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L’immigrazione in Italia: dati e prospettive regionali

Posted By Comitato di Redazione On 1 novembre 2017 @ 01:19 In Migrazioni,Società | No Comments

copertinadi Raniero Cramerotti e Franco Pittau [*]

Il Dossier Statistico Immigrazione, l’an- nuario basato sui dati che opera in Italia da più tempo, ha consolidato un’analisi del fenomeno migratorio che parte dal contesto internazionale ed europeo, ritenuto indi- spensabile al fine di attuare dei confronti, per concentrarsi, nella sua parte centrale, sulla situazione nazionale, presentando i valori medi per ogni singolo aspetto del fenomeno, e concludere con una serie dei rapporti dedicati ai singoli contesti regionali.

A ben pensare, la situazione internazionale e quella nazionale sono, per così dire, delle astrazioni, poiché sono la sommatoria di quanto avviene a livello più particolareggiato, mentre la situazione territoriale è quella più vicina alla realtà in quanto espressa dagli immigrati che vi sono presenti..

In questo contributo abbiamo pensato di fornire l’aggiornamento sulla situazione italiana al 31 dicembre 2016, privilegiando l’ottica di lettura regionale. In tal modo è possibile rendersi conto di quanto avviene in un determinato contesto locale e stabilire se lo stesso si avvicini a quanto avviene negli altri contesti o se ne discosti in senso positivo o negativo; e così, nonostante siano già conosciute le differenze che caratterizzano le dinamiche migratorie delle regioni e delle province autonome del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud e delle Isole, se ne può prendere atto in maniera più precisa.

Le previsioni più attendibili dell’Istat su quello che sarà il futuro demografico dell’Italia ipotizzano che la presenza dei cittadini stranieri raggiungerà un’incidenza pari ad almeno il 20% sul totale dei residenti in Italia. Questa previsione, seppure dipendente da diversi fattori sottoposti a decisioni politiche nazionali e a condizionamenti internazionali, risulta credibile poiché valori simili si riscontrano già oggi in determinate aree metropolitane, come quelle di Roma, Milano e di altre città del Settentrione, così come in diversi piccoli comuni, che nell’immigrazione stanno trovando un presidio contro lo spopolamento.

Altri segni anticipatori di quanto avverrà nel futuro sono ravvisabili in vari contesti del Nord e del Centro dell’Italia (e talvolta anche nel Meridione) per quanto riguarda l’incidenza sulle nascite, l’andamento delle acquisizioni della cittadinanza italiana, la presenza nelle scuole, il coinvolgimento nelle unità produttive, la partecipazione all’associazionismo, e anche per quanto riguarda realtà negative, quali il coinvolgimento in illeciti di varia natura e la presenza in carcere. Trattandosi di segni anticipatori, gli stessi vanno adeguatamente analizzati, non tanto per stilare una pagella dedicata ai comuni virtuosi e a quelli che non lo sono, bensì per convincersi dell’opportunità di favorire una loro generalizzazione, apportando all’occorrenza anche dei miglioramenti volti a garantire un inserimento sempre più efficace degli immigrati.

Alcune aree territoriali possono essere considerate contesti-laboratorio del futuro, perché connotate da caratteristiche anticipatorie rispetto alla fotografia di metà secolo ipotizzata dall’Istat nelle sue proiezioni demografiche. Per questa ragione, partendo da esse, si possono studiare i percorsi da privilegiare e quelli da evitare.

1Sarebbe sbagliato, però, prestare attenzione solo alle regioni del Centro e del Nord, più forti economicamente e anche maggiormente ricettive della presenza straniera, e dimenticare l’importante funzione del Mezzogiorno, il quale deve sostenere congiuntamente il compito di promuovere la convivenza tra gli immigrati stabilmente insediati e, nello stesso tempo, farsi carico di accogliere le persone che sbarcano, pensare alla loro assistenza immediata e avviare percorsi e processi di integrazione per la parte di coloro che rimangono in loco. Sono oltre duemila i Comuni che a livello nazionale, in questi anni, hanno accolto i migranti giunti nel nostro Paese alla ricerca di protezione umanitaria, operando in un contesto sociale e politico non sempre favorevole. L’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia (ANCI) si è molto adoperata per favorire la diffusione di una mentalità aperta presso tutti i comuni, spinta dalla convinzione che la politica dell’accoglienza non è qualcosa di innato, bensì un’azione concreta che si perfeziona nel quotidiano e si stabilizza nel tempo.

Se è vero, pertanto, che il futuro dell’Italia non è concepibile senza l’apporto dell’immigrazione, si può anche affermare che il futuro delle politiche di integrazione non è sostenibile senza le strategie di intervento che si vanno attualmente elaborando, seppure in un contesto di estrema problematicità, con la preoccupazione di coinvolgere non solo tutti tutti i Comuni ma anche  la società civile.

Nel 2016 la variazione del numero dei residenti a livello nazionale è stata minima: +0,4% (da 5.026.153 a 5.047.028). L’incremento massimo si è avuto nelle province di Crotone e Benevento (+7%), e in quella di Ogliastra in Sardegna (+21,9%: da 919 a 1.120 residenti). Anche tra le collettività immigrate l’andamento è risultato differenziato e gli aumenti più significativi si riscontrano tra quelli che provengono da aree con alti flussi di richiedenti asilo. 

ITALIA. Prime 10 province anticipatrici dell’aumento degli immigrati (31.12.2016)

Province Residenti complessivi di cui str. Incidenza % st
Prato 254.608 42.321 16,6
Piacenza 286.758 40.133 14,0
Milano 3.218.201 446.923 13,9
Parma 448.899 61.286 13,7
Modena 700.862 90.212 12,9
Firenze 1.014.423 129.740 12,8
Brescia 1.262.678 158.585 12,6
Roma 4.353.738 544.956 12,5
Mantova 412.610 51.535 12,5
Reggio Emilia 532.483 65.292 12,3
ITALIA 60.589.445 5.047.028 8,3
FONTE: Centro Studi e Ricerche Idos. Elaborazioni su dati Istat 

Regione che vai, immigrazione che trovi

Vogliamo iniziare il nostro percorso analitico tra le regioni a partire dalle prime due per numero di immigrati residenti: la Lombardia e il Lazio.

Il Lazio, con 662.927 residenti stranieri, è la seconda regione dopo la Lombardia; invece, tra i rispettivi capoluoghi, al primo posto viene la provincia di Roma (544.956) e al secondo quella di Milano (446.923). La variazione intervenuta rispetto all’anno precedente è stata positiva (+2,8%) nel Lazio e negativa (-0,8%) in Lombardia dove, comunque, tre province hanno registrato un aumento (di pochi decimi Milano e Sondrio e di quasi tre punti percentuali a Pavia).

Lo scenario che si presenta in queste due regioni è ben diverso da quello riscontrato nella prima decade del secolo, periodo in cui la presenza straniera si è triplicata. Nelle altre regioni la situazione è a macchia di leopardo  sull’intera penisola. In molti contesti locali, infatti, come è avvenuto in quello lombardo, da un lato è diminuita la presenza di persone con cittadinanza straniera, e dall’altra è cresciuto il numero dei cittadini italiani di origine straniera. In Lombardia i casi di acquisizione di cittadinanza italiana sono stati 54.376 (nel Lazio 11.856). In tutta Italia le collettività con una maggiore anzianità di presenza, quali il Marocco e l’Albania, hanno mostrato una propensione più accentuata nell’acquisizione della cittadinanza, cosa che oggi si riscontra meno tra gli immigrati comunitari, ai quali la giurisdizione europea assicura una uguaglianza nei diritti quasi completa rispetto agli autoctoni. Il tasso di acquisizione di cittadinanza, rapportando i casi alla popolazione straniera residente, è pari al 4,0%, superiore ormai alla media europea ferma al 2,3%. Questo dato supera il 7% nelle province di Aosta, Trento, Bergamo, Belluno e Macerata, e l’8% nelle province di Vicenza e di Treviso (in entrambe raggiunge l’8,7%).

I flussi di immigrati dall’estero, seppure diminuiti rispetto al passato, conservano una notevole consistenza: sono state registrate in anagrafe 262.929 persone in provenienza dall’estero, di cui 47.446 in Lombardia e 30.643 nel Lazio. Invece, in tutta Italia si sono cancellati dalle anagrafi 42.553 stranieri e altri 122.719 sono stati cancellati d’ufficio, dopo che ne è stata constatata l’irreperibilità. Bisogna anche tenere conto del numero, tutt’altro che marginale, di cittadini non comunitari ai quali nel 2016 non è stato rinnovato il permesso di soggiorno (145.694 persone, in prevalenza venute in Italia per motivi di lavoro o per motivi familiari, che il più delle volte avrebbero preferito rimanere in Italia).

La presenza straniera non si alimenta solo a seguito degli arrivi dall’estero ma anche delle nuove nascite: 69.379 in Italia, 17.784 in Lombardia e 7.314 nel Lazio, mentre le morti sono state contenute: 6.527 in Italia. Tra gli italiani, invece, i decessi sono prevalsi sulle nuove nascite di ben 204 mila unità. L’incidenza dei nuovi nati, figli di genitori entrambi stranieri, sul totale del nuovi nati è del 14,7%: i valori più alti si riscontrano in Emilia Romagna (24,2%) e in Lombardia (21,8%) e quello più basso in Sardegna (4,2%).

Sikk community in Italy - Comunità sikh in ItaliaAttualmente il tasso di fertilità tra le donne immigrate è molto più alto di quello delle donne italiane (1,9 figli rispetto a 1,3), anche se, paragonato al passato, in diminuzione anche tra le donne straniere. Tra gli stranieri è ridotta l’incidenza degli ultra 65enni (3,7% tra gli immigrati e 22,3% tra tutti i residenti) e notevole la differenza dell’età media (33,6 conto il 44,7 dell’intera popolazione). La struttura per età degli stranieri mostra segnali di invecchiamento, ma rimane alta, rispetto agli italiani, anche l’incidenza dei minori (18,0% nel Lazio, 23,2% in Lombardia, 20,6% in Italia).

Dal 2007 al 2016 gli stranieri residenti sono aumentati di 2.023.317 unità, mentre gli italiani sono diminuiti di 55.734. Tra gli italiani la diminuzione sarebbe stata di gran lunga maggiore senza i casi di acquisizioni di cittadinanza (nel 2016 i cittadini italiani di origine straniera sono circa 1.350 mila) e gli arrivi dall’estero (tra i 2 e i 3 milioni). Nell’ultimo anno, tra l’altro, il bilancio dei movimenti con l’estero è positivo per i cittadini stranieri (+220.376), mentre è negativo per i cittadini italiani (-76.618). Nello stesso periodo si sono cancellati per l’estero 114.512 italiani e ne sono rientrati dall’estero 37.894 connazionali. Alla fine del 2016 la presenza degli italiani all’estero è risultata simile a quella degli stranieri in Italia: 4.973.942 secondo l’Anagrafe degli italiani all’estero (e circa 400 mila in più secondo l’anagrafe consolare). Le regioni con un maggior numero di cittadini italiani all’estero sono quasi tutte meridionali: Sicilia (744.035), Campania (486.249), Lombardia (449.503), Lazio (441.743) e Calabria (400.064).

L’Italia, ormai da molti anni, da area di passaggio è divenuta un Paese di insediamento stabile, come attestato anche dalla continua crescita dei cittadini non comunitari che hanno acquisito il permesso per soggiornanti di lungo periodo. Stando ai dati del Ministero dell’Interno, la percentuale media (63,0%) è data da queste differenze territoriali: Nord-Ovest (65,0%), nel Nord-Est (69,5%) e nel Centro (59,5%). Questo valore è risultato in crescita anche nel Meridione (53,6% al Sud e 47,4% nelle Isole). La Lombardia e il Lazio presentano al riguardo una netta differenza: la percentuale dei lungo soggiornati è del del 66,1% nella prima e solo del 53,3% nella seconda, e questa differenza riguarda non solo molti altri contesti territoriali ma anche le collettività immigrate, con valori particolarmente elevati per alcune di esse (Marocco 71,8%, Ucraina 72,2%, Albania 72,9%, Rep. Moldavia 73,8%, Macedonia 79,0%, Serbia 78,6%) e più bassi rispetto alla media per altre (Pakistan 52,1%, Bangladesh 54,4%, Cina 51,5%).

3Diversi fattori possono concentrare i membri di una collettività in una determinata provincia. Un caso del tutto caratteristico è il Veneto, dove il 69,2% dei serbi risiede a Vicenza, il 66,6% degli srilankesi a Verona, il 47,2% dei bangladesi si trova in provincia di Venezia, il 40,5% dei filippini a Padova, il 56,4% dei nigeriani tra Padova e Verona. La tendenza alla concentrazione delle collettività in alcuni quartieri si può riscontrare anche nelle grandi aree metropolitane.

L’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazione, pari all’8,3% a livello nazionale, supera in molte regioni il 10%. Sono diversi i contesti in cui l’incidenza si avvicina al 20% se si tiene conto sia di quelli che sono diventati cittadini italiani sia dei residenti con cittadinanza straniera (16,6% a Prato, tra il 14% e il 12% in diverse province dell’Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana, tra cui le città metropolitane di Roma, Milano, Bologna e Firenze). A tutte queste fanno da contrappunto, con le incidenze più basse d’Italia (dal 3% al minimo assoluto di 1,4%), una serie di province meridionali, soprattutto sarde, siciliane e pugliesi.

Le province di Milano e di Roma hanno avuto, ciascuna, in media circa 500 nuovi nati stranieri al mese (rispettivamente, nel corso dell’anno, 6.471 e 5.898), ma ad essersi segnalate per una incidenza superiore al 20% rispetto al totale delle nascite (473.438 in Italia) sono state, nell’ordine, queste province: Prato, Piacenza, Modena, Parma, Mantova, Ravenna, Brescia, Alessandria, Cremona, Lodi, Milano, Pavia, Bologna, Reggio Emilia e Asti.

Per numero di imprese condotte da cittadini nati all’estero, dopo Milano e Roma (63.052 e 52.150), vengono con più di 20 mila imprese Torino e Napoli e con più di 16 mila Firenze. La loro incidenza rispetto alle attività imprenditoriali del territorio è pari al 12,9% in Toscana (valore che sale al 27,3% in provincia di Prato), al 12,2% in Liguria, al l’11,5% in Lazio e Lombardia, all’11,3% in Friuli Venezia Giulia, al 10,9% in Emilia Romagna, e circa il 9% in Veneto e Piemonte. In molti casi, per i lavoratori stranieri il lavoro autonomo-imprenditoriale è la soluzione occupazionale maggiormente perseguita quando è debole l’offerta del lavoro dipendente.

ITALIA. Nati stranieri per provincia e incidenza sul totale: valori assoluti e percentuali (2016)

Provincia Nuovi nati stranieri Provincia Nuovi nati totali % su totale
Milano 6.471 Prato 2.108 36,0
Roma 5.898 Piacenza 2.176 29,4
Torino 3.016 Modena 5.862 27,7
Brescia 2.679 Parma 3.697 26,8
Bergamo 2.140 Mantova 3.165 26,6
Bologna 1.807 Ravenna 2.817 25,8
Verona 1.705 Brescia 10.558 25,4
Firenze 1.644 Alessandria 2.769 25,2
Modena 1.622 Cremona 2.625 25,0
Padova 1.440 Lodi 1.949 24,1
Treviso 1.418 Milano 26.984 24,0
Vicenza 1.297 Pavia 3.936 23,6
Venezia 1.248 Bologna 7.830 23,1
Napoli 1.196 Reggio Emilia 4.503 22,9
Monza e Brianza 1.165 Asti 1.551 22,9
Totale 69.379 Totale 473.438 14,7
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazione su dati Istat

ITALIA. Acquisizioni di cittadinanza: prime 15 province per valori assoluti e per incidenza sui residenti (2016)

Province N. acquisizioni Province %
Milano 15.572 Treviso 8,7
Torino 10.820 Vicenza 8,7
Roma 9.479 Aosta 7,8
Brescia 9.376 Belluno 7,5
Bergamo 8.799 Trento 7,5
Treviso 7.858 Bergamo 7,3
Vicenza 7.291 Macerata 7,2
Padova 5.129 Mantova 7,0
Bologna 4.800 Reggio Emilia 6,9
Verona 4.611 Bolzano 6,8
Modena 4.493 Ancona 6,5
Reggio Emilia 4.491 Biella 6,3
Monza e Brianza 3.894 Pesaro Urbino 6,2
Firenze 3.815 Pordenone 6,2
Mantova 3.597 Sondrio 6,2
Totale 201.591
 FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazione su dati Istat

 Mercati occupazionali regionalizzati ma comunque globali

Riportiamo i risultati di un’analisi condotta dal Centro Studi e Ricerche Idos sui dati che l’archivio dell’Inail ha desunto dalle comunicazioni obbligatorie effettuate dalle aziende in occasione dell’attivazione o della cessazione di un contratto di lavoro. Nell’archivio sono registrati 3.406.772 occupati nati all’estero, per oltre i due terzi stranieri (secondo l’indagine campionaria dell’Istat gli occupati stranieri tra i residenti sono 2.401 mila). Questi lavoratori sono nati per il 17% sia in Africa che in Asia, per il 9,1% in America, per meno dell’1% in Oceania e per oltre il 55% in Europa. La percentuale degli occupati nati negli Stati membri dell’UE è più elevata di circa 5 punti rispetto alla percentuale che si riscontra tra i residenti stranieri perché sono numerosi gli italiani nati in un uno di questi Paesi e successivamente rimpatriati in Italia.

4Anche gli “italiani di ritorno” sono un fattore di globalizzazione della nostra economia e della nostra società. Desta una certa impressione constatare che tra gli occupati vi sono circa 100 mila italiani nati in Svizzera e in Germania (rispettivamente 95 mila e 94 mila), 48 mila in Francia, 25 mila in Gran Bretagna, 18 mila in Belgio, 13 mila in Spagna, 6 mila in Austria, 5 mila in Olanda e molti altri nati in Paesi dell’America Latina). Un segno che il movimento migratorio ha attraversato in profondità la storia del nostro Paese. Ancora in questo secondo dopoguerra erano quasi 300 mila quelli che lasciavano l’Italia per recarsi all’estero. E il forte esodo degli anni ’50 e ’60, che sembrava essersi esaurito nel corso dei successivi quattro decenni, è ripreso in questi ultimi anni: nel 2016 dalle anagrafi comunali si sono cancellate 104 mila persone per trasferirsi all’estero, che però salgono ad almeno 285 mila se si tiene conto degli arrivi registrati nei principali Paesi di destinazione, primi fra tutti Germania e Regno Unito.

La sensibilità verso i migranti italiani, quelli ritornati e quelli di recente partiti, dovrebbe di per sé favorire l’attenzione anche a chi da noi, in provenienza dall’estero, si è inserito nel mercato occupazionale. I 3.406.772 lavoratori occupati in Italia ma nati all’estero (tra cui prevalgono i maschi con il 55%) incidono per 16,6% su tutti gli occupati (20 milioni e 600mila). Anche dopo la pesante crisi economica scoppiata nel 2008,  ha continuato a rivelarsi utile il loro apporto a livello occupazionale, ma una non trascurabile parte di essi (437 mila) è rimasta senza lavoro.

Quanto all’inserimento dei lavoratori nati all’estero, sono notevoli le differenze regionali, sulle quali influiscono l’esodo migratorio del passato e i flussi arrivati dall’estero. Emerge che le province medio piccole quanto a popolazione complessiva sono segnate da un’incidenza più alta. La variazione verso l’alto dell’incidenza media (16,6%) degli occupati nati all’estero risulta particolarmente elevata in Trentino Alto Adige (23,7%) e riporta valori tra il 17% e il 19% in altre tre regioni (Friuli Venezia Giulia, Toscana e Veneto.), invece nel Meridione si registrano le variazioni al di sotto della media: l’incidenza è del 10% o inferiore, fatta eccezione per l’Abruzzo e per il Molise. Tra le grandi regioni, la Lombardia in linea con la media nazionale (16,5%) e il Lazio leggermente al di sotto (14,6%).

A imporsi per numero di occupati nati all’estero sono le grandi province: Milano 317 mila, Roma 272 mila, Torino 110 mila, Brescia 84 mila, quindi, con 70 mila Firenze Bologna, Verona, con 60 mila Bolzano, Napoli e Bergamo, con 50 mila Treviso, Modena, Venezia, Padova, Vicenza, Prato, con 40 mila, Genova e Reggio Emilia.

I contratti di lavoro riguardanti i lavoratori nati all’estero rappresentano una rilevante quota (25,4%) dei contratti che annualmente vengono stipulati in Italia (in quanto rinnovati o accesi per la prima volta). Quota che corrisponde a 1.354.225 lavoratori, pari al 40% di tutti i nati all’estero che risultano occupati nell’archivio dell’Inail (inclusi quelli assunti negli anni precedenti). Rispetto all’incidenza media (del 25,4%) il valore risulta più alto specialmente in Trentino Alto Adige (41,5%) e in Emilia Romagna (31,7%) e, con valori tra il 28% e il 29%, in Toscana, Liguria, Veneto, Umbria e Friuli Venezia Giulia, mentre si collocano al di sotto di qualche punto percentuale la Liguria (28,9%), e con lo stesso valore del 28,1% il Veneto, l’Umbria e il Friuli Venezia Giulia. Tutte le regioni del Centro-Nord Italia si collocano al di sopra del valore medio, ad eccezione della Valle d’Aosta (24,7%) e del Lazio (23,5%). Invece, tutte le regioni del Meridione non raggiungono l’incidenza media, con un distacco meno marcato per l’Abruzzo (23,0%) e la Basilicata (20,0%). Differenze più consistenti riguardano il Molise, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia: è ultima la Sardegna, dove l’incidenza è pari al 9,6%. Ovviamente questi valori regionali differenziati indicano un maggiore o minore protagonismo dei nati all’estero nei movimenti occupazionali delle singole regioni.

Per numero complessivo di lavoratori nati all’estero beneficiari nell’anno di uno o più contratti troviamo (comprensibilmente) ai primi posti grandi province come Milano (circa 150 mila), Roma (96.704) e Torino (36.140), ma anche Bolzano (38.962), una provincia piccola ma fortemente segnata dall’apporto lavorativo degli immigrati, come lo è del resto l’intera regione Trentino Alto Adige. Il numero dei contratti di assunzione loro destinati è superiore (2.430.335) e ciò significa che in media questi lavoratori svolgono solitamente impieghi intermittenti o di breve durata: la media è di 1,8 contratti l’anno per lavoratore.

5La funzionalità dei lavoratori nati all’estero nel sistema produttivo nazionale emerge maggiormente se si prendono in consi- derazione i contratti che nel 2016 hanno riguardato i lavoratori assunti per la prima volta in Italia (232.728), i quali sono stati quasi un terzo (31,8%) di tutti i nuovi assunti nel corso del 2016. L’incidenza risulta raddoppiata nella provincia di Bolzano (66,6%), mentre supera il 50% nelle province di Ferrara (55,3%), Gorizia (53,2%), Trento (52,9%) e Foggia (53,1%): quest’ultima fortemente dedita all’agricoltura, settore in cui, va ribadito, è ampio il ricorso alla manodopera immigrata. Sono invece caratterizzate da un’incidenza superiori al 40% diverse altre province quasi tutte del Nord Italia: Asti, Piacenza, Mantova, Grosseto, Ravenna, Genova, Verona, Cuneo, Rovigo Rimini, Pordenone, Imperia, Siena e Trieste.

A livello regionale a registrare le più alte incidenze dei nuovi assunti nati all’estero, superando la media nazionale, sono sia le grandi che le piccole regioni, sia appartenenti al Centro-Nord che al Meridione, come attesta questa graduatoria: Trentino Alto Adige (60,6%), Emilia Romagna (41,0%), Friuli Venezia Giulia (39,8%), Basilicata (36,4%), Veneto 34,8%), Toscana (33,7%), Valle d’Aosta (33,5%), Marche (33,4%), Piemonte (33,1%), Umbria (32,2%). Le incidenza sono al di sotto dellla media nazionale nelle due più grandi regioni per numero di immigrati (27,5% in Lombardia e 26,9% nel Lazio) e nelle altre regioni del Centro-Sud, anche se in alcune si registrano comunque incidenze superiori al 20% (Molise, Calabria, Puglia, Abruzzo e Sicilia), mentre altre restano su valori inferiori (17,5% in Campania e 14,5% in Sardegna).

I lavoratori nati all’estero sono protagonisti anche nelle cessazioni dei rapporti di lavoro, che sono ricorrenti data la precarietà dell’impiego che viene spesso offerto a questa categoria di lavoratori. L’incidenza dei nati all’estero è del 24,9% nella media nazionale e del 43,5% in provincia di Bolzano. Le province che superano il valore medio delle cessazioni sono tutte del Centro-Nord. Al riguardo torna conto sottolineare che il numero delle cessazioni dei contratti va letto congiuntamente con il numero delle assunzioni registrate nello stesso periodo, perché, qualora queste siano di numero più elevato, il saldo occupazionale risulta positivo. L’analisi territoriale sarebbe a questo punto estremamente fruttuosa se si potesse distinguere all’interno dell’archivio Inail, tra i nati all’estero con cittadinanza italiana e gli stranieri, carenza alla quale pone rimedio l’indagine campionaria sulla forza lavoro che periodicamente svolge l’Istat.

Se si confrontano per nazionalità tutte le assunzioni avvenute nel 2016 con il numero degli occupati ricaviamo il tasso di turn over, naturalmente più alto per le collettività che fruiscono di un minore inserimento stabile. Se invece confrontiamo per nazionalità gli assunti per la prima volta nel corso del 2016 con il totale degli occupati delle rispettive nazioni abbiamo il tasso di inserimento nel mercato. Infine, se confrontiamo per collettività le cessazioni avvenute nel 2016 con il il numero dei relativi occupati nello stesso anno abbiamo il tasso di precarietà. Il nostro interesse prevalente consiste nel prestare attenzione all’andamento che si riscontra tra i diversi contesti territoriali.

Ad assumere maggiormente i lavoratori nati all’estero sono le microimprese (fino a 9 addetti), nella misura dei 73,4% per quanto riguarda gli occupati e del 90,2% per quanto riguarda i nuovi assunti. Viene così rafforzata la convinzione che i cambiamenti positivi si possono determinare dal basso e con immediatezza, ma viene anche evidenziata la necessità di strategie complessive per rinnovare questo diffuso mondo produttivo.

In sintesi, abbiamo riscontrato che l’incidenza dei lavoratori nati all’estero è pari al 16,6% sugli occupati, al 25,4% sui contratti di lavoro stipulati nel corso dell’anno (e ben al 31,8% sui contratti di quanti vengono assunti per la prima volta) e al 24,9% sui contratti che vengono a cessare.

ITALIA. Occupati nati all’estero per regioni e prime 20 province con una maggiore incidenza (2016)

Regioni Province
Totale occupati nati all’estero % nati all’estero su totale nuovi assunti Prime 20 province per incidenza occupati nati all’estero % nati all’estero su totale occupati
Liguria 45.532 42,0 Prato 30,4
Emilia-Romagna 333.367 41,0 Bolzano 25,3
Friuli-VeneziaGiulia 88.817 39,8 Rimini 22,7
Basilicata 16.707 36,4 Ravenna 22,0
Veneto 311.872 34,8 Trento 21,9
Toscana 249.917 33,7 Piacenza 21,9
Valle d’Aosta 6.523 33,5 Gorizia 21,7
Marche 76.504 33,4 Pordenone 21,1
Piemonte 210.288 33,1 Verona 20,9
Umbria 45.532 32,2 Firenze 20,7
Molise 76.504 29,4 Asti 20,2
Lombardia 671.464 28,9 Forlì-Cesena 19,9
Calabria 53.032 27,5 Imperia 19,8
Lazio 329.723 26,9 Grosseto 19,8
Puglia 98.996 26,0 Modena 19,5
Abruzzo 62.452 25,3 Mantova 19,5
Sicilia 97.884 20,0 Brescia 19,4
Campania 128.390 17,5 Treviso 19,4
Sardegna 24.072 14,5 Parma 19,3
Non Attribuito Oltre 400.000 70,3 Foggia 19,2

 

FONTE: Centro Studi e Ricerche Idos. Elaborazioni su dati Inail

La tormentata questione dei richiedenti asilo nel 2017

Rispetto a qualche anno addietro, in Italia i richiedenti asilo sono notevolmente aumentati: 63 mila nel 2011 (anno delle “Primavere arabe”), scesi momentaneamente a 43 mila nell’anno successivo e a 13 mila nel 2013, per poi passare a 170 mila nel 2014, 154 mila nel 2015, 181 mila nel 2016, mentre si stima possano essere 200 mila nel 2017.

L’emergenza, oltre che numerica, è anche di natura giuridica. Secondo lo stesso Avvocato Generale in una causa in corso presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, di fronte ad arrivi così consistenti nel Mediterraneo non è accettabile limitarsi all’applicazione della vigente normativa europea, addossando l’onere dell’accoglienza ai Paesi di primo ingresso (Italia e Grecia in primis) senza pensare a una più equilibrata ripartizione. La Corte, se si pronuncerà in tal senso, anticiperà la modifica che il Parlamento Europeo ha proposto a metà ottobre 2017 al Consiglio, il vero scoglio sulla via della riforma del Regolamento Dublino III e dell’attuazione del principio di solidarietà previsto dal Trattato di Lisbona del 2007 sul funzionamento dell’Unione Europea.

6Al momento, però, l’accoglienza così regolata è obbligatoria e non può essere disattesa. L’Italia, se non avesse istituito i cosiddetti hotspot o punti di crisi per la foto- segnalazione delle persone sbarcate e il loro inserimento nei centri di accoglienza, come disposto da una decisione del 2015 del Consiglio dell’UE, sarebbe stata passibile di un procedimento di infrazione, che invece ora pende sulla Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia, che non hanno ritenuto vincolanti le pur limitate ricollocazioni (170 mila) dei nuovi arrivati per sgravare l’Italia e la Grecia.

Se la regolamentazione europea verrà modificata con un maggior coinvolgimento di tutti gli Stati Membri, potrà essere superata la “psicosi dell’accoglienza”, salvo restando la necessità di un maggiore impegno dell’UE a intervenire sulle cause dei flussi. Intanto, è opportuno riflettere sulla distribuzione dei richiedenti asilo tra le diverse Regioni italiane, utilizzando per un confronto omogeneo i dati relativi al 31 dicembre 2016 del Ministero dell’Interno.

A tale data sono stati 176.554 i richiedenti accolti: 137.218 nei Centri di Accoglienza Straordinaria (che fanno capo alle Prefetture), 820 negli hotspot, 14.694 presso i Centri di Prima Accoglienza e 23.822 nei Centri ordinari dello Sprar-Sistema per l’Accoglienza dei Richiedenti Asilo (che fa capo all’Anci su incarico del Ministero dell’Interno). L’incidenza dei Centri di accoglienza Straordinaria (oltre 3 mila) è del 72% sull’insieme dei posti disponibili, con valori anche più elevati in alcune regioni.

In media, a tale data, è stata accolta per motivi umanitari una persona ogni 344 residenti. A segnalarsi per una maggiore disponibilità è stato il piccolo Molise (1 immigrato accolto ogni 90 residenti) seguito, in maniera decrescente, da altre 6 Regioni di medio-piccola grandezza (Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Sardegna e Umbria). Caratterizzate da 1 richiedente asilo ogni 300 residenti sono l’Abruzzo, l’Emilia Romagna, il Lazio, le Marche, il Piemonte, la Puglia, la Sicilia, la Toscana, il Veneto e le Province Autonome di Bolzano e Trento. Invece, per la Campania, la Lombardia e la Valle d’Aosta si tratta di una persona accolta ogni 400 persone.

Il Ministero dell’Interno ha concordato con l’Anci che l’accoglienza nelle grandi città, incrementando i posti Sprar, sia basata sul criterio di 2,5 richiedenti accolti ogni  mille abitanti per cui a Roma, un comune con 3 milioni di residenti, servirebbe l’allestimento di altri 2.800 posti.

Nei confronti dei richiedenti asilo, rapportata alla consistenza della popolazione in ciascun contesto territoriale, è stata quindi diversa l’apertura dimostrata da parte delle strutture pubbliche. Le differenze hanno riguardato anche la società civile. In alcuni casi, come nella diocesi di Treviso (progetto “Rifugiato a casa mia e nella parrocchia mia”), si è provveduto ad accogliere nelle famiglie, presso istituti religiosi e nelle parrocchie, le persone uscite dal sistema Sprar per un periodo fino a 12 mesi. D’altro lato, è noto che in una quindicina di comuni lombardi i sindaci hanno adottato ordinanze cosiddette “anti-richiedenti asilo”, che impongono ai privati l’onere di segnalare l’intenzione di ospitare un cittadino straniero con l’obbligo di relazione ogni 15 giorni.

Regioni Totale accolti in regione % di ripartizione per regione Residenti totali in regione Numero residenti per richiedenti accolto
Lombardia 23.046 13,1 10.008.349 434
Piemonte 14.347 8,1 4.404.246 307
Campania 14.312 8,1 5.850.850 409
Toscana 12.456 7,1 3.744.398 301
Veneto 14.224 8,1 4.915.123 346
Emilia-Romagna 12.259 6,9 4.448.146 363
Lazio 14.886 8,4 5.888.472 396
Puglia 12.136 6,9 4.077.166 336
Sardegna 5.662 3,2 1.658.138 293
Liguria 5.756 3,3 1.571.053 273
Sicilia 14.076 8,0 5.074.261 360
Marche 4.683 2,7 1.543.752 330
Calabria 7.414 4,2 1.970.521 266
Abruzzo 3.759 2,1 1.326.513 353
Friuli-Venezia-Giulia 4.849 2,7 1.221.218 252
Molise 3.452 2,0 312.027 90
Umbria 3.263 1,8 891.181 273
Basilicata 2.580 1,5 573.694 222
P. A. di Bolzano 1.681 1,0 520.891 310
P. A. di Trento 1.425 0,8 538.223 378
Valle d’Aosta 288 0,2 127.329 442
Totale 176.554 100,0 60.665.551 344

7 Conclusioni

Questo saggio ha avuto unicamente una funzione conoscitiva e ha voluto mostrare che che alcune realtà statistiche sono poco e mal conosciute e non sempre correttamente interpretate. Rifacendoci alla lunga espe- rienza maturata dall’équipe del Dossier Statistico Immigrazione, ci siamo permessi di andare in giro per la Penisola e di “giocare” un po’ con i dati, incrociandoli tra di loro al fine di ricavarne il messaggio operativo in essi racchiuso.

Ci piace riprendere la giusta riflessione formulata dall’Ong Amre nel presentare il progetto “Voci di Confine” (cfr. http:// www.amref.it):

«Il made in Italy risulta fortemente planetarizzato, non solo perché esporta i suoi prodotti in tutto il mondo (aspetto di cui si va orgogliosi) ma anche perché è nato all’estero un sesto di quelli che lavorano per la sua produzione (aspetto invece spesso sottaciuto); non vi è solo la globalizzazione dell’export da prendere in considerazione ma anche quella dei flussi migratori»

Planetarizzata è anche la popolazione italiana, di cui già attualmente un decimo (tra i cittadini stranieri residenti e quelli diventati nel frattempo cittadini italiani) è di origine straniera. Nel 2065, secondo le proiezioni demografiche dell’Istat, queste due componenti incideranno per un terzo sull’intera popolazione residente.

Sono motivi più che validi per aprirsi alla convivenza con gli immigrati, impegnandosi per superare l’attuale contesto sociale attraversato da paure, pregiudizi e chiusure aprioristiche. La realtà migratoria, oggi considerata da molti estranea, deve essere recuperata come una realtà intrinseca al nostro Paese: sarà una conquista positiva per l’Italia e per gli immigrati. Questa conclusione vale per tutte le regioni: dalla Lombardia e dal Lazio, dove la presenza immigrata è più consistente, a tutte le altre.

Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017
Note
[*] Gli autori si sono serviti per la loro analisi dei materiali prodotti dall’équipe del Centro Studi e Ricerche Idos, di cui fanno parte, e dei testi pubblicati nell del Dossier Statistico Immigrazione 2017 (una realizzazione dei Centri studio Idos e Confronti, con la collaborazione dell’Unar e il sostegno dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese) come anche delle schede predisposte da Idos a sostegno del progetto “Voci di confine” promosso dall’Ong Amref insieme ad altre associazioni, con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
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Raniero Cramerotti, laurea Magistrale in relazioni internazionali e master di secondo livello in Diritto Migratorio, è specializzato in studi legali e politici su migrazione e antidiscriminazione. Attualmente è senior researcher e project assistant presso il Centro Studi e Ricerche IDOS, dove cura anche la parte del Dossier Statistico Immigrazione Idos-Confronti dedicata ai rapporti regionali.
Franco Pittau, ideatore del Dossier Statistico Immigrazione (il primo annuario di questo genere realizzato in Italia) e suo referente scientifico fino ad oggi, si occupa del fenomeno migratorio dai primi anni ’70, ha vissuto delle esperienze sul campo in Belgio e in Germania, è autore di numerose pubblicazioni specifiche ed è attualmente presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico.
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