numeri monografici
Il 25 luglio 2013, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha emanato questo comunicato in occasione dell’uscita del primo numero della rivista nella nuova serie di Affari Sociali Internazionali:
Il Direttore responsabile della rivista, nella nuova serie, diventò Franco Pittau, già membro del Comitato di direzione della precedente gestione, con una redazione composta dai ricercatori di IDOS e dai collaboratori scelti per ciascun numero monografico. Poiché prendevano più tempo del previsto le pratiche, presso il Tribunale civile di Roma, per la registrazione della nuova serie della rivista, la prima uscita viene decisa sotto forma di “Quaderno di Affari Sociali Internazionali”, riprendendo così una tradizione della precedente gestione.
Il fatto di aver previsto una diffusione gratuita, senza indicare un prezzo di copertina, implicava di trovare previamente, per ogni numero, i fondi per la ricerca, la stampa dei testi e la loro diffusione. Nel caso del primo Quaderno della nuova serie lo sponsor fu l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che lo utilizzò come sussidio in occasione della “Settimana di Azione contro le Discriminazioni”, (marzo 2013): UNAR, I diritti degli immigrati in un contesto interculturale (curato da Franco Pittau, progetto promosso dall’UNAR, Quaderno n. 1/2013 di Affari Sociali Internazionali, pp. 176.
Il Quaderno raccolse e completò gli interventi svolti nel corso della “Settimana contro il razzismo” del 2012 presso la “Sala Di Liegro” della Provincia di Roma. Stampato in migliaia di copie, il Quaderno venne diffuso gratuitamente, come era avvenuto per il primo numero della rivista (e anche per quelli successivi): L’immigrazione asiatica in Italia. Presenza lavoro, rimesse, a cura di Maria Paola Nanni, progetto promosso da MoneyGram, Affari Sociali Internazionali, n. 1/2013: pp. 144.
La presentazione del primo numero avvenne presso l’affollato Auditorium di via Rieti. Tra i relatori vi furono Massimo Canovi e Alessandro Cantarelli, che patrocinarono la pubblicazione per conto della multinazionale MoneyGram e numerosi relatori immigrati asiatici, intervistati dai ricercatori di IDOS, mentre l’Ambasciatore Adriano Benedetti tracciò sommariamente la storia della rivista che rivedeva la luce. A partire dal 2013 sono state pubblicate una o due monografie l’anno [6].
I curatori di questo saggio hanno espresso le loro opinioni nel corso della trattazione, per cui ora si possono limitare ad alcuni punti riassuntivi. È senz’altro positivo che una testata, nata con i più autorevoli crismi, non sia stata lasciata perire; anche se si poteva fare di più. Quanto avvenuto, sebbene del tutto modesto e non insignificante, induce a riflettere sulla necessità di un legame di continuità tra presente e passato e sull’opportunità di tenere in vita le valide iniziative di chi ci ha preceduto, seppure innovandole.
Si poteva fare di più nel senso che, con maggiore lungimiranza, il Ministero degli Affari Esteri avrebbe potuto trovare all’epoca una formula, pur tenendo conto delle crescenti ristrettezze finanziarie, che mantenesse in vita la rivista, espressione di una intuizione azzeccata e di lunga proiezione storica. In effetti, quegli erano gli anni in cui, allo scemare dei flussi migratori Nord-Nord, si stavano consolidando le condizioni per ben più cospicui movimenti Sud-Sud e Sud-Nord che, per l’Europa e anche gli Stati Uniti, rappresentano ora un fenomeno umano, economico e politico che sottende l’avvenire incerto del mondo occidentale. I grandi flussi migratori costituiscono un aspetto essenziale della globalizzazione, la cui componente economica si è venuta sviluppando con spontaneismo e rispondendo solo agli interessi e ai calcoli di ben individuabili e circoscritti nuclei di potere internazionale privato, sotto lo sguardo quasi ignaro dei centri di autorità pubblica nazionali e multilaterali, obnubilati dallo schema ideologico ancora imperante del neoliberismo. Così gli aspetti sociali della globalizzazione sono stati consapevolmente trascurati, affidandosi i membri della comunità internazionale a quegli stessi automatismi di libero mercato che presiedono – e anche qui talvolta solo apparentemente – alla sfera dell’economia e della produzione di beni e servizi. Egualmente, frutto di un sostanziale laissez faire politico e organizzativo – nonostante i meritevoli interventi degli enti di assistenza dell’ONU – sono stati gli altrettanto folti e drammatici spostamenti di popolazione dovuti a guerre, collasso di Stati ed ora anche ad evenienze ambientali.
Ma al di là dell’aspetto migratorio – per quanto in questi anni così radicalmente importante – l’intuizione dei creatori della rivista aveva intravisto anche la dimensione crescente che la “realtà sociale” avrebbe avuto nello sviluppo di una comunità internazionale sempre più connessa per il progressivo annullamento delle distanze e la tendenziale “omogeneizzazione”, attraverso i media e la comunicazione appunto “social”, delle tematiche con cui ogni popolazione si deve confrontare. Basti pensare all’enorme intreccio di esperienze e contatti cui dà vita il fenomeno “migratorio” più o meno “momentaneo e transitorio” offerto dai flussi turistici e dalle occasioni di studio soprattutto per i giovani. Talché i servizi che nel Ministero degli Esteri di ogni Paese si trovano istituzionalmente a gestire tali questioni “sociali” e in genere la protezione dei connazionali all’estero, ne sono emersi sostanzialmente potenziati come responsabilità e sfera d’azione.
Ma per tornare al tema di questo scritto, la soluzione raggiunta, seppure dopo un lungo periodo di riflessione e con non poche titubanze riguardo al carico finanziario da assumere in un Paese che per la politica culturale spende circa la metà della media europea, non ha salvaguardato per intero le potenzialità di Affari Sociali Internazionali. Essendo venuta a mancare, per ragioni finanziarie, una impostazione fondata su una molteplicità di articoli e sul rigoroso rispetto della periodicità trimestrale per stare di pari passo con l’attualità, si è perso il grande merito acquisito in precedenza dalla rivista nell’offrirsi come una tribuna aperta ad autori che stanno a metà tra i ricercatori di professione e quelli che solitamente sono solo lettori dei contributi altrui e che spesso, come in effetti è avvenuto nella storia qui raccontata, si rivelano autori molto validi anche se non di estrazione accademica. Detto con altre parole, il merito qui enfatizzato si potrebbe definire “democratizzazione della ricerca”, di cui si continua a sentire una grande necessità.
Per altro verso, la continua attenzione della precedente direzione alla diffusione della rivista non solo è stata preservata ma anche potenziata. È stato d’aiuto l’aver superato il vincolo del prezzo di copertina, aumentando la tiratura e provvedendo a una distribuzione gratuita in occasione della presentazione ufficiale dei vari numeri monografici (con comunicati stampa la mattina, seguiti il pomeriggio da convegni appositi) e con l’organizzazione di vari eventi sul territorio fino ad esaurimento delle copie disponibili.
Certamente, questa maniera di procedere presuppone che si trovino previamente le risorse finanziarie necessarie o grazie all’aggiudicazione di appositi progetti o rinvenendo dei finanziatori nel mondo sociale e aziendale, compiti diventati peraltro difficilissimi. Tuttavia, anche nel rispetto delle vigenti disposizioni, è fondato sperare in più ricorrenti sinergie tra pubblico e privato. Un esempio che si può citare è il numero monografico di Affari Sociali Internazionali dedicato al Mediterraneo, reso possibile dalla triade – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Circolo di Studi Diplomatici, Centro studi e ricerche IDOS –, che affronta la geopolitica attuale, la storia dell’emigrazione italiana, la più recente storia dell’immigrazione estera in Italia e i vari aspetti connessi: un esempio che incoraggia ad andare avanti con maggiore apertura anche la stessa Amministrazione Pubblica.
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