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La Tolleranza in Corso Umberto

Posted By Comitato di Redazione On 4 giugno 2013 @ 12:14 In Città | 6 Comments

vasodi Naor Ben-Yehoyada

Tolleranza ([tolle’rantsa] s.f.): qualità per cui si permettono e si accettano idee e atteggiamenti diversi dai propri o si dimostra comprensione per gli errori e i difetti altrui.

[tol-le-ràn-za] s.f. (2) Disposizione a comprendere e a rispettare idee e comportamenti diversi dai propri: tolleranza culturale, religiosa; atteggiamento comprensivo; SIN: indulgenzamostrare tolleranza  per i difetti altrui || casa di t., in cui veniva esercitata la prostituzione legalizzata | t. zero, nel l. giornalistico, politica di assoluta severità contro criminalità, illegalità ecc.

Attitudine a mostrarsi ragionevoli, comprensivi verso idee, credenze religiose, sistemi politici diversi o contrari ai propri: t. religiosala democrazia si fonda sulla t.i fanatici non conoscono la t.

La passeggiata in Corso Umberto I offre ai Mazaresi un incontro con la tolleranza in senso inverso. Camminando verso nord sul lato ovest del Corso, dal mare verso l’entroterra, subito dopo l’incrocio con la Via Settevanelle, ci s’imbatte su un vaso colorato. La giara fa parte del progetto già discusso a lungo della “riqualificazione del centro storico” che ha coinvolto “artisti ed imprese locali.” Ma oltre la firma d’artista del Sindaco in giro per la città (così lo interpreta il giornalista Rino Giacalone), l’on. Cristaldi ed i suoi collaboratori nel progetto sembrano aver voluto – tramite questa giara particolare – insegnare ai cittadini mazaresi ad apprezzare qualche concetto relativo all’etica della coesistenza interculturale.

A differenza delle ceramiche collocate sui molti muri nelle vie di Mazara, che mostrano messaggi e citazioni delle persone notissime nel mondo per il loro impegno per la pace e la convivenza, questo vaso porta il suo messaggio in modo letterale, testuale: tra una fila di persone con le mani alzate in alto e due simboli di sole (uno rosso, l’altro giallo), è scritta in mezzo la parola “tolleranza” in tre lingue.

La fila delle figure dai colori diversi forse simboleggia la diversità, contesto e premessa della tolleranza (se non fosse la diversità, probabilmente non ci sarebbe stato bisogno di parlare della tolleranza), e i due soli radiosi alludono al futuro o all’ottimismo. Si tratta tuttavia di simboli, ormai mondiali, di questi temi. Sono le parole scritte che c’insegnano il messaggio della tolleranza nel modo più diretto. La maggior parte dei passanti riconosce quella scritta in italiano: lettere maiuscole dai colori rosso, giallo, nero, verde, rosa, e così via, su uno sfondo di mosaico bianco. Che la scritta in italiano sia rivolta verso nord e l’entroterra, va bene con la geografia cognitiva in loco, ove gli immigrati – quelli da tollerare – arrivano dal sud. L’autore del vaso e del messaggio (non si sa se la stessa persona che aveva eseguito il lavoro artistico ha anche posato la giara nel modo così rilevante nella rosa dei venti) ha tentato di esprimere la tolleranza, scrivendo questa parola anche in due altre lingue: arabo e cinese. Tra queste due lingue, è l’arabo che è rivolto verso il mare. Scritte in nero su bianco, si distinguono sette lettere della grafia araba.

Sarebbe certamente la tolleranza che l’autore aveva in mente quando cercava di esprimere questo concetto in tre lingue diverse che ormai rappresentano la composizione sociolinguistica della cittadinanza di Mazara. Se la tolleranza significa l’attitudine “a mostrarsi ragionevoli, comprensivi verso idee, credenze religiose, sistemi politici diversi o contrari ai propri”, allora scrivere in lingue altrui esprime quest’attitudine.

Ma la tolleranza non è solo un concetto etico nell’Italia odierna. È una prova. Esprimendola, si mette in gioco la capacità di essere all’altezza degli atteggiamenti che essa ci esige. Purtroppo, nel tentativo di mostrarsi comprensivo verso la cultura araba, l’autore del vaso ha dimenticato di verificare se in arabo si scrive dalla sinistra alla destra, come in italiano, o invece dalla destra alla sinistra. Il risultato che si legge sul vaso nella corretta traduzione non è la parola araba “la tolleranza” ossia Tasaamuh, ma una sequenza che comprende tutte le lettere della parola araba, scritte però in senso inverso. Invece di questa parola:   scritta_araba1

leggiamo questa successione di lettere:  scritta_araba2

Non ho intervistato l’autore benintenzionato, ma possiamo forse ricostruire il suo errore. Forse è andato su qualche motore di ricerca online. Chissà se ha messo la parola in italiano copiando le lettere arabe che sono spuntate e poi incollandole su un programma adatto? In ogni caso, se avesse presentato questa catena di lettere a qualsiasi persona che conosce l’arabo (non c’era certo bisogno di prendere il pullman verso Palermo o Trapani), gli avrebbero detto immediatamente che arabo questa sequenza di lettere non è.

Cercate di leggere questa parola:

AZNARELLOT

È lo stesso.

Se una persona di origine araba si rendesse conto del significato esatto di questo vaso, potrebbe assumere l’offerta di tolleranza (così maldestramente rovesciata) come offesa. Quelli a cui ho chiesto in giro mi hanno risposto che non hanno osservato questo vaso con attenzione. Meno male.

Dialoghi Mediterranei, n.2, giugno 2013
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