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La Sicilia e la sua luce in Australia. La pittura metafisica di Modica

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2017 @ 01:21 In Cultura,Società | No Comments

 Finestra orizzontale - notturno 2002 olio su tela

Finestra orizzontale – notturno, 2002, olio su tela

di Donatella Cannova e di Sasha Grishin  [*]

Le periferie del mondo sono per definizione luoghi non dinamici, territori dove il tempo batte a velocità ridotta, senza l’adrenalinica frenesia che tanto piaceva ai Futuristi e alle Avanguardie storiche. La Sicilia, che periferia lo è diventata molti secoli fa, coltiva con mollezza mediterranea la sua condizione periferica ed insulare e, di tanto in tanto, ne gode i frutti, con il proliferare di scrittori, drammaturghi, letterati, artisti che nel corso del tempo hanno apportato con la loro visione eccentrica e originale linfa nuova alle arti. E lo hanno fatto sempre avendo come punto di partenza proprio la realtà insulare, che si è dimostrata per la sua complessità storica, geografica e umana particolarmente atta a trascenderne la specificità per divenire paradigma universale della condizione umana.

Giuseppe Modica può essere di diritto ascritto alla lunga schiera di personalità artistiche siciliane che, dopo il rituale passaggio di rottura con la realtà isolana avvenuto con il trasferimento sul Continente, si è rivolta al sentimento della Sicilitutidine  quale fiume carsico, lava ingrottata, da cui fare emergere elementi da infondere nella sua poetica pittorica.

Dalla realtà isolana l’artista ha tratto a piene mani i colori, le luci, mi verrebbe da dire i profumi e i gusti, che filtrati attraverso la memoria egli ha ricomposto in una personalissima visione, trasfusa non solo di luce mediterranea, ma di echi dei movimenti artistici italiani ed europei congeniali alla sua ricerca individuale in bilico tra storia e mito.

 Atelier-melanconia, 2015-16 olio su tela

Atelier-melanconia, 2015-16, olio su tela

Succede così che in una tela di Modica ci si possa riflettere come in uno specchio, e che vi si precipiti dentro, inghiottiti come Alice in un vorticare di frammenti di memorie appartenuteci ma di cui non si conserva memoria. In questa ricerca cieca, vengono incontro, come precipitati da un altro universo, presenze strane e stranianti, pezzi di materia, ombre di oggetti invisibili, luci taglienti. Noumeni di quell’inconoscibile che l’Occidente da sempre tenta di definire, sospesi in un tempo indefinito, essi sorprendono per la loro matericità ed oggettività, dove da un momento all’altro si può aprire, almeno si spera, il varco tanto agognato. L’arte del pittore siciliano, lungi dall’essere mero rispecchiamento di una realtà oggettiva, porta comunque in sè “tracce” o “segni”, se vogliamo, del mondo circostante che le fa da levatrice. È con la sapiente combinazione di quei “segni”, insieme alla manipolazione delle forme e dei colori, ovvero della luce, che Modica costruisce i mattoni del suo linguaggio, così profondamente radicato nella cultura occidentale, in tutto l’arco che va dai Greci ai contemporanei, eppure così originale e riconoscibile.

E vi è un tempo nell’arte del Siciliano, un tempo sospeso e antico, che riflette la sua terra antica. Non ci sono passi affrettati in questo mondo, non si corre verso una meta ignota. Si incede con fare dignitoso nel passaggio terreno, si cerca con pazienza la rivelazione del Bello. «La bellezza ha scritto Alda Merini non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. La superficialità mi inquieta ma il profondo mi uccide». Manifestazione di un arcano, la Bellezza balena nel mondo, epifania fortuita visibile all’artista, che poi con cura e con perizia tecnica la fissa sulla tela, per restituirla al mondo in un’osmosi di rivelazione/restituzione, in un cerchio che è quello della storia. Non e’ una ricerca estetizzante/decadente, quella di Modica, ma piuttosto un esercizio infaticabile che si iscrive nel solco della grande tradizione, e che parla di un’umanità ostinata che, come Sisifo, non si arrende neanche di fronte all’assurdità di un gesto destinato al fallimento.

  Annunciata, Omaggio ad Antonello, 2016, olio su tela

Annunciata, Omaggio ad Antonello, 2016, olio su tela

La ricerca di Modica, che pure è fatta con passione, non lascia trapelare tensione. O meglio, la tensione è tutta contenuta nell’equilibrio delle forme e della composizione, equilibrio che è poi quello fissato dai Greci nel canone, dagli Umanisti nella “divina proporzione”, e da Modica interpretato in chiave contemporanea. Si veda, ad esempio, la tela che rende omaggio ad Antonello. Forme pure, simmetriche, eteree e slanciate come le bifore, incorniciano l’Annunciata, che pur fedele nell’iconografia ai dipinti del Messinese, se ne distacca con l’inserimento del tema dello specchio e del riflesso, e con la presenza del mare riflettuto alle spalle della figura. Sicché il quadro lascia risuonare un contesto, una fisicità di luoghi e di luci evocati attraverso il ricordo e la memoria.

Il fare lento, la tecnica che richiede tempi lunghi, persino l’incedere verbale strascicato secondo la cadenza propria dei Siciliani (e penso a Sciascia, a Bufalino, a Consolo ed altri), esaltano il valore delle sue opere: è incurante della velocità che muove la contemporaneità, Modica, perché nutre la profonda consapevolezza che ci vuole tempo per costruire qualcosa che resti nel tempo. E allora, ecco che le sue tele sembrano quasi delle dighe contro il tracimare dell’inutile e del superfluo. Vi trovano posto con ordine geometrico solo gli elementi essenziali, scelti fra i milioni possibili, che suggeriscono ponti, passaggi tra il mondo visibile e un altrove sconosciuto. Nelle nuovissime opere che ritraggono lo studio dell’artista a Mazara del Vallo, ma anche in alcuni lavori meno recenti quali le vedute di Roma, vi sono, disseminati qua e là, elementi di un discorso narrativo e visivo fatto di allusioni e rimandi, un gioco di luci, colori, specchi, oggetti quali la macchina fotografica o l’enigmatico dodecaedro di Dureriana memoria, in cui si racchiudono significati arcani, mondi ultraterreni e immortali, l’universo nella sua totalità.

È in questo dialogo incessante, fitto e a bassa voce, con il passato e con il presente, che Modica ha costituito la sua voce e ha creato la sua cifra stilistica, usando tecniche pittoriche magistralmente padroneggiate, fuori da mode effimere ed istantaneamente superate.

 Omaggio a Man Ray, 2015, olio su tela

Omaggio a Man Ray, 2015, olio su tela

Vedere un importante corpus di opere di Giuseppe Modica per la prima volta in Australia è non solo motivo di orgoglio per l’impresa portata a termine grazie anche alla generosa collaborazione dello stesso artista, dell’ambasciatore Pierfrancesco Zazo e del dr. Sasha Grishin, che ha brillantemente contribuito con il suo saggio a questo catalogo. La presenza di queste opere in luoghi geograficamente così lontani dall’Italia, ma all’Italia storicamente legati dalla forte presenza della nostra comunità, assume un significato particolare: esse incarnano una via italiana alla contemporaneità, costituiscono una visione originale della forza tranquilla della tradizione nell’era della riproducibilità e del virtuale. L’uso sapiente della materia, il lavoro certosino, l’artigianato che è necessario all’arte, il talento, la consapevolezza che un presente umano debba essere ancorato al passato, costituiscono valori profondi e indissolubili della nostra cultura, valori che abbiamo il dovere di coltivare senza cedimenti e con caparbietà. Giuseppe Modica è un Maestro anche in questo senso. [Cannova 

In un famoso saggio intitolato Meditazioni di un pittore (1912) Giorgio De Chirico parlò del senso di rivelazione come di un percorso verso la creazione dei suoi quadri metafisici. Scrive:

Lavori in corso-luce all'orizzonte, 2009, olio su tavola

Lavori in corso-luce all’orizzonte, 2009, olio su tavola

«In un limpido pomeriggio autunnale ero seduto su una panca al centro di piazza Santa Croce a Firenze. Naturalmente non era la prima volta che vedevo quella piazza: ero uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale ed ero quasi in uno stato di morbida sensibilità. Tutto il mondo che mi circondava, finanche il marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. Al centro della piazza si erge una statua di Dante, vestita di una lunga tunica, il quale tiene le sue opere strette al proprio corpo ed il capo coronato dall’alloro pensosamente reclinato… Il sole autunnale, caldo e forte, rischiarava la statua e la facciata della chiesa. Allora ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente. Ora, ogni volta che guardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il momento è un enigma per me, in quanto esso è inesplicabile. Mi piace anche chiamare enigma l’opera da esso derivata».

I quadri di Giuseppe Modica appartengono a questa tradizione metafisica dell’arte italiana, nei quali si respira un’atmosfera di ansietà e malinconia mentre l’artista cerca di suggerire che esiste un mondo al di là delle leggi della comune percezione umana.   Guillaume Apollinaire, André Breton e Sigmund Freud riconobbero a De Chirico il merito di aver creato una nuova arte del subconscio ed è proprio tale qualità di enigmatica alterità metafisica, l’arte del subconscio e l’arte dello sconcertante che possono essere considerate elementi caratteristici dell’arte di Modica.

La traiettoria dell’arte di Modica si discosta da un approccio più totale e olistico evidente nei suoi quadri degli anni ’80 per diventare progressivamente sempre più frammentato nei suoi dipinti più recenti, con punti di osservazione che passano attraverso finestre, porte, specchi e provvisti di strane angolazioni.L’artista si concentra particolarmente sul fenomeno della visione e degli strumenti che la facilitano, naturali e artificiali – la camera oscura, la finestra, lo specchio, la moderna macchina fotografica, riflessione e rifrazione. 

 Studium, 2016 olio su tela

Studium, 2016, olio su tela

Sin da giovane Modica ha perfezionato molti dei suoi strumenti e stratagemmi pittorici: artifici trompe l’oeil per rappresentare perfettamente la trama delle superfici per ingannare l’occhio e intrigare la mente; prospettive a punto unico di fuga e prospettive inverse per attrarre l’osservatore all’interno della composizione e immergerlo quindi nello spazio e l’uso di ombre per accentuare il senso di mistero. Com’è noto De Chirico osservò una volta: «Ci sono molti più enigmi nell’ombra di un uomo che cammina al sole che in tutte le religioni passate, presenti e future». I quadri di Modica contengono deliberatamente un puzzle visivo ed intellettuale, un puzzle privo tuttavia di una soluzione apparente e che presenta soltanto un’infinita gamma di incertezze.

La sua grande tela Studium (2016) ci fa entrare nello spazio di un’artista con una tela dipinta appoggiata su di un cavalletto al centro della stanza mentre una macchina fotografica posta su un treppiede occupa un angolo della stessa stanza. Le porte e le finestre che perforano lo spazio interno ci consentono l’accesso ad un balcone esterno e ad una vasta distesa di mare e cielo, ma un grande specchio eretto sul pavimento sovverte una lettura così razionale dello spazio, mentre la tappezzeria ornamentale di un delicato color blu pastello, con uno strano motivo a griglia, sembra imporre una piatta lettura bidimensionale alla superficie della tela. Lo stato d’animo è sommesso, nostalgico e velato di malinconia. A ben rifletterci, notiamo nello spazio interno anche oggetti strani, come pietre, che potrebbero suggerire qualsiasi cosa,  dall’alchimia alla pietra filosofale. L’artista crea uno spazio ambiguo nel quale ci invita ad addentrarci con la nostra immaginazione.

 Roma-melanconia, 2010-2014 Olio su carta intelata

Roma-melanconia, 2010-2014, olio su carta intelata

I contorni di luce sopra le superfici rivelano pareti e oggetti con a volte nuvole fluttuanti che sembrano possedere la stessa solidità di mattoni e rocce. Si può inferire che molti dei quadri di Modica evocano ciò che potrebbe essere definito uno stato di sogno ad occhi aperti, nel quale rammentiamo a malapena qualcosa che potrebbe come potrebbe non essere avvenuto. I suoi quadri, compreso l’Omaggio ad Antonello (L’Annun- ciazione) (2016) e Roma-malinconia (2010-2014) toccano le corde della memoria – da un lato la classicità senza tempo della Vergina Annunciata di Antonello a Palermo, dall’altra i familiari contorni della città eterna. Le citazioni non sono comunque letterali e sebbene i titoli delle opere alludano a qualcosa di specifico, come pietre di paragone sulla realtà, l’artista le ha trasformate per perseguire un proprio scopo. Si tratta di una qualità del familiare magicamente trasformata in qualcosa che ora appare stranamente insolito, una condizione che Freud ha definito ‘perturbante’ nel suo autorevole saggio Das Unheimliche (1919).

 Melanconia- cielo di notte, 2016, acrilico tela

Melanconia- cielo di notte, 2016, acrilico tela

 La forza dei dipinti di Giuseppe Modica risiede nel fatto che essi ci invitano ad entrare nel mondo del ‘perturbante’, un mondo sfiorato da malinconia, nostalgia e ansietà. Il significato è raramente univoco, e ogni osservatore attribuisce alla immagine il proprio contenuto emotivo e spirituale. I quadri di Modica posseggono un grande lirismo e sofisticazione tecnica e tracciano un percorso in una dimensione diversa dell’esistenza nella quale la forma del tempo è fluida e lo spazio è ambiguo e provvisto di numerosi strati. Nelle sue opere Modica crea degli spazi metafisici speciali nei quali lo spirito può cercare rifugio. [Grishin]

(traduzione dall’inglese di Paola Vertechi)
Dialoghi Mediterranei, n.23, gennaio 2017
[*] Si pubblicano i testi del catalogo della mostra Atelier di luce e memoria, che presenta una selezione di quindici opere del pittore siciliano Giuseppe Modica, tra le più significative della sua ricerca degli ultimi quindici anni. La mostra, inaugurata l’8 dicembre, è stata promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Sydney, dall’Ambasciata Italiana di Canberra e dall’Istituto Italiano di Melbourne.
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Donatella Cannova, laureata in lingue e letterature straniere presso l’università di Palermo e in linguistica e didattica presso l’università Stendhal di Grenoble, è attualmente direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Sydney, in precedenza ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Cordoba, in Argentina ed è stata vice-direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles. Ha insegnato lingua e letteratura italiana all’università ELTE di Budapest, e presso le università belghe di Bruxelles, Anversa e Lovanio. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni in campo letterario, linguistico e artistico, nonché la curatela di mostre di arte contemporanea in Belgio, Argentina e Australia. 
Alexander (Sasha) Grishin, professore emerito presso l’ Australian National University di Canberra, lavora a livello internazionale come storico dell’arte, critico e curatore. Ha studiato presso le università di Melbourne, Londra e Oxford. A più riprese  è stato invitato a tenere lezioni presso l’università di  Harvard. Nel 2004 e’ stato eletto membro dell’ Australian Academy of the Humanities. Nel 2005 gli è stato conferito l’Order of Australia per meriti storici ed artistici. Ha pubblicato più di venticinque libri e oltre duemila articoli, critiche e saggi in cataloghi su diversi aspetti dell’arte.

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