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Rigenerazione e valorizzazione delle Aree Interne: criticità e sfide. Un caso di studio nel Salento
Posted By Comitato di Redazione On 1 settembre 2023 @ 02:17 In Cultura,Società | No Comments
CIP
di Caterina De Marzo [*]
In Italia, un Paese ricco di diversità geografiche e culturali, emergono luoghi ai margini dell’attenzione collettiva che custodiscono autentiche e intricate narrazioni. Questi luoghi narrano storie che si estendono dalle valli e montagne alpine alle regioni interne dell’Appennino e alle isole del Mediterraneo.
Attualmente, il concetto di “area interna” ha attraversato un’evoluzione significativa rispetto al passato. In tempi passati, era principalmente associato a territori rurali poco sviluppati, caratterizzati da scarsa densità demografica, economie fragili e limitata attrattività. Oggi, invece, l’idea di area interna rappresenta una collezione di contesti autentici e complessi, ciascuno con la propria identità e condizione di marginalità. Tuttavia, queste condizioni marginali possono essere superate adottando un approccio olistico, che valorizzi le risorse locali coinvolgendo sia le istituzioni che le comunità. In questo contesto, il concetto di ‘turismo relazionale integrato’ emerge come un potenziale mezzo per contrastare l’emorragia demografica e promuovere lo sviluppo sostenibile, rappresentando un progetto completo, informativo e operativo che tiene conto della programmazione dei Fondi Europei finalizzati alla rinascita di queste aree. La globalizzazione e la bassa crescita economica che caratterizzano molte delle zone avanzate, negli ultimi anni, hanno suscitato un dibattito sulla natura delle politiche di sviluppo e competitività e sulla loro portata, contenuti e beneficiari.
Nel contesto del mio lavoro di ricerca mi sono concentrata sugli obiettivi della SNAI volti allo sviluppo locale, in particolare sulla valorizzazione del capitale naturale e culturale attraverso il turismo sostenibile. Ho preso in considerazione l’individuazione delle risorse, il superamento delle sfide e la promozione della collaborazione tra imprese locali, la valorizzazione del patrimonio culturale e la consapevolezza che le politiche siano adattate alle peculiarità e unicità locali e fondate su un approccio integrato tra le istituzioni e le comunità locali. Le politiche pubbliche passate, spesso incentrate sull’infrastrutturazione, trascuravano infatti le specificità territoriali. La sfida attuale è creare opportunità sociali ed economiche sostenibili per le popolazioni attraverso politiche a scala regionale e locale.
Sebbene le aree interne costituiscano circa il 60% del territorio nazionale, ospitano soltanto il 23% della popolazione italiana. La Strategia Nazionale mira a rovesciare questa tendenza, promuovendo la creazione di comunità sostenibili mediante investimenti nelle infrastrutture e nei servizi pubblici. Una comprensione approfondita delle sfide che affrontano le aree interne emerge attraverso tre narrative rilevanti: “l’Italia montana”, che sottolinea le battaglie delle zone montuose e interne; “l’Italia delle disuguaglianze civiche”, che mette in evidenza gli squilibri tra Nord e Sud; e “le Italie in declino”, riferentesi alle regioni in forte regresso economico [1]. Queste narrazioni presuppongono l’importanza di un approccio integrato per lo sviluppo territoriale.
L’area interna oggetto specifico della mia analisi è il “Sud Salento” [2], con le sue peculiarità geografiche, radici storiche profonde e indicatori socio-economici distintivi. Un’area che comprende i comuni di Specchia (4.602 abitanti), Salve (4.485 abitanti) e Presicce-Acquarica (9.518 abitanti), per una popolazione totale di 18.605 abitanti [3]. Conformemente a dati recenti, il PIL di questa area manifesta una dinamica in evoluzione, caratterizzata da significative opportunità ma anche sfide notevoli. ll rischio di spopolamento è un problema che accomuna le aree interne, sebbene possa essere sovrastimato. Evidenze dalla ricerca “Giovani dentro” [4] condotta dall’Associazione Riabitare l’Italia dimostrano che due giovani su tre che risiedono in queste regioni desiderano rimanervi. Questo desiderio è guidato dalla percezione di una migliore qualità della vita in termini ambientali e da legami sociali più forti all’interno delle comunità locali. Molte delle persone intervistate partecipano attivamente ad attività associative o iniziative locali, contribuendo alla vitalità del territorio. Coloro che contemplano l’idea di partire sono motivati dall’opportunità di trovare lavoro altrove e di arricchire le loro esperienze di vita.
Una delle principali lamentele degli abitanti delle aree interne è la necessità di recarsi fuori dal proprio comune per accedere a servizi essenziali, un disagio particolarmente sentito dagli anziani. Superare queste difficoltà richiede una visione strategica che non solo affronti le sfide principali, ma anche promuova lo sviluppo locale sfruttando le specifiche risorse e valorizzando il principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione, nonché le opportunità offerte dalla complementarietà degli interventi europei, nazionali e locali. È su queste basi che si fondano la politica di sviluppo rurale e la strategia nazionale per le aree interne, costituendo il più ampio meccanismo di sviluppo territoriale integrato e di sviluppo locale disponibile per i decisori pubblici.
Negli ultimi anni, si è purtroppo registrata una inarrestabile tendenza al declino demografico. A titolo di esempio si riporta in questo grafico l’andamento della popolazione dal 2001-2021 di Acquarica-Presicce. La stessa situazione si riscontra per gli altri due comuni, di Specchia e di Salve.
Questa situazione pone interrogativi cruciali sull’integrità economica e sociale dell’area, oltre che sulla sua sostenibilità a lungo termine. La prospettiva di un territorio che vede diminuire gradualmente la sua popolazione residente solleva quesiti relativi alla salvaguardia e alla promozione del benessere delle comunità locali. Al fine di comprendere appieno questo contesto ho inteso adottare un approccio di natura empirica, con l’obiettivo di trascendere il mero ambito delle considerazioni teoriche e immergermi appieno nella realtà delle aree interne. Ho pensato pertanto di rivolgere alcune interviste a personaggi che hanno ricoperto e ricoprono ruoli importanti nella gestione della “cosa pubblica” sul territorio di riferimento, dal momento che ho ritenuto che queste persone potessero soddisfare il mio desiderio di scoprire elementi poco o del tutto inesplorati delle comunità locali e dei loro rapporti con il patrimonio culturale e ambientale. Le interviste possono rivelare le sfumature nascoste, le voci soffocate dalla quiete delle campagne, i pensieri dei “residenti attivi politicamente” che a volte si svelano solo nell’intimità di un confronto. Nella formulazione dei quesiti ho attentamente selezionato una gamma diversificata di aspetti, temi, interrogativi e curiosità che hanno guidato l’approccio adottato per questa indagine. Tra gli aspetti chiave che ho considerato vi sono:
Tra i temi cruciali affrontati durante le interviste:
La ricerca è stata guidata da un quadro teorico e progettuale che ha tracciato il lavoro. La pedagogia di comunità è stata la bussola, incanalando il focus verso l’empowerment e la partecipazione delle comunità nell’arte di costruire il loro destino. Le interviste condotte includono la voce di Antonio Lia, ex presidente del GAL Capo di Leuca ed ex Sindaco di Specchia, Giacomo Cazzato, Sindaco di Tiggiano e presidente dell’Area Interna, Antonio Ciriolo, attuale Presidente del GAL Capo di Leuca.
Nella voce di Antonio Lia, emerge una figura di grande orgoglio professionale e dedizione al proprio territorio. La sua esperienza, radicata nella politica e nella leadership, si manifesta attraverso la trasformazione del borgo di Specchia in uno dei borghi più belli d’Italia. Tuttavia, questo successo solleva una domanda cruciale: la classe politica odierna è in grado di comprendere le sfide dei territori che è chiamata a governare? L’esperienza di Antonio Lia ci fa riflettere sulla differenza tra una leadership politica con una visione lungimirante e un approccio più contingente. Il suo coinvolgimento profondo nel progresso di Specchia indica una comprensione della necessità di promuovere una crescita sostenibile, rispettando la cultura e il patrimonio delle comunità locali. Il confronto tra l’approccio di Antonio Lia e l’attuale panorama politico ci spinge a considerare l’importanza di una visione a lungo termine e di una leadership politica informata. Mentre alcune figure politiche potrebbero essere mosse da interessi immediati o da un approccio a breve termine, il successo di iniziative di rigenerazione come quella di Specchia suggerisce che un’impronta duratura può essere realizzata attraverso la comprensione profonda delle esigenze locali e delle risorse disponibili.
Nella voce di Giacomo Cazzato, Sindaco di Tiggiano e presidente dell’area interna, emerge una nota di speranza. Le aree interne hanno una forza nascosta, basata su economie di servizi forti e coesione sociale. Tuttavia, sfida dopo sfida, tra cui la frammentazione istituzionale e la mancanza di collegamenti efficaci, devono essere superate per liberare il vero potenziale. La collaborazione è il filo conduttore di Giacomo Cazzato, che invoca una visione condivisa. L’unità tra i comuni è vitale per un futuro armonioso, dove lo sviluppo è equilibrato e le risorse sono allocate correttamente. Il suo appello per la creazione di una rete sinergica è un richiamo a superare le barriere per creare una realtà sostenibile e prospera.
Antonio Ciriolo, attuale presidente del GAL Capo di Leuca, porta l’attenzione sull’integrazione tra agricoltura e turismo. Questa sinergia non solo promuove la produzione locale, ma coinvolge anche i turisti nella vita autentica dei luoghi. Il GAL si posiziona come catalizzatore per l’innovazione e la rigenerazione rurale, un ponte tra tradizioni radicate e opportunità moderne. La valorizzazione delle tradizioni locali è il focus di Antonio Ciriolo, che vede nell’innovazione una via per coinvolgere i giovani e abbracciare il cambiamento. Questa evoluzione richiede un impegno collettivo, una partnership tra ricerca, imprenditorialità, associazionismo e istituzioni.
In tutte e tre le interviste, si evidenzia la richiesta di collaborazione e coinvolgimento per la valorizzazione e sviluppo delle aree interne. Una pedagogia di comunità si snoda attraverso queste narrazioni, un appello all’azione collettiva per creare coesione e generatività e può essere potenziata attraverso l’implementazione di una rete di collaborazione. Le reti consentono alle comunità di connettersi con altre realtà simili, condividere buone pratiche, risorse e esperienze.
All’inizio del mio percorso di indagine, ho affrontato questo studio con una serie di aspettative e ipotesi ben definite. Nel delineare il quadro delle aree interne e dei loro destini in evoluzione, mi sono concentrata su diverse prospettive e scenari che potrebbero essere sviluppati. Da un lato, mi aspettavo di scoprire segnali di declino socio economico nelle aree interne, un quadro caratterizzato da una fuga di popolazione, un calo delle attività economiche e una possibile carenza di opportunità. Ero curiosa di individuare, nel contempo, opportunità che potessero costituire il fondamento di una rinascita e valorizzazione delle risorse interne, legate a settori come il turismo relazionale e le innovazioni imprenditoriali.
La partecipazione attiva delle comunità locali nella definizione del loro futuro era un altro aspetto che mi incuriosiva. Immaginavo che le voci delle persone attive politicamente nelle aree interne fossero importanti per plasmare gli orientamenti dello sviluppo locale. Il ricco patrimonio materiale e immateriale delle aree interne era un elemento su cui ho focalizzato molta della mia attenzione. Ritenevo che queste risorse potessero costituire una base solida per l’identità e l’attrattività delle comunità, potenzialmente rappresentando un motore di sviluppo.
Man mano che avanzavo nelle mie interviste, le mie aspettative hanno subìto una riflessione critica profonda. Le conclusioni alle quali sono giunta hanno rivelato una realtà più complessa e sfaccettata di quanto avessi inizialmente immaginato. Mentre alcuni aspetti delle mie ipotesi sono stati confermati, altri si sono rivelati meno lineari. Ho constatato che il declino e le opportunità spesso non seguivano una separazione netta. Piuttosto, erano strettamente intrecciati e le soluzioni non si presentavano in modo lineare. Le conversazioni con i politici locali mi hanno confermato la necessità di un ruolo attivo delle comunità locali nell’orientare il proprio futuro. Questo mi ha fatto riflettere sull’importanza di considerare non solo gli aspetti economici, ma anche quelli culturali e relazionali per raggiungere una prospettiva di progresso sostenibile.
Mi sono resa conto che il quadro delle aree interne richiedeva una lettura più profonda, autentica e le conclusioni tratte dalle interviste mi ha spinto a riconsiderare l’importanza di un approccio flessibile e dinamico nell’analisi delle aree interne, riconoscendo che la realtà è spesso più complessa di quanto possa apparire inizialmente.
Il Salento si trova al crocevia tra tradizione e innovazione, una terra di opportunità nascoste pronta a essere scoperta attraverso una prospettiva comunitaria e sostenibile. Da questa prospettiva, il patrimonio culturale e ambientale si rivela un elemento fondamentale per promuovere uno sviluppo equo e duraturo. Tuttavia, ogni azione di valorizzazione necessita, come ho già detto, di un pieno coinvolgimento delle comunità locali, che devono essere le autentiche protagoniste dei processi di creazione del valore.
Assumendo tale strategia, è apparso estremamente utile approfondire il costrutto di “turismo relazionale”, poiché in grado di favorire una connessione autentica tra i visitatori e le comunità locali. Valorizzando le relazioni umane, il turismo relazionale può creare esperienze significative e profonde per entrambe le parti coinvolte.
L’ecomuseo è stato identificato come uno strumento cruciale per promuovere il turismo relazionale e, conseguentemente, lo sviluppo delle comunità nelle aree interne. La sua definizione e le sue caratteristiche mostrano come possa agire da catalizzatore per l’impegno comunitario, incoraggiando la partecipazione attiva e la valorizzazione del patrimonio locale. La progettazione partecipata, inoltre, si è rivelata un elemento chiave per il successo di queste iniziative, poiché coinvolge i membri della comunità nel processo decisionale e nell’elaborazione delle strategie di sviluppo. Questo coinvolgimento è essenziale per garantire che la comunità residente sia la vera protagonista nel valorizzare il proprio patrimonio e nell’offrire autentiche esperienze di interazione dell’ospite col territorio.
Nel contesto specifico del Salento, ho evidenziato e progettato l’opportunità di istituire un “Ecomuseo delle Relazioni Comunitarie” come Living Lab per la Ricerca, l’Innovazione e la Risonanza nelle Aree Interne. Questo ecomuseo fungerebbe da punto di riferimento per la comunità locale e stimolerebbe la collaborazione tra istituzioni, associazioni e singoli individui.
Per una progettista di interventi di comunità, il problema di quale futuro contribuire a realizzare – con riferimento specifico a queste aree – è essenzialmente capire come concorrere al costituirsi di volontà collettive e di visioni condivise, possibili e realistiche (Eco, 1997; Palermo, 2009; Vitale, 2009; Gregotti, 2014), maturare e far maturare l’idea di quanto e di come lo spazio e la sua organizzazione contino, quali elementi fisici fondamentali e imprescindibili delle stesse reti e infrastrutture digitali; ma anche la necessaria e consapevole presa in carico della dimensione del rischio, quale componente strutturale della società, della città, dei territori (Beck, 2000), da assumere all’interno di una prospettiva di governo del territorio multilivello.
Per affrontare queste sfide, è necessario considerare almeno quattro aspetti. Innanzitutto, bisogna ripartire dall’analisi della dimensione strutturale dei problemi, compresa la densità abitativa, la mobilità, gli spazi aperti e il benessere urbano. È cruciale anche prestare attenzione alle disuguaglianze sociali e spaziali, nonché ai divari di capitale sociale e culturale, per combattere tali disuguaglianze e promuovere l’equilibrio tra cittadini, governi, istituzioni e aziende. Inoltre, per una progettazione efficace del futuro è necessario coinvolgere attivamente la comunità e il suo patrimonio, considerando le possibilità d’azione e la cura delle fragilità territoriali e sociali. Questo può avvenire attraverso processi collaborativi e partecipativi che permettano di costruire una visione di futuro comune e di coordinare le azioni autentiche tra l’uomo e il capitale naturale. Le aree interne sono caratterizzate da una forte identità culturale e da un patrimonio naturale e architettonico di valore. Attraverso gli ecomusei, è possibile ricostruire e valorizzare la storia e la cultura locale, creare un turismo relazionale che integri l’offerta agroalimentare con l’ospitalità e le attrattive naturalistiche, storiche e artistiche del territorio.
Per raggiungere questi obiettivi, è necessario sviluppare un percorso di studio e ricerca che coinvolga i vari attori del territorio, compresi i cittadini, le amministrazioni locali, le università e le associazioni culturali. È importante anche promuovere il dialogo tra le diverse regioni e le politiche di sviluppo nazionali e internazionali per condividere esperienze e buone pratiche. Va abbandonata l’idea di modelli stabili e di previsioni a lungo termine, e invece adottare un approccio aperto alle eventualità, che consenta alle comunità di imparare e di assumersi la responsabilità del proprio futuro. È importante considerare lo spazio urbano come una fonte di relazioni e interazioni umane, e utilizzare il pensiero spaziale come accesso privilegiato alle forme concrete di vita e azione dei soggetti.
A guardar bene, le aree interne rappresentano una riserva di capacità che può essere rigenerata attraverso processi partecipativi e adattivi di rigenerazione sociale e urbana. È necessario promuovere un ritorno al territorio, un desiderio alla restanza valorizzando le infrastrutture sociali e sviluppando competenze e regole adattate alle specificità dei territori. Sapendo che l’intervento è da farsi sì direttamente sulle aree interne, ma immaginandole parti di sistemi più ampi, in grado di assicurare servizi. Deve affermarsi un principio ecologico, che connettendo realtà urbane e rurali, territori più sviluppati con territori meno sviluppati promuova comunanza, inclusione e relazioni più autentiche tra le persone, ma anche tra queste e l’ambiente.
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