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La Strategia regionale toscana per le aree interne: una storia di partecipazione
Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2021 @ 00:43 In Cultura,Politica | No Comments
il centro in periferia
di Alessandra De Renzis
Storia
Capire la modalità con la quale la Strategia per le Aree interne è stata attuata in Toscana necessita di un passo indietro nel tempo, ripercorrendo brevemente alcuni momenti salienti della sua storia recente da quando le Regioni sono diventate soggetti giuridici autonomi, ma che affonda le sue radici in pratiche millenarie di signorie e rivendicazioni di indipendenze.
I toscani, i “maledetti toscani” richiamando Curzio Malaparte, hanno da sempre rivendicato con forza la propria volontà di essere artefici del proprio destino e di plasmarne i contorni, radicando nelle sue specificità la rivendicazione di essere unici e diversi. Pionieri ed innovatori, amanti del bello e alla ricerca di una perfetta dimostrazione della propria superiorità, tanto che anche Manzoni si trovò a dover ammettere di dover venire a “sciacquare i panni in Arno” … cosa di cui ogni toscano va orgogliosissimo. Ma tra rivendicazioni e rivalità, dalla storia sono stati ereditati anche forti legami che si sono venuti a creare nel tempo tra territori vicini specialmente quando la lontananza dai centri si faceva sentire più forte.
Il primo moderno Statuto toscano, adottato nel maggio del 1971, prevede un dialogo costante con il territorio, individua tra i suoi principi quello di sussidiarietà (sebbene non fosse quello il termine utilizzato, ma il senso era quello: si riconoscevano le Province e i Comuni come «soggetti fondamentali dell’organizzazione amministrativa locale» tale per cui la Regione «esercita normalmente le sue funzioni amministrative» attraverso la delega) e della «realizzazione di un giusto rapporto tra città e campagna». Da subito, insomma, si sapeva che in Toscana si riconoscono le individualità dei territori, proprio perché provenienti da una storia diversa a cui aveva seguito uno sviluppo economico e demografico differenziato.
Non a caso nelle sue riflessioni sulla nuova struttura insediativa e produttiva toscana a seguito alla fine dell’epoca mezzadrile, Becattini – membro dell’organo tecnico-scientifico del Comitato regionale per la programmazione economica della Toscana (CRPET, poi divenuto IRPET) con la finalità di compiere gli studi preliminari all’istituzione dell’ente Regione e che aveva collaborato alla stesura dello Statuto – identifica “4 Toscane”: aree urbane, aree turistico industriali, campagna urbanizzata e campagna (Becattini, 1975).
La storia dell’approccio toscano alla programmazione delle politiche è costellata di esperienze di governance cooperativa cercando di coniugare le priorità dei Programmi regionali di sviluppo (top-down) con le specifiche esigenze locali (bottom-up) in cui la concertazione, normata con Legge regionale, è l’ordinarietà nel rapporto fra Regione e il suo territorio.
Vari strumenti sono stati adottati mettendo al centro il confronto negoziato e la reciproca condivisione programmatica coniugando al tempo l’approccio globale (praticato con programmi ma più spesso attraverso negozi giuridici di natura bilaterale a scala di “area vasta”) e approccio per progetti: prima mediante Programmi sperimentali a scala locale (PLS), poi con Programmi integrati di sviluppo locale (PISL) e i Patti per lo sviluppo locale (PASL) (Baldi et al.2008).
Non sembri dunque strano che nella riflessione che ha anticipato la proposta della Strategia Nazionale per le Aree interne ci sia molto di toscano. Questo è rinvenibile anche nella fase di prima attuazione, quando la classificazione territoriale del Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stata rimodulata anche in modo critico dal documento strategico regionale toscano, il quale ricorre al modello dei sistemi locali del lavoro (SLL), adottandone i criteri e utilizzandolo quale strumento per interpretare la società e l’economia. Con tale logica, infatti, si voleva superare l’idea di una classificazione “puntuale” o mono-comunale adottando invece una zonizzazione sistemica (quella degli SLL) che tenesse conto delle relazioni luogo di vita (casa-scuola, casa-lavoro) dove vengono registrati i fenomeni e i comportamente connessi ai fabbisogni primari (servizi di base o a domanda individuale).
L’approccio toscano alla SNAI
La prima riflessione della Giunta regionale, successiva alla proposta di una Strategia nazionale per le Aree interne, è stata quella di predisporre una analisi che portasse ad individuare le aree interne toscane secondo una lettura altra e complementare all’impianto strategico nazionale: il concetto di
L’approfondimento che seguì portò all’elaborazione di metodologia integrativa, che partendo da quella nazionale permetteva un ulteriore affinamento in grado di cogliere i peculiari contesti toscani, non solo quelli della parte centrale della Regione, soprattutto nei luoghi di frontiera lungo la dorsale appenninica, ma anche e soprattutto le sfide e le opportunità di tali territori.
Il lavoro di analisi elaborato da IRPET fatto proprio dalla Giunta regionale nel gennaio 2014 individuava infatti:
Per superare la tipizzazione a cui il concetto di “aree interne” è sottoposto e al richiamo alle “terre dell’osso” di Manlio Rossi Doria che evoca isolamento, povertà e scarso sviluppo (si veda su questo anche quanto riportato da Simonicca sul numero di novembre 2020 di Dialoghi Mediterranei), la Giunta regionale ha voluto procedere ad una ulteriore articolazione che permettesse di coglierne i tratti salienti e dunque le leve di possibile sviluppo, più coerente con la visione dell’OECD che li vede quali luoghi di opportunità.
individuando così 4 (tipologie di) territori: Aree interne fragili, Aree interne turistiche, Aree interne non turistiche con potenzialità ed un gruppo residuale, le Aree interne residenziali.
Diversamente da quanto avvenuto poi in altre Regioni, con un’individuazione “top-down” delle aree da candidare all’eligibilità della SNAI nazionale, in Toscana è stato adottato un metodo “bottom-up” di concertazione negoziata richiedendo al territorio stesso di riconoscersi tra simili, accumunati da un obiettivo condiviso e come tale di proporsi e candidarsi alla Regione con un “progetto di territorio” incentivando un processo di aggregazione, che teneva conto della recente riperimetrazione delle Unione dei Comuni, nell’ambito di una specifica manifestazione di interessi indetta nel maggio 2014.
Sebbene la manifestazione di interessi chiedesse di avere a riferimento come nucleo centrale i Comuni classificati fragili secondo l’elaborazione dell’IRPET, tutte le candidature pervenute coinvolgono anche altri tipi di territorio (non solo aree interne), con la volontà di porre in essere una strategia di sviluppo territoriale rispondendo ai bisogni emersi – adeguatamente ordinati per priorità – della popolazione e del sistema produttivo.
Dalla teoria alla pratica
Una delle caratteristiche della SNAI, quella alla co-progettazione, ha trovato terreno fertile in Toscana esplicitata nella volontà della Giunta regionale di accompagnare il territorio nella definizione non solo dell’idea strategica e delle singole progettualità, ma anche e soprattutto nella successiva attuazione degli interventi, nonché attraverso la previsione di uno specifico sostegno finanziario regionale alla progettazione.
A tal fine è stata prevista la costituzione di un Nucleo tecnico, cui prendono parte tutti i settori regionali coinvolti nella programmazione e nell’attuazione delle politiche regionale, nonché dagli Istituti e le Agenzie che possonovano fornire un supporto ai Capofila.
Il Nucleo ha il compito
Questa proficua collaborazione ha permesso nella fase ascendente, di garantire non solo la coerenza degli interventi con le politiche regionali, ma anche la complementarietà con la programmazione settoriale in una logica di approccio multi-fondo, oltre che fornire un valido supporto durante i vari stadi di definizione delle strategie.
Nella fase di attuazione degli interventi, anche attraverso i tavoli politici e tecnici contemplati nei Protocolli d’intesa e Accordi di Programma Quadro previsti dalla normativa nazionale e regionale (), questo accompagnamento non è mai venuto meno. In una logica di proficuo confronto e reciprocità ha permesso non solo di superare gli ostacoli e ritardi nell’attuazione, ma anche di accrescere la consapevolezza tanto degli uffici regionali quanto del territorio del legame indissolubile e del mutuo accrescimento in termini di conoscenze e di acquisizione di quei «saperi incorporati nei territori, o meglio nelle persone che vivono e interpretano i territori» (Forum Diseguaglianze e Diversità, 2020).
L’impostazione olistica alle sfide e alle opportunità che le zone interne si trovano ad affrontare ha da subito trovato nel Consiglio regionale un partner molto attento. Non solo nel Programma regionale di sviluppo 2015-2020 si è voluto dedicare un Progetto specifico alla “Montagna e alle Aree interne”, ma a partire nel 2019 si è voluto prevedere espressamente che tutte le politiche regionali, non solo i Fondi Strutturali e di Investimento europei (FESR, FSE, FEASR e FEAMP), ponessero al centro delle proprie procedure di selezione il tema di questi territori attraverso delle specifiche premialità.
Nella nuova legislatura, iniziata lo scorso settembre, tale volontà è stato ulteriormente esplicitata attraverso il concetto di “Toscana diffusa” nel quale si coniuga non solo l’idea che esistono tante Toscane, ciascuna degna di attenzione e valorizzazione nel rispetto delle sue specificità, ma si è voluto gettare le basi per un rapporto sinergico tra i territori attivando strumenti capaci di ricucire la “frattura” tra i luoghi e dunque incidere sulla riduzione del divide territoriale tra le varie Toscane.
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