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Roberto Sottile ovvero il trionfo di una ricerca “concentrica” e “lungimirante” sulla lingua di Leonardo Sciascia

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2022 @ 01:21 In Cultura,Letture | No Comments

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1. Ricerca pluri-centrica, centrifuga e lungimirante

A voler indicare la specificità del volume (prematuramente postumo) di Roberto Sottile, Sciasciario dialettale. 67 parole dalle ‘Parrocchie’, Prefazione di Marina Castiglione (Firenze, Cesati, 2021), mi sembra pertinente l’immagine di una serie di cerchi concentrici, ognuno con la focalizzazione dei singoli aspetti della molteplice ricerca che muove dalla lingua di L. Sciascia in prospettiva sincronica, via via sempre più lungimirante con l’occhio alle varietà diatopiche del siciliano, ai dialetti italiani e oltre, in direzione diacronico-etimologica, e quindi a un tempo concentrica e centrifuga rispetto al punto di partenza. 

2. Il corpus della ricerca

Il cuore della ricerca, come sottolineato nel titolo neologico (Sciasciario dialettale) e specificato nel sottotitolo, è costituito da “67 parole dalle Parrocchie”, giusto 67 perché, così si esplicita, tale è il numero degli anni trascorsi dal 1954, indicato da Sciascia in quanto avvio della composizione delle sue Parrocchie di Regalpetra, al 2021, coincidente col centenario della sua nascita.

81rrohl4jblSi tratta di 67 parole tratte non, come apparentemente potrebbe sembrare, dalle sole Parrocchie di Regapeltra, ma da tutta l’opera saggistico-letteraria sciasciana (1956-1989). 17 sono infatti i titoli dei singoli testi citati a p. 168, ovvero 15 testi letterari e saggistici e 2 saggistico-metalinguistici (Kermesse 1982, ried. ampliata come Occhio di capra 1984, rist. 2012); manca invece, comprensibilmente, l’utilizzo dell’opera omnia di Adelphi (Opere 2012 -2014-2019) magistralmente curata da P. Squillacioti, meno maneggevole per gli autori dello spoglio da parte di ben 40 studenti di Sottile, puntigliosamente citati a p. 9.

Le 67 parole, anticipate, nella importante “Introduzione” sono analizzate alfabeticamente nella seconda parte del testo (“Sciasciario dialettale (aggriffare-zabàra)”), dotato di un accurato indice delle voci e delle locuzioni approntato da 7 studenti e preceduto da una ricca “Bibliografia”. 

li_libbra_vocabolario_siciliano3. Ricerca concentrica, centrifuga e lungimirante

La ricerca, come accennato, è concentrica e a un tempo centrifuga perché muove dalla identificazione dei luoghi e dei contesti in maniera selettiva – primo cerchio – in cui Sciascia utilizza i lessemi poi analizzati, con indicazione dei vari significati. Ma Sottile passa poi a illustrare – secondo cerchio –  con estrema analiticità i diversi significati che i lessemi possono avere nel dialetto siciliano, sulla scorta soprattutto del Vocabolario Siciliano di Piccitto-Tropea-Trovato (1977-2002) e della tradizione lessicografica siciliana pre- e post-piccittiana, nonché di personali inchieste sul campo, senza scartare la presenza – terzo cerchio – dei lessemi negli altri dialetti italiani e ancora – quarto cerchio – al di fuori dell’Italia nelle altre lingue dell’Europa, l’obiettivo essendo anche – quinto cerchio – di risalire all’etimo sincronico o diacronico, in fitta interazione col Vocabolario storico etimologico del siciliano di A. Varvaro 2014  e con gli altri etimologi. Nel contempo Sottile indica –   sesto cerchio – la diffusione dei lessemi sciasciani in una rosa di scrittori siciliani, in primo luogo Consolo, Bonaviri, Grasso e (sulla scorta del Dictionnaire étymologique di A. Moroldo) l’ipercitato Camilleri, ed altri, ovvero La Spina, Bufalino, Hornby, Denti di Pirayno, ecc. L’ordine di presentazione dei dati relativi a questi 6 ambiti non è naturalmente rigido. 

162605950514. Tipologia del corpus sciasciano

Il corpus delle 67 voci sciasciane è ulteriormente diversificato da Sottile in base alla loro funzione in 4 categorie:

a) Realia, ovvero lessemi (tendenzialmente) senza referenti comuni al dialetto e all’italiano, ess. mandorle cagliate, cobaita, criato, giummo ‘nappa’, ginisi, calcherone ‘fornace per la fusione dello zolfo grezzo’;

b) “Parole evocative”, ovvero dialettalismi particolarmente connotati: gana ‘voglia’, cannata ‘boccale’, aggroppare, caccamo ‘bagolaro, spaccasassi’, balate gialle ‘lastre di zolfo’, babaluci ‘chiocciole, lumache’, taddema ‘aureola’; vurdunari ‘mulattieri’, asino di vurdunaru.

c) “Parole per narrare la parrocchia”, ovvero voci dialettali, siciliane (non dialettalismi), per es. camurrìa, catuniari, naca,  presenti in Kermesse 1982 (ried. come Occhio di capra 1984): un testo chiaramente metalinguistico in cui Sciascia ricorda e commenta da letterato e da dialettologo ‘laico’ voci siciliane relative alla sua realtà locale e familiare, da «impareggiabile testimone della cultura tradizionale/dialettale della sua Parrocchia». Ben 19 su 69 (il 27,5%) sono i termini metalinguistici siciliani di Sciascia qui ripresi da Sottile.

d) Parole tratte da citazioni in testi autentici, ess. algozirio/algozzino, attrassare ‘ritardare’. 

Questa quadri-partizione del corpus è ulteriormente analizzata alla luce di uno schema della cultura dialettale, proposto da G. Ruffino (2000) in voci della “cultura materiale” [CM] ess. antimonio ‘grisou’, caccamo ‘bagolaro’, calcherone; della “Cultura orale” [CO] ess. ammatula ‘invano’; della “sfera domestica” [SD] es. astutare ‘uccidere’, buatta ‘scatola di latta con conserva di pomodoro’ e “altro” [AL] ess. algozirio, riferito a linguaggio burocratico, all’inquisizione, al comportamento umano es. comarca ‘combriccola’, ecc. 

5000000180807_0_0_464_0_755. “Autoctonismi” endogeni ed esogeni

Sottile propone per la sua ricerca onomaturgicamente il termine “autoctonismi” da intendere come ci si aspetterebbe, nel senso diacronico di “voci autoctone” o “patrimoniali”, cioè derivanti dal latino parlato, per es. mappata der. di mappa “mappate di tela” < sic. mappata, hapax e senza continuazione in altri scrittori siciliani: «Valige legate con la cordicella e mappate di tela» (in Il mare colore del vino 1973: 27), con almeno (aggiungiamo) una seconda occorrenza, con accezione fig., in Recitazione della controversia liparitana (1969): «[...] come in un trasloco, avete fatto una mappata di diritto, di cartesianesimo e di giansenismo; e ve la siete caricata su una vocazione al sacerdozio che forse era più fragile di quanto credevate» (: 90).

Altri autoctonismi (diacronicamente) endogeni sono ancora: astutare ‘uccidere’ < sic. astutari (< lat. *ex-tutare), calcherone ‘fornace per la fusione dello zolfo grezzo’ < sic. carcaruni suff. di carcara (< lat. calcāria), chiarchiaro ‘pietraia’ < sic. chiarchiaru (< lat.*calcŭlarium), cannata ‘boccale’ < sic. cannata (< lat. *cannata) o neoformazioni del sic. es. il polisemico parasintetico inconigliarsi ‘nascondersi’ detto dei furetti, dei ragazzi, ecc. < sic. ncunigghiarisi.

Ma il termine autoctonismo non ha qui solo valore esclusivamente diacronico-patrimoniale o di neoformazione, in quanto include anche nell’uso dell’A. insolitamente i dialettalismi siciliani derivanti come “doni” da altre lingue, p.e. tutti gli italo-americanismi (chendi, ciunga, farma, giobba, orràit, scecchenze, sciaràp, scioppa, sichinienza, storo), voci tra l’altro note certamente a Sciascia in quanto dialettofono ma anche confortate filologicamente da un art. divulgativo di A. Gisolfi 1945, e poi: criato, creato ‘servo’ < sic. criatu (< spagn.), lastima ‘pena’< sic. lastima (< sp. lástima), gana ‘voglia’ < sic. gana (< spagn.); dammuso < sic. d(d)ammusu (< arabo), cubaita < sic. cubbaita (< ar.), giummo ‘nappa’ < sic. giummu (< ar.), tabuto ‘cassa da morto’ < sic. tabbutu (<ar.); taddema ‘aureola’ < sic. taddema (< it. diadema); cirneico < (lat. parl. < gr.), ecc. In totale, su 69 voci sciasciane almeno 39 (= il 56,5%) sono invero “prestiti”. 

61vczccqfol5.1. Autoctonismi “prestiti necessari” e “prestiti di lusso” connotati

Il termine autoctonismi ha invece per Sottile un’accezione non esclusivamente diacronica ma stando alla sua precisazione indica piuttosto «voci letterarie riconducibili a parole senza corrispondenze formali o semantici nell’italiano» ovvero “forme prettamente dialettali”; «si tratta di lessemi che non hanno corrispondenti con le corrispettive voci italiane, o per forma e significato o soltanto per significato», si ribadisce nella stessa pagina. L’A. include anche lessemi con possibili traducenti italiani referenziali, ma con diverse connotazioni dialettali “evocative” (“espressive”, “liriche”, “familiari” ovvero “ecologiche”), cfr. supra (§ 4): b) “Parole evocative”, ovvero dialettalismi particolarmente connotati: gana ‘voglia’, cannata ‘boccale’, caccamo ‘bagolaro, spaccasassi’, balate gialle ‘lastre di zolfo’, babaluci ‘chiocciole, lumache’, taddema ‘aureola’; vurdunari ‘mulattieri’, asino di vurdunaru.

Stando quindi a tali precisazioni, il termine è allora da intendere idiolettalmente in accezione puramente sincronico-contrastiva, in altri termini come “prestiti necessari” del dialetto che colmano vuoti semantici dell’italiano, come “dialettalismi segnici” (le sole eccezioni essendo nel suo corpus coppo ‘di pasta’ e mandorle cagliate in quanto dialettalismi semantici), o “prestiti di lusso”, referenzialmente cioè non strettamente necessari ma con particolari connotazioni. 

edc1d0314df26f4954651131e82a7939_xl5.2. Regionalismi e dialettalismi

Il termine “autoctonismi” – tutto sottiliano – mira così a individuare termini dell’italiano regionale letterario siciliano specifici di L. Sciascia, ovvero utilizzati solo – per primo – da lui (con qualche rara eccezione) e poi successivamente a lui, in prima battuta Consolo, Bonaviri, Grasso, Camilleri ed altri. Si tratta etimologicamente di “sicilianismi” e diatopicamente di “regionalismi” siciliani di tipo prevalentemente segnico, cioè tali nel significante e nel significato, a volte regionalismi semantici (o calchi semantici) es. coppo ‘pacco/involucro a palloncino’’, mandorle cagliate.

Non molto giustificata alla luce di quanto sopra ci sembra quindi l’insistenza da parte dell’A. di distinguere l’“italiano regionale letterario” (ess. calcherone, vucceri, carnezziere, astutare, càntaro, chiarchiaro, cosca, taddema, coppo (‘di pasta’) dall’ “italiano regionale parlato odierno” (con la riduzione degli ess. a calcherone, carnezziere, cosca, taddema, coppo di pasta) e dall’“italiano comune” (con la sopravvivenza dei soli cosca e coppo di pasta) privilegiando il punto di vista del lettore di oggi — e conseguentemente di volere scartare l’uso del termine “regionalismo”.

Si tratta invero sempre di voci (diatopicamente) “regionali” o “regionalismi” e (etimologicamente) “dialettali, siciliane” o dialettalismi regionali, diamesicamente scritte/letterarie e parlate, che solo nel caso di cosca (mafiosa), non certamente coppo di pasta si può forse indicare come ex-regionalismo, in quanto pan-italiano (come nel caso del sicilianismo mafia). 

canti-popolari-siciliani-profilo-giuseppe-pitre-80094317-ff0e-4f96-80bc-8be7d01ba2026. Oltre e al di là di Sciascia

L’interesse specifico per la lingua di Sciascia da parte dell’A. si potrebbe dire è solo l’occasione per spaziare nell’universo del dialetto siciliano e delle sue varietà. Il che dà all’A. la possibilità di fornire dati descrittivi di prima mano sul dialetto con citazioni di proprie etno-interviste a Serradifalco e Caltavuturo (PA), per es. a proposito del lessico venatorio sub inconigliarsi, o  a Castrofilippo e Aragona (AG) sub termine cirneco, arricchendo quanto da noi indicato in un precedente saggio del 1994 (Diglossia, prestigio e varietà della lingua italiana, Il lunario, cap. 8), su cui ora è ritornato Y. Gomez Gane, Il «cirneco» tra Sicilia e Mediterraneo. Saggio storico-linguistico, in “Boll. [del] Centro di studi fil. e ling. sicil.” 2014: 193-222), o di soffermarsi sulla cultura dialettale con significative citazioni di Pitrè (1870-1913) a proposito del lutto in Sicilia (sub alluttato), ecc.

L’A. propone così nuove etimologie, per es. a proposito di antimonio ‘grisou’ non paraetimologicamente da “anti-monaco” ma dal sic. dimoniu ‘demonio’ > ddimoniu > nnimoniu (<*ndimoniu) > it. antimonio. Nel caso di Pampilonia ‘confusione infernale, babilonia’, Sottile ha buon gioco nel prendere le distanze dalla suggestione di Sciascia che rinviava alla hemingwayana “fiesta di Pamplonia”, a favore del sic. bbabbilonia ‘babilonia’. Così per taddema ‘aureola’ < it. diadema < lat. diadēma < gr. diadema. Non diversamente nel caso di cràculi ‘bagattelle’ non “ispanismo” “assai improbabile”, dallo spagn. caracoles, come vorrebbe Sciascia, ma dall’“italiano calcolo, ‘piccola pietra’, dal lat. calculus”.

A proposito della locuzione o polirematica a testa e scritto ‘a testa e croce’, muovendo dalle «effigi impresse sul dritto e sul verso delle monete usate per giocare», Sottile ricostruisce in maniera brillante la cronologia relativa di una ventina di varianti diatopiche, come l’espressione acula e-ccruci fatta risalire all’epoca di Federico II, a-ttesta e cruci databile al regno di Carlo I d’Angiò (1266-1282), ecc. Non meno acuto è il complesso accorpamento semantico-formale di numerose locuzioni ruotanti attorno a zabàra ‘agale, aloe’ in due gruppi (tipo zero e tipo zera) con varianti diverse. 

7. Conclusione

Alla fine, il volume va ben al di là dell’universo linguistico sciasciano: è un invito alla scoperta della ricchezza idiomatica del dialetto siciliano in prospettiva sincronica, diatopica, interlinguistica, diacronica, etno-linguistica, antropologica, ecc. 

Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022

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Salvatore Claudio Sgroi, già ordinario di Linguistica generale nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, si è occupato in chiave teorica, storica e descrittiva, di storia della terminologia linguistica, di storia della grammatica, di sintassi, della formazione del lessico, della lingua italiana nelle sue varietà, di educazione linguistica, di divulgazione scientifica in varie sedi, da ultimo nel blog di Fausto Raso (<https://faustoraso.blogspot.com/>). È autore di circa 500 pubblicazioni, tra cui Per una Grammatica ‘laica’. Esercizi di analisi linguistica dalla parte del parlante (Utet 2010), Scrivere per gli Italiani nell’Italia post-unitaria (Cesati 2013), Dove va il congiuntivo? (Utet 2013), Il linguaggio di Papa Francesco [e la lingua degli Italiani] (Libreria Editrice Vaticana, LEV 2016), Maestri della linguistica italiana (2017), Maestri della linguistica otto-novecentesca (2017), Saggi di grammatica laica (2018), (As)saggi di grammatica laica (2018), tutti editi dalle Edizioni dell’Orso, Gli Errori ovvero le Verità nascoste, Centro di studi filologici e linguistici siciliani 2019), Dal coronavirus al covid-19. Storia di un lessico virale (Edizioni dell’Orso 2020); Trittico sciasciano con “giallo”. Quaquaraquà, mafia, pizzo (UTET Università, De Agostini 2021).

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