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Uscire dal selfie. Frontiere e prospettive tra letteratura e sociologia

copertinadi Orietta Sorgi

Letteratura e sociologia, due modi diversi, talora inconciliabili, di rappresentazione dell’uomo e della società. L’una, la letteratura, rivolta, con approccio umanistico, a cogliere l’estrema mutevolezza dell’esperienza individuale; l’altra, la sociologia, tesa all’osservazione dei fenomeni sociali, a rinvenirne quelle leggi di carattere generale e oggettivo, tipiche del linguaggio scientifico.
In realtà, come dimostra questo avvincente dialogo fra Zigmunt Bauman e Riccardo Mazzeo, in un volume recentemente pubblicato da Einaudi dal titolo Elogio della letteratura, quel divario a prima vista così profondo da sembrare incolmabile, si rivela, ad un’analisi più approfondita, più vicino, stretto in ogni caso da un rapporto di complementarietà.
Nessuna osservazione sociologica, che dir si voglia, può arrogarsi infatti la pretesa di essere pienamente oggettiva e imparziale. Così come, al contrario, nessuna forma di scrittura letteraria, al pari di ogni espressione artistica, può, in ultima analisi, dichiararsi esente da fattori e condizionamenti sociali che sembrano sfuggire al dominio della soggettività. Né la letteratura è univocamente il frutto di una creazione individuale, né la sociologia appare del tutto improntata su rigide classificazioni obiettive e indiscutibili.
D’altra parte è un fatto ormai assodato, come hanno messo in guardia da tempo linguisti e antropologi, che non esiste una realtà strutturata a priori su cui il pensiero scientifico riflette e applica le proprie chiavi di lettura per spiegarne i fenomeni.

Narciso, di Gian Paolo Barbieri

Narciso, di Gian Paolo Barbieri

Esistono al contrario, interpretazioni della realtà, e interpretazioni di interpretazioni, in un continuo processo di rielaborazione e manipolazione di forme di conoscenza già trasmesse: un tentativo continuo di mettere ordine sul caos, di imporre un logos per orientarsi intorno a ciò che ci circonda. Questa proprietà, prerogativa dell’uomo come essere sociale, è data dalla sua facoltà linguistica, in quanto ogni forma di conoscenza è principalmente un atto di linguaggio, un fenomeno di comuni- cazione. «Noi viviamo nel discorso, come un pesce vive nell’acqua», ricorda David Lodge nel suo romanzo, accentuando il potere del dialogo, della discorsività come elementi fondativi dell’esserci nel mondo e costitutivi della stessa realtà.
Il linguaggio come sistema di segni è dunque intrinsecamente costituito da metafore fin dall’antichità, cosicchè il potere della rappresentazione diviene fondamento di tutte le organizzazioni sociali. Unus homo, ullus homo, ricorda il filosofo greco, negando qualsiasi possibilità di esistenza all’individuo biologico al di fuori dell’interdipendenza con altri uomini, in un continuo processo di scambio e comunicazione. Claude Lèvi-Strauss, a questo proposito, richiama il potere dello scambio nelle sue tre diverse articolazioni: delle donne nei sistemi di parentela, dei beni nei processi economici e delle parole nella lingua. In altre parole, il funzionamento della cultura è garantito dalla circolazione di segni e simboli, peculiarità squisitamente umana che implica il potere uscire dalla dimensione dell’Io per confrontarsi con gli altri, i diversi. La cultura e dunque la società si fondano proprio su questo principio di intercessione, mediazione e negoziazione dell’alterità.
Se le cose stanno così, sia la sociologia che la letteratura altro non sono che forme di interpretazioni della realtà e dell’uomo, nel tentativo di squarciare il velo delle apparenze e coglierne le ragioni profonde. Questa medesima vocazione, questa missione che le accomuna rendendole complementari, sollecita oggi una riflessione su ciò che accade nel Terzo Millennio, all’interno delle società cosiddette “liquide”, frutto della postmodernità.
La letteratura, la scrittura in genere e finanche il linguaggio sembrano aggrediti da una progressiva rarefazione e un rovinoso svuotamento dei contenuti per gli effetti dell’irruzione digitale. Il potere dello schermo nella comunicazione ha di fatto gradualmente dissolto l’esigenza e il ruolo dell’ interlocutore, il rapporto diretto vis a vis, e con questo la profondità del dialogo e il gusto del ragionamento. Sostituendo alla scrittura il monitor di un computer, di un tablet o il touch dell’i-Phone, si determina la perdita delle capacità, delle facoltà dell’approfondimento e della riflessione, supportate anche dalla presenza dell’interlocutore e dal ricorso ai testi su diversi argomenti specifici.
Una scrittrice croata, Dubravka Ugresic, ha bene esemplificato i rischi allarmanti della nostra contemporaneità, coniando l’espressione della “cultura karaoke”. Il karaoke è, com’è noto, uno strumento tecnologico per cui attraverso una piattaforma musicale già confezionata, viene restituita a tutti la possibilità di cantare, anche quando l’emittente non ha nessuna attitudine a farlo, incurante in ogni caso della versione originale del brano e del tutto ignaro dell’autore. L’autrice osserva che internet può essere visto come «un megakaraoke con un milione di microfoni che un milione di persone si precipita ad afferrare per cantare la propria versione della canzone di qualcun altro. La canzone di chi? Questo non importa […] L’importante è cantare».

L'inganno-di-Pigmalione-di-F.-Astiago-Garcia

L’inganno di Pigmalione, di F. Astiago Garcia

In una società dominata dai social e dai blog, è venuto meno, in sostanza, il potere dell’autorialità e della competenza. Attra- verso la rete, tutti possono dire tutto su tutto e il contrario di tutto, confidando sui cosiddetti followers, un pubblico vasto, che il più delle volte non ha alcuna dimestichezza con i libri, spinto dal fascino della velocità di acquisizione di nozioni, contenuti e dal potere di aggiornarsi su google e wikipedia.
Riccardo Mazzeo, a questo punto, propone a Bauman tre metafore estremamente significative, elaborate da Stefano Tani, che ripropongono le problematiche della contemporaneità: lo schermo digitale che rinvia al guardarsi, ad una progressiva estensione del sé (come il selfie); l’Alzheimer per significare i rischi connessi allo svuotamento dei contenuti, alla perdita della memoria; lo zombie, non completamente vivo, né completamente morto, che indica la capacità di trasformarsi, di essere contemporaneamente sè ed altro. Proprio come un avatar che garantisce a tutti la possibilità di vivere una diversa dimensione esperenziale, in un soggetto virtuale che soddisfa desideri e aspettative senza alcun costo e sacrificio. Con sincera preoccupazione Franzen invita il lettore a non rimanere incollato al computer e al potere rassicurante dello schermo, a non accontentarsi della vulgata, senza mai guardare fuori, accorgendosi che la realtà è altro.
Il pericolo che si profila all’orizzonte è quello di una società autistica, autoreferenziale, in cui l’individuo vive in isolamento, appagato soltanto da una sfrenata esaltazione dell’Ego. Queste diverse modalità di trincerarsi nell’uno sono portate all’esasperazione, in forma letteraria, quando si arriva all’infrazione del tabù dell’incesto, come avviene in Proust e in Musil, nel momento in cui i protagonisti si innamorano della propria sorella.
Bauman ribatte ricordando le meta-metafore per eccellenza che hanno rappresentato i cambiamenti degli ultimi secoli: Pigmalione e Narciso. Il primo, espressione del XX secolo, si innamora della sua statua di marmo, Galatea, per esaltare il valore della potenza creatrice, dell’esecuzione artistica. Narciso invece, riflette pienamente i nostri tempi, quando si invaghisce della sua stessa immagine riflessa nell’acqua. Nel primo caso viene posta in risalto l’idea della stabilità e della durevolezza che hanno caratterizzato sia l’homo faber che l’homo sapiens; nel secondo, lo scorrere dell’acqua è sintomatico della mutevolezza e dell’effimero che contrassegna la contemporaneità.
Spinti alle estreme conseguenze, sono proprio tali atteggiamenti di individualismo e negazione dell’altro, che hanno determinato nella storia posizioni nazionalistiche e totalitarie. Ricordiamo come l’esaltazione del Noi e della propria razza a discrimine del diverso, ha generato il nazismo e altre forme di omofobia. Atteggiamenti verso i quali neanche le utopie degli Stati comunisti sembrano essere sfuggiti.
Un’ulteriore conferma di questi sintomi di dissoluzione delle istituzioni e dei ruoli è data anche dallo scompaginarsi del ruolo paterno nella famiglia, un fenomeno che è iniziato nel Sessantotto con l’attacco alla figura del capofamiglia, garante dell’ordine e punto di riferimento per i figli, anche nella conflittualità generata dall’autoritarismo. Un’azione demolitoria che sembrerebbe avere aggredito contestualmente anche la funzione dell’insegnante come «specialista dell’avventura interiore. L’artigiano del tempo. Il mazziere della giovinezza» (Affinati).
In definitiva viviamo in una società basata sul consenso e sulla legittimazione, in cui il dictat primario è quello del consumo dei beni e non della produzione. Ma il tempo del consumo è un tempo destinato a morire, perché annulla la possibilità stessa della memoria, la facoltà di stratificarsi e di sedimentarsi nelle esperienze e dunque, in ultima analisi, la capacità dell’uomo collettivo di generare segni e simboli. Un grido d’allarme su cui sociologia e letteratura sono chiamate ad interrogarsi, sia pur da prospettive diverse.

Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017

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Orietta Sorgi, etnoantropologa, lavora presso il Centro Regionale per il catalogo e la documentazione dei beni culturali, dove è responsabile degli archivi sonori, audiovisivi, cartografici e fotogrammetrici. Dal 2003 al 2011 ha insegnato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo nel corso di laurea in Beni Demoetnoantropologici. Tra le sue recenti pubblicazioni la cura dei volumi: Mercati storici siciliani (2006); Sul filo del racconto. Gaspare Canino e Natale Meli nelle collezioni del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino (2011); Gibellina e il Museo delle trame mediterranee (2015); La canzone siciliana a Palermo. Un’identità perduta (2015).

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