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La scuola di Soria: incontri di studio sul ripopolamento di territori

Posted By Comitato di Redazione On 1 novembre 2021 @ 00:59 In Cultura,Società | No Comments

il centro in periferia

Scuola di Soria, Welcoming Spaces

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: dentro il castello di Yanguas

di Maria Molinari

Quest’anno dal progetto MATILDE (https://matilde-migration.eu/) ho ricevuto un interessante invito a partecipare alla International PhD School on Migration and Socio-ecological Change. Era una scuola per dottorandi che si sviluppava in due sessioni online e una in presenza: la prima parte era costituita da un’introduzione con discussione aperta (si è svolta in marzo) e la seconda parte era maggiormente dedicata alla peer review dei lavori di ricerca dei partecipanti e ai seminari in presenza. Quest’ultima parte si è svolta a Soria, Spagna, negli ultimi giorni di settembre.

La scuola, recentemente conclusasi, si è concretizzata in un incontro tra studiosi e dottorandi di diverse discipline che si occupano dello stesso tema: il ripopolamento delle aree rurali europee. Durante le giornate di studio è stata posta una domanda principale, leitmotiv delle discussioni: come possiamo contribuire alla rivitalizzazione delle aree in declino nell’Unione Europea e allo stesso tempo offrire uno spazio accogliente ai migranti extracomunitari per portare avanti i loro progetti di vita?

Gli obiettivi della scuola erano quelli di sviluppare prospettive critiche e trasformative sulla migrazione e il cambiamento socio-ecologico; acquisire competenze metodologiche per l’impatto e la co-creazione di conoscenza; imparare attraverso i benefici della revisione accademica tra pari.

Sotto l’egida del progetto Welcoming Spaces (https://www.welcomingspaces.eu/) e grazie al coordinamento dell’Università di Utrecht, la scuola ha voluto favorire l’impollinazione incrociata concettuale e metodologica nell’analisi delle relazioni tra migrazione e cambiamento socio-ecologico. La scuola di dottorato si è basata su una metodologia collaborativa e interattiva che ha permesso ai ricercatori di dottorato di discutere i loro piani di ricerca e soprattutto i loro risultati (in corso) con altri ricercatori di dottorato, studiosi più anziani ed esperti non accademici e professionisti.

L’ampiezza del partenariato di progetto (che chiamava a raccolta Paesi Bassi, Germania, Italia, Polonia e Spagna) ha permesso la partecipazione di interessanti soggetti istituzionali come appunto l’Università di Utrecht, Landelijke Vereniging voor Kleine Kernen (LVKK), Università di Siegen, Plattform e.V., Università di Bologna, Fieri, Warsaw School of Economics, Fondazione Ocalenie, Università della Coruna, Fondazione Cepaim.

Paesaggio tra Soria e San Esteban

Paesaggio tra Soria e San Esteban

Dopo l’isolamento, dovuto alla difficile situazione sanitaria che tutti abbiamo vissuto in cui ognuno si è visto confinato nella propria casa con la sola possibilità di confronto online con i colleghi e con il resto del mondo, la possibilità di uno scambio di opinioni, questa volta in persona, ha rafforzato i legami personali di una rete che si era già costituita nella prima sessione della scuola.

Non solo il confronto di persona a Soria ha dato modo di creare e consolidare relazioni interpersonali e di comprendere a fondo il lavoro di uno e dell’altro partecipante, ma ha dato l’occasione di visitare un’area all’interno della Spagna rurale. Questi incontri hanno dato ai partecipanti l’opportunità di ascoltare e discutere con gli abitanti dei due paesi visitati (Yanguas e San Esteban De Gormaz, entrambi situati nella comunità autonoma di Castiglia e Leon) e di praticare un confronto con le aree geografiche dei propri casi studio. Ciascuno, nella relazione con gli abitanti, ha portato domande, osservazioni e comprensioni di mondi distanti ma talvolta molto simili tra loro. Ecco qualche spunto dalle due visite ai paesi.

Scuola di Soria, Welcoming Spaces:

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: nel castello di Yanguas

Yanguas, il cui nome deriva da ianuas (“porta”, in latino) è un piccolo comune di novanta abitanti situato tra la regione di Soria e la Rioja. Di origine preromana, si è trovata collocata sulla strada che collegava Numanzia e Calahorra ed ha acquisito importanza durante la guerra dei romani contro Numanzia, antica roccaforte celtibera che ha resistito alla conquista romana fino alla autodistruzione. Yanguas è maggiormente conosciuta perché citata nel capitolo XV del Don Chisciotte, quando i suoi abitanti picchiarono Don Chisciotte e l’amico Sancio per non essere stati in grado di governare i muli su cui erano in sella.

L’incontro con alcuni abitanti, nella cornice del castello trecentesco, ha dato modo al gruppo di rendersi conto della trasformazione del paese durante i secoli. Mentre ancora fino agli inizi del Novecento si potevano contare duemila abitanti, ad oggi il comune non ne conta neanche un centinaio. Sono molte le azioni che la cittadinanza mette oggi in pratica per invitare le persone ad insediarsi nel borgo ma quella che più mi ha colpito è la strategia lungimirante della municipalità che si è presa a cuore il tema della casa. L’abitazione è il primo spiraglio dove il sognatore comincia a intravedere il proprio futuro in un nuovo territorio e proprio sulle case, la maggior parte abbandonate, il comune ha voluto investire. Esso si fa carico di acquisire l’abitazione in disuso, di chiedere finanziamenti pubblici per renderla abitabile per poi cederla all’acquirente ad un prezzo calmierato.

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: a San Esteban de

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: a San Esteban de Gormaz

In questo modo alcune persone sono state facilitate nel loro processo d’insediamento chiamandone talvolta altre. La necessità di accettare le carenze di molti servizi in paese e la necessità di usufruire di un mezzo proprio per spostarsi sono precondizioni per comprendere il paese e poterlo accettare così com’è, con le sue opportunità (una vita di comunità immersa nella bellezza della regione di Soria) e con i suoi limiti (come la lontananza dai servizi di base e commerciali).

Non tutti i nuovi insediamenti sono stati però casi di successo, molte persone dopo un periodo di prova hanno deciso di non insediarsi. Molto si è discusso tra noi dottorandi, una volta rientrati nella struttura che ci ospitava, di quanto poco i promotori del territorio fossero consapevoli delle reali motivazioni che hanno spinto le persone a non restare, nonostante gli aiuti ricevuti. E allora ecco l’importanza di capire il problema. Un po’ come in quella foto che spesso vediamo girare su internet, dei fori di proiettile infissi negli aerei della seconda guerra mondiale. Gli alleati mapparono i fori di proiettile negli aerei colpiti dalla contraerea tedesca per comprendere i punti deboli dei velivoli su cui viaggiavano i loro soldati. La deduzione dei costruttori fu quella di rinforzare le aree maggiormente colpite al fine di blindare ulteriormente i velivoli. Invece più tardi ci si rese conto che i fori di proiettile nelle aree colpite dell’aereo rappresentavano solo i danni subiti dagli aerei che tornavano alla base e non di quelli abbattuti. Le aree che dovevano esser rinforzate erano quindi quelle in cui non c’erano i fori, poiché se l’aereo e il suo pilota non avevano fatto ritorno a casa probabilmente era perché erano state colpite proprio quelle aree del velivolo. Insomma non si vedeva il “punto di vista” di quei velivoli che, non avendo fatto ritorno, non avevano potuto raccontare la loro esperienza.

Nell’agire verso il richiamo degli abitanti in aree rurali de-popolate, quanta energia dedichiamo a rinforzare quelli che noi consideriamo i punti deboli senza interrogarci sufficientemente sui reali motivi dei fallimenti, sulle vere ragioni degli altri? Dovremmo forse dare maggiore voce dunque a quelli che, invece, se ne sono andati, talvolta con rammarico o rancori per non essere stati capiti. Talvolta la mancanza dei servizi, del lavoro o della casa non sono gli unici motivi, ma sono quelli a cui noi diamo il valore maggiore. Tuttavia spesso le ragioni sono meno materiali.

La seconda visita, l’esperienza a San Esteban De Gormaz, in un certo senso mi ha riportato a casa con gli occhi facendomi apprezzare la somiglianza delle strutture romaniche spagnole con le numerose chiese di paese che troviamo sull’Appennino Tosco Emiliano.

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: presso il Camous di Soria

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: presso il Camous di Soria Universidad de Valladolid

L’incontro con la sindaca e alcuni assessori ha voluto iniziare proprio dalla mostra di quelli che sono i principali servizi del paese. Comune di oltre tremila abitanti, a San Esteban sono attivi servizi di formazione per adulti, centri per anziani oltre che vari plessi scolastici. Uno dei progetti attivi che più mi ha colpito è quello della formazione intergenerazionale. Anziani signori che più volte alla settimana si recano presso l’ente di formazione che li istruisce per poter “lavorare” con i bambini. Essi apprendono a stare con i bimbi, a trasmettere le loro conoscenze e a dedicare il loro tempo prezioso ai più piccoli. Allo stesso tempo i piccoli apprendono ad ascoltare storie che non troverebbero in televisione o sui tablet, a capire che il corpo invecchia e apprezzano l’importanza della relazione interpersonale. Insomma un approccio win-win come direbbero gli anglofoni dove a vincere e a “guadagnarci” sono entrambe le parti. San Esteban mette a frutto il suo bene più prezioso, e anche quello più “comune” mi verrebbe da dire per un paese dell’interno che invecchia, a favore della popolazione più giovane.

Arricchiti da queste esperienze, e intelligentemente moderati dai coordinatori del progetto, i partecipanti hanno avuto poi modo di discutere tra pari dei propri progetti di ricerca, mettendo a paragone con le esperienze vissute, evidenziando lacune, limiti, potenzialità ed individuare possibili vie di sviluppo. La rete ampia e assortita dei partner coinvolti ha permesso una partecipazione eterogenea delle persone provenienti da diverse formazioni e settori di occupazione. La competenza dei professori che sono intervenuti attraverso i loro seminari ha rafforzato la formazione dei partecipanti e posto sul tavolo della discussione interessanti interrogativi da potere sviluppare con ricerche in futuro.

Scuola di Soria, Welcoming Spaces:

Scuola di Soria, Welcoming Spaces: Presentazione del progetto

In questo viaggio a Soria, Welcoming Spaces si è rivelato uno “spazio accogliente” non solo nel senso del tema del progetto, ma è stato da me vissuto come un riflesso concreto dell’atteggiamento accogliente che ognuno dei partecipanti ha messo in pratica durante questi giorni d’interazione tra noi, e tra noi e i territori.

Parlare di aree fragili in un’Italia fragile, sebbene ad oggi si siano costituite solide reti di discussione sul tema del ripopolamento e della ripresa delle aree interne, talvolta non è sufficiente per abbattere quel senso di isolamento e di impotenza che in qualche occasione ci coglie tutti, volenti o nolenti.

Parlare di aree fragili in contesti internazionali, insieme a persone che condividono stesse idee e timori, fa capire che non siamo soli ad affrontare questa nuova epoca storica che ci apre le porte ad un futuro tutto da programmare. Lo scambio con i nostri simili al di là e al di qua dei confini, compresi quelli che vivono nei nostri stessi borghi e a cui raramente diamo la parola (i migranti internazionali), ha potenzialità importanti che dovremmo cogliere in ogni momento del nostro lavoro. 

Dialoghi Mediterranei, n. 52, novembre 2021

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Maria Molinari, laureata in Antropologia culturale ed etnologia all’Università degli Studi di Bologna (triennale e specialistica), dopo alcune esperienze di cooperazione all’estero, ha lavorato (dal 2005 al 2019) nel campo dell’accoglienza migranti, con enti locali ed organizzazioni no profit. Impiegata nei primi anni come educatrice, dal 2011 ha avviato e coordinato progetti di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nelle aree montane. Ha svolto un master su studi interculturali all’Università di Modena e Reggio Emilia; una borsa di studio presso l’Università di Parma; un corso di perfezionamento in Antropologia museale e dell’Arte presso Università degli Studi Milano Bicocca; ha svolto numerosi corsi di progettazione. Originaria dell’appennino parmense, dove vive e pratica la professione di guida ambientale escursionistica, attualmente si occupa di progettazione, consulenza e coordinamento di progetti sulla valorizzazione del patrimonio e su progetti socio-culturali richiesti da enti locali ed organizzazioni. È fondatrice e coordinatrice del Piccolo Festival dell’Antropologia della Montagna.

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