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La lezione di Antonino Uccello, mio zio

Posted By Comitato di Redazione On 1 luglio 2021 @ 01:05 In Cultura,Società | No Comments

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Antonino Uccello col nipote Tommaso Latina, mio fratello

il centro in periferia

di Andrea Latina

La genesi del Centro Studi Iblei ha probabilmente origine nella seconda metà degli anni ‘70, quando con i miei genitori tornammo dalla Svizzera in Sicilia, dove mio padre aveva trovato lavoro come custode presso il Museo Archeologico di Ragusa.

Il ricordo della prima visita alla Casa-museo di mio zio Ninì, in verità Antonino Uccello, è ancora vivissimo in me: dall’apparire, dietro i finestrini dell’autobus, del costone roccioso su cui si abbarbicava Palazzolo, all’aria umida e odorante di muschio delle viuzze strette che, inerpicandosi, ci avrebbero presto condotto davanti all’immenso portone in legno della Casa-museo.

La sorpresa più grande, però, avvenne non appena varcata la soglia: davanti a me si dispiegò in maniera prorompente un mondo a me sconosciuto, quasi “primitivo”. Ero cresciuto a Zurigo, una moderna città di 400 mila abitanti, la più popolosa della Svizzera. Mi ritrovai proiettato in un mondo diametralmente opposto a quello dove avevo passato i miei primi cinque anni, un mondo perduto fatto di cose antiche, lavorate a mano. Era il mondo che mi avrebbe fatto conoscere i miei nonni.

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Antonino Uccello con Francesca Caligiore, mia madre

A livello strettamente personale ed esistenziale, questo è il più grande merito di Antonino Uccello, quello di avermi fatto conoscere la vita dei miei avi. Di lui ho un ricordo flebile. Lo vedevo raramente nella sala da pranzo e parlava pochissimo, con un filo di voce. Questa sua “chiusura” era in conflitto con la narrazione riportata da mio fratello che, quando i miei si erano appena trasferiti a Zurigo, era rimasto circa tre anni a vivere con lui e mia zia Anna Caligiore alla Casa-museo. Lo descriveva infatti molto affettuoso e giocherellone con i bambini. Lui stesso, spesso, gli si attaccava ai lunghi capelli. Parecchi anni dopo, leggendo gli innumerevoli articoli di stampa relativi ai suoi sofferti rapporti con le istituzioni, compresi pienamente la sua angoscia, i suoi silenzi.

Nel 1990, avevo 19 anni, in un edicola mi trovai davanti una pubblicazione, “La Siciliana Nuova” dove in copertina campeggiava una sua foto. La comprai e, leggendo gli articoli, quello che fino ad allora era sempre stato semplicemente lo zio Ninì, divenne un grande studioso delle tradizioni popolari.

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Da sx: Anna Caligiore, Francesca Caligiore, Antonino Uccello, Rosalia Uccello. Cantù,1959

Negli anni seguenti dedicai parecchio tempo a leggere i suoi scritti, concentrandomi in particolar modo sul bellissimo La Casa di Icaro, dove trovai le necessarie connessioni riguardo il rapporto osmotico tra Antonino Uccello e la storia della mia famiglia.

Alla fine degli anni ‘90 iniziai la mia avventura nel mondo di Internet e con sommo dispiacere constatai che su mio zio esistevano pochissime righe. Da lì a poco, grazie alla collaborazione scientifica di Luigi Lombardo, nel 1999, nell’ambito delle manifestazioni del ventennale dalla scomparsa, nel piazzale antistante la Casa-museo realizzammo una videoproiezione del sito web “Antonino Uccello e la Casa-museo”, composto da circa 120 pagine in cui presentavamo la sua opera etno-antropologica e letteraria. Il sito fu realizzato ben quattro anni prima rispetto a quello istituzionale sulla Casa-museo, a cura della Regione Siciliana.

Nel 2004, presso un notaio di Noto, finalmente registrammo lo Statuto del Centro Studi Iblei. Gli obiettivi che ci ponemmo già allora erano estremamente chiari: studio, valorizzazione e divulgazione del patrimonio culturale, naturalistico, archeologico, storico, artistico, etnoantropologico del territorio ibleo. Creare una sorta di “contenitore” che documentasse e raccogliesse i materiali sparsi in mille rivoli, di difficile reperibilità. Iniziammo dai documenti su mio zio e, nel corso degli anni, pazientemente abbiamo prodotto delle copie digitali dei suoi lavori che includemmo nel sistema di navigazione multimediale del Centro Studi Iblei. Creammo, parallelamente, una serie di siti internet di carattere informativo per incrementare la presenza turistica (e non solo) nella zona. Tutti questi siti furono poi collegati in rete per potenziarne l’efficacia.

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Centro Studi Iblei, Raccolta museografica

Per anni, con le varie amministrazioni succedutesi tentammo di instaurare un dialogo costruttivo e, malgrado il grande impegno profuso nella realizzazione, ci trovammo davanti solamente porte chiuse. Non riuscimmo ad avere nessun aiuto economico o uno spazio dove potesse trovare fisicità e concretezza quanto stavamo realizzando. Tra l’altro eravamo in possesso degli oggetti di famiglia, sia della casa di Palazzolo che della masseria di contrada Aguglia che non erano stati trasferiti alla Casa-museo. Qualche anno più tardi, nel 2012, visto il totale disinteresse delle istituzioni preposte, misi da parte il progetto e la quasi totalità dei siti che componevano la rete (circa 20) furono, mio malgrado, cancellati.

Il progetto fu ripreso nel 2019, sperando che con il cambio di amministrazione comunale qualcosa finalmente potesse cambiare. Non cambiò nulla. Decidemmo comunque di aprire, in un piccolo locale e, nel giro di pochi mesi, il materiale etno-antropologico del Centro si triplicò, grazie alle donazioni dei palazzolesi e non. Di pari passo si incrementò anche il patrimonio librario, sempre grazie alle generose donazioni. Aderimmo quasi subito al Sistema Bibliotecario Siracusano (SBS) per sfruttare le potenzialità offerte dall’OPAC e dare maggiore dignità al materiale in nostro possesso.

I sogni si infransero ben presto quando si presentò l’emergenza sanitaria che stiamo ancora affrontando e procedemmo quindi con una serie di aperture e chiusure che fiaccarono il nostro spirito. Alla fine dell’estate si presentò l’occasione che attendavamo da anni. Per una serie di circostanze fortunate, il Comune di Buccheri ci offrì una sede che calzava perfettamente agli scopi che ci eravamo preposti. Una ex-scuola con uno spazio esterno immenso.

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Centro Studi Iblei, Raccolta museografica

Il progetto allora ha preso forma da sé. Creare una sorta di hub culturale che connettesse e facesse conoscere i paesi della zona iblea, con la loro storia, tradizioni, bellezze naturalistiche, ecc. Un luogo che non fosse un semplice museo etno-antropologico (la zona ne è ormai satura, peraltro) ma quella componente, anzi, fosse il punto di partenza verso qualcosa di nuovo, proiettato verso il futuro. Una rilettura della civiltà contadina come modello etico-culturale, esempio di ecocompatibilità, con l’idea circolare del bene comune e il concetto di “rifiuto” integrato nella ciclicità dei processi naturali.

Il progetto prese il nome di ECO museo-biblioteca-laboratorio: ECOmuseo, nella duplice accezione di museo del territorio ma anche museo ecologico; ECObiblioteca, perché oltre ai settori principali prima menzionati, contiene testi sull’ecologia ed è progettata secondo criteri ecologici; ECOlaboratorio, dove verranno affrontate temi e questioni quali il risparmio energetico, energie alternative (fotovoltaico, eolico e altro), autocostruzione, sistemi agricoli ecocompatibili (Permacultura, Agroecologia), City Farm, sistemi di compostaggio, solare (riscaldamento ambienti, acqua, cottura o disidratazione degli alimenti). Particolare attenzione verrà prestata al mondo dei bambini, per sensibilizzarli e farne, più avanti, degli adulti consapevoli.

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Centro Studi Iblei, Biblioteca

L’ECOlaboratorio ha iniziato già a prendere forma con l’installazione di sistemi idroponici (verticali, orizzontali, acqua profonda) e ben presto verranno realizzati anche forni solari e disidratatori. La sede del Centro Studi Iblei è inoltre dotata di un impianto fotovoltaico di circa dieci kW che copre tutti i fabbisogni del Centro. Ci troviamo quindi di fronte ad una realtà non solo autosufficiente, ma che dispone di un surplus di energia immessa in rete per i servizi cittadini. E con i sistemi idroponici produciamo anche cibo da consumare.

Tutto questo nell’ottica di incrementare, seguendo la naturale vocazione dei luoghi (Buccheri, dove ha sede il Centro e anche il resto dei paesi iblei), un turismo ecosostenibile, nonché un movimento civico e culturale. Questi luoghi hanno un potenziale immenso, espresso solo in parte. La pandemia e le limitazioni agli spostamenti, sembrano aver stimolato nella gente il desidero di riavvicinarsi alla natura, agli spazi aperti, al mangiare sano. La consapevolezza sempre più diffusa che il sistema economico e lo stile di vita finora seguiti non sono i migliori possibili. Da anni siamo di fronte ad un trend opposto a quello che succedeva una volta, quando si emigrava al nord in cerca di una sistemazione migliore. Adesso c’è molta gente del nord (ma anche stranieri) che acquistano case e terreni qui da noi, perché alla frenesia delle città da cui provengono preferiscono la tranquillità dei piccoli paesi e la dimensione più umana del vivere in maniera salutare. Così si potrà forse bilanciare lo spopolamento continuo di giovani che preferiscono andare via. O dare loro un’alternativa all’insegna dell’ecosostenibiltà.

 Dialoghi Mediterranei, n. 50, luglio 2021

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Andrea Latina, autodidatta, per anni ha lavorato come sviluppatore multimediale e siti internet con indirizzo culturale e/o turistico. Dal 2004 dirige il Centro Studi Iblei, un’associazione culturale con sede a Buccheri (Sr) che si occupa dello studio, valorizzazione e divulgazione del patrimonio naturalistico, archeologico, storico, artistico, etnoantropologico del territorio ibleo.

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