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Renzi in calo, corruzione alle stelle

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2015 @ 00:25 In Attualità,Politica | No Comments

copertina di   Piero Di Giorgi

E’ allarmante la dichiarazione di Matteo Renzi di non preoccuparsi della scarsa partecipazione al voto nel recente test elettorale in Emilia-Romagna e Calabria, che raggiunge ormai percentuali americane. Soltanto chi non ha a cuore la democrazia non si preoccupa del fatto che solo un terzo degli elettori vadano a votare e soprattutto se ciò avviene in una regione come l’Emilia-Romagna, con una radicata tradizione di partecipazione. Si è trattato di una sconfitta della democrazia e in primo luogo dei cittadini. E’ messa a nudo la crisi della rappresentanza di cui si parla già da anni. Gli elettori non si sentono più rappresentati da questa politica.

Si cercano ragioni contingenti per spiegare il forte astensionismo, quali le inchieste giudiziarie sulle spese regionali, la polemica con la CGIL, le spaccature nei partiti ecc. In verità, i segnali d’allarme c’erano da tanto tempo e si è assistito a una crescita progressiva dell’astensionismo nel corso delle varie elezioni, ma oggi siamo oltre il livello di guardia e bisogna assolutamente aprire una riflessione. La vera causa della scarsa partecipazione è, a mio avviso, dovuta allo scollamento tra istituzioni e popolo, tra partiti ed elettori. A fronte della crisi che si prolunga da anni, delle promesse e annunci cui non seguono fatti e soluzioni ai problemi che vivono i cittadini, delle speranze più volte deluse e del conseguente senso d’impotenza e di frustrazione, sono due le armi che restano in mano ai cittadini, specialmente ai più poveri, ai senza tetto, ai tanti disagiati, al ceto medio proletarizzato, ai tanti che si scontrano con i vessatori atteggiamenti del fisco e della P. A. in genere: il primo è questo messaggio di sconforto, di sconcerto e di presa di distanza da una classe dirigente incapace di dare risposte ai bisogni e alle esigenze dei cittadini. Accompagnato a questo si diffonde nel quotidiano una tensione sociale in parte appariscente e in parte carsica, che, finora, è stata canalizzata da movimenti di protesta e di promesso cambiamento, come i pentastellari e che ora si spostano in parte su Salvini. I primi perdono 410 mila voti rispetto alle Europee e restano fuori dal Consiglio regionale calabrese, nonostante Grillo, alla faccia del nuovo, si arrampichi sugli specchi dicendo che ha vinto rispetto alle regionali del 2010, in cui il Movimento era solo ai primi vagiti. Il PD perde consenso alla sua sinistra e incassa voti dal centro di Forza Italia, la quale, a sua volta, cede i voti di destra a Salvini, riaffermando il suo declino. L’NDC conferma la sua irrilevanza.

indexL’unico vincitore risulta l’altro Matteo, il cinico Salvini, che, abbandonata la “linea gotica”, sogna una Lega partito nazionale al 51%, cavalcando la guerra dei poveri, quella tra i senzatetto e i profughi immigrati, che prende forma dal disagio diffuso a livello locale, che non ha trovato risposte in termini di occupazione, di politiche della casa, di risanamento delle periferie urbane, dell’assistenza e dei servizi sociali.

Il voto apre altri scenari. Il PD, che perde oltre 600 mila voti rispetto alle europee, tende a diventare un partito di centro come la vecchia DC e ciò fa prefigurare, forse, la nascita di una nuova formazione di sinistra attraverso un rimescolamento generale delle carte. Salvini si presenta come il leader della destra, ma di una Dx lepenista, razzista e xenofoba, dove confluisce parte della destra di Forza Italia, di Fratelli d’Italia e di quella grillina. Beppe Grillo si trova di fronte a una scelta di riflessione-ridefinizione, rinunciando all’opzione di partito padronale, oppure i suoi elettori di sinistra confluiranno in un contenitore unico attraverso quel rimescolamento di cui parlavo sopra.

I sondaggi danno in calo anche il consenso di Renzi, che si attesta sul 40%. Forse non gli hanno giovato certi comportamenti di sicumera, di arroganza e di non-rispetto per chi dissente dalle politiche economiche del Governo, incapaci di aggredire la crisi, di aumentare l’occupazione e i redditi e di debellare quella povertà assoluta, che colpisce in Italia circa 6 milioni di persone e 1 milione e 400 mila bambini, praticamente un pezzo d’Africa tra noi.

La parola “povertà” è scomparsa dalla legge di stabilità. Ci sono gli incentivi alle imprese per le assunzioni (3 miliardi) e lo sconto Irap per 6 miliardi e mezzo sempre per le aziende; restano invariate le aliquote per IMU e TASI, in attesa che il Governo appronti la Local tax, nuova tassa comunale unica. Vengono riconfermati gli sgravi fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per il risparmio energetico e viene stabilizzato anche il bonus di 80 euro ma non si estende ai pensionati e agli autonomi. Viene introdotto il bonus-bebè di 960 euro per i figli nati dal 1° gennaio 2015, soltanto per i redditi che non superano 25 mila euro. Per finanziare le misure contenute nella legge finanziaria, è prevista una spending review tra i 10 e i 12 miliardi, con tagli ai ministeri, compresa anche la scuola tra asili-nido, scuole elementari e scuole medie, tagli anche ai Comuni e alle Province, che porteranno ulteriori riduzioni di servizi e probabili aumenti di addizionale Irpef. Viene prorogato il blocco per gli stipendi statali e per i pensionati. Niente soldi per gli investimenti pubblici per risanare il Paese e rilanciare l’occupazione e la ripresa economica (dissesto idrogeologico, messa in sicurezza delle scuole, risanamento delle periferie). Niente provvedimenti per la riduzione delle disuguaglianze, rinviata la scure sulle partecipate, che dovevano essere ridotte da 8 mila a mille. Ma come si farebbe poi a sistemare nei sottogoverni i deputati trombati? Avete più sentito parlare della riduzione delle cosiddette pensioni d’oro, ma quelle vere, no quelle da 2-3 mila euro al mese, che sono state già dimezzate dalle speculazioni nel passaggio dalla lira all’Euro e dal blocco dell’adeguamento ISTAT da 5 anni. E l’evasione fiscale? L’agenzia delle entrate, in attesa delle norme antievasione, continua a fare controlli vessatori sui lavoratori a reddito fisso e pensionati, che non possono evadere. Si accaniscono alla ricerca di un eventuale errore, o vi chiedono un eventuale documento che non avete prodotto. Ed invece, nella legge di stabilità, all’art. 44, commi 11-18, il Fisco apre agli evasori che si ravvedono, perfino a quelli che sono già sotto indagine.

Per quanto riguarda il risanamento ambientale, che, oltre al dissesto idrogeologico, comprende anche la disseminazione sul territorio di terribili agenti inquinanti e patogeni, in primis l’amianto, tristemente ricordato dalla pazzesca sentenza della Corte di Cassazione, che ha soltanto applicato une delle tante rovinose leggi pro-Berlusconi, il Parlamento sta per introdurre l’art. 452 ter nel codice penale, che prevede che si configuri il reato di disastro ambientale solo nel caso in cui il danno all’ecosistema risulti irreversibile. Ciò significa introdurre un livello di discrezionalità che paralizzerà ogni processo. E di falso in bilancio e auto-riciclaggio, chi ne ha sentito più parlare? E’ stata approvata la legge per il rientro dei capitali dall’estero. Ma vale soltanto per chi tiene i soldi nascosti; invece, se uno si dà alla bella vita, se li goda pure. Vi potrà sembrare una burla ma vi assicuro che non lo è. E’ vero, c’è l’obbligo di versare integralmente le imposte e le sanzioni ma c’è la forfetizzazione per le imposte dovute per patrimoni oltre i due milioni di euro e ci si fida delle promesse del ladro che s’impegna per il futuro a garantire trasparenza. Si annacquano le condanne penali. Per il Job Act si aspettano i decreti attuativi per la vigilia di Natale ma Squinzi ha espresso già grande soddisfazione.

imagesFrattanto, si scopre che la corruzione è un magma incandescente che sgorga da mille crateri. Dopo il Mose, l’Expo, c’è ora mafia-capitale ma con una barra di comando in Sicilia per lo smistamento dei migranti a Roma. Una panoplia, un patchwork di fascisti, epigoni di terrorismo, squallida manovalanza politico-affaristica, cooperative, spacciatori, strozzini, aderenze vaticane e nella P. A., che speculavano sulla povertà e la disperazione dei più deboli, in una narrazione dai tanti tentacoli e che ha propaggini nei misteri della politica italiana e vaticana, dalle stragi alla sepoltura di Renatino, alla banda della Magliana e ai servizi segreti deviati. La reazione di Renzi e del Governo è rabbiosa, ma non si concretizza questa volta in una risposta immediata ma nelle nebbie di un disegno di legge, sui cui tempi non c’è certezza.

Nulla di buono si profila all’orizzonte e comunque speriamo di sbagliarci e auguriamo feste serene e buon anno ai nostri lettori.

Dialoghi Mediterranei, n.11, gennaio 2015

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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti:Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014).

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