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Sarab. Per l’Iran

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2020 @ 01:55 In Cultura,Immagini | No Comments

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Persepoli, Shiraz, Iran, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

di Gianluca Ceccarini e Nahid Rezashateri

Sarab è il nome del nostro Collettivo fotografico e anche il titolo del nostro primo progetto pensato e costruito insieme. Nell’estate del 2018 abbiamo viaggiato per circa 40 giorni lungo le strade iraniane. Per Nahid, nata e cresciuta in Iran, è stato uno dei soliti viaggi annuali di ritorno durante la sospensione delle attività dell’Accademia, mentre per me era la prima volta che mettevo piede nel territorio iraniano.Un paese a cui ero già profondamente legato ed avevo iniziato ad amare attraverso la lettura della poesia classica e soprattutto l’ascolto della musica tradizionale. Conoscevo invece veramente poco della sua geografia e non immaginavo minimamente le sorprese e la ricchezza umana che mi aspettavano.

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Tehran, 2018 (ph. Ceccarin, Rezashateri)

Conoscevo l’Iran anche grazie ai racconti di Nahid, il punto di vista interessante di una donna cresciuta sull’altopiano iraniano che ha poi deciso di lasciare il Paese, protagonista anche lei della diaspora che ha visto milioni di cittadini lasciare i confini iraniani a partire soprattutto dagli anni immediatamente dopo la Rivoluzione.

Dai suoi racconti emerge chiaramente la malinconia per il Paese natale, ma ciò che mi ha sempre colpito, e ferito, è quel senso di malessere espresso in varie occasioni in merito ai continui momenti in cui, qui in Occidente, ha dovuto scontrarsi con i pregiudizi di chi all’Iran associa sempre e solo il problema del velo, se non addirittura l’idea di guerra e terrorismo.

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Abyane, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

L’Iran e i suoi abitanti sono qualcosa di splendidamente altro dai preconcetti diffusi: un Paese estremamente complesso, difficile da capire e, quindi, come ogni cosa difficile da capire tendenzialmente soggetto a pregiudizi e malintesi.

L’altopiano iraniano è costituito perlopiù da un vasto territorio desertico.

Dal Caspio nel nord-ovest al Belucistan nel sud-est, si estende per 2000 km ed è costituito da un’antica zolla racchiusa e sollevata tra i due grandi sistemi di catene montuose dei Monti Zagros e dell’Elburz a nord. Come per gli Inuit che hanno vari termini per indicare i diversi tipi di neve, gli iraniani usano diversi nomi per indicare il deserto in relazione alle varie tipologie: Kavir, Sahra, Biaban, Dasht kavir.

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Regione Isfahan, 2028 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Durante il nostro lungo viaggio nell’entroterra, percorrendo la strada che porta al deserto Reza Abad, Nahid mi fa notare la presenza dei sarab, il termine con cui gli iraniani indicano i miraggi. Proprio pochi minuti prima si stava parlando della storia iraniana e del rapporto particolare che gli iraniani contemporanei hanno maturato con l’antica Persia e con tutto il complesso e ricco immaginario legato all’Iran preislamica.

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Shahrood, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

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Deserto Reza Abad, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Eravamo partiti con un fornito kit fotografico ma senza avere una vera idea di cosa volevamo fotografare, tanto meno del tipo di progetto da creare. Ma proprio in quel preciso momento è nata l’ispirazione di associare all’idea del continuo e complesso lavorìo degli iraniani alla ricerca di una propria identità, spesso collegata all’antica Persia, l’immagine metaforica dei sarab, di come cioè questo scavare a ritroso alla ricerca di antiche radici preislamiche possa apparire loro lontano ed illusorio proprio come un sarab nel deserto.

Come insegnano le scienze antropologiche l’identità non è mai un’entità monolitica data per sempre ma è un complesso processo culturale e politico in continuo divenire e in Iran tutto questo è fortemente evidente. Una cultura millenaria formatasi su un vasto territorio desertico attraversato dalle grandi vie carovaniere commerciali e dove la gestione delle acque e il sistema delle oasi hanno permesso la nascita e lo sviluppo di villaggi, grandi agglomerati urbani e di una cultura ricca e raffinata. Una società complessa quella contemporanea, satura di contrasti, dove convivono modernità e tradizione, e un universo ricco ed eterogeneo di culture, etnie e minoranze.

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Shahrood, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Secondo i dati riportati dal database Ethnologue in Iran sono presenti ben 78 lingue viventi oltre ad un’infinità di riti, culti e credenze e tipi umani diversi: dal cittadino della capitale, poliglotta e cosmopolita, al pastore nomade, all’abitante del villaggio rurale, dai turchi azeri alla minoranza dei baha’i, seguaci di un credo religioso nato nell’Iran del XIX secolo.

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Provincia di Semman, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

La popolazione in Iran è così costituita: persiani (61%), azeri (16%), curdi (10%), luri (6%), arabi (2%), baluchi (2%), altre popolazioni turche (2%) e altri (1%). Il persiano è la lingua madre del 53% della popolazione, mentre le lingue azere e turche lo sono del 18% della popolazione, le curde del 10%, gilaki e mazandarani del 7%, luri 6% , arabo e baluci entrambi 2%. Una ricchezza etnico-culturale e una miriade di contrasti che non può non sorprendere ed emergere agli occhi di chi come noi ha viaggiato per così tanti giorni e in varie zone geografiche.

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La torre Kashane Bastan, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Ci è capitato di incontrare ed osservare, attraverso l’occhio attento dell’obiettivo fotografico, nomadi pastori in transumanza, dalle terre del nordest vicino le coste del Mar Caspio alle montagne dell’Elburz, una famiglia originaria del sud, trasferitasi nelle campagne di Sharood, festeggiare l’Eid Qurban, la festa del sacrificio di Isacco, ballando l’antica danza dei bastoni Raghs-e-Chub, giovani tehranesi fare shopping in grandi ed ultramoderni centri commerciali o bere tè ascoltando jazz in bellissimi caffè letterari. Abbiamo visto tantissimi afgani impiegati in vari lavori manuali, una donna del sud in viaggio turistico a Shiraz con il volto coperto dalla mascherina tradizionale, negozi ultramoderni di informatica e cellulari esporre in vetrina, come un nuovo idolo, una miniatura di Steve Jobs.

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Caravanserai Abas Abad, 2018 (ph. Cecacrini, Rezashateri)

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Moschea Shah Ceragh Shiraz, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

L’occupazione araba ha costituito un momento decisivo e di grandi cambiamenti nella storia della Persia. L’Islam diviene la religione ufficiale di Stato, così come anche la lingua, e si erigono migliaia di moschee in tutto il Paese. Con l’avvento della dinastia dei Safavidi, la Persia diventa la più grande nazione sciita del mondo musulmano. L’elemento sciita divide tuttora profondamente l’Iran dal resto della comunità musulmana sunnita e determina in maniera decisiva l’identità di ogni iraniano.

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Regione Isfahan, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Nonostante la secolare occupazione araba e la forte islamizzazione, l’Iran nei secoli ha mantenuto pressoché intatte alcune sue caratteristiche culturali come la lingua farsi, alcuni riti di origine preislamica come il capodanno Norouz e lo Shab-e-Yalda, la musica e la poesia. I mausolei degli antichi poeti persiani sono continua meta di pellegrinaggio. Un vero e proprio culto dei poeti, ben lontano dal rapporto che abbiamo attualmente noi occidentali con i grandi poeti della nostra tradizione.

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Moschea di Semman, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Incredibile è l’atmosfera che si crea intorno ai mausolei dei poeti. Ricordiamo con emozione in particolare una sera intorno alla tomba di Hafez a Shiraz. Famiglie, giovani, anziani, coppie, tutti in religioso silenzio, assorti a leggere poesie e sfiorare con la mano la tomba del poeta. Una giovane coppia seduta vicino a noi ci guarda e ci chiede se la musica che stanno ascoltando dal cellulare ci infastidisce. «Assolutamente no» rispondiamo noi: stavano ascoltando, con la muta approvazione di tutti i presenti, la voce di Mohammad-Reza Shajarian uno dei grandi maestri della musica tradizionale persiana, in assoluto il cantante più amato in Iran i cui testi spesso sono proprio tratti dalle poesie tradizionali.

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Piazza Naghsh e Jahan Isfahan, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Per migliaia di anni, prima della rivelazione maomettana, la religione dominante è stata lo Zoroastrismo, una delle prime forme religiose monoteiste della storia antica, il quale ha lasciato una traccia indelebile nella coscienza collettiva dei persiani. Nel saggio In search of Zarathustra, Paul Kiwaczeck afferma che l’Islam in Iran è come un velo, un chador femminile, stratificato su qualcosa di molto più antico.

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Tomba del sufi Abu al Hassan Kharaqani Kharghan, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

«L’Islam nel mondo iraniano è come il semplice chador della donna, indossato su abiti molto più raffinati, una cappa che copre, nasconde o incorpora buona parte dello zoroastrismo iranico tradizionale, pre-islamico». Gli zoroastriani sono una delle minoranze religiose riconosciute dalla Repubblica islamica dell’Iran, assieme a cristiani ed ebrei. Una comunità di circa 35 mila persone, in un Paese di oltre 80 milioni di cittadini, tollerata dal governo iraniano che garantisce loro anche un rappresentante in Parlamento. Il centro della fede zoroastriana si trova a centinaia di chilometri a sudest di Tehran. È l’antichissima città, patrimonio Unesco, Yazd, la quale ospita circa 4mila fedeli e il famoso Tempio del fuoco, il più venerato del Paese, sulla cui facciata si erge il fravahar, l’uomo alato che rappresenta la parte divina dell’anima umana. Il tempio custodisce il fuoco sacro degli zoroastriani, simbolo di Dio sulla terra.

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Moschea Vakil Shiraz, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Secondo la leggenda il fuoco di Yazd arde ininterrottamente da millecinquecento anni custodito ogni giorno dai mobed, i sacerdoti che lo alimentato con legno di mandorlo e albicocco. Nonostante si tratti di una minoranza e anche se buona parte degli iraniani non seguono più la dottrina di Zoroastro, è spesso alla grande Persia zoroastriana anteriore l’occupazione araba a cui buona parte degli iraniani fanno riferimento nella costante ricerca di radici identitarie, un periodo lontano ed evanescente proprio come un sarab durante un viaggio nel deserto.

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Tempio del fuoco Yazd, 2018 (lph. Ceccarini, Rezashateri)

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Quartiere zoroastriano Yazd, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

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Sulla strada per il deserto Rezas Abad, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

La distinzione tra iraniano e musulmano è più radicata di quanto si possa pensare. Un cittadino della Repubblica è soprattutto persiano oltre che musulmano, e cerca di sottolinearlo ogni volta che ne ha l’occasione. Un atteggiamento molto diverso rispetto ai numerosi musulmani di altri Paesi per quanto riguarda il rapporto identità religiosa ed etnico-nazionale. Un legame con la Persia zoroastriana che non si è mai spento come il fuoco sacro nel tempio di Yazd.

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Yazd, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Il progetto fotografico SARAB vuole essere un viaggio visuale, un’indagine nel complesso e stratificato immaginario iraniano con l’obiettivo di suggerire momenti di riflessione su un tema centrale e complicato come quello dell’identità. Il nostro Collettivo utilizza la fotografia come strumento di ricerca in quanto convinti che sia un potente contenitore semantico, che le immagini cioè siano dense strutture di significato che hanno la forza di raccontare la complessità del reale spesso più delle parole.

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Shiraz, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Da questo modo di intendere le immagini nasce anche il lavoro di editing, la scelta degli scatti che vanno a costituire il progetto. Non stiamo raccontando qualcosa che accade davanti a noi nel momento dello scatto ma cerchiamo di dialogare per immagini altamente simboliche con i soggetti e la vita osservata, così da tentare di rappresentare e narrare stati emotivi, fenomeni culturali, concetti e immaginari.

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Negarman Shahrood, 2018 (ph. Ceccarini, Rezashateri)

Da qui la scelta di una serie di immagini surreali – uomini e donne fotografati di spalle, ad esempio, – ci aiuta a costruire la visione e percezione di individui che riflettono a ritroso sulla loro storia ed identità, così come un’animale in catene può rimandare ad una condizione esistenziale o la silhouette di una giovane coppia l’immagine di una generazione e delle sue contraddizioni.

Siamo tornati dal nostro viaggio con la mente carica di immagini e di emozioni, e con una quantità incredibile di scatti. Molti di questi faranno parte di altri progetti in programma: siamo ad esempio attualmente impegnati in un lavoro finalizzato ad indagare gli effetti della desertificazione in Iran attraverso un progetto che vuole riflettere sulle visioni distopiche del paesaggio, sulla percezione e sul concetto di paesaggio come luogo antropologico.

Dialoghi Mediterranei, n. 41, gennaio 2020
 Riferimenti bibliografici
P. Kiwaczeck, In search of Zarathustra, Weidenfeld & Nicolson, 2002
M. Solasi, Globo iraniano e Iran globalizzato, Markaz, Tehran, 2001
M.R. Tagik, Post modernismo e identità culturale iraniana, in M. Tohid Fam (a cura di), La cultura nell’epoca della globalizzazione, Rosaneh, Tehran 2003
IRANICA: Una, nessuna e centomila. L’identità iraniana e la questione delle minoranze di Simone Zoppellaro, dal sito web EAST JOURNAL:https://www.eastjournal.net/archives/49924

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Gianluca Ceccarini, laureato in Antropologia presso l’Università la Sapienza di Roma con una tesi sulle dinamiche di identità territoriale dei culti micaelici nei santuari ipogei, dal 2001 è socio fondatore dell’ARSDEA Associazione Ricerche e Studi Demo-Etno-Antropologici, tramite la quale svolge diverse attività: ricerche sul territorio, allestimenti museografici, partecipazione e organizzazione di convegni, pubblicazione di articoli. Si occupa di ricerca demo-etno-antropologica, con un particolare interesse rispetto alle tematiche dell’Antropologia del Paesaggio, del Corpo e dell’Etnomusicologia, privilegiando l’uso della fotografia. Con Nahid Rezashateri, fotografa-moviemaker iraniana, nel 2018 ha fondato il collettivo SARAB che si occupa di progetti fotografici, antropologia visuale, cortometraggi e Media Art, con particolare attenzione ai temi dell’identità, della memoria e del paesaggio come processo culturale.
Nahid Rezashateri, ha studiato alla Scuola d’Arte e poi Graphic Design presso l’Università in Iran, dove ha sperimentato le tecniche di ripresa e stampa fotografica analogica. Ha svolto uno stage presso l’Associazione Culturale Kadre Sefid e progettato libri per bambini. Ha lavorato in un giornale iraniano e in una rivista pubblicitaria come graphic designer. È stata direttore di un collettivo artistico dello Sharood Cultural Office attivo nella progettazione di cortometraggi e animazioni: da questa esperienza sono nate le due animazioni “Tanham” e “Adamha va Kalaghka”. Ha partecipato a due mostre collettive con sue opere composte da varie tecniche e materiali come tessuto, pittura, ceramica, grafica. A Theran si è specializzata e ha lavorato nel campo del trucco teatrale e cinematografico. Nel 2012 si è trasferita in Italia dove studia Media Art all’Accademia di Belle Arti e segue corsi di fotografia ed editoria. Con Gianluca Ceccarini nel 2018 ha fondato il collettivo SARAB. Suoi progetti fotografici sono stati pubblicati su riviste nazionali e internazionali di fotografia.

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