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Per le strade del Guatemala. Una conversazione con Gerard Lutte

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2017 @ 01:01 In Interviste,Politica | No Comments

Gerard Lutte

Gerard Lutte

di Piero Di Giorgi

Il 7 aprile del corrente anno sono stato a Roma per incontrare Gerard Lutte, che era tornato dal Guatemala, dove vive da anni.  Professore emerito di Psicologia dello sviluppo presso l’università di Roma “La Sapienza”, aveva fatto la scelta di dedicarsi alle ragazze e ai ragazzi di strada di città del Guatemala, andando per alcuni periodi all’anno, anche con diversi allievi, che vi conducevano ricerche per la loro tesi di laurea e poi, dopo essersi messo in pensione, passandovi lunghi soggiorni.

Una vita straordinaria quella di Gerard Lutte, belga di nascita ma vissuto per tanti anni a Roma. Salesiano, ha insegnato Psicologia per un certo tempo presso l’Ateneo salesiano, da cui è stato espulso alla fine degli anni ’60 per le sue scelte di fedeltà al Vangelo, che lo portanoa schierarsi sempre dalla parte degli ultimi. Vinto il concorso presso l’università di Roma, inaugurò un insegnamento dialogico e partecipativo coi giovani.

D. Quanto starai in Italia?

R. Mi fermo per lunghi periodi in Italia, dove ho la residenza. Vado anche in Belgio per vedere  mio fratello e altri familiari e per incontrare i gruppi della nostra rete di amicizia delle ragazze e dei ragazzi di strada, gruppi che ci aiutano non solo nel finanziamento della nostra associazione ma anche attraverso molti volontari, in generali studenti, studentesse, che fanno da noi il loro tirocinio. Anche in Italia, abbiamo una rete di amicizia che si chiama “Amistrada” e che ha sostenuto le nostre attività fin dal inizio. Il comitato di gestione che coordina le attività, si trova a Roma. E ci sono gruppi in quasi tutte le regioni d’Italia. Sono reti di amiche ed amici, in generale persone modeste che  condividono le esperienze con gli altri, e lì dove si trovano s’impegnano per cercare una vita più fraterna. In Italia abbiamo avuto un calo delle donazioni dovuto alla crisi che colpisce i ceti medi popolari. Poi la gente si occupa anche dei problemi del luogo dove vivono, in particolare aiutando i migranti, ed è giusto che lo facciano. Durante i quattro o cinque anni precedenti abbiamo compensato le perdite con l’eredità di una psicologa di Firenze, ma questa riserva si sta esaurendo, e adesso ci troviamo di fronte a problemi seri per finanziare il “Movimento delle ragazze e dei ragazzi di strada” (MOJOCA) del Guatemala.

D. Avete sovvenzioni con il 5x mille?

R.  Non ti so dire quante ma sono alcune migliaia, molte per una  piccola associazione come la nostra.

D. Con questi finanziamenti, portate avanti le vostre attività. Avete anche contributi  di altre Onlus?

R. Sì, fino al 2015 avevamo contributi della Tavola Valdese e per molti anni anche di Manitese. Onlus che ci hanno aiutato con molta generosità e che ringrazio con riconoscenza. Ma con la crisi, molti contributi sono cessati. Abbiamo anche un gruppo a Treviso, che ci aiuta, però anche loro incontrano grandi difficoltà a trovare sovvenzioni e donazioni. Resiste, invece il “Gruppo volontariato solidarietà” di Potenza che finanzia sostegni a distanza per bambine e bambini. Un aiuto favoloso che permette a questi piccoli di frequentare la scuola materna o elementare.

FOTO1D. Il Governo del Guatemala non vi dà alcun aiuto?

R. In questo Paese,  a parte un breve periodo, dal 1994 al 1954, durante il quale i governi erano del popolo e per il popolo e  hanno fatto gli interessi delle classi popolari e medie, il Guatemala è stato sempre dominato dal potere imperiale, in un primo tempo dal governo spagnolo e poi dal governo degli Stati Uniti. È l’ambasciatore di questo Paese, il potere più forte. All’inizio, gli Stati Uniti facevano gli interessi di una impresa di coltivazione ed esportazione delle banane, la United Fruit Company. Con la mondializzazione neoliberale, le transnazionali hanno invaso il Guatemala  saccheggiando il Paese, distruggendo il medio ambiente e la salute delle comunità locali, violentemente cacciate dalle loro terre, spogliate dalle loro abitazioni e dal loro lavoro. Tra le multinazionali più nocive ci sono: le imprese estrattive statunitensi e canadesi che rubano oro, argento, niquel, petrolio, etc.;  quelle idroelettriche tra le quali l’Enel; quelle agrochimiche, in primo luogo la famigerata e  criminale Monsanto; le società di coltivazione intensiva della palma africana, della canna da zucchero e altre piante dalle quali si estrae l’olio per la benzina verde per i Paesi del’Unione  Europea.  Le transnazionali si comportano con la stessa barbarie e crudeltà dei primi invasori spagnoli. Il terzo potere è quello dei latifondisti, discendenti dai primi invasori, che hanno rubato le terre più fertili del Paese, riducendo le comunità maya a uno stato di schiavitù che perdura tuttora in molte parti del Guatemala. Le grandi famiglie che formano l’oligarchia tradizionale hanno sviluppato produzioni per lo più agricole, in particolare zucchero e cacao. E, a partire dal secolo XVIII, anche il caffè. In seguito hanno formato imprese e corporazioni poderose, con il tempo si sono aggiunte altre imprese. L’esercito, nato come milizia privata dell’oligarchia, ha dominato il Paese per lunghi periodi di dittature militari, che si sono rafforzate nel genocidio degli anni ‘80, durante il quale 200mila persone maya e contadini sono stati assassinate. L’esercito è anche una potenza  economica che detiene imprese, banche e il proprio istituto di sicurezza. Malgrado gli accordi di pace firmati con la guerriglia nel 1996, l’esercito ha conservato il suo potere, che si ramifica in organizzazioni criminali e mafiose. Altro potere forte in Guatemala è quello delle organizzazioni criminali di vario tipo: vendita di armi, tratta di persone e sopratutto narcotraffico. I narcotrafficanti dominano varie città e persino quartieri della capitale. I loro soldi sporchi, riciclati e investiti nelle imprese, finanziano le campagne elettorali della maggior parte dei candidati e partiti. Al punto che si è parlato del Guatemala come di un Narco-Stato.

La verità è che il Guatemala è uno dei Paesi più violenti al mondo, con quindici, venti assassinii al giorno, con molti stupri e estorsioni. Per quanto sia ricco, la maggior parte della popolazione vive nella povertà e addirittura nella miseria.  La responsabilità di questa situazione ricade supratutto sui governi degli Stati Uniti, e ha avuto conseguenze negative anche per questo Paese perché decine di migliaia di persone sono emigrate clandestinamente per fuggire la fame e la violenza, e questo si è verificato anche nei Paesi centro americani vicini, El sSlvador e Honduras. Per tentare di frenare l’immigrazione clandestina, il governo degli Stati Uniti presieduto da Obama ha elaborato il cosiddetto “Patto per la prosperità” con i tre Paesi del triangolo Nord (Guatemala, El Salvador, Honduras). L’obiettivo è di sviluppare l’economia locale, per dare lavoro e condizioni di vita accettabili agli abitanti. Ma questo non sembra  possibile, senza eliminare la corruzione  strutturale del governo, delle istituzioni statali e private e senza combattere la criminalità. Gli Stati Uniti sono diventati i difensori della legalità, con la colaborazione della CICIG (Commissione Internazionale contro l’impunità in Guatemala, organismo dell’ONU, finanziato in gran parte dal governo statunitense). Nell’aprile del 2015 sono riusciti a scatenare una “Primavera guatemalteca”. Migliaia di persone delle classi medie urbane, allertate dalle reti sociali, si sono riversate nelle strade delle città e sono riuscite a ottenere le dimissioni e poi l’arresto, in primo luogo, della vicepresidente, Roxana Baldetti, e poi dello stesso presidente, l’ex generale Otto Pèrez Molina. A questo movimento si sono unite organizzazioni universitarie e popolari piú radicali, che rinvendicavano una profonda riforma dello Stato, della legge elettorale, del Parlamento e di altre istituzioni parastatali, come l’istituto di sicurezza sociale. Le elezioni sono giunte troppo presto, solo qualche mese dopo l’arresto del presidente, e paradossalmente hanno portato alla presidenza Jimmy Morales, un attore comico che pareva nuovo, anche se rappresentava il vecchiume più torbido, un partito di veterani militari che avevano partecipato attivamente al genocidio e rifutavano l’accordo di pace e la democratizzazione del Paese. Durante il primo semestre dell’anno, Mario Tarasena, presidente del Parlamento, è riuscito a far votare leggi importanti come la soppressione del segreto bancario, la riforma del sistema di giustizia. La destra mafiosa e criminale sta però riprendendo il controllo dello Stato. Non solo il governo ma anche il Parlamento e la Corte Costituzionale. Temo che l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti non farà che peggiorare la situazione, se metterà in pratica le sue promesse elettorali. Centomila migranti clandestini saranno deportati in Guatemala nel 2017. Qui non c’è lavoro, non c’è protezione sociale e queste persone aumenteranno la massa dei disoccupati che vive alla giornata, vendendo in strada tutto ciò che è vendibile. Aumenterà  la miseria, la violenza, la criminalità, e anche probabilmente gli aiuti finanziari  al paese saranno drasticamente ridotti e così pure le esportazioni di banane e fiori verso gli Stati Uniti. Le prospettive non sono buone.

 Lutt durante un seminario a Milano

Lutt durante un seminario a Milano

D. A fronte di questa situazione di un popolo sempre sfruttato, emarginato, soggetto a violenze di ogni genere, la tua pratica educativa e la tua relazione con loro, attraverso l’esercizio della democrazia diretta, che tende a fare partecipare, a prendere decisioni comuni e una presa di coscienza personale e collettiva e il fatto che molti ragazzi studiano e alcuni si sono anche laureati, c’è la speranza che nasca una classe dirigente, che possa domani portare dei cambiamenti?

R. La speranza più grande di cambiamento non viene dalla nostra piccola associazione, ma delle comunità maya che resistono. Il popolo Maya non è un popolo sottomesso, è sempre riuscito a resistere e a conservare le sue tradizioni, la sua cultura e le sue credenze. L’associazione con la quale collaboro, il movimento delle ragazze e ragazzi di strada é un piccola associazione che fa parte del Movimento popolare e lavora per un cambio radicale della società nazionale e internazionale.  Da soli non possiamo nulla. Uniti con molte altre associazioni e con le comunità maya abbiamo grandi possibilità di azioni

D. So che ci sono altre associazioni di base, oltre la vostra. Il Governo e i poteri dominanti, le lasciano agire o le reprimono?

R. La resistenza delle comunità indigene è violentemente repressa. Bande criminali e le milizie private delle multinazionali, non raramente appoggiate dalla polizia nazionale e dall’esercito, cacciano con violenza le comunità dei luoghi dove vogliono impiantare le loro imprese. I leader indigeni, in maggioranza donne e rappresentanti delle organizzazioni di difesa dei diritti umani sono criminalizzati, denunciati, condannati da giudici prezzolati. Però ci sono alcuni cambiamenti dovuti a giudici coraggiosi che, malgrado minacce, fanno il loro dovere. Una giudice ha recentemente assolto leader indigeni, denunciando il comportamento delle multinazionali e di alcuni suoi colleghi per la criminalizzazione. Ci sono attualmente forti contrasti nella classe dominante.  Associazioni  come la nostra non preoccupano tanto il potere da essere represse con violenza.

D. Tuttavia, sembra che in altre realtà dell’America latina, come in Bolivia, Uruguay, Brasile, si sono diffuse molte associazioni di base, che cercano di attuare una democrazia partecipativa al fine di determinare cambiamenti strutturali.

R. Sì, ci sono alcune realtà, ma non possiamo idealizzarle. Innanzitutto, ci sono situazioni in cui il popolo vive una condizione migliore, come in Paraguay, in parte come è stato in Argentina, Brasile, e in Bolivia. Ma questi Paesi hanno sempre un modello che li sottopone al grande capitale e alle multinazionali. Sono Paesi che hanno risorse, perché vendono le materie prime, e questo permette loro di offrire un certo benessere al loro popolo, a volte in modo molto sbagliato. I poveri ricevono sovvenzioni, fruiscono di telefonini ultima moda ma continuano a vivere in baraccopoli, hanno sviluppato un certo consumismo ma non una democrazia di base. Ci sono i partiti e tutte le forme dello Stato borghese. I partiti hanno una delega permanente, che è il contrario della democrazia di base, e alimentano la corruzione. Il Nicaragua di Daniel Ortega è uno dei Paesi più corrotti del mondo, ha aperto le porte al capitalismo internazionale e ai cinesi per costruire il grande canale transoceanico. In Bolivia, Evo Morales ha imposto un referendum per avere il potere a vita e lo ha perso. Anche Ortega, con la frode elettorale, ha trasformato la Costituzione per farsi eleggere a vita. Tutti i poteri, compresa la magistratura, sono asserviti al potere del presidente. Questo è molto frequente in America latina. I capi di Governo sono in generale “caudillos”, capi carismatici a vita. E succede che essi entrano sempre in conflitto con le organizzazioni che hanno partecipato al loro successo e alla loro ascesa al potere.

D. Gerard, vorrei, se ti va, che ritornassimo a parlare della tua attività nella casa di stile coloniale situata tra la seconda e terza avenida, dove sono stato anch’io e dove è ospitata l’associazione.

R. Sì, l’associazione è stata fondata insieme ai ragazzi di strada, un movimento autogestito, in cui gli adulti sono consiglieri tecnici, le decisioni sono prese dalle ragazze e dai ragazzi in assemblea generale e dal comitato di gestione, che è composto da un rappresentante di ogni collettivo e da una presidente, eletto dalla assemblea.

Gruppo di Amistrada

Gruppo di Amistrada

D. Quanti sono queste ragazze e ragazzi?

R. Attualmente sono approssimativa- mente 400 minori e giovani. Fanno parte di vari collettivi. Nella strada constatiamo più di 200 ragazze e ragazzi che vivono in gruppo in più quartieri. Con loro decidiamo le attività più utili e interessanti, come la cura della salute, la difesa contra le violenze della polizia, la soluzione dei conflitti interni, l’alfabe- tizzazione, le attività ricreative e sportive. Quelli che vogliono possono partecipare due o tre volte la settimana ad esperienze formative e ricreative nel nostro centro educativo che tu hai conosciuto. Possono rendersi conto di ciò che offre loro il Mojoca e decidere d’iniziare un processo educativo per uscire dalla strada. Poi, se vogliono, passano alla seconda tappa, quella di avviamento al lavoro e la frequenza alla scuola nel pomeriggio per quelli che fanno le elementari. Gli altri hanno borse di studio per studiare fuori, o nella scuola elementare o nella scuola media inferiore e superiore. Per ora ne abbiamo anche sette all’università. La terza tappa è l’inserimento nella società, fuori dalla strada e loro hanno la scelta di andare nella casa di transizione, una per le ragazze, che si chiama la casa dell’8 marzo e una per i ragazzi (quest’ ultima è stata chiusa dopo l’intervista per mancanza di risorse)

 Lutt e i bambini di strada in Guatemala

Lutt e i bambini di strada in Guatemala

D. L’8 marzo, perché è la data della festa delle donne?

R. Sì. E’ la festa riconosciuta a livello internazionale. Dopo questa terza tappa, le ragazze e i ragazzi ricevono un appoggio per inserirsi nella società e per un lavoro che è sempre più difficile, se non impossibile, da trovare; oppure diamo un piccolo contributo per dare inizio a una micro-impresa, per prendere una camera e comprare lo stretto necessario per cominciare. Poi ci sono i gruppi di auto-aiuto, per quelli che stanno fuori:  le donne una cinquantina, gli uomini sono di meno, i bambini che sono quasi cento e il gruppo di adolescenti, una quindicina. Ci sono anche per tutti vari servizi: quello medico, tre ore al giorno, un servizio psicologico, con una psicologa a tempo pieno e una esterna che viene due giorni alla settimana. Abbiamo anche servizi di borse di studio, di adozione a distanza, un servizio giuridico. Quindi un’organizzazione complessa.

D. Le attività tradizionali del popolo, per esempio la tessitura o altro, o il progetto di avviare una micro-impresa, vengono prese in considerazione?

R. I ragazzi di strada non hanno una disciplina cosciente del lavoro. Noi abbiamo dei laboratori di sartoria, di pasticceria, di panetteria, di caffetteria e di pizzeria. Abbiamo avuto anche una falegnameria ma non interessava molto e abbiamo abbandonato, anche perché bisognava usare il solvente, che loro usano come droga, e quindi era troppo pericoloso. Quando sono andato in Guatemala nel 1993, la colla era la droga più comune.

D.. Si, mi ricordo quando sono venuto in Guatemala e andavamo a trovarli nelle vecchie case e birrerie abbandonate.

R. I ragazzi di strada erano spesso chiamati “pegamenteros”, quelli che aspirano la colla. Adesso la colla è stata proibita e ora usano comunemente il solvente e anche mariuana, crack e alcuni anche eroina e cocaina, ma anche droghe sintetiche.

D. La colla proibita da chi? Il governo proibisce la colla o il solvente per favorire le altre droghe dei narcotrafficanti?

R. L’esercito del Guatemala e la Cia traggono molto vantaggio dal traffico delle droghe. Esercito e polizia sono anche coinvolti. I generali, denunciati dagli Stati Uniti, avevano piste clandestine per aerei che venivano dalla Polonia, oltre a controllare il traffico di droga attraverso il mare. Il Guatemala è uno dei Paesi più importanti del mondo per il traffico della droga. Vi sono due cartelli messicani e la maggior parte della droga viene dalla Colombia. Come potete vedere, è una situazione difficile e drammatica quella in cui ci troviamo a operare. Però, non perdiamo la speranza, perché in tutto il mondo ci sono associazioni e persone che resistono al progetto di morte del capitalismo globalizzato. Il nostro pianeta, la Terra, la nostra madre Terra, l’unico pianeta vivente, pensante, amante che conosciamo, resisterà. C’è una mutazione in corso nell’umanità, appaiono donne e uomini nuovi con una coscienza planetaria, cosmica. Si sentono responsabili di tutta l’umanità, della terra e del cosmos. Non è la morte che avrà l’ultima parola ma la vita.

Grazie, Gerard, per l’interessante conversazione. A presto

Dialoghi Mediterranei, n.23, gennaio 2017

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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014).

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