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Il Museo dell’Emigrazione di Santa Ninfa

Posted By Comitato di Redazione On 1 luglio 2015 @ 00:09 In Cultura,Migrazioni | No Comments

 Copertina di Marcello Saija

Il Museo dell’Emigrazione di Santa Ninfa nasce all’interno di un progetto coordinato dalla Rete dei Musei Siciliani dell’Emigrazione, con il preciso ruolo di rappresentare l’emigrazione dall’area trapanese e più in particolare l’emigrazione dalla Sicilia per cause politiche. La scelta di istituire sette differenti percorsi espositivi nasce dall’esigenza di mostrare come in Sicilia le cause, i comportamenti migratori e la storia delle comunità derivate presentano diversità correlate alle caratteristiche culturali, sociali, politiche ed economiche delle differenti zone d’esodo dell’Isola. Ragione per la quale l’emigrazione dal latifondo è diversa dall’emigrazione costiera, così come l’emigrazione dalle piccole isole è differente da quella cittadina.

In questo quadro il Museo di Santa Ninfa illustra i flussi migratori da un comparto molto vivace dal punto di vista economico e politico. Un’area con un esodo precoce verso la Tunisia che però ha carattere stagionale e saltuario. Una emigrazione politica che interviene dopo la tragica conclusione dei Fasci siciliani, a partire dal 1894 e un successivo filone di espatri verso le Americhe che tocca punte emorragiche dopo l’arrivo della fillossera nel 1897.

Questa esperienza migratoria trova nel Museo di Santa Ninfa una rappresentazione che difficilmente è reperibile altrove. Grazie al ritrovamento operato dal direttore, Giuseppe Bivona, di un diario compilato da un santaninfese negli anni trenta, siamo in grado di ricostruire l’affascinante storia dell’emigrazione santaninfese dopo i Fasci siciliani, il trasferimento delle due Società di Mutuo Soccorso nell’area di Brooklyn, i contrasti politici intervenuti e la riunificazione con la fondazione del “Galileo Temple”, un sontuoso edificio costruito con il fundraising tra gli emigrati del paese, ma anche con onerosi mutui bancari che dopo la crisi finanziaria del 1929 determineranno la perdita dell’immobile da parte della comunità.

01 Nonostante ciò, la vicenda dei santaninfesi in America resta esemplare per ricostruire il ruolo politico della emigrazione siciliana. I principali esponenti divengono col tempo influenti dirigenti delle Unions e non pochi trovano la strada per affermarsi economicamente. Tra questi, il Museo di Santa Ninfa racconta la storia di Peter Cardella, figlio di un santaninfese protagonista della prima stagione migratoria e fondatore del Galileo Temple. Cardella, dopo una infanzia ed una adolescenza fatta di diversi lavori, riesce ad avviare una industria tessile fungendo anche da punto di riferimento per la comunità dopo la perdita del Galileo Temple. Dà così continuità all’associazionismo paesano creando il “Citizen Senior Service” che si afferma come centro sociale e politico di notevole importanza. A Cardella si deve un onesto ed equilibrato giudizio sul fenomeno mafioso che vale la pena di essere ricordato.

«È vero – ha detto Cardella – la mafia in America l’abbiamo inventata noi; ma è anche vero che siamo stati le prime vittime di questa sconsiderata invenzione. Il pizzo lo hanno pagato prima di ogni altro tanti nostri lavoratori onesti di Little Italy e di Brooklyn e per molti è stato difficile sottrarsi all’abbraccio interessato dei mafiosi. Questo però non significa che mafia e Sicilia sono la stessa cosa, come vogliono tanti americani benpensanti. Qui i siciliani hanno lavorato duramente ed onestamente fino ad affermarsi. Oggi, tanta acqua è passata sotto i ponti e la mafia non è più siciliana, ma internazionale. Per converso, tanti siciliani sono arrivati ai posti di comando in questa società senza nessun appoggio da parte della mafia. Sarebbe ora quindi di dire che la Sicilia è una cosa e la mafia un’altra».

02A tale compito, la struttura del Museo è vocata e per la posizione geografica e per la caratteristica peculiare della storia migratoria santaninfese che ha conosciuto, sia sotto il profilo delle cause, sia sotto quello delle comunità derivate, una forte caratterizzazione in senso radicale.

Il Museo, dotato di grandi spazi (un ampio salone e quattro sale per complessivi 300 mq) descrive, nella prima sezione, le ragioni che presiedettero al grande esodo della fine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Insieme con quattro pannelli introduttivi che indicano il dato quantitativo, le cadenze temporali e le destinazioni dei flussi, vengono riassunti, in cinque tavole illustrate, gli esiti dei moti rivoluzionari connessi ai Fasci siciliani e le condizioni economiche delle zone d’esodo. Parecchi pannelli sono poi dedicati alla pressione degli agenti migratori, in un quadro complessivo che tenta di fare il punto sul rapporto tra cause esogene e cause endogene. Il viaggio e l’arrivo ad Ellis Island di New York costituiscono la tappa successiva con l’illustrazione dei momenti topici dell’ingresso nel continente americano. Nella seconda sezione viene descritta in venti pannelli, la storia delle comunità derivate dall’emigrazione santaninfese, con puntuale enfasi sull’associazionismo mutualistico e sull’impegno sociale a cui si dedicarono le élites e larghi strati delle comunità del Belice.

foto 3La vicenda qui narrata è particolarmente ricca, per l’apporto offerto dai santaninfesi d’America che hanno donato al Museo documenti, lettere, foto e testimonianze di grande impatto emotivo. Una sala multimediale, collegata alla Rete madre e ai siti internazionali di ricerca, permette, poi, i necessari approfondimenti in diverse direzioni. Ed è possibile visionare il documentario realizzato in forma esclusiva per i sette musei siciliani della Rete sulla Grande Emigrazione dei Siciliani in America (1870-1924). Nel salone terminale, infine, si amplia lo sguardo all’intera emigrazione trapanese, cogliendo, con l’aiuto di immagini, bacheche espositive ed altri supporti mediatici, i nodi problematici dell’intero territorio provinciale e le relative dinamiche d’esodo. Anche in questa sezione, particolare attenzione è dedicata all’associazionismo mutualistico ed all’emigrazione politica trapanese in Australia.

Le ultime sale del Museo sono poi finalizzate a descrivere la storia delle altre Società di Mutuo Soccorso dell’area trapanese ed in particolare di Marsala, Salemi, Partanna, Santa Margherita Belice.

Dialoghi Mediterranei, n.14, luglio 2015
Riferimenti bibliografici
M. Saija – G. Bivona (a cura di), L’esperienza migratoria dei santaninfesi in America 1894-1924, Trisform, Messina 2010.
M. E. Palmisano (a cura di), Argonauti. Mare e Migranti, Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Palermo 2010.
Sitografia
http://www.museisicilianiemigrazione.it/
http://www.altreitalie.it/?ln=247

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Marcello Saija è titolare della cattedra di Storia delle istituzioni politiche presso l’Università degli Studi di Palermo e Direttore, presso lo stesso Ateneo, del Dipartimento di Studi Internazionali, Comunitari, Inglesi ed Angloamericani. Dirige, inoltre, la Rete dei Musei Siciliani dell’Emigrazione. Tra le sue numerose pubblicazioni, si segnalano: La Colonia Trinacria in Paraguay, 1897-1908, Trisform, Messina 2010; Gaetano Martino 1900-1967, con A. Villani, prefazione di G. Napolitano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011.

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