di Francesco De Pascale, Eleonora Guadagno [*]
1. Certificazione rima con mitigazione?
Come è noto, la globalizzazione dei mercati, a partire dagli anni Novanta ha intensificato la concorrenza basata sui prezzi anche nel sistema agroalimentare, spingendo, soprattutto le piccole e medie imprese, a cercare la differenziazione dei prodotti per ottenere un vantaggio competitivo (Belletti, 2000). Se da una parte, anche il settore agroalimentare, uno dei principali emettitori di gas serra, deve affrontare gli impatti del cambiamento climatico, che si ripercuotono sulla produzione e sulla sicurezza alimentare (Pitto, 2023), dall’altra, la riduzione del “capitale naturale” e la costruzione di sistemi alimentari resilienti possono portare a una diminuzione della diversità e della qualità dei prodotti.
I regolamenti dell’Unione Europea sulle produzioni tipiche, come DOP, IGP e STG, hanno strutturato sistemi di qualità a sostegno della qualità agroalimentare (Germanò, 2009). Nonostante le critiche, i marchi di qualità possono contribuire ad affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici garantendo la qualità dei prodotti e promuovendo la sostenibilità (Ferrucci, 2023). Queste certificazioni possono anche contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico attraverso nuove varietà, espansione geografica, gestione del rischio e governance locale (Di Lauro, 2022). Nel contesto italiano, dove è sempre più evidente il legame tra normative, prodotti e paesaggi rurali (Gabellieri, Gallia, 2022; Gabellieri, Guadagno, Gallia, 2023), si assiste sempre di più alla promozione di un turismo sostenibile che dovrebbe generare un ciclo virtuoso per l’intera filiera nella tutela del territorio. A tal proposito, il concetto di Terroir centrale nella certificazione di qualità, evidenzia il rapporto tra territorio e saper fare, offrendo opportunità di sviluppo rurale e crescita sociale (Leedon, 2021; Bonfante, Brillante, 2022).
Tuttavia, l’ottenimento di un marchio di qualità, visto come parte di questo processo, è solo l’inizio del percorso di “differenziazione”, e può portare – paradossalmente – a costi più elevati per la produzione o a modifiche colturali che minano la biodiversità (Pacciani et al., 2020). Questo perché, molto spesso, i processi di branding possono contribuire alla patrimonializzazione, impattando negativamente sui territori, come si è visto in regioni come il Prosecco e Bordeaux (Visentin, 2018; Basso, 2019), collegandosi al concetto di “Plantationocene” di Donna Haraway (Haraway, 2019; Moore, 2016).

Le produzioni DOP e IGP della Calabria. Da ARSAC, https://www.arsacweb.it/le-produzioni-dop-e-igp-della-regione-calabria/.
Per esplorare il ruolo delle certificazioni di qualità nel mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici e le percezioni locali sul ruolo dei marchi di qualità nell’affrontare questi problemi, con un focus sulla Calabria, è stata utilizzata una metodologia qualitativa multi-approccio, supportata dalla letteratura esistente sul tema (Vaarst et al., 2024; Žutinić et al., 2021).
L’analisi si è svolta da ottobre 2024 a marzo 2025, utilizzando un questionario online per la replicabilità in altre regioni. Il questionario, somministrato tramite Google Forms, è stato inviato a consorzi di aziende che producono prodotti certificati di qualità. La ricerca è stata arricchita da interviste approfondite con associazioni di categoria e proprietari di aziende agricole e da osservazioni sul campo. Anche se la dimensione del campione non era statisticamente significativa, gli approfondimenti hanno fornito prospettive preziose da parte dei principali stakeholder. Il questionario comprendeva 33 domande che riguardavano il profilo biografico, i rischi legati al cambiamento climatico, l’impatto sul “terroir” e la perdita di terreno, le strategie di adattamento e il ruolo delle certificazioni e dei marchi di qualità. Inoltre, si chiedevano suggerimenti per migliorare i prodotti certificati alla luce dei rischi climatici.

Soglie di criticità legate alla desertificazione in Calabria (https://www.cfd.calabria.it/DatiVari/CarteIndex.php)
2. L’esempio calabrese
La Calabria, situata nell’Italia meridionale, ha un clima diversificato a causa della sua morfologia, con inverni miti ed estati calde. Tuttavia, la regione è sempre più colpita da eventi meteorologici estremi come inondazioni, trombe d’aria ed erosione costiera, oltre che da un elevato rischio di incendi boschivi e desertificazione (Capra et al., 2013; Barbaro et al., 2022, Fig. 2) causate da una riduzione di precipitazioni che essendo diminuite, hanno esacerbato le condizioni di siccità, con periodi di siccità sempre più frequenti (Boschetto et al., 2010), evidenziando l’urgente necessità di misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura della regione (Coscarelli et al., 2015). A tal proposito, e per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici, la Regione Calabria ha istituito un Fondo per la gestione del rischio, che fornisce premi assicurativi agli agricoltori che subiscono danni alle colture, dopo che, a livello europeo, nel 2024, la Commissione ha proposto 100 milioni di euro per sostenere gli agricoltori colpiti da fenomeni meteorologici estremi (Commissione Europea, 2025), sebbene, queste misure – come già avvenuto per altri fondi – siano spesso di difficile accesso (Lombardi et al., 2021).
Infine, le organizzazioni locali, come Coldiretti e CIA, assistono gli agricoltori per fronteggiare queste problematiche, così come le cooperative agricole e i servizi di consulenza. Nonostante questi sforzi però, persistono problemi burocratici e lo sfruttamento del lavoro migrante e la criminalità organizzata complicano ulteriormente il settore agricolo locale (Avallone, 2017; Checa y Olmos, 2023; Battistelli, 2022), per cui, per affrontare efficacemente le sfide del cambiamento climatico, non basta focalizzarsi sulle singole emergenze, bensì è essenziale un sistema olistico di gestione dei rischi più efficiente e trasparente, come anche menzionato dai partecipanti alla ricerca.
3. La ricerca “di” e “in” campo
Lo studio ha coinvolto un campione eterogeneo di stakeholder del settore agroalimentare, tra cui allevatori, agricoltori, pescatori, aziende agrituristiche, distributori, cooperative, agronomi e rappresentanti di organizzazioni come Coldiretti, Confagricoltura e Distretto del Cibo Vibonese. In totale hanno partecipato 52 intervistati, di cui il 76,92% maschi e il 23,08% femmine. La maggior parte degli intervistati aveva un’età compresa tra 51 e 60 anni (35,90%), seguita da 61-70 anni (20,51%) e 41-50 anni (17,95%). I livelli di istruzione variavano, con la maggior parte in possesso di un diploma di scuola superiore (41,03%), seguito da un diploma di scuola media (30,77%). La composizione professionale è dominata dagli agricoltori (38,46%), seguiti dagli allevatori (17,95%) e dagli imprenditori agricoli (12,82%). La maggior parte lavorava in microimprese con meno di 10 dipendenti e proveniva dalle province di Reggio Calabria (43,59%) e Cosenza (30,77%).
Per quanto riguarda la produzione agricola, i partecipanti si sono concentrati su diversi prodotti agroalimentari di qualità, come ortaggi e alberi da frutto (23,08%), olio extravergine di oliva (17,95%) e salumi (12,82%). Le minacce ambientali come l’erosione del suolo, le inondazioni, la siccità e gli eventi meteorologici estremi sono stati riconosciuti come rischi significativi per la produzione agricola. Le alluvioni (27,02%) e la siccità (41,03%) sono state considerate particolarmente impattanti. Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, l’89,74% degli intervistati ha riferito di aver sperimentato effetti negativi, tra cui l’aumento della siccità, l’intensificarsi di eventi meteorologici estremi, i cambiamenti nella maturazione dei raccolti, l’aumento delle malattie delle piante e l’erosione del suolo.
Lo studio ha rilevato anche preoccupazioni sulla vulnerabilità dei terreni e sul degrado delle caratteristiche dei Terroir. Molti intervistati hanno notato che la perdita di terreni agricoli a causa dell’urbanizzazione e dei cambiamenti climatici rappresenta una seria minaccia, anche nelle aree protette.
Per adattarsi, il 71,79% ha attuato strategie come tecniche agricole innovative (40%), metodi tradizionali (30%) e diversificazione delle colture (20%). Tuttavia, il 64,10% ritiene che le istituzioni locali e nazionali non forniscano un sostegno adeguato per affrontare queste sfide. La collaborazione tra produttori, autorità locali e associazioni di categoria è considerata una strategia cruciale per affrontare le sfide del cambiamento climatico, con l’82,05% degli intervistati che sostiene l’idea. Tuttavia, il 17,95% ha espresso dubbi sulla sua efficacia. Le misure chiave individuate per combattere questi problemi includono finanziamenti pubblici e privati a sostegno delle pratiche sostenibili, una migliore comunicazione con i consumatori, strategie di marketing più incisive e azioni di tutela del territorio. Per quanto riguarda le certificazioni di qualità (DOP, IGP), il 64,10% degli intervistati ritiene che offrano una protezione economica contro i rischi legati al clima, mentre il 35,90% è scettico sulla loro efficacia. Inoltre, il 74,36% degli agricoltori ritiene che i consumatori non siano ben informati sull’importanza delle caratteristiche ecosistemiche del Terroir nei prodotti certificati, evidenziando la necessità di una maggiore opera di sensibilizzazione del pubblico.

Un’immagine dell’azienda agricola “Terra di Ceraso” a Squillace (CZ) (ph. Erika Lopez e Francesco De Pascale)
I dati rivelano che quasi tutti gli intervistati (94,87%) ritengono che il degrado ambientale rappresenti una minaccia significativa per la reputazione e il valore economico dei prodotti certificati nella loro regione, sottolineando la preoccupazione per l’impatto del danno ambientale sulla qualità dei prodotti e sui risultati di mercato. Inoltre, lo studio sottolinea l’importanza del dialogo tra produttori, istituzioni e consumatori per migliorare il sistema di certificazione e affrontare le vulnerabilità ambientali. La maggioranza degli intervistati (87,18%) è favorevole a una maggiore collaborazione, ritenendola fondamentale per promuovere pratiche sostenibili e migliorare il riconoscimento della qualità dei prodotti locali. Inoltre, il 92,31% ritiene che le cooperative e gli organismi di certificazione svolgano un ruolo cruciale nella sensibilizzazione sui rischi del cambiamento climatico. Per migliorare la valorizzazione dei prodotti certificati nonostante le sfide climatiche, gli intervistati hanno suggerito diverse strategie, tra cui le più favorite sono una maggiore promozione istituzionale (35,90%), maggiori finanziamenti per le aziende (25,64%) e campagne di sensibilizzazione per produttori e consumatori (17,95%).

Il logo del Distretto del Cibo del territorio rurale vibonese di cui diversi stakeholder aderenti al consorzio hanno partecipato alla ricerca
4. Analisi dei risultati
L’analisi effettuata nel contesto calabrese, di cui i primi dati sono stati pubblicati nello studio di De Pascale e Guadagno (2025), rivela che l’89,74% degli intervistati ha già sperimentato importanti perturbazioni legate al clima, tra cui siccità, perdita di fertilità del suolo e nuovi agenti patogeni. Questi risultati sono in linea con gli studi condotti in Etiopia (Chemeda et al., 2024), Italia (Teslić et al., 2019) e Sardegna (Dono et al., 2016), confermando che i cambiamenti climatici influenzano diversi settori agricoli, dalla viticoltura all’allevamento di bestiame da latte. Strategie di adattamento efficaci, come il miglioramento della gestione delle mandrie e la selezione di colture resilienti, richiedono un sostegno finanziario e istituzionale per mitigare i rischi climatici. Gli agricoltori, inoltre, percepiscono i rischi legati al clima – come erosione del suolo, condizioni meteorologiche estreme e scarsità d’acqua – come minacce principali alla sostenibilità.
Tali preoccupazioni possono essere messe in prospettiva con quelle emerse in altri contesti dove l’inadeguato sostegno politico limita gli sforzi di adattamento al clima (Antwi-Agyei et al., 2025) e dove, inoltre, l’uso eccessivo di pesticidi proprio per mitigare specie di patogeni alieni e l’irrigazione conseguente alla siccità crescente (Polo-Murcia et al., 2022) aggravano ulteriormente il degrado ambientale. Un’analisi comparativa evidenzia così la necessità di quadri politici integrati che combinino le innovazioni tecnologiche (agricoltura di precisione) con i metodi tradizionali per migliorare la sostenibilità. Le esperienze europee, come gli incentivi finanziari della Francia e i modelli di agricoltura cooperativa della Germania, dimostrano che interventi politici efficaci possono facilitare le pratiche sostenibili. Per affrontare questi problemi è necessaria una governance multilivello, che allinei l’innovazione scientifica, le conoscenze degli agricoltori e la flessibilità normativa per rafforzare la resilienza agricola.
Gli agricoltori, inoltre, riconoscono sempre di più l’impatto dei cambiamenti ambientali sul terroir (Grigorieva, 2023), il che fa discutere su come la certificazione possa funzionare come strategia di adattamento (Terribile et al., 2024) essendo, al contempo, l’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia, particolarmente vulnerabile anche a causa dello spopolamento rurale (Guida et al., 2022), elemento che accelera il degrado del territorio e amplifica i fenomeni connessi all’erosione del suolo. Lo studio rivela che gli agricoltori attuano in modo proattivo misure di adattamento, integrando agricoltura di precisione, irrigazione intelligente e tecniche tradizionali di conservazione del suolo (Terribile et al., 2024; Albrizio et al., 2023). Tuttavia, a differenza di altri contesti globali (McCord et al., 2015; Vermeulen et al., 2012), i piccoli agricoltori faticano ad adottare la diversificazione delle colture a causa di vincoli di mercato (tra cui i ‘disciplinari’) in quanto, la rigidità delle politiche agricole limita l’adattamento, in contrasto con i sistemi di sostegno flessibili di Francia e Germania (Kühl, 2012; Piñeiro, 2020). Al tal proposito, il sistema delle certificazioni potrebbe così fungere da ponte tra gli interventi istituzionali e le necessità degli agricoltori, promuovendo reti cooperative e facilitando l’accesso ai finanziamenti per l’adattamento climatico.
Gli intervistati, infine, hanno espresso la preoccupazione che il degrado ambientale possa minacciare la reputazione e il valore economico dei prodotti certificati, riflettendo la più ampia letteratura sulla sostenibilità e sul comportamento dei consumatori (Llorach-Massana et al., 2015; Kumar et al., 2022). Gli studi evidenziano le strategie per migliorare la sostenibilità agricola, come il sostegno alle tecnologie smart in Francia (Bellon-Maurel et al., 2023) o le certificazioni di sostenibilità attivate in Spagna (Aguilera et al., 2019).
Il rafforzamento dei partenariati pubblico-privato e l’introduzione di normative ambientali più severe (Krämer, 2016) sono essenziali per far rispettare le pratiche di sostenibilità. Inoltre, gli incentivi finanziari (Bellman, 2029; Barbosa, 2024) e le campagne di sensibilizzazione dei consumatori svolgono un ruolo fondamentale nella promozione dei prodotti certificati. A partire da questi strumenti, gli strumenti di tracciabilità digitale potrebbero migliorare la trasparenza, rafforzando la fiducia dei consumatori nelle certificazioni di sostenibilità (Firoozzare et al., 2024). Il sostegno economico e normativo dovrebbe garantire che i costi della sostenibilità non vengano scaricati sui consumatori, ma assorbiti attraverso politiche strategiche.
5. Conclusione
Lo studio evidenzia in che modo le principali minacce ambientali per l’agricoltura calabrese, tra cui l’erosione del suolo, gli incendi, il dissesto idrogeologico dovuto alle inondazioni, la diminuzione delle falde acquifere e l’inquinamento del suolo e delle risorse idriche, se non affrontati, possono contribuire a mettere a repentaglio non solo la produttività agricola, ma anche la stabilità ambientale e la sicurezza alimentare.
Per mitigare queste minacce, gli agricoltori hanno messo in atto diverse strategie di adattamento, come l’inerbimento controllato per prevenire l’erosione del suolo, l’aumento della materia organica del suolo, l’utilizzo di tecniche di irrigazione mirate come la micro e la subirrigazione, la conversione dell’agricoltura convenzionale in agricoltura biologica e la protezione delle zone ripariali lungo i corsi d’acqua. Inoltre, si stanno promuovendo nicchie ecologiche attraverso la piantumazione di siepi e arbusti per migliorare la biodiversità e fornire riparo alla fauna selvatica.
Nonostante questi sforzi proattivi, il sostegno istituzionale rimane inadeguato. A livello locale, i regolamenti che potrebbero aiutare la gestione del territorio sono in gran parte assenti e a livello regionale, i fondi europei sono spesso in ritardo e insufficienti a soddisfare le reali esigenze del settore. Inoltre, mancano politiche di prevenzione e mitigazione dei rischi e l’accesso alle informazioni per gli agricoltori è limitato.
In conclusione, l’agricoltura sta affrontando sfide ambientali sempre più complesse che richiedono una gestione sostenibile delle risorse e un maggiore impegno istituzionale. Mentre gli agricoltori stanno adottando pratiche innovative ed ecocompatibili, per garantire la resilienza del settore è necessario un intervento politico e amministrativo più deciso che ottemperi alle esigenze di qualità e di “sostenibilità” territoriale. Ciò include l’attuazione di politiche mirate, adeguati incentivi finanziari e una strategia globale di prevenzione dei rischi ambientali e di sviluppo territoriale.
Dialoghi Mediterranei, n. 74, luglio 2025
[*] Questo lavoro è una ulteriore e inedita elaborazione del contributo che gli autori hanno presentato in occasione della Giornata di studio “Dialoghi di territorio e di sviluppo”, organizzata dal Gruppo di lavoro nazionale “Riordino territoriale e sviluppo locale: quali punti di contatto?” interno all’Associazione dei Geografi Italiani (A.Ge.I.) che ha avuto luogo a Messina il 7 febbraio 2025. A Francesco De Pasquale vanno attribuiti i paragrafi: 1, 2 e 5; a Eleonora Guadagno i paragrafi 3 e 4. Si ringraziano tutti gli stakeholder che hanno preso parte all’indagine, con un particolare riconoscimento al Distretto del Cibo del territorio rurale vibonese, a Coldiretti, Confagricoltura, CIA, alle aziende agricole, agli agriturismi e a tutte le realtà che hanno aderito con interesse e disponibilità all’iniziativa.
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Francesco De Pascale è ricercatore di Geografia presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università eCampus. Le sue ricerche coniugano approcci teorici ed esperienze empiriche, concentrandosi su geografia del rischio, geoetica, educazione al patrimonio culturale, didattica della geografia. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche suddivise tra articoli su riviste nazionali e internazionali.
Eleonora Guadagno è professoressa associata di Geografia presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università e-Campus. Si occupa principalmente di questioni ambientali e di geografia del rischio, nei contesti agricoli e nelle aree costiere. È autrice di volumi e articoli su riviste nazionali e internazionali.
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