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Rileggere Freud. Un caso clinico e l’interpretazione di un autore lacaniano

Posted By Comitato di Redazione On 1 maggio 2022 @ 01:31 In Cultura,Letture | No Comments

L'uomo dei ratti. Il romanzo clinico freudiano detto «L'Uomo dei topiÂdi Piero Di Giorgi

Jaques Lacan, psicoanalista francese, si è proclamato l’interprete autentico di Sigmund Freud e ha dato molto rilievo alla linguistica. Nel 1953, dopo sei mesi che ricopriva il ruolo di presidente della SPP (Società psicoanalista parigina), è stato costretto a dimettersi, perché accusato di avere fomentato un gruppo di allievi a rivolgere forti critiche al tentativo di ridurre la psicoanalisi freudiana a modalità burocratica dell’analisi didattica. Successivamente, egli stesso ha anche attribuito il successo della psicoanalisi negli Stati Uniti a una mistificazione dell’opera di Freud, per avere accentuato l’aspetto terapeutico della psicoanalisi e trascurato «le funzioni della parola e del campo del linguaggio». Pertanto, ha proposto “un ritorno a Freud” e ha fondato la Société française de psychanalyse (SFP), che in seguito è diventata l’E’cole freudienne de Paris (EFP), per essere poi sostituita da La causefreudienne.

Lacan ha proposto tre tesi: l’inconscio, come centro della vita pulsionale condizionato dal linguaggio, coincide realmente con l’intero soggetto; l’Io è considerato all’interno della problematica del “farsi del soggetto”, privo di una vera autonomia, svolge una funzione narcisistica e difensiva; la cura non cerca la Guarigione ma la Verità. Un ruolo centrale svolge, per Lacan, lo stadio dello specchio, di cui parla per la prima volta nella Comunicazione al XVI congresso internazionale di psicoanalisi di Zurigo del 17 luglio 1949, dal titolo “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io”.

Il bambino, in un’età precoce, in cui ancora non cammina ed è in braccio alla madre, all’età di circa sei mesi «già riconosce nello specchio la propria immagine come tale». La sua immagine speculare diventerà la matrice simbolica dell’Io primordiale, che Lacan suddivide in Je e Moi. Il bambino passa da una prima fase in cui la sua immagine gli appare come di uno sconosciuto, a una seconda fase in cui riconosce questo altro come immagine, ma non reale, a una terza in cui riconosce l’immagine riflessa di se stesso e prende coscienza di sé. In ogni caso, il bambino può prendere padronanza dell’immagine unitaria del suo corpo riflesso nello specchio se ha l’ausilio di colui che incarna la funzione simbolica, cioè il nome del padre.

Lacan aggiunge inoltre alle tre fasi freudiane dello sviluppo – orale, anale e fallica – anche la pulsione scopica, dove domina l’immagine speculare, che ha affinità con lo stadio orale ed è il dominio prediletto del nevrotico ossessivo; e un’ulteriore fase, che rappresenta la voce o introiezione uditiva, che implica la funzione paterna che si manifesta nella “figura oscena e feroce” del Super-io.

Ho riassunto queste poche righe su Lacan perché l’autore di L’uomo dei ratti. Il romanzo clinico freudiano detto l’uomo dei topi (edizioni ETS, 2022), il mazarese Luigi Burzotta, è uno psicoanalista lacaniano tra i più prestigiosi ed esercita a Roma. È stato presidente della Fondation Européenne pour la psychanalyse e ha diretto per circa un decennio la rivista dell’Associazione La cosa freudiana, Bollettino di psicoanalisi. Ha pubblicato numerosi articoli e alcuni libri, tra cui Psicoanalisi e scienza, edito da Franco Angeli, Lo sguardo della maschera, per i tipi di Armando. Luigi Burzotta riprende il primo dei cinque casi clinici riferiti da Sigmund Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva (Caso clinico dell’uomo dei topi). che apre il sesto volume degli scritti freudiani, editi da Boringhieri e ne traduce il titolo in L’uomo dei ratti in consonanza con quello ufficiale tedesco Der Rattermann.

51ltgmvwzulFreud, dopo avere approfondito la propria preparazione neurologica a Parigi, presso la clinica della Salpêtrière, diretta da Jean Martin Charcot, ha aperto il proprio studio a Vienna nel 1886 e nel 1892 ha creato il metodo delle libere associazioni con il caso di Elisabeth von R., preludio alla nascita della psicoanalisi, che avverrà nel 1900 con la pubblicazione di L’interpretazione dei sogni. Freud aveva ultimato la stesura del Caso clinico dell’uomo dei topi prima di partire per gli Stati Uniti ed è stato pubblicato nel 1909.

Dopo la morte di Freud nel 1939 a Londra, dove era emigrato per sfuggire ai nazisti, sono stati trovati, tra le sue carte, gli appunti presi regolarmente subito dopo ogni singola seduta e sono stati oggetto di una edizione critica nel 1974, da parte di Elsa Ribeiro Hawelka. Sullo stesso testo tedesco è stata effettuata la traduzione italiana da parte di Ada Cinata. Gli Appunti arricchiscono notevolmente il caso e viene ampliata la comprensione teorica della nevrosi ossessiva. Vi si trovano anche nuovi spunti sulla formazione dei sintomi, che in seguito saranno sviluppati da Freud in Inibizione, sintomo e angoscia del 1925.

Tornando al caso clinico, Freud così esordisce: «un uomo di cultura universitaria viene a consultarmi e dichiara di soffrire, fin dall’infanzia di rappresentazioni ossessive, che si sono fatte, tuttavia, più intense negli ultimi 4 anni». Il paziente di nome Ernst si trova alle manovre militari, impegnato come sottotenente e avverte impulsi ossessivi come, ad esempio, quello di tagliarsi la gola con un rasoio. Narra che la propria vita sessuale è iniziata precocemente. Quando aveva 4-5 anni, la sua famiglia aveva una governante giovane e bella che la sera si sdraiava sul divano a leggere e il paziente, disteso vicino a lei, le ha chiesto il permesso di infilarle la mano sotto la gonna. La signorina aveva acconsentito a patto che non lo dicesse a nessuno, quindi le ha toccato i genitali e da allora gli è rimasta un’assillante curiosità di vedere il corpo femminile. La stessa cosa è capitata con un’altra governante, anch’essa giovane e carina.

9788833972312_0_536_0_75Attraverso gli Appunti emergono alcune confessioni sui rapporti di Ernst con le sue sorelle, in particolare gli assalti ripetuti su Olga, dopo la morte del padre, seguiti da grande pentimento. Freud, nella ricerca della “scena primaria” spinge il paziente a interrogare la madre, la quale dichiara che quando il bambino aveva 3-4 anni, era stato punito perché aveva morso qualcuno. Freud annota che la punizione del piccolo Ernst da parte del padre è in rapporto con appetiti sessuali diretti verso la madre e la sorella. Il paziente, già dall’età di 6 anni, soffriva di erezioni e racconta che in quel periodo aveva l’idea morbosa che i genitori conoscessero i suoi pensieri e che si possa considerare questo come l’inizio della sua malattia.

Freud scrive che il contenuto principale dell’ossessione consiste nei timori che possa accadere qualcosa a due persone che gli sono care, il padre e una signora di cui è ammiratore, designata negli Appunti come dame e che si rivela essere la cugina Gisela, per la quale sostiene di non nutrire alcun interesse sessuale. Tuttavia, si era ostinato a frequentarla, nonostante il divieto del padre e anche della madre, e nonostante il rifiuto reiterato della stessa alle sue offerte amorose. Richiesto da Freud di fornire un esempio dei suoi timori, risponde: «eccone uno, che mio padre morisse. Pensieri sulla morte di mio padre hanno occupato la mia mente fin da quando ero piccolo e, per molto tempo, rattristandomi assai». Il paziente, verso i 6 anni, era stato punito dal padre severamente in connessione con l’onanismo e ciò avrebbe lasciato un rancore profondo verso il padre, sebbene il paziente si fosse rifiutato di ammettere questa ostilità. Nella seduta successiva racconta che, durante le manovre militari, a una sosta, ha perso il pince-nez e ha telegrafato al suo ottico di Vienna per farsene mandare un altro a giro di posta. In verità, la perdita non era stata casuale, ma era avvenuta in seguito al racconto di un ufficiale circa una punizione orribile applicata in Oriente. Il condannato veniva legato, gli veniva applicato un vaso sul sedere, in cui venivano introdotti dei ratti che s’infilavano “nell’ano” – completa Freud.

uomo-dei-topi-rat-man-casi-clinici-freudIl racconto lo ha sconvolto a tal punto da procurargli una rappresentazione che questa tortura potesse capitare proprio alla sua dama. La sera successiva, lo stesso capitano gli ha consegnato un pacchetto contenente il pince-nez, arrivato per posta, dicendogli che il tenente David ha pagato l’assegno e che deve restituirglielo. In quel momento, si è formato nel paziente un dilemma: non restituire il denaro e si avvera la fantasia dei ratti per il padre e la dama; dall’altra, la prescrizione di restituire le 3 corone e 80 al tenente David. Anche il padre, prima di sposarsi, mentre prestava il servizio militare come sottufficiale, un giorno giocando a carte, aveva perso i soldi della cassa militare ed era stato salvato dalla generosità di un amico che gli ha procurato la somma di denaro.

Freud, per spiegare la reazione violenta avuta dal paziente, suppone che le parole del capitano abbiano colpito zone ipersensibili del suo inconscio e avesse sollecitato una serie di pulsioni, di ricordi e di significati simbolici. In primo luogo, il supplizio dei topi risvegliava l’erotismo anale che, nell’infanzia, era stato per anni alimentato da vermi intestinali. I topi acquistavano anche significato di denaro, in quanto il paziente associava alla parola “ratten” (topi) la parola “raten” (rate). Nonostante l’abbondanza del materiale, il significato dell’idea ossessiva era rimasto oscuro fino al giorno in cui è emersa nell’analisi la Damigella dei topi del piccolo Eyolf di Ibsen, dove il protagonista paralitico viene condotto a mare dalla vecchina dei topi e affogato. È divenuto allora inevitabile che i topi assumessero anche il significato di bambini. I topi mordono e rodono. Il paziente lì per lì era rimasto turbato ma subito dopo aveva stabilito un collegamento con la scena della sua infanzia quando aveva dato un morso a qualcuno. Il capitano aveva preso, per il paziente, il posto del padre. Freud annota che nella rimozione dell’odio infantile verso il padre si può ravvisare l’evento che sospinge nell’orbita della nevrosi tutti gli avvenimenti successivi della vita.

1Nella seduta successiva, il paziente racconta di avere chiesto al medico quando suo padre si sarebbe potuto considerare fuori pericolo e la risposta è stata: dopodomani sera. Messosi a letto, quando si è svegliato, ha saputo che il padre era morto. A quel punto, il senso di colpa lo porta a considerarsi un delinquente. Freud interviene spiegando che «l’affetto ha una sua ragion d’essere, né è il senso di colpa a dover essere criticato, esso attiene a un altro contenuto, ignoto (inconscio) e che deve essere ancora rintracciato».

Fin qui il racconto, in estrema sintesi, del caso clinico dell’uomo dei topi fatto da Freud, sul quale è centrato il libro di Luigi Burzotta. Come ho detto all’inizio, Lacan parla di un ritorno a Freud, ma in verità propone un altro paradigma. L’Edipo non viene negato, ma mentre per Freud costituisce il nocciolo del romanzo familiare, per Lacan e i suoi allievi, il perno da cui tutto si dipana è lo stadio dello specchio. Diverso è anche il linguaggio. Scrive Burzotta: 

«Il modello risale allo stadio dello specchio, quell’epoca remota in cui il soggetto ancora immaturo, scorgendo con segni evidenti di giubilo, la propria immagine riflessa, si rivolge dubbioso verso colui che lo porta per averne la conferma, ottenendo subito dalla sua parola sollecita la ratifica che quello apparso nello specchio, pur percepito come un altro a lui estraneo, è proprio lui, quello stesso che porta il suo nome. Da questa esperienza drammatica, in cui l’altro pronuncia con insistenza il suo nome dandolo come identico a quello cui pertiene propriamente l’immagine riflessa, dalla sua ripetizione egli perviene all’assunzione del proprio io. A quel momento il soggetto sente l’io come qualcosa di più evoluto, di più perfetto, che anticipa la propria maturazione… Ogni relazione con l’immagine dell’altro partecipa di questo conflitto originario che porta l’ossessivo a munirsi di complesse fortificazioni. La funzione narcisistica dunque porta con sé per definizione questo marchio».

Luigi Burzotta osserva che Freud interrompe il paziente mentre dice di «ricordarsi di avere fatto, da bambino, cose derivanti da quell’altro lato di se stesso» per annunciargli «che con ciò ha incidentalmente scoperto uno dei caratteri fondamentali dell’inconscio, ossia la relazione con l’infantile…che potrebbe ora scoprire un altro carattere dell’inconscio; vorrei che lo facesse da solo». A proposito del debito, Luigi Burzotta evidenzia che il paziente collega l’esperienza attuale alla vicenda paterna di un debito insoluto e ciò diventa anche l’impalcatura del delirio, che Lacan designa come causa del desiderio e comunque significante del godimento e pegno della castrazione. Il timore ossessivo che quella cosa (la tortura dei topi) succeda, si trasforma in una sorta di obbligazione alla restituzione delle 3,80 corone al tenente David. Il predicato verbale ha pagato diviene il significante di tutto il delirio. Ma con il pagamento del debito, cesserebbe il delirio. Ogni imposizione per lui è odiosa perché egli, come dice Freud «tiene al proprio delirio». Il che vuol dire che l’ordine di pagare le 3,80 corone al tenente David deve restare un ordine non eseguito.

Tutto ciò configura l’azione paralizzante della malattia. Burzotta sottolinea anche che il pensiero di morte del padre prendeva il posto del desiderio, che poi è sempre il nucleo del complesso edipico e la paura della castrazione da parte del padre, idea che il paziente aveva fatto risalire all’età di 6 anni quando egli soffriva di frequenti erezioni che, puta caso, le andava a raccontare alla mamma. Nel vissuto di Ernst, la funzione normativa del padre è oscurata per assimilazione dal desiderio di sua madre, perciò l’autorità paterna risulta sminuita e non sufficiente a sostenere la legge e l’interdizione.

L’ossessivo è caratterizzato anche dall’ambivalenza e dalla compresenza di due sentimenti contrastanti, una lotta tra amore e odio verso la stessa persona. Qui, a differenza di Freud, Burzotta, riprende l’interpretazione lacaniana riferita al nocciolo dello stadio dello specchio e scrive che 

«il posto che dovrebbe occupare l’Io è già occupato dall’altro… sicché il demerito ricade di riflesso sul proprio Io… L’uno e l’altro sono i due aspetti della relazione narcisistica. Il modello risale allo stadio dello specchio, quando l’immagine speculare consente all’io di modellarsi e percepire ciò che ancora vive nella confusione originaria delle funzioni motrici e affettive». 

freud-1A proposito del desiderio del paziente bambino di vedere le donne nude, Luigi Burzotta, introduce la pulsione lacaniana scopica e annota che l’introduzione dello sguardo struttura fin da bambino l’interesse libidico di Ernst. Nella psiche del “piccolo libertino”, accanto al desiderio ossessivo si accompagna un timore ossessivo intimamente legato a esso. Egli non può fare a meno di temere che possa accadere qualcosa di terribile. S’innesta anche la funzione narcisistica che è, a detta di Lacan, «generatrice e regolatrice di tutto lo sviluppo immaginario dell’uomo ma anche quella che introduce l’esperienza della morte» quando il piccolo dell’uomo, guardandosi allo specchio, «percepisce la propria immagine come un tutto quando ancora non si sente tale» e dunque «si vede in un altro più evoluto e più perfetto di lui».

È il dramma dello stadio dello specchio. E qui c’è anche, piuttosto che l’interpretazione autentica di Freud, una divaricazione che Burzotta chiama «paradosso enunciato da Lacan». Infatti, se per Freud, sotto la minaccia della castrazione, il bambino rinuncia al suo desiderio verso la madre e s’identifica con il padre; per Lacan, invece, l’uomo come tale per funzionare deve essere castrato. Tutto l’impegno a evitare la castrazione fa l’uomo nevrotico. La ragione della nevrosi sta anche nell’altro paradosso enunciato da Lacan che afferma che non c’è rapporto sessuale. Luigi Burzotta, sulla scia del maestro, afferma che, per il tramite della castrazione, il Fallo sorge come elemento terzo, in rapporto al quale deve essere ordinato il rapporto in cui uomo e donna sono in difficoltà: il godimento sessuale.

In ultima analisi, ho voluto sottolineare, da freudiano, alcune delle differenze che intercorrono tra Lacan e Freud, quali emergono dal libro di Luigi Burzotta. Un libro colto, con tanti riferimenti alla favolistica, alla letteratura, alle tragedie greche, alla drammaturgia di Shakespeare e di Ibsen e non potevano certo mancare Wolfgang Goethe e Pirandello. 

Dialoghi Mediterranei, n. 55, maggio 2022

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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014); Siamo tutti politici (2018); Scuola ed educazione alla democrazia (2021).

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