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L’incertezza in psicoanalisi

Posted By Comitato di Redazione On 1 settembre 2015 @ 00:44 In Cultura,Letture | No Comments

copertina Craparo  di Giuseppe Craparo*

L’esigenza di scrivere un testo sull’incertezza nasce dalla necessità di soffermare l’attenzione del lettore su un aspetto che ritengo qualifichi l’eccezionalità della psicoanalisi: il rispetto della singolarità del paziente e del suo stesso malessere. L’esempio più eclatante riguarda il modo di intendere il sintomo, non, in maniera semplicistica, come una “scocciatura” che intralcia il benessere del paziente e che per tale motivo va eliso nel più breve tempo possibile, ma come un qualcosa che deve essere interrogato per poterne comprendere la natura e i possibili sviluppi. L’idea, quasi paradossale, che si debba interrogare il sintomo è stata suggerita da Sigmund Freud, per il quale esso rappresenta una reazione autentica ad una sofferenza molto più complessa di quanto possa sembrare di primo acchito. L’interrogazione del sintomo, come preciso in questo volume, dovrebbe portare il clinico a comprendere innanzitutto la tipologia a cui esso appartiene; ovvero se si tratta di quello che chiamiamo un sintomo-segno (legato ad una condizione di deficit psicologico) o se invece si ha a che fare con un sintomo-simbolo (espressione di un conflitto inconscio). Se la prima tipologia è il risultato di traumi evolutivi che hanno compromesso lo sviluppo delle capacità di simbolizzazione e di mentalizzazione del paziente, la seconda riguarda invece una psiche che ha raggiunto un buon grado di maturità. La distinzione fra le due forme sintomatiche è in rapporto anche al diverso tipo di inconscio a cui si riferiscono (non rimosso nel caso del sintomo-segno, rimosso nel caso del sintomo-simbolo) e al grado di sviluppo e di organizzazione di entrambi gli inconsci. Vale la pena ricordare che, da una prospettiva freudiana, l’inconscio rimosso ha una natura simbolica, linguistica, mentrel’inconscio non rimosso è non verbale e più legato all’affettività sensoriale.

1930, Vienna, Austria --- Sigmund Freud, 1856-1939, Austrian psychiatrist, in the office of his Vienna home looking at a manuscript. --- Image by © Bettmann/CORBIS

1930, Vienna, Austria- Sigmund Freud, 1856-1939, Image by © Bettmann/CORBIS

Come sostengo nel settimo capitolo, i due inconsci sono in un rapporto di continuità evolutiva, per cui il buon sviluppo dell’inconscio non rimosso garantisce il buon sviluppo dell’inconscio rimosso. Da un punto di vista evolutivo-relazionale, sono le relazioni primarie sicure e responsive a favorire l’adeguato sviluppo dei due inconsci, laddove croniche storie traumatiche possono comprometterne seriamente la crescita. Un esempio dell’effetto del trauma precoce sullo sviluppo degli inconsci è il sintomo psicotico, un caso evidente di sintomo-segno, che emerge in un soggetto in cui l’inconscio non rimosso è disorganizzato mentre quello rimosso è quasi o del tutto assente. In questi casi, ci si accorge che il sintomo non è metafora di contenuti inconsci rimossi, ragion per cui l’interpretazione mostra tutta la sua inefficacia. Nel trattamento delle psicosi infatti bisognerebbe procedere attraverso un lavoro di ricostruzione, nell’ambito di una relazione analitica trasformatrice, dell’inconscio non rimosso, ponendo le basi così per una organizzazione dell’inconscio rimosso che potrà raggiungere livelli rudimentali e non certo evoluti come è nella nevrosi, ma che permetteranno comunque al soggetto di vivere degnamente la propria vita.

In conclusione, il mio richiamo all’incertezza si articola in riferimento ai due inconsci e al loro rapporto con la coscienza. Il modo in cui interpreto l’in-certezza (a cui aggiungo il trattino), è sintetizzabile in un tendere verso che riguarda contemporaneamente l’analista, il paziente e la loro relazione. Intendo questo “tendere verso” come ciò che non si formalizza in un obiettivo specifico da raggiungere ma in una continua attività di ricerca desiderante e creativa. È da considerare proprio in questi termini l’idea, della pratica psicoanalitica come di una pratica dell’in-certezza: ovvero come di una pratica che dovrebbe assicurare l’individuo alla certezza della verità del proprio desiderio inconscio.

 R. Magritte - Le regards perdu

R. Magritte, Le regards perdu, 1927

Un’ultima annotazione. Gli psicoanalisti riconosceranno in questo mio testo un continuo richiamo a concetti sviluppati da teorici appartenenti a scuole differenti (come ad esempio Freud, Lacan, Bionm, Klein ecc.), considerate spesso in contrapposizione. Alcuni torceranno probabilmente il naso di fronte a questo mio fare eclettico, nel senso ellenico-romano del termine (si legga a tal proposito la prefazione di Roberto Speziale-Bagliacca all’edizione italiana del volume di Horacio Etchegoyen, dal titolo I fondamenti della tecnica psicoanalitica), poiché mi macchio della “colpa” di non aderire in toto ad un pensiero, come farebbe un devoto, discepolo o adepto. È pur vero però che il rischio che si corre nell’aderire in maniera asettica ad un pensiero, è come dice bene Stefano Bolognini, che vi sia «un deragliamento verso l’integralismo», che come sappiamo è restio a qualsiasi idea di rinnovamento. Quello che ho cercato di fare in questo testo è un dialogo con quegli autori che, dal mio punto di vista, hanno fornito riflessioni importanti per lo studio della psiche e per la comprensione di differenti psicopatologie.

Dialoghi Mediterranei, n.15, 2015
*Anticipiamo l’introduzione al volume di Giuseppe Craparo, Inconsci, coscienza e desiderio. L’incertezza in psicoanalisi, appena andato in stampa per i tipi di Carocci. In questo studio, Craparo – docente di psicologia presso l’Università degli Studi “Kore” di Enna – articola un ragionamento a partire dalla nozione di “incertezza” analizzata in chiave psicoanalitica. L’idea che a governare i comportamenti umani non fossero intenzioni consce ma motivazioni inconsce è stata una delle vere e proprie rivoluzioni della psicoanalisi freudiana. L’inconscio inventato e descritto da Freud ha aperto nuove possibilità di comprensione del funzionamento psichico sia normale sia patologico. Un esempio è l’aver sottratto il sogno da semplicistici discorsi organicistici, per coglierne invece le implicazioni psichiche ed emotive inconsce: si parla, ad esempio, di produzioni oniriche nel loro rapporto con desideri non soddisfatti o come modalità di elaborare emozioni rifiutate. In ambito psicopatologico, l’inconscio freudiano ha portato a considerare i sintomi, come può essere una particolare fobia, nella loro natura di compromesso fra desideri rimossi. Non da intendere in maniera semplicistica quale risultato di un funzionamento psichico alterato da estirpare o da correggere, il sintomo psichico in psicoanalisi  – come afferma l’autore – viene inteso nella sua natura simbolica di metafora che rimanda a qualcosa d’altro che risiede nell’inconscio (o meglio, negli inconsci) del paziente e in cui è implicata la sua singolarità.
Centrato sul ruolo dell’inconscio, il libro di Giuseppe Craparo propone una riflessione articolata su tre punti che sono stati ben descritti nella prefazione da Domenico Cosenza (psicoanalista e presidente della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi): 1. il cenno al discorso epistemologico sulla scientificità della psicoanalisi, prendendo spunto dalla rivoluzione della fisica quantistica di Heisenberg e della epistemologia della complessità; 2. la necessità di non ridurre l’inconscio freudiano all’inconscio cognitivo, così come fanno le attuali neuroscienze; 3. il considerare la pratica psicoanalitica come una pratica centrata sulla in-certezza. Quest’ultimo punto risulta di particolare interesse in quanto contrappone la pratica psicoanalitica, finalizzata a legittimare il paziente nel suo rapporto con quei desideri taciuti (inconsci), a quei trattamenti orientati a formulare interventi correttivi, riducendo la psiche al suo correlato neuronale.
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Giuseppe Craparo, psicologo e psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico, insegna nella Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società degli Studi di Enna “Kore”. Tra le sue pubblicazioni: Trauma e psicopatologia (curato con V. Caretti; Astrolabio, 2008); Memorie traumatiche e mentalizzazione (con V. Caretti e A. Schimmenti; Astrolabio, 2013); Il disturbo post-traumatico da stress (Carocci, 2013).

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