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Kalevala, poema finlandese tra fiaba, mito e leggenda. Dal racconto orale a letteratura di culto

Posted By Comitato di Redazione On 1 gennaio 2023 @ 01:45 In Cultura,Letture | No Comments

 

kalevala-lotta-1di Laura D’Alessandro

Sono tanti gli scrittori che hanno attinto dai racconti orali per realizzare opere indimenticabili come spesso è accaduto nella fiaba. Senza dubbio uno dei più blasonati tra i generi della letteratura folklorica, la narrazione fiabica affonda le sue radici nell’esaltazione dell’oralità popolare come matrice autentica dell’arte e dell’identità nazionale. Sin dall’epoca romantica segnata del successo internazionale dell’opera fiabistica dei fratelli Grimm [1].

La narrazione delle storie è un modo di trasmettere, ricordi, conoscenze, sentimenti, valori, fantasie e tanto altro. Ed è una pratica antica, lo si fa da tempo immemorabile. Per risalire alla genesi del racconto orale occorre guardare alle pratiche di vita sociale come i principali e più importanti indicatori che suggeriscono l’evolversi dell’immaginario individuale e collettivo [2].

Da un punto di vista psico-antropologico, infatti, questo è lo spazio sacro dell’immaginario. D’altra parte, le immagini aiutano a comprendere il mondo e la narrazione stimola l’immaginazione e tutto il mondo che ruota attorno. Il confine di ciò che vediamo e che percepiamo non ci circonda, piuttosto ci attraversa e che quel che avvertiamo come contraddittorio (o contraddizione), come sconosciuto e fonte di paura, come avventuroso, fantastico e sorprendente è in realtà uno spazio vitale, esistenziale. È lo spazio della creatività.

Già nell’Ottocento, gli studi etno-antropologici, evidenziavano come la narrazione orale fosse un patrimonio da riscoprire e valorizzare entro una visione nuova di cultura e di popolo. Cultura orale, dunque, popolare per eccellenza. Ed è sempre la lettura antropologica che evidenzia come la narrazione orale, quindi fiabistica, sia storicamente ben codificata e rappresenti non esclusivamente un genere letterario ma, soprattutto, un archetipo “del profondo” che unisce varie e differenti dimensioni della sfera razionale e irrazionale del nostro pensiero. Ci ricorda Calvino, proprio nell’introduzione alle Fiabe [3] dei fratelli Grimm, che questo lavoro di custodia della memoria e di rilancio delle tradizioni popolari, aveva come scopo il consolidamento dello spirito di appartenenza e la diffusione di una coscienza nazionale.

Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il Poema finlandese Kalevala: «Qui abbiamo un epos nella sua forma più semplice e commovente: si tratta del ritrovamento di un tesoro senza precedenti» [4]. Con queste parole Jacob Grimm accolse il Vecchio Kalevala nel 1845. 

coverL’autore del Kalevala, Elias Lönnrot [5], pur esercitando la professione di medico, aveva dedicato la vita alla raccolta e allo studio delle tradizioni popolari del suo Paese. In una serie di viaggi, compiuti tra il 1828 e il 1834, si mosse nei più remoti villaggi della Finlandia e della Carelia [6], allo scopo di trascrivere i canti popolari conosciuti ai laulajat di quelle lontane contrade. Se incontrava diffidenza, traeva il suo quaderno e cominciava a recitare per primo, e tanto bastava per convincere i cantori locali a sciorinargli il loro patrimonio di runot. Dario Giansanti e Flavia Di Luzzio [7], nel loro affondo sugli dèi di Finlandi a Carelia [8], sottolineano l’importanza dei runolautut quale fonte principale per la conoscenza della mitologia finnica. I runolautut sono i canti popolari epici e magici tramandati dai cantori (runolaulajat), amorevolmente raccolti dai folkloristi a partire dalla fine del Settecento fin quasi ai nostri giorni. È da un’attenta selezione di tali canti che Lönnrot compilò il Kalevala, il poema nazionale finlandese per eccellenza. Alcuni di essi erano, già allora, molto vecchi, e se Lönnrot fosse giunto pochi anni più tardi, un immenso patrimonio di canti sarebbe andato perduto per sempre. Raccolti nell’archivio del Suomalaisen Kirjallisuuden Seura (Skr-Società di letteratura finlandese), i runolautut rappresentano una delle collezioni di materiale orale e popolare più corposa al mondo.

Questa quantità di canti epici e magici è certamente di primaria importanza per una ricostruzione della vita religiosa degli antichi finni. Depurata dagli elementi estranei di origine germanica, slava o cristiana, la raccolta risultava particolarmente frammentata e con varianti indipendenti. Probabilmente anche oggetto di alterazioni e rimaneggiamenti da parte degli ultimi runolaulajat. Dall’analisi dei testi è stato possibile recuperare alcuni usi, costumi e comportamenti culturali e rappresentazioni mitologiche le cui radici affondano nella più remota antichità.

I migliori cantori usavano connettere gli episodi da loro conosciuti in piccoli cicli, e Lönnrot si chiese se non fosse possibile convogliare il ricco materiale da lui raccolto, canti epici, magici e lirici, in un’opera di ampio respiro, che risultasse una sintesi di tutti i generi della poesia tradizionale finnica. Nel compilare la sua opera, selezionò le numerose varianti e scelse i passaggi migliori; dispose gli episodi secondo il suo estro e, se necessario, non si fece scrupolo di sostituire un personaggio con un altro, ordinando i testi nel modo che gli era più congeniale. La prima edizione del poema porta la data del 28 febbraio 1835, ricorrenza che ancora oggi viene festeggiata in Finlandia come “giorno del Kalevala”. L’edizione definitiva, composta da 50 runot e 22.795 versi, fu però pubblicata solo il 17 aprile 1849.

mitologia_fennicaChristfried Ganander [9], studioso e cappellano della parrocchia di Rantsila nell’Ostrobotnia settentrionale, influenzò notevolmente gli studi e il lavoro di Lönnrot sulla mitologia. Nel 1785, Ganander terminò la sua Mythologia Fennica, pubblicata poi nel 1789 [10]. Nell’opera si trova anche un certo numero di runolaulut, citati all’interno delle voci mitologiche che procedono in ordine alfabetico. L’opera era dunque una sorta di dizionario enciclopedico sulla mitologia baltofinnica e sámi (lappone). Includeva tentativi di interpretazione basati sulla mitologia classica e germanica.

Nella Mythologia Fennica, Ganander tentò una comparazione tra «i cosiddetti poemi finnici di stregoneria, con l’aiuto della mitologia di altri popoli» [11] basando la sua interpretazione dei runot sui riti e i costumi a essi collegati. Il suo metodo includeva lo studio della mitologia:

«La conoscenza della mitologia è essenziale per dedicarsi all’antica poesia finnica, per essere capaci di leggere i canti con piacere, beneficio e apprezzamento, per percepire la loro nobiltà, la loro bellezza, e il loro fascino. La mitologia è la clavis poëseos Fennicae. Come il significato di Omero, Virgilio e Ovidio non può essere compreso senza profonde conoscenze sulla mitologia e i costumi greci e romani, così l’essenza dei canti finnici non si coglie se non alla luce della mitologia. Per questa ragione, nel compilare questo repertorio mitologico, ho voluto rendere i canti comprensibili al pubblico, sia quelli ormai scomparsi sia quelli ancora esistenti nelle nostre lande» [12]. 

Il metodo di ricerca esplicitato da Ganander nella prefazione alla Mythologia Fennica può senz’altro ritenersi valido ancora oggi: 

«La mitologia finnica, come quella di tutti gli altri popoli, si è sviluppata in varie leggende e narrazioni su antichi dèi e dee locali legati a particolari fatti naturali e quotidiani. Per comprendere tali leggende è necessario comparare i cosiddetti poemi finnici di stregoneria fra loro e con l’aiuto della mitologia di altri popoli» [13].

Non a caso Lönnrot manifestò il proprio entusiasmo nei confronti della mitologia nella sua introduzione al Vecchio Kalevala del 1835. In essa il poeta-etnografo trattò dell’importanza del proprio lavoro per la comprensione della storia finlandese:

«Se questi poemi saranno d’aiuto per la mitologia finnica… allora una delle mie speranze si realizzerà. Ma vi sono anche altri obiettivi: in questi versi vorrei trovare chiarimenti sull’antica vita dei nostri antenati e benefici per la lingua finlandese e l’arte poetica» [14].

Se si considera l’esperienza omerica o i poemi cavallereschi e delle saghe scandinave, il Kalevala appare subito come un mondo a parte. Si snoda lieve come una fiaba attraverso un panorama fatto di laghi, ghiaccio e foreste, abitato da spiriti e animali parlanti. il paesaggio che il popolo finlandese ha sempre avuto negli occhi non poteva che diventare lo sfondo per i suoi racconti. In questo peculiare poema non ci sono infatti le figure di miti omerici che combattono per dimostrare l’eccellenza del loro valore, o i melanconici cavalieri di un Medioevo votato a ideali spirituali. Nessuno degli eroi del Kalevala è un guerriero. Allo stridore delle spade si contrappone il melodioso intreccio degli incantesimi; non procede per versi solenni, ma rapisce col ritmo innocente di una filastrocca. Ha i toni rarefatti della musica di Sibelius piuttosto che il possente eroismo di Wagner.

Proprio per la sua genesi, il Kalevala si presenta come una giustapposizione di episodi privi di un vero e proprio filo conduttore. Il poema non prevede un protagonista centrale ma tre personaggi principali: il cantore Väinämöinen, il fabbro Ilmarinen, lo scapestrato Lemminkäinen. Si alternano l’uno all’altro con buon equilibrio, a volte incrociando le loro strade. E tutti possiedono poteri magici. Cornice del poema è la rivalità tra le tribù di Kalevala e il popolo della tenebrosa terra di Pohjola. Dai tentativi dei tre eroi di ottenere la mano di una delle bellissime figlie del Nord, si arriva alla rivalità per il possesso del sampo, il misterioso palladio, forgiato da Ilmarinen, che assicura ricchezza e benessere a chi lo possiede.

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Nikolaj Michajlovič Kočergin, 1897-1974. Illustrazione per il Kalevala

Prima opera letteraria in finlandese, il Kalevala fu anche strumento importantissimo per la nascita di un sentimento nazionale. Fornì ai finlandesi la dignità di un popolo con cultura, costumi e lingua propri, ed ora anche con un epos che cantava le origini della nazione e le gesta dei suoi eroi. Non a caso il titolo Kalevala fu scelto da Lönnrot a celebrare la stessa Finlandia, la “terra di Kaleva”, così chiamata dal nome del mitico progenitore della stirpe finnica. Punto di contatto tra poesia popolare e letteratura colta, il Kalevala poteva essere considerato l’una e l’altra cosa, e Lönnrot fu tanto l’ultimo e il maggiore dei laulajat, quanto il primo autentico scrittore della letteratura finlandese.

Ottocentesco per compilazione, il Kalevala è, tra i grandi poemi europei, quello che conserva maggiormente l’atmosfera più arcaica in quanto è intriso del più autentico spirito della terra di Suomi, la Finlandia, i cui abitanti non condividono con il resto del continente il comune retaggio indoeuropeo, ma appartengono a un ceppo diverso, quello finnico. Le sue radici non vanno cercate presso greci, celti o germani, ma piuttosto nella fascia boreale dell’Eurasia, presso i popoli nomadi delle renne, i lapponi, le genti uraliche, gli sciamani altaici della lontana Siberia, nella fascia boreale dell’Eurasia, dai rituali dei cacciatori e dello sciamanismo. Analizzando i canti del Kalevala e dei runolaulajat emerge che, sebbene siano stati trascritti soprattutto nel XIX secolo, trattano temi estremamente arcaici: la nascita dell’ordine cosmico, l’origine della cultura e della società baltofinnica. Sono presenti motivi che ricordano lo sciamanesimo eurasiatico: le battaglie a colpi di canti magici, le metamorfosi animali, i viaggi nell’aldilà alla ricerca di conoscenze e parole magiche, il segreto della fertilità o della scarsità delle risorse (il sampo infranto tra i flutti).

Lönnrot ha inserito nel suo poema lunghi brani di canti rituali, non esclusivamente quelli nuziali ma anche gli antichi incantesimi sulla caccia all’orso [15]. L’essenza dell’epica baltofinnica sembra essere immersa in una visione del cosmo sciamanico, dove gli eroi viaggiano per mondi superiori e inferiori e il confine tra la vita e la morte può essere attraversato con il potere della magia. Il Kalevala e i canti baltofinnici non sono omogenei: sembrano contenere elementi appartenenti a diversi periodi storici e culturali. Alcuni risentono dell’influenza delle saghe vichinghe. Ma, comparando i miti più arcaici, ci si accorge di precise corrispondenze non solo con i miti delle culture artiche (compresa quella dei vicini sámi), ma anche con quelli dell’Asia settentrionale e centrale.

Domenico Comparetti

Domenico Comparetti

Lo studioso Vesa Matteo Piludo [16] ha realizzato uno studio dedicato ai riferimenti e agli studi effettuati in Italia sul Kalevala da cui si evidenzia come nel 1891, mentre i finlandesi erano intenti a dimostrare in quale punto della Finlandia si trovasse Kalevala o Pohjola, fu un italiano, Domenico Comparetti [17] a studiare e analizzare finemente il Poema. Nel 1884, dopo aver appreso il russo e altre lingue slave, intraprese il primo dei suoi quattro viaggi in Finlandia, dove imparò il finlandese e collezionò una gran quantità di materiale sul Kalevala e i runolaulut, materiale che utilizzò dapprima per un discorso tenuto il 12 maggio 1888 nell’adunanza annuale dell’Accademia dei Lincei, poi per un’ampia memoria pubblicata nel 1891 col titolo Il Kalevala, o la poesia tradizionale dei finni. Studio storico critico sulle origini delle grandi epopee nazionali [18]. Il suo testo fu subito tradotto in tedesco e in inglese e provocò un vivace dibattito scientifico a livello internazionale. Nello stesso anno fu nominato senatore del Regno e il saggio fu pubblicato nel 1892 in tedesco e nel 1898 in inglese. Queste due edizioni provocarono moltissimi dibattiti scientifici in tutta Europa. Comparetti attraverso la sua preziosa analisi del poema finlandese evidenziò uno spaccato e un mondo con una forte matrice sciamanica e animistica e intuì l’aspetto squisitamente mitico dell’epica. Lo studioso avanzò l’ipotesi che il poema e i canti baltofinnici fossero diversi da quelli classici per due ragioni: la mancanza di precisi riferimenti alla storia e alla geografia e l’importanza degli incantesimi e dell’ideologia sciamanica. Per Comparetti i personaggi del Kalevala assomigliavano più a degli sciamani che a dei guerrieri [19].  Circa un secolo dopo, Kalevala Mythology, l’edizione americana del libro, fu presentata in Italia durante il Premio internazionale di etnostoria “G. Pitrè e S. Salomone Marino” [20].

9788831639842_0_536_0_75Comparetti non fu l’unico italiano a subire il fascino del Kalevala.  Il primo riferimento ai runolaulut da parte di un autore italiano si trova in Travels through Sweden, Finland, and Lapland, to the North Cape in the Years 1798-1799 (1802), fortunato libro di viaggi in lingua inglese di Giuseppe Acerbi [21]. Il testo fu pubblicato, in edizioni di diversa estensione, anche in francese e in italiano. Le pregevoli ricerche e pubblicazioni dei professori Luigi de Anna e Lauri Lindgren dell’Università di Turku hanno reso ben conosciuto in Finlandia questo insolito viaggiatore. In Italia, invece, Acerbi non è stato mai particolarmente apprezzato.

Dopo Acerbi, fu Carlo Cattaneo [22] a interessarsi del poema scrivendo il primo articolo italiano sull’opera di Lönnrot: Kalevala, antico poema dei finni, pubblicato il 7 maggio 1854 su “Il Crepuscolo”, settimanale milanese di tendenze risorgimentali. Lodava la “dolcezza del linguaggio” finlandese sottolineando l’importanza dell’allitterazione nei runolaulut. Pur sapendo che Elias Lönnrot aveva trascritto i canti solo pochi decenni prima, non esitava a comparare il suo poema con i capolavori dell’epica classica. Per Cattaneo, «il Kalevala è reliquia dei tempi antichi, non meno antichi forse dei tempi di Omero». Lo studioso confrontava gli innumerevoli spiriti femminili dei boschi e delle acque della tradizione finnica alle driadi, ondine e ninfe della mitologia greca [23].

La prima traduzione parziale in prosa di una selezione dei canti nuziali dell’Uusi Kalevala (1849) si trova nel 1872 e pubblicata dal professor Antonio Lami. Il suo libricino Dal Kalevala: frammenti dagli hää runot o canti nuziali, di ventiquattro pagine, fu pubblicato in soli sessantadue esemplari in occasione delle nozze di Antonio Bertolacci e Carlottina Insom. I versi non furono tradotti dal finlandese, ma dalla celebre versione in prosa francese di Léouzon Le Duc [24]. Nella sua introduzione, il traduttore sottolinea che il Kalevala, come l’epica omerica, si basava su canti popolari. 

Nel 1872 comparve un’altra traduzione di 52 versi del runo XXVI ad opera di Ottaviano Targioni-Tozzetti [23], relativo alla morte di Kullervo, che fu pubblicata sul periodico locale “Il Mare. Gazzettino estivo” [26]. Targioni-Tozzetti scelse di tradurre [27] in endecasillabi sciolti, che la linea classicista del tempo considerava più adatti a un poema epico [26]. Il Kalevala, fu evidentemente ammirato dal Targioni-Tozzetti come un poema epico “classico”. Tale approccio spiega anche la sua scelta metrica. Ispirato dal padre, il figlio Giovanni si procurò la versione tedesca del Kalevala di Franz Anton Schiefner e la francese di Léouzon Le Duc, con l’intenzione di tradurre l’intero poema. Si limitò però a pubblicare solo la traduzione del runo XXXVII, col titolo La sposa di Ilmarineno [29].

Anche Antonio Fogazzaro [30], si interessò particolarmente del Kalevala al punto che tenne una lezione all’Accademia Olimpia di Vicenza dal titolo “Cenni sull’epopea nazionale finnica, pubblicata prima nella Rivista milanese “Il Convegno” nel 1874, e poi ad apertura delle Minime (1901 e 1908). Affascinato dalla natura finlandese, dalla fantasia del poema e «dalla potenza della parola racchiusa negli scongiuri e negli incantesimi» [319], Fogazzaro scriveva:

«Il Kalevala mi venne alle mani nella traduzione francese di Léouzon Le Duc. Ero allora sui ventotto anni, avevo la passione del nord e della poesia popolare, m’innamorai del paese dei laghi e delle betulle, dove il gelo coglie e impietra le onde spumanti, dove l’estate veste rapidamente di fiori le praterie. M’innamorai della prodigiosa fantasia, del sentimento delicato e profondo di quei poeti senza nome che crearono l’epopea finnica. […] Fra i grandi poemi popolari il Nibelungenlied vince, forse, sul Kalevala per armonia di parti, per unità di concepimento e di esecuzione; ma il Kalevala supera, a mio avviso, l’epopea germanica per ricchezza di fantasia, per varietà di materia poetica, per potenza di rappresentare e di animar la natura» [32].
Elias Lonnrot

Elias Lonnrot

Un altro studioso che ha contribuito all’analisi del Kalevala e che merita di essere ricordato, è l’ugrofinnista Hans Fromm [33] che ha redatto una splendida e utile “guida” alla lettura del poema, evidenziando l’invisibile tessitura ordita alla base del grande epos finlandese, il finissimo lavoro di cesello con cui Lönnrot ha selezionato, nell’immenso corpus della poesia popolare finnica, i passaggi più fecondi e le formule più appropriate, permettendoci di riconoscere, al di sotto dell’appassionante trama del poema, il fittissimo “mosaico” delle migliaia e migliaia di versi che, sapientemente incastonati, sono venuti a comporre la possente sinfonia dello spirito finnico, l’affresco delle origini e dei costumi del popolo finlandese.

La prima edizione del poema, nel 1835, suscitò grande entusiasmo tra gli eruditi europei e, nel periodo di massimo splendore del movimento nazional-romantico, l’opera monumentale venne acclamata come un capolavoro scaturito dal genio di un intero popolo. Elias Lönnrot, fu considerato un eroico esploratore dello spirito lirico della nazione. Paragonabile al Nibelungenlied [34], ai poemi di Omero e ad altri classici, il Kalevala poté innalzare in un sol tratto la Finlandia al rango di Nazione civile [35]. Un bel salto di qualità per un Paese che era rimasto praticamente ignorato dal resto d’Europa nel corso della lunga dominazione svedese, durata all’incirca dalla Prima crociata finlandese (1155) al termine della Guerra di Finlandia (1809), quando l’intero territorio fu annesso all’Impero russo. Prima di allora, i finlandesi erano considerati al massimo come un esotico popolo dell’allora Granducato Autonomo di Finlandia, la provincia più occidentale del dominio zarista. Il successo del Vecchio Kalevala portò Lönnrot a rivedere e aggiornare l’opera, fino a pubblicarne una versione molto più ampia nel 1849 che divenne definitivamente Kalevala [36]. 

la-mitologia-del-kalevalaA lungo apprezzata come una testimonianza poetica composta da canti popolari intatti e genuini, o addirittura una valida descrizione del passato pagano del popolo finlandese, dei suoi usi e costumi, il Kalevala, per diversi anni, fu analizzata dagli studiosi senza operare alcuna distinzione fra l’opera di Lönnrot e i canti tradizionali su cui era basato. Di questa ambiguità non era responsabile Lönnrot che, già nel 1835, nella sua prefazione al poema, aveva chiaramente ammesso quale fosse stato il proprio ruolo nell’unire i runolaulut [37] originali in una struttura epica di sua invenzione. In questa prefazione egli spiegò come aveva selezionato e rielaborato il materiale. La sua onestà intellettuale si palesava anche nell’aver incluso degli elementi di autocritica.

Fu solo nel 1885 che Julius Krohn [38], il fondatore degli studi folklorici in Finlandia, riflettendo sulla sua nuova interpretazione delle origini del Kalevala, enfatizzò il ruolo attivo di Lönnrot nella composizione dell’epos, senza però tacciare il poema d’inautenticità. Ci tenne infatti a precisare che tutte le vicende pubblicate nel Kalevala avessero una precisa corrispondenza nei runot e nell’ordine esatto in cui erano stati inseriti nell’opera [37]. Ricerche sviluppate successivamente, hanno chiarito in maniera puntuale, verso dopo verso, quali siano state le fasi dello sviluppo testuale del Kalevala. Da questi approfondimenti è emerso come solo il due per cento dei versi dell’intera opera fosse effettivamente frutto dell’immaginazione di Elias Lönnrot. Era dunque sostanzialmente vero: i contenuti del Kalevala si basavano su autentici runolaulut eseguiti da runolaulajat [40] e messi per iscritto da Lönnrot e dai suoi collaboratori.

La sintesi e l’adattamento del materiale sono da considerarsi un’opera originale basata in tutta evidenza sui criteri estetici di Lönnrot. L’effervescente dibattito sull’autenticità e sul valore delle fonti dell’epos ha portato alla rigida conclusione che il Kalevala debba essere interpretato unicamente come un’opera letteraria e sia dunque un oggetto adatto ai soli studiosi di letteratura.

Per valutare il ruolo di Lönnrot nella creazione del Kalevala sarebbe invece necessario prendere in considerazione due aspetti dell’epos. Il Kalevala è sia il prodotto del lavoro di ricerca e del gusto estetico di Lönnrot, sia il risultato di una specifica richiesta d’ordine culturale del periodo nazional-romantico. Rafforzano questa conclusione le ricerche di alcuni studiosi per i quali, se i canti popolari fossero stati ordinati e pubblicati in forma diversa da quella epica, difficilmente avrebbero avuto un impatto culturale altrettanto rilevante sui contemporanei e sulle generazioni future [41]. In effetti, il Kalevala, in quanto raccolta di composizioni orali, non dispone dei necessari requisiti scientifici per la critica delle fonti. Questo aspetto ha avviato un intero filone di studi finalizzato all’analisi delle fonti lönnrotiane. Occorre, inoltre, tenere in conto che nella prima metà del XIX secolo i confini fra le varie discipline scientifiche non risultavano allineati a quelli odierni.

51uwhsvo6bl-_ac_ul600_sr600600_Nel contesto scientifico del suo tempo, Lönnrot creò il Kalevala come studioso di storia e di lingua non limitandosi agli interessi sul folklore. D’altra parte il Kalevala può ben dirsi una storia che mette insieme etnografia e storia, antropologia e letteratura. Oggi, nel suo approccio allo sviluppo, all’analisi e all’interpretazione dell’epica baltofinnica, Lönnrot sarebbe definito come studioso di mitologia comparata. Ai tempi di Lönnrot la disciplina andava definendosi, anche se vantava già delle figure di spicco, come Jacob Grimm e Friedrich Max Müller. Punto di contatto tra poesia popolare e letteratura colta, per Lönnrot il Kalevala era una specie di faro, che egli utilizzava per illuminare la mitologia, l’etnologia, la lingua, l’epica finnica.

Per chiarire la visione del mondo espressa dal Kalevala e dai runot, occorre comprendere quale fosse il punto di vista dei runot, dei loro creatori e cantori. L’analisi dei poemi del Kalevala passa necessariamente per un percorso in parallelo con gli uomini che li hanno cantati, con l’ambiente in cui sono vissuti, con i loro costumi e i loro sentimenti. È la visione della realtà circostante nella sua interezza, incluse le sue strutture, le sue forze dinamiche, il tempo, i fondamenti che regolano l’esistenza, il legame fra ciò che è naturale o soprannaturale, l’ambiente, il legame fra individuo e società e l’esperienza umana in relazione a tutto ciò. Include i concetti di vita, creatività, fortuna, sorte, destino, distruzione, morte, vita dopo la morte, società, popolo, governo, storia, cultura, arte [42]. È un viaggio nella frastagliata geologia del poema, tra le infinite chiavi di lettura che conferiscono al Kalevala un fascino intramontabile.

Il racconto, la narrazione orale e scritta rappresentano quindi ancora oggi una grande avventura culturale poiché sono una grande risorsa che nel riscrivere continuamente l’immaginario fornisce chiavi di interpretazione sempre nuove, utili per decodificare i lati inquieti e misteriosi della nostra esistenza. Per tracciare percorsi esistenziali e illuminare gallerie di destini. 

Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2023
Note
[1] Jacob Ludwig Karl Grimm (1785 -1863) e Wilhelm Karl Grimm (1786 – 1859), meglio noti come i fratelli Grimm, furono due linguisti e filologi tedeschi, ricordati come gli “iniziatori” della germanistica. Al di fuori della Germania sono conosciuti per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca
[2] Cambi F. (a cura di), Mostri e paure nella letteratura per l’infanzia di ieri e di oggi, Firenze, Le Monnier, 2002.
[3] Calvino I., Introduzione, in Grimm. Fiabe, Torino, Einaudi, 1970.
[4] «Hier sprudelt nun, wenn irgendwo, lauteres Epos in einfacher und desto mächtigerer Darstellung, ein Reichthum unerhörter» (J. Grimm 1845: 17).
[5] Elias Lönnrot (1802-1884), è stato un filologo, medico e botanico finlandese.
[6] La Carelia è una regione storica, patria dei careliani, popolazione che abitava vaste aree dell’Europa settentrionale, di importanza storica per Finlandia, Svezia e Russia. È compresa tra la Finlandia, il mar Bianco e i laghi Ladoga e Onega.
[7] Dario Giansanti è uno scrittore e saggista, autore di numerosi articoli e curatore di testi medievali per la ricerca e la divulgazione del patrimonio mitologico. Flavia Di Luzio è una linguista, specializzata in lingua e letteratura finlandese, autrice di numerosi articoli e traduzioni.
[8] Giansanti D., Di Luzio F. (a cura di), Mikael Agricola. Gli dèi di Finlandia e di Carelia, Bifröst finnica, Vocifuoriscena, 2014 (ristampa e aggiornamenti 2015, 2019 e 2021).
[9] Cristfried Ganander, (1741-1790), era un compilatore finlandese di cultura popolare, un prete e un lessicografo del 18° secolo. Il più grande risultato di Ganander è stata la compilazione del primo dizionario di lingua finlandese completamente completo che era, tuttavia, inedito.
[10] Ganander C., Mythologia fennica (1789), pubblicato in Italia, Taglianetti L., Ganassini M., (a cura di) Mythologia fennica, Bifröst finnica, Vocifuoriscena, 2018.
[11] Taglianetti L., Ganassini M., (a cura di), Mitologia fennica, Bifröst finnica, Vocifuoriscena, 2018, cit.: 27).
[12] Ganander, 1789, cit.: 27.
[13] Ibidem.
[14] Lönnrot, 1835: XIII.
[15] D’Amato A., L’addomesticamento della Natura nel rapporto tra uomini e orsi, in “Dialoghi Mediterranei” n. 20, Luglio 2016.
[16] Vesa Matteo Piludu, è ricercatore e docente a contratto in Studi sulle religioni all’Università di Helsinki. È autore della monografia The Forestland’s Guests: Mythical Landscapes, Personhood, and Gender in the Finno-Karelian Bear Ceremonialism. Attualmente svolge ricerche sull’eroe Kullervo e sugli alberi sacri in Finlandia e in Carelia.
[17] Domenico Comparetti, nacque a Roma nel 1835. Laureato in farmacia, esercitò per poco tempo la professione presso la farmacia paterna per poi dedicarsi completamente agli studi umanistici. Fu tra i massimi filologi italiani del suo tempo. Professore di letteratura greca all’Università di Pisa, Firenze e Roma, si dedicò soprattutto agli studi classici, ma anche bizantini, romanici e germanici. Si occupò di mitologia comparata (Edipo e la mitologia comparata, 1867) e delle leggende e tradizioni popolari (Sindbad e Kalevala). Studiò i papiri di Ercolano e i papiri greco-egizi; epigrafi ed iscrizioni greche e cretesi; illustrò la grande iscrizione di Gortyna. Fu nominato senatore del Regno nel 1891.
[18] Pubblicato negli Atti della Reale Accademia dei Lincei, anno CCLXXXVII, 1890 (ma stampato nel 1891). Serie quarta, classe di Scienze morali, storiche e filologiche, volume VIII, parte I, Memorie. Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, Roma. Il volume è stato ristampato in anastatica per Angelo Guerini e Ass., Milano 1989.
[19] Piludu V.M. (a cura di), Epica, magia, arte e musica, Vocifuoriscena, 2021 (edizioni 2015-2016-2019).
[20] Il Premio Internazionale di etnostoria è considerato il Premio Nobel dell’Antropologia.
[21] Giuseppe Acerbi (1773-1846) è stato un esploratore, scrittore, archeologo, naturalista e musicista.
[22] Carlo Cattaneo (1801-1869), è stato un patriota, filosofo, politico, politologo, linguista e scrittore nonché esponente del pensiero repubblicano federalista. Fu uno degli eroi delle Cinque giornate di Milano (1848), fu costretto all’esilio in Svizzera.
[23] Piludu V.M., 2021.
[24] Léouzon Le Duc (1815-1889), è stato è stato un giornalista, scrittore, storico e diplomatico francese. Nato in una famiglia di fabbri, studiò storia e letteratura e si occupò in particolare dei suoi lavori con i paesi nordici e la Russia.
[25] Ottaviano Targioni-Tozzetti (1833-1899), è stato poeta, scrittore, insegnante e preside del Liceo classico di Livorno.
[26] Nello specifico nei numeri 11 e 12 dell’anno I, pubblicati l’11 e il 15 agosto 1872. Targioni-Tozzetti si firmava con il nome d’arte Belacqua. Il periodico ebbe una certa importanza letteraria e vi pubblicò anche Giosuè Carducci, sotto lo pseudonimo di Enotrio Romano.
[27] Il traduttore era uno degli Amici Pedanti, un circolo letterario composto da “classicisti” e “puristi”, di cui fece parte anche Giosuè Carducci. I Pedanti combattevano «l’irruzione straniera nelle lettere» e si opponevano soprattutto alle istanze del tardo romanticismo, considerato “immorale” ed estraneo al “genio degli italiani”.
[28] Targioni-Tozzetti G., Kalevalan ensimmäiset italialaiset kään-täjät, “Valvoja”: 199-201, SKS, Helsinki (ed. it., I primi traduttori italiani del Kalevala, in “Settentrione”, 10: 55-56, Irma e Benito Casagrande, Turku).
[29] La traduzione fu pubblicata nel 1881 da Bresciani (Ferrara) in un opuscolo per nozze, poi nel 1901 nel volume Canti di popolo (Livorno, Tipografia Meucci).
[30] Fogazzaro A. (1842-1911), scrittore, poeta e senatore è stato più volte candidato al Nobel per la Letteratura.
[31] Wis R., Antonio Fogazzaro e il Kalevala, in RobertoWis, Terra boreale: studi italo-finlandesi, WSOY, Porvoo, 1969: 139-147.
[32] Ibidem, cit.: 142.
[33] Pentikäinen J., (a cura di Piludu V. M.), La mitologia del Kalevala, Finnica. Mitologia baltofinnica, Vocifuoriscena, 2014.
[34] La Canzone dei Nibelunghi, anche nota come Il canto dei Nibelunghi o I Nibelunghi, titolo originale Nibelungenlied, è un poema epico scritto in alto tedesco medio agli inizi del XIII secolo. Narra delle vicende dell’eroe Sigfrido alla corte dei Burgundi e della vendetta di sua moglie Crimilde, che porta ad una conclusione catastrofica e alla morte di tutti i protagonisti. Il poema è tramandato da diversi manoscritti e si possono riconoscere tre diverse redazioni. Si compone di circa 2400 quartine di versi lunghi in rima baciata, raggruppati e articolati in 39 canti detti avventure.
[35] Cfr. Anttila 1931-1935, I: 238-241; Kaukonen 1979: 88-112.
[36] Pentikäinen J., (a cura di Piludu V.M.), La mitologia del Kalevala, Finnica. Mitologia baltofinnica, Vocifuoriscena, 2014.
[37] I runolaulut, o semplicemente runot, sono i canti popolari nel cosiddetto metro kalevaliano. Hanno una struttura ottonaria, ma diversa da quella italiana. Il verso è tradizionalmente definito un tetrametro trocaico, anche se non tutti gli studiosi concordano. Stilisticamente i runolaulut sono caratterizzati dall’allitterazione interna e dal costante uso del parallelismo. La melodia, piuttosto monotona ma anch’essa variabile, segue una struttura pentatonica. I runolaulut erano cantati in un’area che comprendeva la Finlandia, la Carelia, l’Ingria, l’Estonia e alcune regioni vicine. Oltre a canti epici, i runolaulut includono altri generi: canti popolari, rituali e nuziali, incantesimi, filastrocche, poemi agiografici, eziologici e mitologici, motivi su fatti storici locali. Lönnrot ha incluso nel Kalevala runolaulut provenienti da tutte le aree geografiche in cui erano cantati, includendo materiali epici, magici o di altro genere. Esistono diversi generi di runo, come gli itkuvirret e gli joikut careliani, basati sull’improvvisazione e su diverse regole compositive e melodiche. Ma nel XIX secolo l’attenzione degli studiosi e dei letterati era concentrata sui runot.
[38] Julius Leopold Fredrik Krohn (1835-1888), noto anche con lo pseudonimo di Suonio, è stato uno scrittore finlandese.
[39] Pentikäinen J., (a cura di Piludu V. M.), La mitologia del Kalevala, Mitologia baltofinnica, Vocifuoriscena, 2014.
[40] Il laulaja, o più precisamente, runolaulaja (detto anche kansanrunoja, «poeta o cantore popolare», runoja o, nei canti stessi, runoseppä, «fabbro di runot») era un cantore in grado di cantare runolaulut. In genere erano comuni abitanti dei villaggi, che lavoravano come pescatori, cacciatori, allevatori, contadini, venditori ambulanti. Ma quelli più abili erano molto rispettati e onorati, anche nei villaggi lontani.
[41] Cfr. Hautala J., Hiiden hirven hiihdäntä, Sks, Helsinki, 1954
[42] Pentikäinen J., (a cura di Piludu V. M.), 2014.  
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Laura D’Alessandro, ricercatrice, dopo la laurea in Sociologia, presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito il Master in Cittadinanza europea e integrazione euromediterranea: i beni e le attività culturali come fattore di coesione e sviluppo presso l’Università Roma Tre (in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali). Ha svolto attività di docenza su tematiche legate all’identità e alla storia del Mediterraneo presso l’Università Roma Tre e su esperienze progettuali finanziate dai fondi europei nel settore dei beni culturali, delle imprese creative e delle politiche sociali presso l’Università di Salerno. Ha pubblicato il saggio Mediterraneo crocevia di storia e culture. Un caleidoscopio di immagini, sui tipi de L’Harmattan, 2011 (ristampa 2016), con il quale ha vinto il Premio Letteratura, Poesia, Narrativa, Saggistica (XXXII edizione – 2016), dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Collabora con riviste e periodici.

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