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Scritture in lingua madre. L’occitano, una lingua mediterranea proibita

 copertinadi Maria Soresina

Vaterland, Muttersprache. I tedeschi hanno la fortuna di avere una lingua chiara, che certamente ha favorito la nascita della grande filosofia. La terra appartiene ai padri, la lingua alle madri. Ma anche in italiano: patria deriva da pater e la lingua principale è la «madrelingua».

Si potrebbe applicare la stessa distinzione anche al binomio patrimonio-matrimonio: il denaro è una questione che riguarda i maschi, i legami e gli affetti familiari le donne. L’accostamento non è peregrino, come potrebbe a prima vista sembrare: terra e denaro sono strettamente connessi, la terra rappresenta una ricchezza, e all’interno di una famiglia – ma anche di un clan, di una città, di un popolo – si parla la stessa lingua. Non a caso il nome della lingua e quello del popolo che la parla coincidono, perché la lingua è ciò che caratterizza assai più che il colore degli occhi o dei capelli un popolo, è l’anima di un popolo, e unisce le persone con un legame della cui profondità in genere non siamo consapevoli, e che avvertiamo solo quando la lingua ci viene tolta.

Profondità di cui invece sono ben consapevoli i potenti, che da sempre hanno imposto la propria lingua ai vinti. Così, per esempio, quando cent’anni fa il giovane Regno d’Italia vinse la guerra, pretese, in nome della sacrosanta autodeterminazione dei popoli, di annettersi i territori in cui si parlava italiano, ma si prese anche territori in cui si parlava tedesco, lingua che, con la brutalità tipica dei regimi fascisti, venne proibita.

La prassi di proibire la lingua materna nei territori conquistati è antica. Colpì – e nella sua totalità – una lingua particolarmente gloriosa, l’occitano, la lingua d’oc, come veniva chiamata allora. Gloriosa perché quella dei trovatori è la prima poesia europea in lingua volgare, e la loro era la lingua d’oc. Non ci sono dubbi: la poesia, la cultura europea è nata, nell’XI secolo, in lingua d’oc. Tutti gli altri poeti e scrittori (i siciliani alla corte di Federico II, il Cantico di San Francesco, Jacopone da Todi, i Minnesänger tedeschi, i trovieri del Nord) sono tutti venuti dopo.

Dicevo “nella sua totalità” perché l’intera zona in cui si parlava la lingua d’oc, la zona della Francia che si affaccia sul Mediterraneo, fu teatro della cruenta crociata contro gli Albigesi, indetta da papa Innocenzo III nel 1209, che durò vent’anni e infine conquistò alla corona di Francia le regioni del Sud (la Provenza, la Linguadoca, ecc.). E i vincitori imposero la loro lingua, la lingua d’oïl che diventerà il francese. E, ça va sans dire, proibirono l’uso della lingua d’oc. Morì la poesia dei trovatori, ma non la lingua, che continuò a essere parlata, di nascosto, nelle famiglie, appunto.

Alcuni anni fa, nel 2008, la Chambra d’Òc, l’associazione che ha ideato il «Premio Ostana: scritture in lingua madre» e che è guidata da una donna eccezionale, Ines Cavalcanti, ha lanciato l’appello «Occitan patrimòni mondial de l’Umanitat» con cui richiedeva all’Unesco di inserire la lingua e la cultura occitana nel Patrimonio immateriale Unesco. Per sostenere l’iniziativa ha organizzato un evento straordinario, una camminata della durata di tre mesi attraverso tutta l’Occitania: «L’Occitània a pè: 1350 km di percorso dalle valli Occitane in Piemonte alla val d’Aran in Catalonia».

1Lo scopo era quello di effettuare una ricognizione sullo stato della lingua, attraversando tutto il territorio che si estende su tre Stati (Italia, Francia e Spagna) in cui ancora oggi si parla l’occitano. Questa epica impresa è ampiamente documentata: sul sito www.chambradoc.it si trova tutto il materiale per poter compiere – anche in solitaria – questo percorso, la guida, un diario di viaggio, un cd musicale con i più bei canti d’Occitania, nonché il film En viatge: chaminada en Occitània da Vinai a Vielha di Elisa Nicoli.

Ho visto più volte questo film e ogni volta mi commuove. Ciò che mi commuove non sono tanto le scene della gente che cammina, con la bandiera occitana sventolante, attraverso paesaggi mozzafiato, ma le interviste, le tante interviste fatte in territorio francese a persone anziane che ricordano il disagio, il dolore che provavano perché la lingua che parlavano in casa era proibita, a scuola poi, proibitissima; e i giovani che la studiano con passione, qualcuno perché è la lingua dei nonni, altri perché riscoprono, con orgoglio, la storia della propria terra.

Le lingue sono dure a morire, e la lingua d’oc è sopravvissuta, in clandestinità, ma è sopravvissuta. Oggi ha cambiato nome (si chiama occitano) ma la si parla ancora, sia nella Francia meridionale sia nelle confinanti valli italiane. Ma per dimostrare quanto siano dure a morire le lingue, vorrei raccontare un episodio che ha dell’incredibile. Tra il XII e il XIII secolo, un gruppo di valdesi originari di quelle valli del Piemonte dove si parlava l’occitano, per sfuggire alle persecuzioni si rifugiò in Calabria e lì fondò un paesino che si chiama ancora oggi Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza. La cosa strabiliante è che, a distanza di secoli (otto secoli!) lì c’è ancora oggi chi parla occitano. Strabiliante? Non più di tanto, perché in fondo ogni popolo si riconosce per prima cosa nella sua lingua: è lì, nella lingua, che è radicata la sua identità, la sua anima, come dicevo prima.

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La lunga camminata attraverso l’Occitania

Il Premio Ostana

Ostana è un comune in provincia di Cuneo, ed è uno dei «borghi più belli d’Italia». Il territorio è molto vasto, ma gli abitanti sono solo 35, sparsi tra le varie frazioni. È in montagna, a 1300 metri e ci scorre un ruscello… il Po, perché si trova in alta Valle Po. Da Ostana si può ammirare quel triangolo equilatero perfetto che è la vetta del Monviso.

Ostana ha avuto la fortuna di incontrare la Chambra d’Òc e un bravo sindaco, Giacomo Lombardo. Da loro è nata l’idea di creare lì un premio letterario internazionale dedicato non solo alla lingua occitana, ma a tutte le «madrelingue» del mondo. Ecco un’altra volta, più modesta se si vuole, ma non meno significativa, che la lingua occitana fa da battistrada!

Il «Premio Ostana: scritture in lingua madre», che è giunto quest’anno alla sua nona edizione, nasce dal desiderio di conoscere e far conoscere scrittori, cineasti, compositori di diverse parti del mondo che si sono espressi nella loro lingua madre, intendendo con ciò una lingua diversa da quella dominante dello Stato da cui provengono, una lingua minoritaria spesso ostacolata e discriminata.

3Non tutte le lingue madri hanno lo stesso spessore e la stessa diffusione: le condizioni della lingua maltese non sono quelle della lingua grika, quelle della lingua yoruba non sono quelle della lingua basca o della lingua curda, quelle della lingua tibetana non sono quelle della lingue shuar o huave, ma il Premio Ostana ha la sua originalità e unicità proprio nel coraggioso metterle tutte sullo stesso piano, dando a ognuna il medesimo valore, facendole convivere in un «Festival della diversità linguistica», dove di ogni lingua viene presentata la diffusione geografica e la situazione politica in cui vive o sopravvive. Vi è poi una lingua bistratta, una lingua antica parlata da alcuni milioni di persone sparse per tutta Europa: è il rromani, la lingua degli «zingari», i Rom e i Sinti. Per questa lingua è stata premiata l’opera di uno scrittore Rom che vive in Francia.

Nella nona edizione del Premio Ostana, che si terrà dall’1 al 4 giugno 2017, saranno rappresentate, nelle sezioni previste, le seguenti lingue:

-     Lingua amazigh (Algeria) con il Premio Speciale allo scrittore Selem Zenia e il Premio Cinema al regista Samir Ait Belkacem;

-     Lingua innu Canada) con il Premio Internazionale alla scrittrice Joséphine Bacon;

-     Lingue minoranze linguistiche (Italia) con il Premio Nazionale allo scrittore Francesco Severini;

-     Lingua occitana (Francia) con il Premio lingua occitana allo scrittore Roland Pecout e Premio Composizione Musicale a Mans de Breish;

-     Lingua nynorsk (Norvegia) con il Premio Giovani allo scrittore Erlend O. Nodtvedt;

-     Lingua gallese (Inghilterra) allo scrittore Gwyn Griffiths.

Un ricordo particolare sarà dedicato a Tullio De Mauro, grazie al quale nel 1999 è stata approvata la legge 482/99 «Norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche». E a proposito di queste minoranze, verrà presentato il volume pittorico-letterario di Francesco Severini: Vagabolario Viaggio miniato tra le leggende dei piccoli popoli delle isole linguistiche d’Italia. Alla lingua amazigh sarà dedicato un intero pomeriggio con una Lectio magistralis di Mohand Tilmatine che ci farà scoprire le ricchezze linguistiche e culturali del mondo berbero, la conversazione con lo scrittore Salem Zenia, esiliato dalla sua terra e accolto in Catalonia, e con il regista Samir Ait Belkacem che narrerà la sua avventura nel mondo del doppiaggio. Altrettanto si farà per le lingue nordiche nynorsk e innu, e per la lingua occitana. Verranno approfonditi dei temi come quello del catarismo, l’eresia strettamente collegata alla lingua e alla cultura occitana, con una riflessione dedicata alla riscrittura della sua storia in Italia.

Il Premio Ostana è l’occasione non solo di una vacanza culturale, ma di un’esperienza unica. Sono giornate intense in cui, in compagnia degli artisti e in un clima di convivialità, ci si può rendere conto di quanto sia fondamentale la salvaguardia della diversità linguistica.

Il programma completo dell’edizione 2017, così come i materiali delle passate edizioni del Premio Ostana, sono consultabili sul sito www.chambradoc.it.

Dialoghi Mediterranei, n.25, maggio 2017

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Maria Soresina, nata da padre italiano e madre viennese, si laurea nel 1981 in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano con la tesi Karl Kraus e Vienna: satira e critica della società (relatore Francesco Alberoni). Cultrice di filosofia indiana fin dagli anni Sessanta e attenta studiosa dell’opera di Dante, individua la fonte primaria della Divina Commedia nel catarismo, l’eresia estremamente diffusa negli anni e nei luoghi in cui visse Dante. Della sua produzione, si segnalano i seguenti titoli, editi da Moretti&Vitali di Bergamo: Le segrete cose. Dante tra induismo ed eresie medievali, 2002; Libertà va cercando. Il catarismo nella Commedia di Dante, 2009; Mozart come Dante. Il Flauto magico: un cammino spirituale, 2011.

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3 risposte a Scritture in lingua madre. L’occitano, una lingua mediterranea proibita

  1. Serge BETTON scrive:

    Que difficile per mi de lesi la lengua italiano, mai conneissou tant soi peu la lengua d’oc.
    Bravo a touto
    Sergi

  2. Riccardo Pucci scrive:

    L’evento sembra molto interessante, tuttavia mi sento di dover muovere qualche critica all’articolo:

    Direi che non è proprio il massimo iniziare l’articolo con un luogo comune (tra l’altro potenzialmente razzista) che – da quel che mi risulta – non è supportato da nessuna prova scientifica. Mi riferisco a questo: “i tedeschi hanno la fortuna di avere una lingua chiara, che certamente ha favorito la nascita della grande filosofia.”

    È anche triste notare il sessismo al paragrafo dopo: “il denaro è una questione che riguarda i maschi, i legami e gli affetti familiari le donne”. Sicuramente è stato così in passato, ma oggi non più, eppure da come è scritto nell’articolo sembra quasi che questa sia una regola universale e assoluta.

    Vorrei anche fare due precisazioni: l’occitano si parla anche in Val d’Aran (Spagna) che non viene menzionata, e il gallese non è parlato in Inghilterra come scritto nell’articolo, è parlato in Galles o al massimo nel Regno Unito.

    • Maria Soresina scrive:

      Gentile Riccardo Pucci,

      visto che trova l’evento interessante, La invito cordialmente a venire a Ostana. Sono sicura che non se ne pentirebbe.

      Quanto alle critiche all’articolo: sull’uso improprio del nome “Inghilterra”, che dire? Touché! Ha perfettamente ragione: avrei dovuto scrivere Regno Unito.

      La Val d’Aran l’ho invece menzionata, quando parlavo della lunga camminata: «L’Occitània a pè: 1350 km di percorso dalle valli Occitane in Piemonte alla val d’Aran in Catalonia». Certo, Lei si riferisce a dove scrivo che “la si parla ancora, sia nella Francia meridionale sia nelle confinanti valli italiane”, il che comunque non significa, ch’io sappia, che la si parla “solo” lì.

      Più significativa è la sua critica al mio razzismo e sessismo. Da quanto scrivo mi sembra innegabile il mio impegno per la salvaguardia di tutte le lingue. Forse era una scelta infelice iniziare con una citazione in tedesco, ma da qui al razzismo… Ogni lingua ha una sua specificità, e io conosco troppo bene e ho lavorato troppo a lungo con la lingua tedesca per non sapere che, per esempio, diversamente da quella italiana, non consente ambiguità. E che questo abbia favorito la nascita della grande filosofia, lo credo fermamente.

      E per quanto riguarda il sessismo: “sicuramente è stato così in passato, ma oggi non più” scrive Lei. Vede, una cosa sono i nostri sogni, gli ideali che abbiamo nel cuore, altra cosa la realtà. Mi dispiace contraddirLa, ma oggi è ancora ampiamente così: lo dicono le statistiche. Certo, molto è migliorato, e devo dire in modestissima misura ho contribuito anch’io, perché ero attivissima nel movimento femminista degli anni ’70. Ma poi, le parole sono antiche, e di quell’antichità rispecchiano le condizioni. Non sono “regole universali e assolute”, ma siamo sicuri di essere usciti da quelle condizioni, anzi, da quei condizionamenti? Le Chiese (tutte), ligie alle tradizioni, continuano a riproporre questa divisione dei ruoli, no? Per cui temo che ci vorranno secoli prima di poter dire “oggi non più”.

      Se verrà a Ostana ne potremo parlare, perché sono temi che mi stanno molto a cuore. Comunque grazie.

      Maria Soresina

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