Stampa Articolo

Jachino Cataldo, il rais che amava la parola

Jachino-Cataldo-2001-ph.-Ravazza

Jachino Cataldo, 2001 (ph. Ravazza)

di Ninni Ravazza

Gioacchino “Jachino” Cataldo non è stato il più grande rais di Favignana. Impossibile esserlo in un’isola-tonnara dove si sono alternati i migliori rais del Mediterraneo. Nomi mitici che ancora echeggiano sotto le volte restaurate delle trizzane che i Florio resero le più famose del mondo: Casubolo, Mercurio, i tanti Rallo e i numerosi Ernandes, adusi a contare a migliaia i tonni issati sui vascelli neri di pece. Tanti da essere ricordati nelle lapidi incastonate tra i tufi dello stabilimento che a fine Ottocento era il vanto dell’industria italiana: ottomila, diecimila, una infinità rapportati alle mattanze degli ultimi anni, povere e magre.

Jachino Cataldo, bravissimo appassionato e intelligente, è stato però certamente il migliore cantore della tonnara di Favignana, l’uomo che dopo i fasti nobili e un po’ esclusivi della Belle èpoque portò la cultura della pesca del tonno ovunque in Italia. In televisione, nelle scuole, nei convegni, intervistato da giornalisti e antropologi, sempre cercò di far capire che la mattanza non era quello spettacolo inutilmente crudele che l’animalismo degli ultimi anni additava alla pubblica vergogna, ma piuttosto impresa vera, passione, rito e tradizione, cultura ed economia nel rispetto dell’ambiente e dei suoi abitanti: «Io amo la natura – mi disse una sera di primavera tanti anni fa, davanti al mare di Favignana – pesco i tonni perché se non lo facessi qualcuno pescherebbe me, lo faccio per sopravvivenza».

Jachino Cataldo è scomparso a metà dello scorso luglio, aveva 77 anni e il suo corpo che sembrava invincibile, scolpito nell’immortale tufo di Favignana, si era arreso a una malattia lunga e subdola. «Portatelo a salutare la sua isola» avevano detto ai familiari i medici che fino all’ultimo sono restati affascinati dai suoi racconti di albe passate ad aspettare i tonni sotto una croce di legno da dove lo scrutavano i santi protettori della tonnara.

Amava parlare Jachino, e attraverso i suoi occhi di mare vedevi navigare le muciare [1] verso il nauto [2], il luogo incantato dove l’uomo pescatore attendeva i tonni dalla grassa pancia guidati dalla luna piena [3]. Invitato a narrare della “sua” tonnara portava con sé un piccolo plastico delle reti, e spiegava: «da questa bocca entrano i tonni, poi girano in queste camere di rete e infine spinti dall’istinto finiscono nell’ultima camera, quella dove verranno catturati»; piccoli e grandi stavano muti ad ascoltarlo, e lui si commuoveva rivivendo all’infinito la sua avventura di tonnaroto.

Il giovane Jachino nel rimiggio centrale con il compagno Clemente Ventrone (da Tonni e tonnare, di Raimondo Sarà, 1983)

Il giovane Jachino nel rimiggio centrale con il compagno Clemente Ventrone (da Tonni e tonnare, di Raimondo Sarà, 1983)

Era diverso dagli altri rais, Jachino. «Al rais appartiene il silenzio …» ha scritto quasi timorosa l’antropologa Elsa Guggino accompagnando con lo sguardo il rais Ernandes che si accomiatava dalla studiosa sussurrando «buona sera signora» [4]. Così anche il grande Mommo Solina, a lungo rais di Bonagia, stava ore senza dire una parola, guardava, ascoltava, prendeva le sue decisioni sempre giuste, trasmetteva sottovoce gli ordini al capobarca Pio Solina che poi li amplificava per la ciurma in attesa. Perfino le preghiere diceva in silenzio rais Mommo, i tonnaroti col cappello in mano lo avevano delegato a fare da tramite con gli dèi del mare e si fidavano ciecamente [5].

Jachino invece parlava, adorava la parola, gli piaceva narrare della sua vita trascorsa per un tratto in Germania prima del ritorno definitivo nell’isola di Favignana che assimilava a una farfalla, le cui ali erano la pesca del tonno e i suoi riti: «senza la tonnara – diceva  – questa farfalla perderebbe le sue ali».

In Sardegna, a Stintino che fu base della famosa tonnara Saline [6], nel 2011 si ritrovarono Jachino e l’ultimo rais di quell’impianto, l’anziano e taciturno Agostino Diana [7], per un gemellaggio tra le due comunità di tonnaroti. Fu il rais Cataldo ad alzarsi dal banco degli ospiti per dare il posto al rais Diana che si era umilmente seduto tra il pubblico accorso nell’aula consiliare del Comune, «il suo posto è qui» gli disse e con i suoi larghi sorrisi riuscì pure a strappargli qualche ricordo.

La mattina sulle muciare o la sera nei bar del porto si intratteneva con decine di turisti, curiosi, studiosi, e spiegava cos’era per lui, divenuto rais nel 1997, la Tonnara:

«Non è che ho provato qualcosa di diverso quando sono diventato rais, le stesse emozioni le provo tutte le volte che salgo sulla muciara. A me piace l’attesa, aspettare il tonno, la tonnara è come piantare un albero di frutta, il frutto è poi il tonno, l’attesa è bella, non si deve fare aspettare più di tanto, il tempo giusto, e a volte un errore è fatale. La tonnara e il mare serbano sempre sorprese, alle volte sgradevoli, ma la cosa bella è il mattino quando vai lì e trovi trenta, cinquanta, cento tonni; oppure quando entra il primo tonno, o il primo branco, allora penso che non ci sono errori, che poi arriveranno gli altri».
Jachino-con-Diana-a-Stintino-2011-ph.-Ravazza

Jachino Catldo con Diana a Stintino, 2011 (ph. Ravazza)

Il nostos era il filo conduttore dei racconti di questo uomo grande dal cuore enorme, moderno Odisseo che per salvare la tonnara abbandonata dai vecchi proprietari genovesi [8] creò una cooperativa di tonnaroti e si pose alla loro guida. In quell’avventura impegnò tutti i suoi averi: «Il rais non è ricco di soldi, io per la tonnara mi sono impegnato tutto, ma sono ricco di cuore e d’animo, i soldi sono l’ultima cosa per me; è l’amore per questa isola e per questo mestiere che spingono una persona a mettere in rischio tutti i suoi risparmi» mi confidò quella sera a Favignana.

Jachino amava tanto il rito della pesca da lasciare la muciara del comando quando i tonni erano ormai ristretti nella camera della morte, per mettersi nel rimiggio [9] centrale, quello dei forti, assieme al suo amico Clemente, e issare col corco ‘nmezzu [10] sul vascello gli enormi pesci da due, trecento chili. Unu e ddui, forza … e il tonno scivolava alle loro spalle senza nemmeno sfiorarli.

Uomo dal cuore d’oro, rais Jachino in occasione della sua prima mattanza, nel maggio 1997, fece una cosa che nessun altro ha mai fatto: «Per dare l’onore al vecchio rais Gioacchino Ernandes che avevo ospitato nella muciara, appena i tonni sono entrati nella camera della morte e abbiamo iniziato a sollevare le reti, io gli ho dato i comandi, gli ho detto diriga lei la mattanza, erano 11 anni che non faceva più la mattanza e io gli ho dato questo onore, e io me ne sono andato a tirare la rete ed a arpionare i tonni, come facevo prima quando ero un semplice tonnaroto. Rais Ernandes quando è morto, nel febbraio del 2000, aveva il mio nome in bocca».

Jachino-Cataldo-con-Salvatore-Rubino-autore-de-La-tonnara-saline-ph.-Ravazza.

Jachino Cataldo con Salvatore Rubino, autore de La tonnara Saline (ph. Ravazza)

Jachino Cataldo è stato anche il rais che per primo ha capito che tonnara e turismo sono un binomio che può operare in perfetta sinergia: «Spesso sogno di prendere tonni grossi come una volta, di fare una buona stagione di pesca e di portare a Favignana un turismo che sia richiamato dalla tonnara e vada in tutta la provincia – mi diceva  – Io penso che la tonnara ha un futuro, però deve cambiare qualcosina, non si deve pensare solo al guadagno, alla vendita dei pesci, la tonnara è anche un richiamo turistico, e questa è la strada. Dà lavoro a tante persone, e i figli dell’isola non devono andare via alla ricerca di un posto, come sono dovuto andare via io. Favignana è tonnara, tonnara è Favignana, è un patrimonio di tutto il Paese, è anche un richiamo turistico. Oggi la tonnara è a metà pesca e a metà turismo – riconosceva – potrebbe essere ancora più pesca, ma l’uomo dovrebbe essere più intelligente, difendere di più la pesca. Io come rais non mi sento mortificato perché la tonnara è diventata in parte un richiamo turistico, se avessimo la possibilità economica di calare nel tempo giusto e con la ciurma giusta avremmo fatto il doppio di fatturato, e allora la tonnara sarebbe ancora soprattutto un’industria, ma non ho avuto la possibilità».

Jachino-a-Stintino-2011-ph.-Ravazza

Jachino a Stintino, 2011 (ph.Ravazza

In tonnara Jachino Cataldo è entrato nel 1975 dopo undici anni passati in Germania da lavoratore emigrato; sulle muciare ha percorso tutte le gerarchie tonnarote, da faratico [11] a capobarca [12] a rais. Per i suoi funerali, nella chiesa Madrice di Favignana, è stato proclamato il lutto cittadino e al termine della funzione religiosa i tonnaroti lo hanno accompagnato intonando le antiche cialome [13] che dettavano i ritmi del lavoro a mare. Nel Pantheon dei rais oggi assieme ai Casubolo, Rallo, Ernandes, Mercurio, c’è pure quel gigante buono che sulla croce dei Santi protettori della tonnara ha messo anche il santo montanaro Romedio della Val di Non, per indicare che la Natura, mare e montagna, non ha steccati né divisioni.

Dialoghi Mediterranei, n.33, settembre 2018
Note
[*] Le dichiarazioni del rais Jachino Cataldo sono state raccolte da me nel mese di giugno 2001 e sono tratte dal mio libro Il sale e il sangue. Storie di uomini e tonni, Magenes, Milano, 2007.
[1]Le barche operative della tonnara, lunghe 9 metri, a sei remi; quella del rais (muciara ‘rais) era la più importante della flotta.
[2] Il luogo ove erano calate le reti della tonnara.
[3] Erodoto (485 a.C.) “… con il chiaro di luna verranno i tonni panciuti …”.
[4] Guggino Elsa, “Favignana. Aiamola” in “Nuove Effemeridi”, Edizioni Guida, Palermo, anno IX, n. 34.
[5] Rais Mommo Solina non indulgeva in folcloristiche esternazioni, e si rapportava in silenzio con la Divinità simile, in quel frangente, all’eroe omerico Achille che sul campo di battaglia era l’unico umano a vedere e parlare con la Dea Atena (Iliade, I, 265-268)
[6] La Tonnara Saline, con base a Stintino (Sassari) fu attiva fino agli ultimi anni ’70 (v. il bellissimo saggio La Tonnara Saline di Salvatore Rubino, La Celere, Alghero, 1995).
[7] Agostino Diana (1930) è stato l’ultimo rais della Tonnara Saline; vive a Stintino.
[8] La Tonnara di Favignana fu acquistata dalla famiglia genovese Parodi dopo la lunga e felice parentesi dei Florio; nel 1985 dopo diverse stagioni negative i Parodi la cedettero in gabella per nove anni ai trapanesi Castiglione che migliorarono notevolmente i risultati di pesca. Allo scadere della gabella i Parodi non rinnovarono l’affitto.
[9] Nella mattanza i tonnaroti si dividevano in squadre di otto, chiamate “rimiggio”, per issare a bordo dei vascelli i tonni.
[10] Nel “rimiggio” i due tonnaroti più forti ed esperti stavano al centro e usavano l’uncino più corto, il corcu ‘nmezzu.
[11] Faratico, tonnaroto semplice.
[12] Capobarca, responsabile di una delle muciare impegnate in tonnara (muciara ‘rais, muciara bastarda, muciara ‘ordinaro, muciara vinturera/muciaredda)
[13] Cialome, i canti che accompagnavano il lavoro dei tonnaroti per dare il tempo alle azioni.
 ____________________________________________________________________
Ninni Ravazza, giornalista e autore di diversi volumi sul mare e la sua cultura, è stato per 14 anni il Presidente della Pro Loco di San Vito lo Capo, che ha organizzato col Comune il Cous Cous Fest. Nell’ambito della manifestazione ha tenuto diversi Laboratori del gusto dedicati all’antropologia della pesca e alla gastronomia tradizionale legata ai prodotti del mare siciliano. Ha scritto di salinari, di  tonnaroti e di corallari. Le ultime sue pubblicazioni sono dedicate rispettivamente al noto capitano d’industria Nino Castiglione, Il signore delle tonnare, fondatore della omonima ditta, e alla tonnara di San Vito lo Capo: San Vito lo Capo e la sua Tonnara. I Diari del Secco, una lunga storia d’amore.
 ___________________________________________________________________________
Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>